• Non ci sono risultati.

LE SCUOLE ANTICHE

3. Maestri privati nel 1800

2.3 LE SCUOLE DEI BARNABITI

Esiste oggi a Udine una piazza denominata Garibaldi sull’onda della visita ufficiale che nel marzo 1867 l’Eroe dei due mondi fece in città, a poco meno di sei mesi dall’annessione. Ma prima di allora il sito era universalmente noto agli udinesi come “Plazze dai Barnabîz” nome che ancora figura nell’insegna, in piccoli caratteri in coda a quello ufficiale. Fino a qualche tempo fa, a ricordare il primo ginnasio cittadino su quella piazza c’era solo l’insegna di una frequentata osteria e, invisibili ai più, nella vicina via del Ginnasio Vecchio, un cancello in ferro, un riquadro in pietra con lo stemma cittadino e la solenne iscrizione Gymnasium Civitatis Utini MDCLXXIX aggiunta insieme al’arco dai Barnabiti nel 1810, anno della soppressione dell’ordine41.

Sui Barnabiti esiste una corposa bibliografia42. Sino al 1773 l’educazione nei collegi era stata in tutta la terraferma prerogativa della Compagnia di Gesù, pur fronteggiata nei centri maggiori dai Somaschi che da inizio Settecento reggevano un collegio per Nobili anche nella Patria, a Cividale. I Barnabiti erano presenti invece con scuole pubbliche, oltre che in numerosi centri del Nord Italia, a Serravalle nell’odierna Vittorio Veneto con il Collegio S. Giuseppe (1738-1810)43. Come ha osservato Sangalli, i presidi educativi di Barnabiti e Somaschi risultavano periferici rispetto a quelli dei Gesuiti ch’erano invece più prossimi ai centri del potere, dell’economia e della cultura44. Sul finire del secolo, la scomparsa dei Gesuiti dà un indubbio impulso ai collegi dei Chierici Regolari di San Paolo la cui presenza sarà sempre contraddistinta da una volontà di adattamento ai diversi contesti politico istituzionali rispetto ai quali si mostrarono sempre disponibili ad accettare i controlli sulla qualità dell’insegnamento impartito così come le richieste di adattare i piani di studio alle leggi e alle esigenze espresse dalla società civile45: a Udine lo rivelano il citato Piano Veneto

41

G. DABALÀ, op. cit., pp. 26-27 e G.B.PASSONE, op. cit., p. 7.

42

Sulle scuole dei Barnabiti: Le scuole dei Barnabiti 1533 - 1933, numero speciale di “Vita Nostra”, Firenze, ottobre - novembre 1933; A.BIANCHI, L'istruzione secondaria tra barocco ed età dei lumi: il Collegio di San Giovanni alle Vigne di Lodi e l'esperienza

pedagogica dei Barnabiti, Milano 1993; F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti: pietà e scienza nell’Età dei Lumi, in “Barnabiti

Studi” XXVI, 2009, pp. 111-157. Sui Barnabiti a Udine, G. DABALÀ, op. cit., pp. 13-70; B.FORTE, Le scuole pubbliche a Udine

(1679-1810), Tesi di laurea, facoltà di Magistero dell’Università di Trieste, a.a. 1973-1974; ID., Le scuole pubbliche in Udine,

(1679-1810) in “La Panarie” , 36, 1977, pp. 33-43; G.B. PASSONE, La biblioteca barnabitica del Liceo-Ginnasio Jacopo Stellini di Udine, 1984; A.TRANGONI, Il fondo antico della biblioteca dei Barnabiti di Udine, a.a. 1993-1994; R.GIANESINI, Istituti di istruzione a

Udine nell’età moderna, in La lavagna nera. Le fonti per la storia dell'istruzione nel Friuli Venezia Giulia, atti del convegno Trieste

- Udine 24-25 novembre 1995, pp. 123-140; F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti a Udine (1679-1810), in "Barnabiti Studi", XV, 1998, pp. 91-212, del quale si è tenuto principalmente conto in questo paragrafo.

43

F.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti… cit., p. 140.

44

M.SANGALLI, Da Bergamo a Capodistria. Scuole, collegi, clero tra Sette e Ottocento, in L’istruzione in Italia tra Sette e

Ottocento… cit., I, pp. 240-241.

