La disciplina del credito al consumo in Italia
2.3. Gli obblighi informat
2.3.1. Obblighi informativi contro regole di protezione sostanziale Le tecniche di tutela adottate al fine di riequilibrare la posizione del con-
sumatore nei confronti dell’impresa si sviluppano tuttavia seguendo anche altre strade. Oltre a quella appena descritta, infatti, il legislatore è spesso intervenuto anche sulla disciplina sostanziale del negozio e del rapporto obbligatorio che ne consegue.
Tale intervento si è concretizzato nella previsione di vere e proprie norme di protezione sostanziale, le quali predispongono – a scapito della libera autonomia delle parti – un regolamento di interessi nel quale il consumatore gode di una serie di facoltà e di diritti mentre al creditore viene limitata la possibilità di fare ricorso ad alcuni tipi di clausole e di eccezioni 93. Ovviamente questo secondo tipo di intervento, per la più
penetrante e sostanziale intromissione nell’autonomia negoziale delle parti, è in grado di attuare un tipo di tutela più concreto ed efficace rispet- to all’imposizione di meri obblighi informativi che invece arrestano i loro effetti alla libera formazione del consenso e all’autoresponsabilizzazione del consumatore 94.
93 P. COPPOTELLI, Le norme sui contratti, in La nuova legge bancaria (a cura di P.
FERRO-LUZZI e G.CASTALDI), Milano, 1996, p. 1871.
94 Va evidenziato che l’innalzamento della qualità del contratto per l’utente, che si
ottiene con l’introduzione di norme di equilibrio eteronomo del rapporto, sconta tuttavia l’inevitabile prezzo dell’innalzamento del costo del credito a causa della conseguente diversa
In proposito è stato detto da più autori che la prescrizione di obbli- ghi informativi andrebbe accolta e incentivata, poiché essa non crea alcun interferenza con il principio dell’autonomia negoziale, risultando finalizza- ta ad accrescere e non a restringere le condizioni contrattuali; al contrario, sempre secondo gli stessi autori, la previsione di regole sostanziali trove- rebbe giustificazione solamente nel caso in cui le regole di informazione non fossero in grado di ovviare al fallimento del mercato 95.
Sul punto si scontrano quindi due linee di pensiero. Quest’ultima, di cui si è detto nel precedente paragrafo e che si richiama alle idee economi- che neoclassiche 96, privilegia una non interferenza del legislatore nella
autodeterminazione delle parti e, quindi, assume una difesa in condiziona- ta del principio dell’autonomia contrattuale, ammettendo, qualora fosse necessario, solo l’introduzione di obblighi informativi 97. La seconda, che si
allocazione del rischio (così G. CARRIERO, Autonomia privata e disciplina del mercato. Il
credito al consumo, Torino, 2002, p. 80). Nell’accogliere con favore (v. G.ALPA-M.BESSONE,
Disciplina giuridica delle carte di credito e problemi di controllo del credito al consumo, in
Giur. It., 1976, p. 114; contra D. LA ROCCA, Credito al consumo e sistemi di finanziamenti, in
Pol. dir, 1980, p. 429.) siffatte prescrizioni non si deve dunque dimenticare di considerare accuratamente il rapporto di costo/beneficio dovuto alla loro introduzione (Cfr. G. CARRIERO,
Autonomia privata e disciplina del mercato. Il credito al consumo, Torino, 2002, p. 81).
95 Su tale questione, e più in generale per un’ampia disamina degli obblighi di
informazione in àmbito consumeristico, v. L.DI DONNA, Obblighi informativi precontrattuali.
1 La tutela del consumatore, 2008, Milano, p. 172.
96 In tali modelli economici è presupposto che il consumatore abbia:
- autonomia di scelta e consapevolezza delle motivazioni di acquisto; - conoscenza dei prodotti offerti dal mercato e delle loro caratteristiche;
- capacità di identificare le azioni necessarie per ottenere tali prodotti e conoscenza dei benefici derivanti dal loro consumo.
97 Solo a partire dalla seconda metà del secolo scorso gli economisti hanno cominciato a
interessarsi alla problematica dell’informazione. La teoria microeconomica classica, infatti, vede gli operatori all’interno di modelli di mercato monopolistico o di perfetta concorrenza agire sempre perfettamente informati. Nonostante le intuizioni di alcuni autori (cfr. F.A. HAYEK, Economics and Knowledge, 4 Economica, 1937; Id., The Use of Knowledge in Society, 35 AER, 1945; Id., The Meaning of Competition, in Hayek (ed.), Individualism and Economic Order, Chicago, 1948) avessero già in precedenza evidenziato il problema della mancanza di “perfect knowledge” da parte dei soggetti operanti sul mercato, tali idee non sono state colte se non in epoca successiva.
Il tema delle informazioni è stato introdotto dalla teoria microeconomica neoclassica che, in particolare, ha analizzato il rapporto costi/benefici della loro ricerca ottimale. Le informazioni imperfette e asimmetriche mettono in crisi le logiche di funzionamento del mercato e possono condurre ad un suo fallimento: ciò legittima e impone l’intervento corretti- vo da parte del legislatore.
Tuttavia, non tutti gli autori hanno condiviso tale concetto della teoria economica neo- classica dell’informazione. In particolare, Herbert A. Simon, già negli anni cinquanta, aveva
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basa sulle recenti teorie della “behavioural economics” (espressione tradu- cibile come economia comportamentale), abbandona invece l’assunto della perfetta razionalità dell’operatore nelle scelte di consumo e cerca di tenere conto anche delle influenze derivanti dalla società e dalle tecniche di mar- keting, nonché dei limiti intrinseci della persona umana e della sua psiche 98. Così facendo, ammette l’eventualità che il consumatore possa
compiere delle scelte errate – anzi, lo ritiene pressoché inevitabile – e giustifica, in ragione dei benefici che ne conseguono a livello di efficienza del mercato, un intervento legislativo più incisivo e finalizzato a riequili- brare non solo il momento informativo e decisionale ma anche l’assetto sostanziale dei rapporti negoziali 99.
La differenza tra regole di informazione obbligatorie e regole so- stanziali obbligatorie è dunque evidente: quest’ultime riducono l’autonomia contrattuale delle parti introducendo delle scelte di valore che vengono imposte alle parti del rapporto negoziale mentre le prime sono volte a mettere entrambi i soggetti contraenti nella posizione di poter prendere una decisione consapevole, anche con riferimento alle diverse
introdotto il concetto di “bounded rationality” (H. SIMON, Models of Man, New York, 1957,
passim). L’Autore aveva rilevato che il cervello umano ha forti limiti ad elaborare le informa-
zioni e che quindi il comportamento razionale teorizzato dalle scuole economiche neoclassiche non è, nella realtà dei fatti, perseguibile dai consumatori.
Negli anni ottanta e novanta, attraverso le ricerche di Kahneman e di Tversky, è stata elaborata la disciplina economica denominata “behavioural economics”, che ha studiato il comportamento economico degli esseri umani per il tramite di esperimenti di laboratorio. La nuova disciplina ha descritto le divergenze del reale comportamento degli esseri umani rispet- to ai comportamenti previsti dalla tradizionale presunzione di razionalità, propria delle teorie microeconomiche neoclassiche (cfr. KAHNEMAN, New Challenges to the Rationality Assum-
ption, 1994, 150 JITE, 18; KAGEL,ROTH, Handbook of Experimental Economics, Princeton,
1995, passim; CONLISK, Why bounded rationality?, in Journal of Economic Literature 34,
1996, 669; KREPS, Bounded Rationality, in Newman, The New Palgrave Dictionary of Econo- mics and the Law, vol. I, 1998, 168; KOROBKIN,ULEN, Law and behavioral science: removing
the rationality assumption from law and economics, 2000, Calif. L. Rev., 88.).
Benché contrapposti in molte loro conclusioni, i due filoni di pensiero sono stati ap- prezzati anche per la loro complementarietà, essendo entrambi utili a spiegare e approfondire il problema dell’informazione nell’economia di mercato.
98 Cfr. M. COSTABILE e F. RICOTTA, Strategie di marketing del consumatore.
Proposizioni di ricerca sul fabbisogno di consumer protection, in Micro & Macro Marketing,
2003, p. 401 e ss.; R. PARDOLESI, Per una nuova sintesi: verso un mercato consumer oriented,
in Dir. cons., 1997, p. 64 e ss.
99 Il raffronto tra le due correnti di pensiero emerge in modo molto chiaro in un recente
scritto di R. A. EPSTEIN & O. BAR-GILL, Consumer contracts: behavioral economics vs.
neoclassical economics, in New York University Law and Economics Working Papers, New
offerte presenti sul mercato. Ciò, secondo alcuni, renderebbe regole di informazione preferibili alle regole obbligatorie di natura sostanziale, almeno fino a quando siano in grado di garantire una significativa tutela per la parte debole.
L’assunto sembra tuttavia fallace in quanto postula che il consuma- tore, una volta correttamente informato, sia anche in grado di assumere decisioni razionali 100. Tale postulato, come già chiarito, sembra dover
restare confinato all’interno di alcuni teoremi economici, che si rivelano tuttavia ben lontani dalla realtà delle cose.
Ad ogni modo, la disciplina di protezione introdotta dal legislatore comunitario in materia di credito al consumo, e recepita nel nostro ordi- namento all’interno del Testo Unico Bancario e del Codice del Consumo è data dalla combinazione di entrambi questi due livelli d’intervento.
Peraltro, mentre le norme di protezione sostanziale consentono per loro natura di determinare le sanzioni applicabili, o quanto meno gli effetti da esse derivanti, qualora venissero violate, non vi è in ambito europeo, né in quello nazionale, un approccio costante e unanime circa i rimedi esperi- bili nel caso di inadempimento degli obblighi di informazione. Il legislatore comunitario, infatti, si limita per lo più a disciplinare gli aspetti sostanziali della materia, lasciando le questioni di carattere rimediale rimesse alle decisioni e alla regolamentazione dei singoli Stati membri, ai quali, senza specificare le concrete modalità, viene solamente chiesto di raggiungere degli obiettivi 101.
Senza soffermarsi in dettagli che verranno analizzati più diffusa- mente nel prosieguo 102, si segnala che la dottrina ritiene comunque
100 GRUNDMANN, Party Autonomy for the Internal Market – the Role of Information,
2002, 39 CML Rev, passim; Hommelhoff, Riesenhuber, Strukturmaßnahmen, insbesondere Verschmelzung und Spaltung im Europäischen und deitschen Gesellschaftsrecht, in Grundmann (ed.), Systembildung und Systemlücken in Kerngebieten des Europäischen Privatrechts – Gesellschaftsrecht, Arbeitsrecht, Schuldvertragsrecht, Tübingen, 2000, 259 e 272-279.
101 Wilhelmsson, Twigg Flesner, Pre-contractual information duties in the acquis
communautaire, in European Review of Contract Law (ERCL), vol. 2, 2006, p. 465.
102 In generale si v. v. L.DI DONNA, Obblighi informativi precontrattuali. 1 La tutela del
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possibile il ricorso ai rimedi di diritto comune e che, pertanto, sia possibile invocare la responsabilità precontrattuale, ai sensi dell’art. 1337 cod.civ., la risoluzione del contratto, l’annullamento del contratto per omissione dolo- sa delle informazioni. Al mancato assolvimento degli obblighi precontrattuali a cui facesse seguito la conclusione dell’accordo può far seguito anche la nullità del contratto stesso 103. In quest’ultima ipotesi si
tratterebbe di una nullità virtuale di protezione (dovuta alla violazione di una norma imperativa), in quanto il testo normativo non prescrive, espres- samente, la sanzione della nullità quale conseguenza dell’inadempimento degli obblighi informativi nei contratti di credito al consumo 104.
Altra ipotesi è quella in cui il consumatore viene indotto a conclude- re il contratto a seguito di informazioni ingannevoli, erronee o addirittura aggressive poste in essere dal professionista: in tali casi, che potranno ricadere nella disciplina delle pratiche commerciali sleali, si potrà avvalere dei rimedi ordinari previsti per l’inadempimento del contratto 105 ovvero
invocare i vizi della volontà, nonché chiedere che ne venga dichiarata la nullità (realtiva).
Più complesso si presenta il caso in cui l’inadempimento degli obbli- ghi precontrattuali di informazione abbia come conseguenza la mancata conclusione del contratto. Pur in assenza di un’esplicita previsione legisla-
103 Al riguardo, si rimanda alle considerazioni illustrate relativamente ai contratti a
distanza. In ogni caso, si vedano Rossello, Gli obblighi informativi del prestatore di servizi, in Tosi (a cura di), Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione, op. cit., 76; Benatti, La responsabilità precontrattuale, op. cit., passim; Cuffaro, voce “Responsabilità
precontrattuale”, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988; Grisi, Gli oneri e obblighi di informazione, op. cit., 717 ss.; Rovelli, La responsabilità precontrattuale, in Tratt. dir. priv.,
diretto da Bessone, XIII, II, Torino, 2000, 201 ss.; Roppo, Il contratto, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, 2001, 177 ss.
104 È stato rilevato che la soluzione della nullità virtuale va valutata tenendo conto della
gravità e del contenuto dei princìpi di ordine pubblico compromessi dalla violazione della norma imperativa, nonché del nesso tra quest’ultima e gli effetti dell’operazione economica, relativamente a esiti avversati dal diritto (Tosi, Il contratto virtuale: formazione e conclusione
tra regole procedimentali comuni e speciali, in Commercio elettronico e servizi della società dell’informazione, a cura di Tosi, op. cit., 194; U. Breccia, Causa, in Alpa, Breccia, Liserre, Il contratto in generale, Torino, 1999, 155 ss.; Villa, Contratto e violazione di norme imperative,
Milano, 1993, passim; Franzoni (a cura di), Le nullità negoziali di diritto comune, speciali e
virtuali, Milano, 1988, 133 ss.).
105 Wilhelmsson, Twigg Flesner, Pre-contractual information duties in the acquis
tiva, sembra infatti percorribile la sola strada dell’azione di responsabilità per culpa in contraendo volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.
2.3.2. Il coordinamento normativo con la trasparenza bancaria