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La disciplina del credito al consumo in Italia

2.1. La genesi della disciplina italiana sul credito al consumo

2.1.5. L’intervento legislativo italiano

La direttiva comunitaria 87/102/CEE è stata recepita in Italia con la legge 19 febbraio 1992 n. 142 (c.d. legge comunitaria per il 1991) 2728 un anno

dopo il termine prefissato agli Stati membri per la sua adozione.

La citata legge non ha tuttavia mancato di creare altri problemi di coordinamento. L’introduzione della disciplina sul credito al consumo, infatti, è stata quasi simultanea all’avvento di un’altra importante fonte normativa in materia, la l. 17 febbraio 1992 n. 154 sulla c.d. trasparenza bancaria 29. Nonostante fossero state approvate ed entrate in vigore a di-

stanza di pochi giorni, le due leggi hanno rappresentato l’ennesimo esempio della scarsa attenzione accordata dal legislatore nella redazione dei documenti normativi 30.

27 In realtà, oltre alla direttiva 87/102/CEE, la legge di recepimento ha attuato anche la

seconda direttiva in materia di credito al consumo, la 90/88/CEE, che era stata medio

tempore approvata dalla Comunità. Ad essa, e alla direttiva 98/7/CE, è stato dedicato un

apposito paragrafo nel presente scritto.

28 Sul recepimento delle direttive sul credito al consumo v. G.ALPA, L’attuazione della

direttiva sul credito al consumo, in Contratto e Impresa, 1994, p. 6 e ss.; G. DE NOVA,

L’attuazione in Italia delle direttive comunitarie sul credito al consumo, in Riv. trim. dir.

proc. civ., 1992, p. 905 e ss.; P. GAGGERO, Diritto comunitario e disposizioni interne in

materia di credito al consumo, in Contratto e Impresa /Europa, 1996, p. 622; F. MACARIO,

Note introduttive al Commentario alle Norme di attuazione di direttive comunitarie in tema

di credito al consumo, in Nuove leggi civ. comm., 1994, p. 748; A.TIDU, Il recepimento della

normativa comunitaria sul credito al consumo, in Banca, borsa e titoli di credito, 1992, I,

p. 406.

29 In assenza di tale disciplina la dottrina aveva da tempo indagato sulla possibilità di

affermare obblighi d’informazione sulla base della disciplina codicistica, sia nella fase precontrattuale (art. 1337 cod.civ.), sia nella fase d’interpretazione del contratto (art. 1366 cod.civ.), sia nello svolgimento del rapporto (artt. 1175 e 1375 cod.civ.) facendo leva sulla clausola generale di buona fede. Gli effetti di tale applicazione non sono stati tuttavia rilevanti. Così G.ALPA, Note minime sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari, in La nuova

legge bancaria (a cura di P.FERRO-LUZZI e G.CASTALDI), Milano, 1996, p. 1784.

30 I maggiori dubbi della dottrina riguardavano il giudizio di equivalenza delle

disposizioni contenute nella legge sulla trasparenza bancaria a fini di tutela del consumatore rispetto a quelle contenute nella legge sul credito al consumo. La presenza di una direttiva del Ministero del Tesoro (art. 5, d.m. 8 luglio 1992 contenente “disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale”) non aveva risolto ogni dubbio essendo essa stessa fonte di

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I problemi sono stati successivamente e parzialmente risolti con l’adozione del Testo Unico Bancario, il d.lgs. 1° Settembre 1993 n. 385, che ha accorpato le due discipline all’interno del suo Titolo VI cercando di armonizzarle. In verità tale manovra ha destato non poche perplessità sul piano della coerenza sistematica, del rigore concettuale, della distinzione fra pubblico e privato 31. Il desiderio di ricomprendere nell’àmbito del testo

unico tutte le norme relative a fenomeni creditizi ha infatti portato alla commistione di profili di carattere civilistico con norme di carattere pub- blicistico ed ordinamentale del credito e del risparmio 32.

È da segnalare, inoltre, che il modello normativo italiano appare il solo ad aver adoperato una scelta simile. Essendo il credito al consumo principalmente inteso come la predisposizione di una normativa dedicata alla protezione del consumatore, solitamente esso è disciplinato o nell’àmbito delle regole che regolano i rapporti col professionista (Belgio e Francia) oppure è oggetto di leggi speciali (Gran Bretagna) 33.

grado inferiore rispetto al testo legislativo né autorizzata dallo stesso a definire il problema. L’equivalenza asserita dalla normativa ministeriale risultava poi contraria all’opinione maggioritaria della dottrina che aveva ritenuto la tutela offerta dai due blocchi di norme non equivalente. A riguardo v. P. COPPOTELLI, Le norme sui contratti, in La nuova legge bancaria (a cura di P. FERRO-LUZZI e G. CASTALDI), Milano, 1996, p. 1869; M. BUSSOLETTI, Il

coordinamento tra trasparenza bancaria e credito al consumo, in La nuova legge bancaria

(a cura di P.FERRO-LUZZI e G.CASTALDI), Milano, 1996, p. 1884; G.CARRIERO, Trasparenza

bancaria, credito al consumo e tutela del contraente debole, in Foro It., 1992, V c. 356; G. DE

NOVA, L’attuazione in Italia delle direttive comunitarie sul credito al consumo, in Riv. trim.

dir. proc. civ., 1992, p. 905 e ss.

Altra questione era quella di diritto temporale, posto che la legge sulla trasparenza, anteriore per data di approvazione e di promulgazione, risultava però pubblicata in Gazzetta Ufficiale solo successivamente a quella sul credito al consumo. Sull’anteriorità o posteriorità dell’una rispetto all’altra la dottrina era divisa, cfr. M.DI GIULIO, Trasparenza delle operazioni

e dei servizi bancari e credito al consumo. Un curioso incidente di percorso, in Impresa, 1992,

p. 1598 e A.TIDU, Il recepimento della normativa comunitaria sul credito al consumo, in

Banca, borsa e titoli di credito, 1992, I, p. 405.

31 R.LENER, Trasparenza bancaria e modelli di tutela del cliente nel Testo Unico del

credito, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale (a cura di G.ALPA-M.

BESSONE), I contratti in generale, II, Torino, 1999, p. 1166; G. ALPA, Note minime sulla

trasparenza dei contratti bancari e finanziari, in La nuova legge bancaria (a cura di P.

FERRO-LUZZI e G.CASTALDI), Milano, 1996, p. 1787.

32 Così G.CARRIERO, Commento all’art. 124 T.U., in Commentario al T.U. delle leggi in

materia bancaria e creditizia (a cura di F.CAPRIGLIONE), II, Padova, 2001, p. 953.

33 Pur non mancando di criticare la scelta in punto di scarsa sistematicità, si è cercato

da parte di alcuni autori di giustificarla argomentando le difficoltà di un inserimento delle due leggi all’interno del codice civile sia la mancanza di motivi per l’adozione di una legge speciale.

Né tale incongruenza sembra essere stata superata con l’introduzione del Codice del Consumo. Con una tecnica difficilmente comprensibile, infatti, in tale nuovo corpo normativo sono stata trasposte solamente le norme di carattere più schiettamente pubblicistico 34 e gli

ultimi due commi dell’art. 125 del TUB, lasciando invece tutte le altre disposizioni all’interno del d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385.

Ai problemi sistematici appena evidenziati si sommano, trattando- si di una normativa di derivazione comunitaria adottata in funzione di armonizzazione delle legislazioni degli Stati aderenti all’Unione, ulteriori problemi di coordinamento sia rispetto alle altre direttive sul credito al consumo e all’art. 153 del trattato UE, sia rispetto all’orientamento inter- pretativo reso dalle corti comunitarie e da quelle degli altri Stati membri 35.

La terza direttiva, 98/7/CE, di cui si è già detto, è stata recepita in Italia con il d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 63, i cui artt. 1 e 2 sono stati poi trasposti negli artt. 40 e 41 del Codice del Consumo 36.

Queste ultime disposizioni non fanno altro che confermare i poteri già in precedenza conferiti al CICR, sia dal citato decreto legislativo sia, in via più generale, dal 2° comma dell’art. 122 del TUB, il quale affida al Comitato interministeriale di stabilire le modalità di calcolo del tasse effettivo annuo globale, individuando, in particolare, gli elementi da computare e la relativa formula di calcolo.

Al contrario, si sottolinea il valore dell’inserimento nel TUB nel senso di una acquisita consapevolezza della stretta relazione esistente fra efficienza del sistema e gioco della concorrenza. Così G.CARRIERO, Il credito al consumo, in La disciplina comunitaria del credito

al consumo (a cura di F. CAPRIGLIONE), Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia,

Roma, 1998, p. 48.

34 I riferimento è agli artt. 40 e 41 cod.cons. con cui, da un lato, si è delegato il Comitato

interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) ad adeguare la normativa nazionale alla direttiva 98/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, con particolare riguardo alla previsione di indicare il tasso annuo effettivo globale (TAEG) mediante un esempio tipico; dall’altro, ad apportare, ai sensi degli artt. 122, 2° comma, e 123, 2° comma, del TUB, le necessarie modifiche alla disciplina recata dal decreto del Ministro del tesoro in data 8 luglio 1992, recante le modalità di calcolo del TAEG.

35 G.ALPA, Commento all’art. 121 T.U., in Commentario al T.U. delle leggi in materia

bancaria e creditizia (a cura di F.CAPRIGLIONE), Padova, 2001, p. 942.

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È da segnalare, tuttavia, che si è ancora in attesa dell’intervento del CICR, nonostante il d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 63 avesse previsto la sua adozione entro un temine di trenta giorni dall’entrata in vigore. Sul pun- to, in attuazione della direttiva 98/7/CE, è intervenuto il decreto 6 maggio 2000 del Ministero del Tesoro. Quest’ultimo ha provveduto a modificare il precedente decreto ministeriale dell’8 luglio 1992 che aveva, al momento di recepire la prima direttiva, dettato le componenti di costo da computare nel calcolo del tasse effettivo annuo globale. Il decreto del 2000, in particolare, in attuazione della direttiva ha inserito nella previ- gente disposizione, oltre a una parziale integrazione del primo allegato e a un nuovo terzo allegato recante gli esempi di calcolo del TAEG, la previ- sione secondo cui gli intervalli di tempo devono essere espressi in anni o frazione di anno e la disposizione in virtù della quale l’indicazione del TAEG deve essere accompagnata da quella del parametro temporale specificamente utilizzato 37.

Attualmente, quindi, la disciplina di dettaglio è ancora contenuta nel decreto ministeriale dell’8 luglio 1992, vigente grazie al meccanismo d’ultrattività dell’art. 19, 2° comma, della l. 142/1992 dettato dall'art. 161 del d.lgs. n. 385/1993. Quest’ultimo, infatti, dispone che tale articolo continui a trovare applicazione fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti emanati dalle autorità creditizie.

È il caso di precisare che, qualora venisse emanata, la delibera del CICR avrebbe natura vincolante, ponendo regole sub primarie emanate per espressa delega, contenuta nella normativa primaria, di modificare il decreto ministeriale sopracitato e adeguare la disciplina domestica a quella comunitaria.

37 V. G.CARRIERO, Autonomia privata e disciplina del mercato. Il credito al consumo,

2.2. Fattispecie negoziale e àmbito d’applicazione: la