45

F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti: pietà e scienza… cit., p. 117-118 e sui problemi di adeguamento dei piani di studio nelle

scuole degli ordini religiosi A.BIANCHI, Scuola e lumi in Italia nell’età delle riforme (1750-1780). La modernizzazione dei piani

degli studi nei collegi degli Ordini religiosi, Brescia 1996. ma non sempre rapporti tra i Barnabiti e i governi furono facili: in epoca

napoleonica il commissario dell’Alto Po li accusò di detenere il monopolio dell’istruzione privata - dove le loro scuole erano le più diffuse sin dall’epoca asburgica ossia tra Cremona, Lodi, Crema e Casalmaggiore - e persino di opporsi ai Francesi attaccandone alla radice i principi rivoluzionari.Cfr.A.BIANCHI, L‘istruzione superiore in Lombardia durante il periodo rivoluzionario e napoleonico, in Vita religiosa e cultura in Lombardia e nel Veneto nell'età napoleonica, a cura di G.DE ROSA e F.AGOSTINI, Roma - Bari 1990, pp. 161-163.

delle pubbliche scuole contrapposto all’Udinese, dove quest’ultimo s’identificava di fatto nei piani di studio dell’ordine46, e l’apertura alle scienze agrarie su impulso dello Zanon: sull’inclinazione di molti illustri Barnabiti a coniugare la ricerca scientifica con una didattica tesa a suscitare l’interesse degli alunni, ci si è già soffermati47, così come sul ruolo di primo piano esercitato da alcuni di loro nel dibattito pedagogico settecentesco48.

Merita a questo punto un cenno il loro “stile” educativo, ben prima che i funzionari napoleonici stigmatizzassero l’uso delle battiture, orientato più sui premi che sui castighi: la precedenza data al sistema degli incentivi e dell’emulazione rispetto alle punizioni limitate alla causa grave era stata ribadita nella Exterarum Scholarum, regolamento improntato sul modello della Ratio Studiorum gesuitica del 1599, inizialmente applicato alle sole scuole milanesi e successivamente esteso49. L’offerta d’istruzione dei Barnabiti era certo rivolta a un’élite urbana di nobili e popolari benestanti: tuttavia i responsabili delle scuole puntavano, come si vedrà più avanti, a un’istruzione gratuita e aperta a una fascia di scolari ampia quanto più lo consentissero i tempi.

Dopo alcune trattative naufragate, prima coi Gesuiti poi coi Somaschi, i Padri giunsero a Udine nel 1679 da semplici maestri50. In seguito all’ammissione al concorso pubblico autorizzata con Ducale del governo Veneto e al suo felice esito, fu accordato a cinque di loro d’insegnare, retribuiti con 850 complessivi ducati annui, grammatica superiore e inferiore, umanità, retorica e logica gratuitamente a “ricchi o poveri, cittadini o forestieri” per consentirne l’accesso allo Studio di Padova51. Il capitolato del 9 aprile52 sottoponeva l’operato dei prescelti - cui si garantiva il semplice uso di alloggi, chiesa, aule e arredi - al controllo di un collegio di presidenti eletti dal Maggior Consiglio,

46

F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti a Udine … cit., p. 98.

47

Par. 1.3.

48

Sul Gerdil modello di riferimento nella pratica educativa dell’udinese Alessandro Tartagna, preposto alle scuole in epoca napoleonica, Par. 1.1.

49

F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti: pietà e scienza…, cit., p. 122 in cui si accenna alla Exterarum Scholarum disciplina apud

Clericos Regulares S.Pauli, Milano 1666: «quod spe honoris ac premii metuque dedecoris, facilius quam verberibus consequetur».

50

Nella prima metà del Seicento erano 25 le scuole dei Barnabiti nella Penisola. Si veda F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti:

pietà e scienza… cit., p. 119. Sulla rinomanza delle scuole di Udine, il senatore Prospero Antonini nel suo Il Friuli orientale, Milano

1865, p. 355, riporta la testimonianza del cardinale Giusto Fontanini il quale “narrando di avere ne’ suoi primi anni frequentato a Gorizia il collegio dei Gesuiti, confessa che scarso profitto ritrasse dall’insegnamento di certi mestri Stiriani e Carinzii insegnanti a discepoli italiani con barbara pronunzia e loquela le italiane lettere” e aggiunge che nella seconda metà del Seicento “la gioventù de’ paesi veneti limitrofi, che assi numerosa concorreva alle scuole di Gorizia, preferì quelle d’ Barnabiti di Udine e de’ Sommaschi di Cividale”.

