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PREMESSA. L’ISTRUZIONE TRA REPUBBLICA ITALIANA

E REGNO D’ITALIA

Il nuovo sistema scolastico1 che il Regno d’Italia impose alle scuole udinesi dopo che nell’aprile 1806 la legislazione sull’istruzione fu estesa ai domini ex veneti2, aveva largamente raccolto l’eredità lasciata dalle riforme teresiane e giuseppine alla Cisalpina, ovvero una rete di strutture avanzata rispetto a quelle di altri stati italiani, comprendente l’università di Pavia, i ginnasi provinciali, le scuole popolari gratuite di leggere, scrivere e conti create coi fondi delle congregazioni soppresse. Ma l’istruzione ginnasiale conviveva ancora con numerosi collegi affidati agli ordini religiosi, le scuole improntate al metodo normale erano ancora poco numerose e obbligatorie solo in teoria - il nuovo metodo avrebbe cominciato a diffondersi solo nel Regno d’Italia - e coesistevano con le elementari a pagamento di latinità o “latinetto” o limen, che sole davano accesso ai ginnasi. Erano tenute da privati per lo più ecclesiastici, ma potevano essere anche gratuite su legati pii e, se affidate nelle parrocchie a cappellani o curati, soggette solo alla licenza dei vescovi3.

Il triennio repubblicano fu troppo breve per modificare quell’assetto e nel successivo contesto della Repubblica Italiana (1802-1805). “Come le idee di Talleyrand e di Condorcet avevano ispirato la

1 Sull’istruzione in età napoleonica C.ZAGHI, L’Italia di Napoleone… cit., pp. 405-413; C.SALMINI, L’istruzione pubblica dal Regno

Italico all’Unità, in Storia della cultura veneta, VI, Dall’età napoleonica alla prima guerra mondiale, Vicenza 1986, pp. 59-79; E.

BRAMBILLA,L’istruzione pubblica… cit., pp. 491-526; EAD., Il sistema scolastico, in Napoleone e la Repubblica Italiana

(1802-1805), a cura di C.CAPRA,F.DELLA PERUTA,F.MAZZOCCA, Milano 2002, pp. 71-81; S.BUCCI, La scuola italiana… cit.; R.SANI,

Educazione e istituzioni scolastiche… cit., pp. 721-803. Uno sguardo “francese” sull’istruzione in quel periodo in Georges Cuvier, L’istruzione in Toscana nel 1809-1810, a cura di G.BANDINI, Firenze 2000: rapporto del viaggio compiuto tra il 1809 e il 1810 da Georges Couvier, consigliere dell’Università Imperiale in Italia con l’incarico di studiare i sistemi scolastici nelle accademie di Torino, Genova e Pisa. Sull’istruzione media E.BRAMBILLA, Selezione delle élites tra vecchi e nuovi luoghi di educazione (da fine

Settecento all’età napoleonica), in Educare la nobiltà: atti del convegno nazionale di studi, Perugia 18-19 giugno 2004, a cura di G.

TORTORELLI, Bologna 2005, pp.11-42; EAD., Licei e Collegi ecclesiastici tra chiesa e stato: la formazione di un sistema scolastico

"nazionale" in età napoleonica (1802-1814), in La formazione del primo Stato italiano e Milano capitale, 1802-1814, a cura di A.

ROBBIATI BIANCHI, Milano 2006; EAD., I licei e l’Université Imperiale… cit., pp. 431-453; E.PAGANO,Ginnasi e licei (Lombardia e

Veneto, 1802-1848), in L’istruzione in Italia tra Sette e Ottocento: Lombardia, Veneto, Umbria, a cura di A.BIANCHI, Brescia 2007, I, pp. 269-302;ID.,I licei italici tra iniziativa statale e realtà urbane, in Istituzioni e cultura in età napoleonica, a cura di E.

