L’analisi del credito al consumo come operazione economica deve anche prendere in considerazione l’attuale sviluppo del mercato, le aspettative ed il comportamento degli operatori del settore: in sostanza, per avere un quadro completo è necessario considerare il settore del credito al consu- mo anche dall’ottica degli operatori economici, ossia dal lato dell’offerta del prodotto, evidenziandone la crescita, i limiti e le modalità operative.
Fondamentalmente, il quadro teorico in cui si è soliti far rientrare l’attività d’impresa degli istituti bancari 48 è un circolo monetario di cui
fanno parte altri due soggetti: le imprese e i consumatori. Secondo l’impostazione tradizionale, la banca assolve la funzione di intermediare i flussi finanziari dai settori in surplus a quelli in deficit. Seguendo questa ipotesi, tra questi tre soggetti si viene a creare uno schema circolare per cui le banche prestano liquidità alle imprese, le quali, remunerando i fattori della produzione, trasferiscono risorse ai consumatori; da questi ultimi, la liquidità torna nuovamente alle banche, sotto forma di rispar- mio, o alle imprese, per il pagamento dei beni o servizi acquistati, le quali potranno così rimborsare il finanziamento erogato dalla banca.
In pratica, il consumatore, attraverso le decisioni di spesa, deter- mina da un lato il livello della domanda effettiva e, dall’altro, il livello di risparmio che le banche possono gestire. Al sistema creditizio è dunque affidato il cómpito di mettere a disposizione i mezzi finanziari necessari al mondo dell’impresa per sostenere investimenti e produzioni ritenute profittevoli.
L’aumento dei redditi monetari, i mutamenti degli stili di vita, la crescita di una cultura finanziaria, le innovazioni della struttura finanzia-
48 Il principio è di recente affermazione, precedentemente si riteneva che l’attività
bancaria avesse natura di servizio pubblico. Il riconoscimento del suo carattere imprenditoriale avvenne alla fine degli anni Ottanta come risultato del mutato indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale. Ora tale affermazione è esplicitamente contenuta anche nell’art. 10 del TUB (d.lgs. n.385 del 1993). Per un esauriente ricostruzione dell’evoluzione del settore creditizio v. S. CASSESE, La nuova
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ria e del sistema di pagamenti sono solo alcune delle variabili che hanno contribuito a modificare questo contesto e a favorire la crescita della domanda di credito al consumo da parte delle famiglie. In particolare, l’espandersi di settori prima ritenuti secondari ha modificato lo schema appena delineato ed ha ampliato l’incidenza che il settore creditizio può avere nell’economia di un paese a capitalismo avanzato. Attualmente, infatti, l’attività bancaria non si svolge semplicemente sostenendo il
cash-flow in funzione dell’apertura del ciclo economico, ma consiste
invece in un vero intervento catalizzatore per molteplici rapporti econo- mici. Se, infatti, preso atto della diffusione avuta dal credito al consumo a partire dagli anni Ottanta, si colloca quest’ultimo nel circuito monetario delineato, ci si accorge di come il settore bancario operi ormai non solo a monte ma anche a valle del processo economico, finanziando gli investi- menti produttivi ma anche la domanda di beni e servizi di consumo.
Dopo un primo momento di perplessità, dunque, le banche hanno cercato di inserire nel circuito della liquidità rapporti ulteriori rispetto a quelli storicamente avviati con operatori commerciali e industriali. E così, tra gli impieghi bancari, quelli diretti alle aziende, ossia alla fase di apertura del ciclo economico 49, hanno gradualmente lasciato terreno ai
prestiti finanziari rivolti ai consumatori 50.
Del resto, i consumi sono ormai un problema generalizzato e la lo- ro incidenza nell’economa è stata compresa meglio che in passato. Il sostentamento della domanda di consumo, oltre ad essere un settore redditizio per gli istituti finanziari, è infatti anche oggetto di numerosi interventi da parte dei poteri pubblici, che si preoccupano di sostenere, in diversi modi, la domanda di beni e servizi.
49 Sull’argomento v. P. CAPALDO, Capitale proprio e capitale di credito nel
finanziamento dell’impresa, Milano, 1967.