51 Sin dal 1643 il luogotenente Nicolò Mocenigo in una relazione al Senato propose, senza successo, di unire le scuole pubbliche al Seminario: all’epoca le autorità venete volevano frenare l’afflusso crescente dei figli dei nobili friulani a Gorizia dov’erano dal 1615 i Gesuiti, cacciati da Venezia ai tempi dell’Interdetto. Nella seduta comunale del 9 settembre 1661 a Udine, alla rinnovata proposta del deputato Filippo Florio di affidare le scuole pubbliche al Seminario, si oppose Filippo Caimo suggerendo di assumere 5 precettori nelle discipline del ginnasio, e di destinare loro una casa sulla quale porre l’arma della città in pietra e l’iscrizione Gymnasium Civitatis Utini. Avviate nuove trattative coi Gesuiti, che nel 1590 non erano andate a buon fine per le esigenze economiche della congregazione, fallirono nuovamente, come quelle tentate in seguito coi Somaschi. La proposta Caimo fu ripresa nel 1672 e tre anni dopo, il 3 settembre 1675, fu deciso di bandire un concorso per l’assunzione con durata triennale di 5 precettori che portò alla scelta dei Barnabiti. Sul periodo appena precedente al loro arrivo G.ELLERO,G.MARCUZZI,P.PASCHINI,G.VALE,op. cit., pp. 68, 117-124, 140-141; V.MARCHESI, op. cit., pp. 19-20; G.DABALÀ, op. cit., pp. 21-23; F.M.LOVISON, Le scuole dei

Barnabiti a Udine, cit., pp. 102-104;R.CORBELLINI,La scuola di base tra la fine del Settecento e l'età napoleonica: pubblico e privato, scuole normali e case di educazione femminile a Udine, in La lavagna nera… cit., pp. 22-25;G.TREBBI, Il Friuli dal 1420 al

1797. La storia politica e sociale, Udine 1998, pp. 290-294.

52

ma li lasciava privi di proprietà e non garantiva la stabilità del loro impiego, subordinandone il prosieguo a votazioni a cadenza triennale. Il governo veneto badava infatti che i religiosi si limitassero alla conduzione di scuole e non acquisissero proprietà in nessun luogo del dominio: in caso diverso ben altri oneri avrebbe richiesto al comune la presenza a Udine dei Barnabiti che qui, sin da allora, puntavano a trapiantare la congregazione.

Sempre nell’aprile 1679 si deliberò l’acquisto di due case da adibire a scuole in borgo Grazzano a uso esclusivo dei Padri, che ottennero anche la vicina chiesa della Confraternita del Crocifisso. Il primo anno scolastico cominciò, come d’uso, a novembre con 350 scolari, molti provenienti dai villaggi vicini53. Nel 1680 erano quasi 400 ma, data la generale carenza di preparazione di base, si deliberò in consiglio con annuo compenso di 60 ducati l’assunzione triennale di Giovanni Simeone, prete nella parrocchia di San Giacomo, per insegnare “la prima classe”, sostituito due anni dopo da don Giovanni Battista Rizzo che lasciò l’incarico nel 1695.

Nel 1726 il numero degli iscritti si manteneva intorno alle 400 unità mentre il comune continuava a pagare la scuola di tasca propria: 850 ducati per gli insegnanti, 60 per il citato precettore, 150 per la manutenzione dei fabbricati. Il nobile proposito di un’istruzione “per tutti” cominciò a incrinarsi contro la dura realtà dei tempi, cui si aggiunsero le spese che Venezia impose alla città per l’estenuante guerra di Morea. Fu così che il 29 agosto 1695 l’aula municipale risuonò, oltre che delle ovvie rimostranze sui costi crescenti per la collettività, di un leit-motiv assai noto agli storici dell’istruzione settecentesca: il danno derivante all’agricoltura dalle troppe braccia “tolte alla terra” e trasferite al calamaio e alla penna. Alla fine passò la proposta di una retta d’iscrizione di 10 lire annue per alunno, in seguito innalzata a 15 lire54. La cosa non piacque ai popolari che vedevano esclusi molti dei loro giovani da un’istituzione sempre più d’èlite55 né quella retta, come si vedrà, risolse il problema alla radice.

Nel borgo Grazzano intanto lo spazio barnabita si estendeva. Fu ampliato l’edificio adibito a scuola di retorica - dopo il 1726 agli insegnamenti in vigore si sarebbe aggiunta filosofia - eretto un oratorio e la chiesa intitolata a San Lorenzo Giustiniani faticosamente ultimata nei primi anni del 1700. Il rettore Federico Barelli, a fronte delle ristrettezze economiche del comune, promise di edificarla a spese dell’ordine in realtà confidando - forse troppo - nelle offerte dei cittadini poi rivelatesi insufficienti. Ad affiancare le scuole, che assunsero il nome della chiesa, giunse nel 1710 il progetto di un collegio convitto che, stando alle trattative intercorse tra il comune e l’ordine, non avrebbe dovuto recare aggravi economici alla città. Fu allora che il rettore Basilio Asquini di

53

F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti a Udine…, cit., p. 113.

54

ASUd ACU p.a., b. 134, fasc. II, doc. 36, Informazione all’eccellentissimo Pietro Pesaro, 17 giugno 1793, del comune di Udine a sostegno delle scuole barnabitiche. La retta fu decisa con Parte del 29 agosto 1695.

