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LE SCUOLE ANTICHE

10. Istituti di educazione nel 1807

1. S. Chiara 2. S. Agostino 3. S. Caterina da Siena 4. S. Domenico 5. S. Spirito 6. Casa delle Zitelle 7. Collegio delle Dimesse 8. Commissaria Uccellis 9. Casa delle Convertite 10. Rosarie

11. Pia Casa della Carità (poi istituto Renati)

I loro nomi ci parlano di un impegno pedagogico che si dipana dalle prime comunità femminili affiliate ai grandi ordini del Duecento, e prosegue lungo la linea dei nuovi carismi espressi prima nella miriade dei terz’ordini e poi delle comunità sciolte da voti. Anche a Udine131 i terzi ordini femminili registrarono presto un incremento d’ingressi e altri se ne aggiunsero, come quello servita di San Valentino o della Vergine dei Sette Dolori, mentre accanto ai monasteri tradizionali ne sorsero di nuovi come quello delle Cappuccine fondate nel 1689 in borgo Ronchi, che chiedeva tra l’altro doti più esigue132. Si aggiunsero poi, mentre iniziava il lento declino del celibato ecclesiastico133, le nuove proposte delle comunità femminili laiche e pertanto sciolte da voti, ben accette alle autorità, consapevoli della necessità che qualcuno continuasse a occuparsi di educazione femminile134. Di quest’ultima tipologia erano parte coloro che diedero vita alle case di educazione

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C.GIUSSANI, Degli istituti di beneficenza e previdenza nella provincia del Friuli - cenni storico-economico-statistici, Udine 1870,

p. 5. Inoltre N.TOMMASEO, Della carità educatrice nelle scuole infantili di Venezia e d’altre città, Venezia 1841.

131Lo studio diL.CARGNELUTTI,Lo sviluppo delle comunità religiose nella città. Dalle origini all’età napoleonica, in Monasteri, conventi, case religiose nella vita e nello sviluppo della città di Udine, Udine 2001, pp. 97-117, si occupa della genesi e dello

sviluppo - collegati a quelli dei grandi ordini monastici e poi dei terz’ordini - di una vasta tipologia di comunità religiose; quello di G.

PAOLIN, I conventi e la città, proposte di vita e di spiritualità, Ivi, pp. 17-41 chiarisce le finalità - assistenziali, caritative, educative -

di molte di esse. Inoltre G.B. DELLA PORTA, Memorie su le antiche case di Udine, a cura di V.MASUTTI, [Udine] 1984-1987, 2 voll.(XXXII, 873 p.), riporta numerosi riferimenti bibliografici e archivistici delle varie istituzioni.

132 G. PAOLIN,op. cit., pp. 35-37.

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Dalla metà del XVIII secolo in Italia la vocazione religiosa sia maschile che femminile tende costantemente a diminuire. Sull’argomentoG.ZARRI, Monasteri femminili e città (secoli XV-XVIII), in “Storia d’Italia”. Annali, 9, La chiesa e il potere politico

dal Medioevo all’età Contemporanea, a cura di G.CHITTOLINI e G. MICCOLI, Torino 1986, pp. 428-429.

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In G. PAOLIN,op. cit., pp. 25-26 si rende bene un quadro che sfugge a facili teorizzazioni. “Accanto alle claustrali, solitamente

legate alle famiglie più in vista ed a codici sociali più conservativi, sorgevano altre comunità meno strutturate, che trascoloravano tra lo statuto confraternale, quello conventuale e quello delle comunità terziarie a vario titolo raccolte. Si poteva incontrare un convento di terziarie come quello delle francescane di S. Spirito, come pure accadeva che delle donne devote si radunassero, da laiche e pronunciando al caso voti privati, in abitazioni resesi disponibili e si rivolgessero per la propria cura spirituale ad una chiesa, facilmente retta da frati, […] Questi gruppi frequentemente erano formati da vedove e da donne di non alto ceto sociale, che non potevano essere accettate se non come converse nei conventi tradizionali od ancora da chi non intendeva aderire alle tradizionali proposte conventuali, tendenzialmente claustrali e più formalizzate”.

delle Zitelle, delle Dimesse e delle Rosarie, attive tutte e tre in piena età napoleonica135. Queste ultime, che a differenza delle altre non sembrano riferirsi esplicitamente a un modello “esterno”, accolsero tuttavia quelli dell’insegnamento della dottrina cristiana, dedicandosi alle orfane nella Pia Casa di Carità fondata agli inizi del Settecento dall’ebreo convertito Filippo Renati entrato nella congregazione dei Filippini136 mentre le Clarisse, uscite indenni da un processo inquisitoriale137, continuarono a occuparsi delle figlie del patriziato cittadino.

Man mano che emergono dalle carte, le fisionomie di queste famiglie religiose si configurano come componenti di un organismo funzionale, coerente, stratificato nel tempo i cui gangli erano costituiti da esponenti dell’aristocrazia: uomini amministratori o supervisori, donne direttrici o badesse138. D’estrazione aristocratica o benestante erano sempre le donne chiamate a dirigerli: pedine di un gioco di equilibri di potere che attraverso di loro l’élite cittadina disputava in ogni quartiere, ma anche attive protagoniste di una difficile opera di conduzione e tutela delle comunità loro affidate nei tempi burrascosi di cui ci occupiamo, talvolta in età - settanta o ottant’anni - nelle quali, ai nostri giorni, la pensione verrebbe reclamata come un inalienabile diritto.

Ognuno degli istituti usufruiva di rendite fisse, frutto di beni mobili e immobili donati o lasciati in eredità da individui o famiglie abbienti; in genere le residenti e le stesse educande contribuivano al proprio mantenimento col lavoro quotidiano. Riguardo all’amministrazione, inizialmente i monasteri soltanto erano retti da magistrature di procuratori e sindaci, come risulta sin dai primi anni del Seicento. Successivamente, sindaci e collaboratori laici entrarono anche nei collegi amministrativi delle case di comunità non legate da voti, come quelli delle Zitelle e delle Dimesse139.

Nel 1807 questo complesso organismo di accoglienza, educazione, istruzione fu esposto per la prima volta allo sguardo, improntato all’esprit de géométrie, dei nuovi dominatori. Ma il tempo della resa dei conti, per molte delle sue componenti, era incominciato assai prima. Sin dal 26 marzo 1605 Venezia aveva disposto infatti l’alienazione dei patrimoni degli enti ecclesiastici, cui era

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Lo dimostra l’incarico di sorveglianza delle scuole del comune affidato nel gennaio 1811 dal comune al savio Sabbatini, di cui risultano tra l’altro le ispezioni nelle scuole femminili delle Zitelle e delle Rosarie “maestre delle elementari” e delle Dimesse: in ASUd ACU p.n., b. 99, 1811, rapporto al podestà del 22.1.1811 del savio Sabbatini sulle scuole maschili e femminili.

136 I Filippini o Oratoriani si richiamavano a San Filippo Neri, operando per l’educazione dei giovani nelle parrocchie e per la formazione dei laici e degli stessi sacerdoti con cura d’anime in un secolo, il Cinquecento, in cui era sempre più sentita l’esigenza di una rinnovata formazione del clero.

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G.PAOLIN, L'eterodossia nel monastero delle Clarisse di Udine nella seconda metà del '500, in “Collectanea francescana”, L

(1980), pp. 107-167.

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Sulle orme di J. LE GOFF, Apostolat mendiant et fait urbain dans la France médiéval: l’implantation des Ordres mendiants.

Programme - questionaire pour une enquête, Annales ESC (1968), pp. 335-348, il n. 2 del 2008 della rivista “Dimensioni e problemi

della ricerca storica” rende complessivamente l’idea della profonda interconnessione “tra monasteri, città e poteri oppure sul ruolo economico e simbolico da questi svolto nell’economia cittadina, sul fitto scambio di funzioni che intercorre tra famiglia e convento" come M. D’Amelia e L. Sebastiani scrivono a p. 21 nella Presentazione. Segnalo i contributi di M.CAFFIERO, Il sistema dei

monasteri femminili nella Roma barocca. Insediamenti territoriali, distribuzione per ordini religiosi, vecchie e nuove fondazioni, pp.

69-102;F.TERRACCIA, Discendenze femminili negli educandati monastici della diocesi di Milano in età moderna, pp. 207-235;S. D'AMICO, Assistenza o reclusione? I rifugi per peccatrici e “fanciulle pericolanti" nella Milano della Controriforma, pp. 237-255.

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seguita nel 1766 l’istituzione della Deputazione ad pias causas e l’ordine esteso a tutta la terraferma di porre fine a donazioni o compravendite di beni di case religiose, con esclusione di un numero limitato di luoghi pii. Zitelle e Dimesse dovettero sostenere dure controversie con quel governo, al fine di salvare dalle alienazioni case e patrimoni, che si conclusero tra gli anni ’70 e ’80 del Settecento essendosi potuto dimostrare che si trattava di comunità laiche, dunque non soggette alle leggi sulla manomorta. Anche le Convertite, approvate dal governo veneto a fine Seicento, dovettero dimostrare la propria natura laicale ottenendo così l’esonero dal divieto governativo di tutte le donazioni a favore di monasteri e conventi. L’effimera presenza francese e il breve dominio austriaco ben poco modificarono il quadro delle famiglie religiose fino all’avvento del Regno. Nel paragrafo successivo si danno, di ciascuno degli istituti sopra elencati, le ubicazioni delle sedi, alcuni cenni essenziali sulla storia delle comunità che vi risiedevano, una bibliografia orientativa140, una ricostruzione della presenza di educande e dell’esercizio di un’effettiva attività educativa complessivamente riferibili agli anni tra il 1804 e il 1810. I dati raccolti nel 1807 si spingono infatti, solo nel caso dei Barnabiti141 e della Pia Casa della Carità, fino al 1804: ma l’anno periodizzante per gli istituti d’istruzione femminile e caritativa è il 1810 poiché il 25 aprile di quell’anno Napoleone emanò il decreto di soppressione di tutti gli ordini e congregazioni religiose142. Ne deriva che le iniziative di riforma di quegli istituti avviate dal governo napoleonico si ebbero a Udine nel breve spazio dei tre anni immediatamente successivi a quel decreto, e si esamineranno al capitolo 7. Si può tuttavia anticipare che, dopo quella data, i beni della maggior parte di queste case di educazione finirono nelle mani di privati esponenti della borghesia mercantile in ascesa.

Fino al 1810, nonostante il decreto 28 luglio 1806 avesse imposto vari accorpamenti alle comunità143, l’attività d’insegnamento che vi si svolgeva non aveva subito modifiche sostanziali144

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Si rimanda alle accurate bibliografie contenute in G.B. DELLA PORTA,L.CARGNELUTTI, opp. citt., e G. PAOLIN,I conventi… cit.

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I dati della statistica relativi ai Barnabiti sono stati inseriti al par. 4.1 poiché le vicende della loro scuola sono parte integrante delle riforme apportate all’intero sistema scolastico di base e medio maschile udinese tra il 1806 e il 1813.

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Napoleone decretò da Compiègne, il 25 aprile 1810, la soppressione di tutte le “compagnie, congregazioni, comunie ed associazioni ecclesiastiche", Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, I, Milano 1810, pp. 264-267. L’atto s’inseriva nel solco della legislazione ecclesiastica francese che dagli anni della Rivoluzione era più volte intervenuta sulla questione degli ordini regolari fino a sancirne la soppressione generale col decreto 3 maggio 1810, di poco posteriore a quello italiano. Cfr. A.BIANCHI, Alle origini di

un’istituzione scolastica moderna: le case di educazione per fanciulle durante il Regno Italico (1804-1815), In “Annali di storia

dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, 4, 1997, pp. 206-207.

143 28.7.1806, in Bollettino …cit., 1806, II, pp. 809-820, estendeva al Veneto gli effetti del decreto 8 giugno 1805 precisato dalla determinazione 8 luglio, che aveva accorpato monasteri e conventi mantenendo alcuni dediti all’istruzione e alla cura, riunendo i membri in poche sedi e facendo confluire beni e sedi delle altre nel Demanio.

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La Repubblica Italiana, sia in base alla costituzione sia al concordato con Pio VII del 16 settembre 1803, rinunciò a esercitare qualsiasi autorità sugli istituti d’insegnamento degli ordini regolari, che entro i rapporti concordatari tra chiesa cattolica e stato restarono soggetti solo alle gerarchie ecclesiastiche: “Obiettivi centrali del Concordato essendo la fedeltà politica dei vescovi e la tutela degli acquirenti dei beni ex ecclesiastici, per raggiungerli si sacrificarono molti punti secondari. Tra questi vanno annoverate le competenze del ministro per il culto sulle scuole religiose. Quelle dei regolari non erano neppure menzionate salvo per l’articolo 15 che, in cambio dell’impegno del Papa a non molestare gli acquirenti dei beni ex ecclesiastici, garantiva la fine delle soppressioni; e manterrà al riparo da ogni misura di laicizzazione, sino al 1810, gli “ordini, conventi, collegi, monasteri applicati per istituto all’istruzione” insieme a quelli dediti all’educazione femminile, alla cura degli infermi e “ad altri simili uffici di speciale e pubblica utilità”. E.BRAMBILLA, Selezione delle élites tra vecchi e nuovi luoghi di educazione (da fine Settecento all’età napoleonica), in

Educare la nobiltà: atti del convegno nazionale di studi, Perugia 18-19 giugno 2004, a cura di G.TORTORELLI, Bologna 2005, pp. 24-25.

fatta eccezione per le monache di San Domenico, prima assegnate al monastero di Santa Maria della Cella in Cividale e poi effettivamente trasferite dal Viceré presso le Poverelle di Santa Caterina per far posto alla nuova sede del seminario145. Quanto al convento di Sant’Agostino, del quale era stata decretata il 28 luglio 1806 l’unione a Santo Spirito, non vi è traccia che quell’unione fosse stata in seguito realizzata146.

Tre serie di documenti del periodo ci offrono uno spaccato “napoleonico” in quel ramo o, per meglio dire, in quella ramificazione dell’istruzione udinese: anzitutto gli esiti dell’inchiesta promossa dal ministro per il culto Bovara su ospedali, luoghi pii di ricovero e altre istituzioni caritative, orfanatrofi, case di esposti, monti di pietà ecc., estesa nel 1806 ai dipartimenti veneti, di cui ci restano le relazioni delle responsabili degli istituti delle Zitelle e delle Convertite147. Segue la ricognizione statistica promossa nel 1807 dal governo e somministrata in tutti i comuni del dipartimento, con domande volte a indagare l’esistenza, oltre che di case d’educazione, di stabilimenti di beneficenza, corporazioni religiose, parrocchie, chiese e case religiose già soppresse a quella data148. Infine nel maggio 1810, a un mese dal decreto di soppressione degli ordini, la richiesta del prefetto Somenzari al podestà di Udine Antonini d’informarlo su tutte le case d’educazione del comune, produsse vari rapporti dettagliati - che ci restano in minuta - e tabelle che furono fatte compilare ai responsabili o designati di ciascun istituto, contenenti le seguenti voci: comune, convento o collegio, annua rendita di fondi non nazionali (in caso di fondi o capitali non avocabili se ne sarebbe dovuta dare adeguata documentazione), nome e cognome, luogo di provenienza, età, meriti e reputazione delle maestre, numero delle alunne, studi e loro retta annua, onorario delle maestre, qualità del fabbricato, utilità o svantaggi dell’istituto, soggetti non necessari149.

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Nel 1808 le Domenicane vennero espulse dal loro monastero di San Domenico in borgo Viola per ordine del Viceré, e unite alle Poverelle di Santa Caterina da Siena (G.ELLERO…, Il seminario di Udine… cit., pp.236-237).Risultano unite alle Poverelle anche in ASUd ACU p.n., b. 98, 1810, lettera in minuta n 2160, 14 giugno 1810, del podestà al prefetto, nonostante con decreto 28 luglio 1806 risultassero assegnate al convento della Cella di Cividale. Sulla vicenda si veda al par. 6.1.

146 In BCU, F.P., ms. 870, ms. 870/12 Soppressione de’ conventi e monasteri in Friuli, 1806-1810, 26.8.1810, le due comunità risultano al momento della soppressione ancora separate a differenza di quelle delle Domenicane e delle Poverelle, tra loro unite.

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In ASUd ACU p.n., b. 285, lettera di Bovara ai prefetti del 10.5.1806, n. 2518, in cui spiega gli obiettivi dell’indagine, invia le tabelle in duplice copia destinate a essere distribuite ad amministratori e presidi. Una copia doveva essere trattenuta negli atti della prefettura, l’altra inviata al ministero. Inoltre, l’elenco degli istituti di beneficenza del distretto inviato il 31 maggio 1806 dall’allora presidente della Rappresentanza locale Asquino al magistrato civile Frangipane, su sua richiesta. Erano l’Ospedale maggiore, l’Ospizio dei Calzolari, la Casa delle Convertite, la Casa delle Zitelle, la Pia Casa della Carità, la Commissaria Uccellis, la Commissaria Delfino, il Monte di Pietà. Nella stessa busta le risposte delle responsabili delle case delle Zitelle e delle Convertite; non vi è traccia, però, di risposte inerenti la Pia casa della Carità e la commissaria Uccellis.

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La statistica è stata pubblicata in Il Friuli nel 1807, a cura di R.CORBELLINI,L.CERNO,C.SAVA, Udine 1992. I dati, gli unici rimasti dopo la dispersione dell’archivio del prefetto di Passariano, sono parte di una prima rilevazione su tutto il Regno e si trovano in ASMi, Studi, parte moderna, bb. 1170-1172. La b. 1171 è relativa al primo distretto, con Udine. Il questionario fu somministrato nell’estate 1807 e rinviato a Milano, in quadri stilati dai comuni, ad autunno inoltrato. Secondo la curatrice R. Corbellini (pp. 30-31) gli esiti non sono privi di limiti dovuti spesso alla scarsa comprensione delle domande da parte degli esponenti delle municipalità locali e ad alcune risposte la cui genericità riporta anche all’estraneità della Patria al “nuovo ordine” napoleonico. In ASUd sono oggi consultabili i microfilm delle statistiche del 1807 e delle relazioni annuali della prefettura di Passariano segnalate o pubblicate nell’opera.

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Emergeva da quelle carte la vitalità di una tradizione educativa che affondava le sue radici in congregazioni femminili risalenti al Trecento come le “Pinzochere dell'ordine di San Francesco” o Francescane di Santo Spirito, le monache di Santa Chiara, le Terziarie eremitane di Sant’Agostino, le Terziarie domenicane dette le Poverelle di Santa Caterina da Siena e loro unite le Domenicane dell’ex convento di San Domenico. A queste si aggiungevano le Dimesse e le Zitelle. Un quadro composito, a cominciare dall’età delle maestre che generalmente si aggirava tra i 25 e i 60 anni, mentre quello delle altre residenti poteva superare gli 80 anni. Riguardo alle questioni poste nelle tabelle, si può comprendere come alcune di esse esigessero risposte tutt’altro che neutre e come, a seconda del carattere e degli obiettivi degli interrogati, potessero essere variamente interpretate150: in particolare si osserva che le ultime due voci: “utilità o svantaggi dell’istituto” e “soggetti non necessari” furono spesso lasciate in bianco e, come vedremo nel caso del collegio di Santa Caterina, fu anche spiegato con una certa fermezza all’autorità interrogante il perché di quei vuoti.

Come Somenzari avrebbe precisato pochi giorni dopo, scopo di quella ricognizione era individuare quali, delle case ex religiose soppresse, potessero essere proposte per la conservazione, o disponessero di “individui attivi alla educazione che giovasse d’impiegare allo stesso oggetto”151. Antonini, incaricato il 3 giugno il savio Mantica di raccogliere i dati occorrenti e sulla base d’informazioni avute dagli stessi sindaci e procuratori delle case, le ripartì tra ex religiose e secolari152: nelle prime “cadenti sotto il reale decreto 25 aprile”, incluse il monastero di Santa Chiara, Sant’Agostino e Santa Caterina da Siena: a quest’ultima erano già state unite nel 1808 le Terziarie di San Domenico. “Fa duolo - scrisse - di scegliere fra le dette case i luoghi più adattati, l’istituto di ognuna delle suddette tre case essendo quello dell’istruzione e dell’educazione delle fanciulle nella cristiana morale e vita sociale […] non si potrebbe sapere a quale di quegli istituti possasi dare la preminenza, trovando l’istituto loro quasi eguale in tutte tanto in rapporto all’istruzione che all’educazione, vedendosi […] il più felice risultato nelle giovani di Udine e degli altri comuni di questo e delli limitrofi dipartimenti, che avuta in queste case la loro educazione, o sono passate a figurare come buone madri di famiglia nella società, o subentrate come maestre nelle case suddette”. In presenza di dati che indicavano un numero di maestre assai elevato in rapporto alle alunne, sosteneva che il numero delle prime si sarebbe potuto ridurre a un terzo, mentre quello delle seconde era certo destinato ad aumentare. Consigliava di conservare la casa di S

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Sulle statistiche napoleoniche esiste oggi una considerevole letteratura della quale ricordo, tra gli altri, gli studi di M. N.

BOURGUET, Dal diverso all'uniforme: le pratiche descrittive nella statistica dipartimentale napoleonica, in “Il Mulino”, XIX, n. 55,

aprile 1984, p. 192 e sgg., e di A.COVA, Osservazioni sulla origine delle statistiche del Regno Italico, in “Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento”, 5, (1979), pp. 117-141.

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ASUd ACU p.n., b. 98, 1810, ordinanza N 10833 del prefetto al podestà, 12 giugno 1810.

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ASUd ACU p.n., b. 98, 1810 in minuta sul retro dell’ordinanza N 9952 31 maggio 1810, la data e l’incarico a Mantica del 3 giugno; risposta n 2160, 14 giugno 1810, del podestà al prefetto.

Chiara per l’ampiezza, solidità, capacità di contenere il doppio delle persone allora ospitate, salubrità di posizione ed estensione di portici, loggiati, cortili e orti adiacenti.

Indicò invece come secolari le Zitelle, le Dimesse153 e la comunità di Santo Spirito. Pochi giorni dopo avrebbe aggiunto al primo gruppo delle case ex religiose i Barnabiti154, San Bernardino e le Cappuccine: degli ultimi due istituti, specificò che vi risiedevano monache in clausura le quali non tenevano fanciulle in educazione. Non proponeva nessuno dei due ultimi edifici come degno di essere conservato: del monastero di San Bernardino segnalava invece tre donne che per l’abilità nel cucito si sarebbero rivelate utili in un liceo convitto femminile155.

Le Convertite e con loro le Rosarie confluite nella Pia Casa della Carità, seguirono invece un diverso itinerario: dominando in questi istituti il fine di beneficenza, determinato dalla condizione di bisogno dei fanciulli e delle fanciulle che vi venivano accolti, essi dovettero cedere le loro direzioni indipendenti e separate all’amministrazione della governativa Congregazione di Carità, istituita con decreto 5 settembre 1807156. Per questo motivo, nonostante le funzioni educative, nessuno dei tre istituti compare nei rapporti del giugno 1810 del podestà al prefetto sulle case di educazione udinesi e pertanto scompare, anche se momentaneamente, dal nostro orizzonte.

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Ho potuto visitare i due archivi delle Zitelle e delle Dimesse, grazie alla cortesia della direttrice della Fondazione della Casa