50 Bisogna osservare che a causare la variazione di tale rapporto di valori, certamente
dovuta all’abbassarsi della propensione al risparmio e all’espansione del ricorso al credito da parte delle famiglie, hanno in parte concorso anche le maggiori possibilità di finanziamento, ed autofinanziamento in particolare, che negli ultimi anni si sono aperte per le imprese.
Ovviamente, l’offerta di credito costituisce un veicolo molto impor- tante per sovvenzionare i consumi. Ciò ha reso possibile una sua progressiva e continua espansione in tutti i paesi occidentalizzati. In Italia non siamo certo giunti all’iperconsumismo e ai livelli di indebitamento sperimentati dagli Stati Uniti o da altri paesi europei. Tuttavia, come si può notare dal grafico – che illustra le consistenze del credito al consumo sino al 2006 – la crescita del mercato in Italia risulta ininterrotta 51.
Dagli anni Ottanta sino ad oggi, il tasso di crescita è rimasto sempre positivo e, anche se vi sono stati periodi di contrazione della domanda di credito, esso spesso ha registrato percentuali in doppia cifra. In termini
51 Solo nel periodo fra il 1992 e il 1996, quando l’instabilità della moneta e la crisi
economica ridussero la propensione al consumo si è avuto un periodo di diminuzione. Tale andamento, allora, è stato pienamente risolto grazie agli incentivi sulla rottamazione delle automobili del 1997.
Tuttavia, secondo U. FILOTTO, Mito e realtà del credito al consumo (e qualche ipotesi
per il domani), in Bancaria, 2002 n. 9, p. 55 e ss. tale sviluppo risulta in parte ridimensionato
se si prendono in considerazione le consistenze del credito non più a valori nominali bensì a prezzi costanti. In tal caso, infatti, la crescita risulta ridimensionata e il moltiplicatore scende da 7,43 ad un valore poco maggiore di 3,5. In secondo luogo, analizzando il rapporto del credito al consumo con il totale del credito erogato dagli intermediari e col PIL, si può notare come l’aumento sia comune anche ad altre forme di finanziamento. Il sistema bancario ha conosciuto negli ultimi anni un nuovo approccio, sia commerciale che organizzativo, verso tutti i segmenti di business.
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assoluti, invece, le consistenze sono passate da un valore di poco inferiore agli 8 miliardi di euro nel 1986 sino a superare i 40 miliardi di euro nel 2001; a fine giugno 2007, tale ultimo importo risulta già più che raddop- piato, posto che le consistenze si sono attestate sopra i 97 miliardi di euro 52.Come detto, tali valori escono certamente ridimensionati se para-
gonati con i livelli di credito erogati al consumo di altri paesi occidentali, nei confronti dei quali esiste tuttora un distacco molto ampio. Pertanto, pur apparendo indiscutibile la sempre maggiore diffusione raggiunta in Italia dal credito al consumo, è anche vero che il suo mercato presenta ancora ampi margini di sviluppo.
Ciò è confermato dalla comparazione dei tassi di crescita medi annui delle consistenze del credito al consumo, dove l’Italia si pone ben al di sopra della media registrata nell’intera area dell’unione monetaria.
52 Dati contenuti nella Relazione Annuale sul 2007 della Banca d’Italia, presentata il 31
maggio 2008 e disponibile sul sito http://www.bancaditalia.it (si veda in particolare p 205) e nel rapporto dell’Osservatorio sul Credito al Dettaglio, realizzato da ASSOFIN, CRIF e Prometeia, e presentato a Milano il 17 gennaio 2008.
Si può quindi sostenere che il nostro non è più un mercato immatu- ro ma è giunto ad una fase in cui lo sviluppo futuro dell’attività dipenderà dalla diffusione di nuovi prodotti e forme tecniche, soprattutto di strumen- ti che permettano al consumatore di accedere al credito sulla base di un rapporto duraturo e flessibile. Anche se l’utilizzo di carte di credito appare ora in forte espansione, un confronto internazionale sugli strumenti di pagamento evidenzia per l’Italia un basso numero di operazioni pro capite con strumenti diversi dal contante ed un utilizzo ancora elevato di assegni e bonifici. Oltretutto, tra gli utenti che possiedono una carta di credito sino a pochi anni fa pochissimi avevano scelto il pagamento rateale: se le carte di tipo revolving divenissero più diffuse, l’accesso al credito potrebbe aumentare e consentire l’utilizzo di un affidamento per piccoli importi come anche per le spese programmate sempre maggiore man mano che nella popolazione italiana si affermino modelli di comportamento socio- economico prevalenti nei paesi a sviluppo avanzato. In ogni modo, i seg- menti sui quali in prospettiva il mercato del credito al consumo potrà crescere maggiormente sono quelli dei soggetti che fin qui erano stati in
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qualche modo esclusi dall’accesso al finanziamento 53. I nuovi residenti in
Italia che vogliono costruire una situazione familiare che possa godere dei beni di largo consumo, i giovani con contratti di lavoro flessibili e chi, per gli andamenti non positivi della congiuntura o per qualche disavventura personale, può aver avuto qualche problema nel pagamento dei precedenti finanziamenti godono oggi di una disponibilità di credito molto limitata.
Dal punto di vista dei soggetti operanti nell’offerta di credito al con- sumo, l’evoluzione del mercato ha comportato una crescita ininterrotta sia per le banche sia per le società finanziarie 54. Osservando la loro ripartizio-
ne dell’offerta sembrerebbe che le prime, superata la depressione degli anni Novanta abbiano ripreso vigore e conquistato quote di mercato. La realtà è diversa. Mentre formalmente circa l’80% del credito al consumo è riconducibile al sistema bancario, e solo il rimanente a operatori di diversa natura 55, le banche c.d. generaliste rappresentano solo il 49,79%
dell’aggregato.
53 U. FILOTTO, Mito e realtà del credito al consumo (e qualche ipotesi per il domani), in
Bancaria, 2002 n. 9, p. 55 e ss.
54 Così A. GERSANDI-A. PELUCELLI, Il mercato del credito al consumo, in Banche e
Banchieri, 1998, p. 267 e ss.
55 Fonti: Banca d’Italia, Relazione annuale 2007.
Non che le banche abbiano abbandonato il mercato ma, fermo re- stando l’offerta di credito personale ai propri correntisti, hanno scelto di rafforzare la propria presenza attraverso istituzioni finanziarie specializza- te di cui detengono il controllo, piuttosto che operare direttamente. L’aumento della quota di mercato delle banche rispetto alle finanziarie è perciò dovuto sia al fatto che le banche cercano di esternalizzare l’attività di credito al consumo sia al fatto che alcune finanziarie si sono trasformate in banca 56 per poi svolgere sostanzialmente le stesse attività di prima.
Guardando alla sostanza quindi, le finanziarie, incluse le finanziarie vigila- te controllate da una banca o le banche che svolgono fondamentalmente l’attività di una finanziaria, detengono la maggioranza delle quote di mer- cato. Anche nel 2007, infatti, è proseguito l’aumento della quota di mercato facente capo agli intermediari finanziari, attribuibile in egual misura sia a società indipendenti sia a intermediari appartenenti a gruppi bancari, le cui quote di mercato ammontano rispettivamente al 29,1 e al 20,0 per cento 57.
Circa la tipologia di operazioni negoziate, le banche generaliste, da parte loro, tendono prevalentemente a fare credito non finalizzato, e cioè prestiti personali ai propri clienti. Gli operatori specializzati, invece, siano essi banche o finanziarie, erogano soprattutto credito finalizzato, ossia credito richiesto contestualmente all’acquisto di un bene di consumo. In questo senso, gli istituti bancari hanno dimostrato un approccio maturo e accorto poiché hanno saputo delegare a strutture specializzate l’offerta di credito finalizzato, senza privarsi però della possibilità di finanziare diret- tamente i propri clienti. Qualche banca, cercando di offrire prodotti
56 Le ragioni che spingono una finanziaria vigilata ad assumere lo statuto di banca sono
gli effetti positivi che si rivelano a livello d’immagine, l’ampliamento delle opzioni di raccolta e, in qualche misura, la riduzione del costo del funding; per contro vi sono effetti negativi derivanti dall’assoggettamento ai requisiti patrimoniali (non disposti infatti per le finanziarie non consolidate in gruppo bancario), dalla necessità di sottoporsi a controlli di vigilanza più gravosi e ad alcuni vincoli operativi più stringenti.
La trasformazione in banca non è invece possibile per quelle finanziarie vigilate che si trovano sotto il controllo di imprese industriali: il principio di separatezza fra banca e industria verrebbe altrimenti violato.
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sempre più mirati e tagliati sulle esigenze dei clienti, ha in passato realiz- zato finanziamenti destinati a specifici segmenti della clientela o per determinate occasioni, come in caso di nozze, ristrutturazioni immobiliari, sport, viaggi ed altro. Ma l’area del prestito personale non finalizzato, an- che sotto forma di scoperto di conto corrente, resta il prodotto più congeniale.
Un settore innovativo, invece, potrebbe essere quello delle carte di credito revolving: la possibilità per le banche di essere sempre presenti, anche se virtualmente, quando e dove serve al cliente, è un fattore strategi- co importante soprattutto considerando la tendenza in atto verso la banca telefonica o via internet. Ma perché ciò si verifichi occorre un profondo cambiamento anche nella percezione delle carte stesse, non più come sem- plice mezzo di pagamento bensì come strumento per fare credito 58.
Alla distinzione istituzionale fra banca e finanziaria corrisponde dunque una netta specializzazione per prodotto ed è facile intravedere la
58 A. GERSANDI-A.PELUCELLI, Il mercato del credito al consumo, in Banche e Banchieri,
ratio del tutto logica di questa situazione. Prestito personale e credito
finalizzato, a dispetto delle apparenze tecniche e giuridiche sono infatti due prodotti profondamente diversi 59. Sotto il profilo commerciale, perché
sfruttano canali distributivi e promozionali differenti, uno presso lo spor- tello bancario, l’altro presso il rivenditore convenzionato. Inoltre, mentre il prestito è un prodotto offerto al cliente nell’àmbito di un pacchetto e di un rapporto più o meno stabile, il credito finalizzato è un prodotto occasiona- le, collegato all’acquisto di un bene di cui segue le sorti commerciali. Ma oltre a questi aspetti c’è un elemento essenziale per distinguere i due tipi di finanziamento: la percezione che ne ha la clientela. Sembra essere comune l’idea che i due prodotti non siano assimilabili tra loro: il prestito persona- le è un finanziamento mentre il finalizzato sarebbe una forma di pagamento, in poche parole l’acquisto a rate di un bene di consumo.
Il settore del credito al consumo si è dimostrato anche molto reddi- tizio offrendo importanti margini di profitto per gli operatori. L’ingresso nel settore risente in ogni caso della preoccupazione per il livello delle sofferenze, supposto piuttosto elevato, e della sensazione che la conflittua- lità e la criticità del rapporto con la clientela siano elevati. In realtà, i risultati piuttosto modesti avuti nei primi anni Novanta sono dipesi non tanto dall’incidenza delle sofferenze quanto dall’effetto di scala, per cui in quel periodo la caduta dei volumi di attività, dovuta alla crisi monetaria della lira, non ha permesso di assorbire i costi fissi e di gestione. Oltretut- to, i buoni risultati di medio periodo sono dovuti all’andamento disomogeneo degli operatori: ai successi di molti si sono infatti contrappo- sti i pessimi risultati di altri. In sintesi il settore presenta risultati soddisfacenti ed è capace di un’ottima redditività ma resta piuttosto in- fluenzato dall’andamento della congiuntura dimostrandosi molto volatile. Come detto, il divario tra attivo e passivo non è comunque colpa delle sofferenze che sono perfettamente in linea con i dati bancari riferiti ad altri comparti dell’economia.
59 Cfr. U. FILOTTO, Mito e realtà del credito al consumo (e qualche ipotesi per il
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Nel 2001 le associate Assofin per erogare 28 miliardi di euro hanno stipulato 6 milioni di contratti: questi volumi operativi richiedono un’infrastruttura molto impegnativa che determina dei costi operativi rilevanti per quel che riguarda i costi variabili ma altrettanto consistenti per quanto concerne quelli fissi. Le società di credito al consumo basano il loro successo anche su ottimi servizi informatici 60 e procedure interne di
valutazione di modo che si possa rapidamente definire la richiesta del cliente, con un buon livello di certezza circa la sua solvibilità 61. L’utilizzo di
sistemi quantitativi per la selezione dei richiedenti e successivamente per la gestione del credito è da tempo un fatto acquisito che si è dimostrato valido ed efficace 62. Nell’analisi dei margini di costo, un altro fattore im-
portante da prendere in considerazione sono le provvigioni spettanti al
dealer 63, ossia ai commercianti, i quali nel sistema del credito al consumo
svolgono l’importante ruolo di essere il principale canale distributivo e promozionale del prodotto.
Per quanto riguarda la soddisfazione finale del cliente, essa è stata in parte mal rappresentata dai media che hanno contribuito a creare una sensazione di alta conflittualità. L’analisi dei numeri porta però ad affer- mare l’opposto. Osservando il grafico si può notare come si abbia generalmente un buon livello di soddisfazione, tanto più significativo se al 3% dei poco soddisfatti si sottrae la percentuale del 2,8% corrispondente
60 In merito è interessante notare l’enorme apporto che le nuove tecnologie riescono a
fornire sia agli esercenti sia ai clienti, permettendo con estrema velocità la diffusione di informazioni. Per maggiori dettagli v. Telecom Italia, Nuove tecnologie a supporto del credito
al consumo, in Il convegno dell’ABI Consumer Credit 2002, in Bancaria, 2002, VI, p. 54 e ss.
61 Anche la quota assistita da garanzie si è così ridotta dal 67% registrato nel 1987 al
27,1% del 1996.
62 Si pensi che il tempo medio d’erogazione del finanziamento è passato da una media
di 3,3 giorni nel 1989 ad una media di 1,9 nel 1996 (fonte: Banca d’Italia). Per un approfondimento di queste tematiche v. U. FILOTTO–GIANNASCA, Credito al consumo: qualità
del credito e gestione del rischio, in Banche e banchieri, 1996, p. 241 (U. G. FILOTTO 1996).
63 L’elevato livello delle provvigioni è un elemento non indifferente nel determinare
l’alta soddisfazione dei dealer rispetto al credito al consumo. Tra di essi infatti solo l’1% si dichiara insoddisfatto; per contro, il 46% afferma di essere abbastanza soddisfatto e il 53% lo è addirittura molto. (Fonte: ASSOFIN-Ipsos 2001)
alle sofferenze di settore 64 che, si presume, non si saranno espresse favo-
revolmente.
Queste positive considerazioni sulla crescita del mercato, sulla defi- nizione delle strutture operative e sui risultati raggiunti, non esime tuttavia gli operatori dall’obbligo di migliorare l’offerta, per ragioni stret- tamente commerciali ma anche per attenuare quella percezione negativa che accompagna il settore. Pur essendo il credito al consumo disciplinato da norme comunitarie e nazionali, non si può negare che esistono spazi ove il diritto del consumatore abbisogni di interventi specifici affinché la tutela diventi concreta ed efficace. Ed oltre ad invocare la formulazione di nuove normative, spesso il problema risale anche nel fatto che le norme esistenti restano abbandonate a loro stesse perché nessuno le conosce o si preoccupa di farle rispettare. Un atteggiamento aperto e non pregiudizie- vole da parte dei finanziatori nei confronti del cliente e delle associazioni dei consumatori, oltre a fornire l’occasione per stabilire un dialogo maturo, potrebbe anche servire a migliorare l’offerta. La sensibilità verso le pro- blematiche legate alla tutela dei consumatori potrebbe anche rivelarsi un aspetto su cui fondare strategie di promozione commerciale.
64 Su un totale di 6 milioni di contratti lo 0,2% significa 12.000 casi, certamente tanti in