55

Sebbene non venissero esclusi i ragazzi che frequentavano le scuole pubbliche e non il collegio, come Pietro Rubino, ammesso alle scuole barnabitiche dopo la domanda del padre Valentino, barbiere, il 18.6.1763, in ASUd ACU p.a., b. 134, fasc. II, doc. 11.

famiglia udinese - un suo fratello era deputato in consiglio - a chiedere e ottenere nel settembre 1721 nuovi spazi, a un centinaio di metri dal portone del Ginnasio, nella piazza che da allora si cominciò a chiamare dei Barnabiti. Era una strategia volta ad assicurarsi in proprietà siti ed edifici destinati al collegio al fine di consolidare una presenza, in assenza di altre garanzie: ma suscitò le rimostranze di una parte del consiglio56, al punto che il successore dell’Asquini, Marco Antonio Caratti, l’11 marzo 1726 si sentì in obbligo di ritrattarne pubblicamente l’operato57.

Solo dopo essersi dichiarati pronti a lasciare la città nella quale, scrissero, “non intendevano più servire come mercenari”, i Barnabiti ottennero il nuovo capitolato del 20 aprile 173058 e con esso, grazie alla fiducia del Senato veneto, il permesso di stabilirsi a Udine da congregazione. Furono loro consegnati “scuole, siti murati, e siti tutti adiacenti alle medesime” a condizione che i Padri rispettassero il contenuto di tutte e 13 le preposizioni che componevano il capitolato; si prescrisse che il collegio dei presidenti eletto dal Maggior Consiglio serbasse la supervisione delle scuole; si impose, dato l’incremento di alunni, un minimo di 6 Padri insegnanti e il mantenimento delle sei discipline allora insegnate e la cessazione della spesa annuale di 1060 ducati: la tassa annuale di lire 10 per alunno decisa nel 1695 - cui si aggiunse una lira l’anno per il bidello e le sacre funzioni59 - fu assegnata infatti i primi 40 anni interamente ai Barnabiti, i 25 successivi da dividersi tra questi e il Monte di Pietà cittadino, in seguito devoluta alla città.

Era un patto nato per durare due terzi di secolo, ma un pugno d’anni bastò a vanificarne le premesse poiché il deficit d’iscritti, inizialmente dovuto solo alla concorrenza dei privati e solo nella seconda metà del secolo a quella del Seminario, si aggravò al punto che nulla di quanto previsto fu mai depositato al Monte di Pietà cittadino. Riferì il preposto dell’istituto in epoca austriaca Prospero Antonini che il denaro versato al Monte di Pietà, tolto il mantenimento dei Barnabiti, avrebbe dovuto sgravare la città da ogni ulteriore contributo agli stessi e gli scolari del peso della retta. 21 anni dopo, però, la soppressione del patriarcato sottrasse alle scuole una buona metà degli scolari, che giungevano numerosi dalla provincia. La crisi poi si aggravò “avendo aperto il Seminario senza alcuna sovrana permissione pubbliche scuole ed arbitrariamente aprendosene da privati precettori che più o meno scolari d’ogni classe accoglievano”60.

56 Il deputato Daniele Antonini, affermò che la concessione in proprietà dei siti dati in uso avrebbe perennemente obbligato la città a finanziare le scuole. Era parente di Rambaldo, futuro podestà in epoca napoleonica, che sarà poi accusato di non aver fatto abbastanza per difendere, al tempo delle soppressioni del 1810, la posizione dei Barnabiti udinesi.

57

F.M.LOVISON, Le scuole dei Barnabiti a Udine…, cit., p. 129-130.

58

Parte del 20 aprile 1730 in BCU, ACA, Ann., 106; Fondo Joppi b. 195 e Fondo Principale 860/A.

59

Sesta proposizione della delibera esecutiva del 20.4.1730.

60

BCU, F.P., ms. 1510, fasc III, Memoria di Prospero Antonini, s.d. inoltre in ASUd ACU p.a., b. 134, fasc. II, doc. 36, Informazione del 17 giugno 1793, cit., in una ricostruzione degli eventi che portarono alla crisi delle scuole barnabitiche, si precisò che “a turbare la quiete di questi buoni religiosi […] insorsero a que’ tempi, non già le innovazioni del Seminario, il quale non s’era ancora sognato di farne alcuna, ma bensì alcuni preti secolari usciti dalle scuole dei RR PP Barnabiti, quali quantunque la maggior parte privi delle necessarie cognizioni, si arrogavano la libertà di alzare cattedre in questa città, sicché la città medesima dovette finalmente nell’anno 1753 supplicare il Principe Serenissimo dell’opportuno provvedimento”.

Così l’afflusso di studenti dopo il 1730 cominciò a calare, come ci dicono i dati che seguono61: