La disciplina del credito al consumo in Italia
2.1. La genesi della disciplina italiana sul credito al consumo
2.1.3. Le successive direttive sul credito al consumo
La prima direttiva comunitaria sul credito al consumo è stata modificata e integrata da altre due direttive, finalizzate principalmente a perfezionare il calcolo del tasso annuo effettivo globale.
Nel 1986, infatti, si consentì agli Stati membri di godere di un perio- do transitorio prima della definitiva unificazione del metodo di calcolo del tasso annuo effettivo globale. A tal proposito, infatti, l’art. 5 della direttiva 87/102/CEE prevedeva che, «in deroga all’art. 3 e all'articolo 4, paragra-
16 G. FERRANDO, Credito al consumo: operazione economica unitaria e pluralità di
- 64 -
fo 2, e in attesa di una decisione sull'introduzione di un metodo o di meto- di comunitari per il calcolo del tasso annuo effettivo globale», gli Stati
membri potessero imporre al finanziatore di indicare anche solo il costo totale del credito. L’art. 1, infatti, alla definizione di “costo totale del credi- to al consumatore” e a quella di “tasso annuo effettivo globale”, conveniva che essi fossero «determinati conformemente alle disposizioni o alle pras-
si esistenti o da stabilire negli Stati membri».
Per la definizione di una formula matematica unitaria, al fine di promuovere il funzionamento del mercato interno e garantire ai consuma- tori un elevato grado di tutela, è stato necessario attendere la seconda direttiva sul credito al consumo, la direttiva 90/88/CEE 17. Grazie a
quest’ultima, infatti, le definizioni di “costo totale del credito al consuma- tore” e di “tasso annuo effettivo globale” contenute nella direttiva 87/102/CEE sono state modificate e il loro calcolo dettato dal nuovo art. 1-
bis il quale a sua volta rinvia alla formula matematica contenuta
nell’allegato II. In base alle nuove disposizioni le diverse formule applicate nei diversi Stati potevano continuare ad essere utilizzate solamente sino alla fine del 1995.
Nel definire i nuovi criteri di calcolo la seconda direttiva ha anche integrato l’art. 4, che disciplina il contenuto del contratto, includendovi fra gli elementi da indicare a) un estratto dell’importo, del numero e della periodicità dei versamenti nonché il loro importo totale, e b) un estratto degli elementi di costo non inclusi nel calcolo del TAEG, ma dovuti a de- terminate condizioni.
Successivamente è stata approvata una terza direttiva, la 98/7/CE 18,
che ha provveduto all’abrogazione di ulteriori parti del testo comunitario, per lo più dove venivano previste esclusioni o concesse deroghe in favore degli Stati membri. L’impatto di tale direttiva ha sostanzialmente riguar-
17 In GUCE L 61, 10 marzo 1990. Poiché il recepimento italiano della disciplina
comunitaria del credito al consumo è avvenuto quando questa seconda direttiva era già stata approvata, di essa il legislatore ha tenuto conto direttamente nel testo della legge di recepimento n. 142/1992.
dato la prescrizione di un unico metodo di calcolo del TAEG all’interno della Comunità europea e la previsione dell’indicazione del medesimo attraverso un esempio tipico. Obiettivo esplicito della modifica di matrice comunitaria era quello di ottenere un’unica e uniforme operazione mate- matica all’interno del mercato della Comunità, al fine di rendere le offerte di credito presenti negli Stati membri più fedelmente paragonabili tra loro e promuovere quindi la trasparenza e la concorrenza all’interno del merca- to europeo stesso.
Non è certo cómpito di un’analisi giuridica soffermarsi sull’adeguatezza della formula matematica adottata nell’allegato, ma sem- bra opportuno osservare che parte dell’efficacia delle disposizioni a tutela dei consumatori dipende proprio dalla attendibilità di tale operazione nel definire e rappresentare il costo del credito. La definizione di un metodo di calcolo unitario, pur non essendo un argomento di sostanziale interesse per il giurista, svolge infatti un ruolo essenziale, a livello informativo e concorrenziale, grazie all’immediatezza con cui permette di rappresentare l’effettivo costo dell’operazione per il consumatore. Soprattutto risulta importante la scelta degli elementi che si ritiene debbano restare esclusi da tale calcolo 19.
19 È l’art. 1 bis della direttiva ad occuparsi delle fattispecie non incluse nella
determinazione del costo totale del credito. Letteralmente:
«2. Per il calcolo del tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore quale è definito all'art. 1, paragrafo 2, lettera d), escluse le spese seguenti: i) le spese che il consumatore deve pagare per l'inadempimento di un qualsiasi obbligo cui è soggetto e che figura nel contratto di credito;
ii) le spese diverse dal prezzo di acquisto che spettano al consumatore all'acquisto di beni o servizi, indipendentemente dal fatto che si tratti di un acquisto in contanti o a credito; iii) le spese di trasferimento di fondi, come pure le spese per il mantenimento di un conto destinato a ricevere gli importi addebitati a titolo di rimborso del credito, del pagamento degli interessi e degli altri oneri tranne nel caso in cui il consumatore non disponga di una ragionevole libertà di scelta in materia e tali spese siano anormalmente elevate; tuttavia questa disposizione non si applica alle spese di riscossione di tali rimborsi o di tali pagamen- ti, indipendentemente dal fatto che siano riscossi in contanti o in un altro modo;
iv) i contributi dovuti a titolo dell'iscrizione ad associazioni o a gruppi derivanti da accordi distinti dal contratto di credito, anche se tali contributi hanno un'incidenza sulle condizioni del credito;
v) le spese per le assicurazioni o garanzie; sono tuttavia incluse quelle che siano intese ad assicurare il rimborso al creditore in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del consumatore, di una somma pari o inferiore all'importo totale del credito, compresi gli
- 66 -
2.1.4. Le politiche della comunità europea in materia di credito al