BRAMBILLA,C.CAPRA,A.SCOTTI, Milano 2008. pp. 454-474.M.SANGALLI,Da Bergamo a Capodistria. Scuole, collegi, clero tra

Sette e Ottocento, in L’istruzione in Italia tra Sette e Ottocento… cit., I, pp. 235-268. Sull’istruzione elementare G. VIGO,

L’istruzione primaria nell’età napoleonica. Problemi, statistiche, interpretazioni, in L’istruzione in Italia tra Sette e Ottocento… cit.,

I, pp. 115-150; S. POLENGHI,La rete delle scuole elementari nei dipartimenti napoleonici delle aree lombardo-venete,in L’istruzione

in Italia… cit., pp. 179-192; EAD.,Istruzione elementare e maestri nella Repubblica e nel Regno Italico (1802-1814), in Istituzioni e cultura … cit., pp. 475-500;X. TOSCANI, Scuole e alfabetismo nello stato di Milano da Carlo Borromeo alla Rivoluzione, Brescia 1993. Una parte delle opere di A.ANGELI, Storia delle scuole elementari e popolari d'Italia, Firenze 1908 e di E.LEONARDI, La

scuola elementare trentina dal Concilio di Trento all'ammissione alla Patria. Vicende, legislazione, statistiche, Trento 1959,è inoltre dedicata al periodo napoleonico. Per la bibliografia locale sull’istruzione primaria, media e superiore rinvio ai capp. IV, V e VI.

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Decreto 24.4.1806 in Bollettino…, cit., 1806, p. 437, attivato nel maggio: “Per le Provincie Venete il trattamento normale ai Maestri di scuole elementari fu dichiarato da S. A. I. R. il Principe Viceré doversi calcolare a carico dello Stato per la rata che si riferisce al servigio da essi prestato nella predetta qualità fino al primo Maggio 1806, epoca in cui fu attivata nelle Provincie predette la citata

legge 4 Settembre 1802, dovendo la residua rata dell'intero trattamento normale, che competesse ai suddetti Maestri da quell'epoca in

poi, cadere a tutto carico dei rispettivi Comuni (Dispaccio di S. A. I. R. il Principe Viceré 14 Dic. 1818, e 20 Genn. 1820, Direttive pag. 108 e 116)”. A.LORENZONI, Instituzioni del diritto pubblico interno pel regno Lombardo-Veneto…, vol. I, Padova 1837, pp. 280-281, nota 47.

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E.BRAMBILLA,L’istruzione pubblica … cit., pp. 491-493. Su queste scuole “di confine” non identificabili con l’insegnamento di

base né con quello secondario, M.PISERI,Gli insegnamenti post-elementari tra Antico regime e Restaurazione,in L’istruzione in

politica scolastica giacobina, così, d’ora in poi, il vangelo dei moderati - da Cuoco a Gioia, ai responsabili di governo come Paradisi, Pietro Moscati, Simone Stratico - sarebbe stato il Rapport sur l’instruction publique di Chaptal”4.

La svolta, in linea con la Francia del Consolato, si ebbe sotto la vicepresidenza Melzi con la Legge relativa alla pubblica Istruzione varata il 4 settembre 18025 dalla Commissione sugli Studî in cui lavorarono Paradisi6 e Moscati7: ma il quadro antico di ginnasi, collegi e scuole di limen rimase per il momento quasi invariato, favorito pure dal Concordato con Pio VII del 16 settembre 1803 che aveva reso il cattolicesimo in Italia religione di Stato.

Il dettato del 1802, in parte ispirato alla legge Fourcroy che aveva riformato le scuole primarie e secondarie affidandole ai comuni, sanciva tre livelli d’istruzione e li agganciava a quelli della nuova amministrazione, con un particolare di non poco conto: pur dividendo la pubblica istruzione, all’art. 1,“per l'economico in Nazionale, Dipartimentale, e Comunale; e per lo scientifico in Sublime, Media ed Elementare”, e pur precisando all’art. 20 che “servono i Licei ed i Ginnasj all' istruzione Media”, all’art. 4 addossava l’intero carico delle scuole elementari e dei ginnasi ai comuni. I licei erano invece affidati alle finanze dipartimentali all’epoca autonome e solo il livello “sublime” o superiore restava a carico dello Stato. Spettava perciò a ogni comune aprire una scuola primaria e, se con più di 10.000 abitanti, un ginnasio; in ogni capoluogo di dipartimento era d’obbligo un liceo qualora non vi esistesse già un ginnasio. Ginnasi e licei, infatti, non erano ancora strutturati gerarchicamente, bensì alternativi gli uni agli altri, potendo includere entrambi i piani di studi le medesime discipline a partire da grammatica, retorica e umanità, l’antica ratio studiorum gesuita. Li distingueva solo una maggiore offerta di cattedre umanistiche nei primi, scientifiche nei secondi. I licei potevano anche istituire, coi fondi di cui disponevano, la “facoltà filosofica” universitaria propedeutica alle facoltà superiori, e cattedre di diritto e medicina la cui frequenza biennale era pari a un anno d’università8. Ma c’è da dire che, affiancati i licei ai ginnasi, molte famiglie continuarono a preferire per i figli i ginnasi e i collegi ecclesiastici, solo più avanti subordinati ai primi: ne erano

4

E.BRAMBILLA,L’istruzione pubblica… cit., pp. 502-503.

5 In Bollettino delle leggi della Repubblica Italiana, a. I, 1802, pp. 295-308.

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Giovanni Paradisi (Reggio Emilia 1760 - ivi 1826), matematico, docente di geometria e geodesia al liceo di Reggio, ebbe incarichi nella Repubblica Cisalpina e nel Regno Italico. Su di lui C.CAPRA, “La generosa nave”: appunti per un biografia politica di

Giovanni Paradisi (la formazione e l’esordio politico), in Ricerche di storia in onore di Franco Della Peruta, I, Politica e istituzioni,

a cura di M.L.BETRI e D.BIGAZZI, Milano 1996.

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Pietro Moscati (Milano 1739 - ivi 1824) docente all'università di Pavia, nel 1778 divenne direttore medico della Casa delle Partorienti. Ricoprì vari incarichi a Milano e dal 1785 fu direttore dell'Ospedale Maggiore. Nel 1797 fu membro del Direttorio della Cisalpina. Deportato alle Bocche di Cattaro nel periodo austro-russo, tornati i Francesi rientrò in Lombardia dove fu nominato direttore generale dell’istruzione pubblica. Su di lui P.PECCHIAI, Della vita del dottor Pietro Moscati (1739-1824), (1913), in ID.,

L'Ospedale Maggiore di Milano nella storia e nell'arte, Milano 1927, pp. 347-385. Notizie in L.PEPE, Giovanni Scopoli e la

pubblica istruzione nel Regno d’Italia, in “Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento”, 21 (1995), pp. 415-416.

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parte quelli nei seminari, veri ginnasi-licei con convitto che a lungo sottrassero iscritti alle scuole pubbliche, con le cui rette si finanziavano gli studi gratuiti dei destinati al sacerdozio9.

Riguardo all’istruzione elementare, la legge del 1802 aveva imposto ai comuni d’istituire almeno un corso biennale di base detto normale, nominare e fissare lo stipendio dei maestri scelti dal Consiglio comunale su una lista doppia presentata dalla municipalità, mantenere la sede scolastica, reperire i fondi con lasciti e doti di fondazioni e ricorrere, solo a titolo di sussidio, al prodotto d’imposte istituite ad hoc. Ma organizzazione, sedi e maestri delle scuole primarie restarono piuttosto negletti, per tutta la breve vita della Repubblica italiana: si rinviarono infatti a un piano da presentarsi entro due anni, ma che avrebbe visto la luce solo nel 1812, al crepuscolo del Regno.

Gli ultimi atti legislativi della Repubblica in materia d’istruzione media puntarono a perfezionare l’organizzazione di licei e ginnasi. Il decreto 13 novembre 180210 indicò le materie da insegnarsi negli uni e negli altri e affidò la vigilanza sulle scuole a uno dei professori col titolo di reggente. Inoltre le Disposizioni relative all’istruzione pubblica nei comuni dove risiedono le Università, del 24 novembre 180311, vietarono i ginnasi in quei comuni poiché le facoltà “filosofiche” universitarie, propedeutiche alle altre facoltà, avrebbero dovuto fornire all’epoca anche un’istruzione di tipo ginnasiale. I Piani di Studj e di disciplina per le Università Nazionali del 31 ottobre 1803 ripartirono infine gli studi universitari in tre classi: Scienze matematiche e fisiche, Scienze morali e politiche, Letteratura12.

Se per Melchiorre Gioia la Repubblica aveva avuto il merito di lasciar libera e indipendente la pubblica istruzione13, sul Regno d’Italia gli storici non si discostano molto dal giudizio di Carlo Zaghi per il quale, dopo il 17 marzo 1805, le fu impressa una sterzata dispotica e accentratrice14. Al culmine di quel processo gerarchizzante vi furono l’introduzione, nelle università, di vere e proprie esercitazioni inquadrando gli studenti in battaglioni15 e l’istituzione, dopo Modena, delle nuove

9

Ivi, p. 77. Sui seminari in antico regime si veda la bibliografia citata al par 2.4.

10

Bollettino … cit., 1802, II, pp. 428-430.

11

Bollettino… cit.,1803, p. 285.

12 Ivi,1803, p. 155 ss.

13

M.GIOIA, Discussione economica sul Dipartimento d’Olona, Milano 1803, p. 201, cit. in E.BRAMBILLA, L’istruzione pubblica… cit., p. 508. Su di lui (Piacenza, 1767 - Milano, 1829), P.BARUCCI, Il pensiero economico di Melchiorre Gioia, Milano 1965.

14

“Napoleone, che non ha fiducia nell’uomo e nel cittadino, concepisce la scuola come un instrumentum regni, respinge il principio della libertà d’insegnamento, soffocando in esso qualsiasi forma di autonomia personale, imponendo su tutte le scuole, d’ogni ordine e grado, il più stretto controllo del governo, sia in ordine agli insegnanti, che ai programmi e ai libri di testo, disattendendo in gran parte tutte le istanze dei democratici”. C.ZAGHI, L’Italia di Napoleone… cit., p. 405.

15

Disposizioni del 7 luglio 1805 in Bollettino…, cit., 1805, II, p. 361. In ASUd, ACU, p.n. b. 293, il prefetto il 5.10.1806 ricorda alla Rappresentanza Locale di Udine che gli studenti dell’università di Padova debbono vestire una divisa prevedendo le leggi vigenti un’organizzazione militare, e per consentire ai futuri universitari udinesi di adeguarsi allega un “figurino” non trovato nella lettera.

scuole militari di Pavia e Bologna16, né fu da meno il Catechismo del Regno già in uso nell'Impero francese, pesantemente connotato in senso ideologico e imposto nel 180717.

Ma il segno più pregnante di quella svolta fu la creazione della Direzione generale di pubblica istruzione18 strettamente dipendente dal Ministero degli affari interni e presieduta da un consigliere di Stato: dal 1805 al 1809 Napoleone l’affidò a Moscati19: di fatto, fu destinata a colmare il lungo vuoto legislativo seguito al biennio 1802-1803 poiché proprio da Milano, sede della Direzione, una pioggia di circolari su leggi, regolamenti e istruzioni su sedi scolastiche cominciò a raggiungere i prefetti dei singoli dipartimenti del Regno e, loro tramite, i viceprefetti dei distretti e i podestà e sindaci dei vari comuni20. Rispetto ai poco confortanti dati iniziali tutto ciò, sul piano dell’incremento delle scuole, diede qualche frutto21 e così in Friuli, grazie a un prefetto efficiente come Somenzari. Ma il livello della frequenza rimase basso fin dopo l’unità d’Italia e di fatto nullo quello delle fanciulle, per tradizione affidate a istituti privati. Del resto, la legge del 1802 nemmeno menzionava l’istruzione femminile22.

Dal Direttore di pubblica istruzione dipendevano inoltre gli ispettori generali e in periferia gli ispettori dipartimentali, distrettuali e cantonali che, con i direttori degli istituti gli indirizzavano periodicamente delle relazioni: un flusso d’informazioni su docenti, allievi, scuole che convogliava infine in un rapporto generale annuale indirizzato al Ministero dell’Interno.

16

Decreto 7.7.1805, in Bollettino…cit., 1805, II, pp. 367-376. La prima, destinata a durare solo una decina d’anni, era il cinquecentesco collegio d’istruzione Ghislieri fondato da Pio V, che poi gli Austriaci resero alla sua prima funzione; l'attivazione dell’altra fu invece tenuta in sospeso e nel 1808 cancellata, sia per la difficoltà a reperire i fondi assegnati dal decreto, sia perche il numero degli iscritti si rivelò assai inferiore al previsto.

17

“Catechismo nazionale è il catechismo approvato dal cardinale Caprara arcivescovo di Milano, ed il solo che deve esser posto in uso nelle scuole, e che si deve usare in tutte le chiese del regno”. Decreto 14.3.1807 in Bollettino… cit., 1807, I, pp. 156 e ss.

18

Rientrava tra le attribuzioni del Ministero dell’Interno definite con decreto 18.2.1803, in Bollettino delle Leggi della

RepubblicaItaliana,1803, pp. 33-38. Si veda A. FERRARESI, La direzione generale di pubblica istruzione nel Regno d’Italia, in Istituzioni e cultura in età napoleonica, a cura di E.BRAMBILLA,C.CAPRA,A.SCOTTI, Milano, Angeli, 2008, pp.341-391.

19

Decreto che affida a vari consiglieri di stato alcuni settori dell’amministrazione: tra questi, Moscati all’istruzione pubblica, 7 giugno 1805, Bollettino… cit., 1805, p. 120-121.

20

Secondo A.FERRARESI, op. cit., p. 359, la direzione non era solo “luogo di trasmissioni e di ordini presi da altri … [ma anche] di produzione di conoscenza, di elaborazione di una cultura amministrativa, ma anche di una politica culturale, nel senso più ampio del termine, che può coincidere con gli indirizzi dall’alto, ma può anche ispirarli, condizionarli, entrare in dialettica con essi e non uscirne necessariamente sconfitta” ma la studiosa rileva anche come questi aspetti divenissero pi evidenti durante la direzione del successore Giovanni Scopoli.

21 E.BRAMBILLA,L’istruzione pubblica…cit., p. 519.

22

L’istruzione femminile, per la cui bibliografia in sede locale rinvio al cap. VII, pur sottratta a monasteri e conventi, restò confinata a collegi e case di educazione. Si vedano soprattutto gli studi di Angelo Bianchi: Alle origini di un’istituzione scolastica moderna: le

case di educazione per fanciulle durante il Regno Italico (1804-1815), In “Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni

scolastiche”, 4, 1997, pp. 195-230; La biblioteca della madre di famiglia. Modelli culturali e indicazioni bibliografiche per

l’educazione delle ragazze tra Francia e Italia in età napoleonica, in Ricerca pedagogica ed educazione familiare: studi in onore di Norberto Galli, a cura di L.PATI, Milano 2003; Scuola e società nell'Italia napoleonica. Giovanni Scopoli e l'istruzione femminile

(1809-1816) in Le carte e gli uomini, Storia della cultura e delle istituzioni (secoli XVIII-XX) Studi in onore di Nicola Raponi,

Milano 2004, pp. 125 - 151; La scuola delle ragazze: collegi reali e case private d’educazione, in E.BRAMBILLA,C.CAPRA,A.

SCOTTI, Istituzioni e cultura in età napoleonica Milano 2008, pp. 501-519; inoltre I.PEDERZANI, 1810: la soppressione degli ordini

religiosi nel regno d’Italia. Il ministro per il culto Giovanni Bovara e il problema dell’educazione superiore femminile, in “Annali di

Va ricordato che sin dal’inizio del Regno d’Italia i capitali che ogni dipartimento aveva libertà di destinare alle scuole erano stati avocati al Tesoro23 e da lì dirottati su quello che fino al 1805 si era chiamato Economato generale dei beni nazionali, poi ribattezzato Demanio (1805-1815) privandone nell’immediato le municipalità e scatenando le prime dure controversie tra stato e comuni. Di quei beni fu appurata l’entità e le rendite divise in tre liste di fondi iscritti al Monte Napoleone: nazionale, comunale e privata24. Era la fine dell’istruzione autonoma concepita in tante “piccole patrie” che la Repubblica melziana aveva lasciato sostanzialmente immutate come nel caso dalle antiche università del Centro Italia, e l’inizio dell’adesione al sistema francese modellato sulla Université Impériale. Con leggi successive si convogliarono tutte le istituzioni scolastiche in un solo sistema subordinando i ginnasi ai licei e questi alle università, e si abolì il principio della scuola secondaria gratuita che la Repubblica italiana aveva accolto25.

Il Decreto d'organizzazione dei Licei con convitto e senza convitto del 14 marzo 180726 stabilì otto licei, sei dei quali da aprirsi immediatamente: a Venezia, Verona e Novara con convitto; senza a Milano, Bergamo e Mantova. Le discipline furono ridotte a otto e regolato il numero degli alunni ammessi. Nei licei convitti, così come nei Lycées imperiali si ricevevano fanciulli dai 7 agli 11 anni che dovevano prima frequentare per sei anni le scuole di base e d’istruzione media, poi il liceo triennale nel quale si nominarono un provveditore e un censore degli studi. Nei licei senza convitto rimaneva il reggente; gli altri rimasero organizzati come in passato ma con discipline conformi alle nuove normative; alle case d'educazione erette da comuni o corporazioni religiose si diede facoltà di elevarsi al rango di licei se si fossero distinte per i progressi dei loro allievi. Abolite nel 1805 le casse dipartimentali, i licei passavano inoltre a carico dello stato.

Al decreto del 14 marzo seguì quello del 25 luglio 1807 che istituì, con altri quattro licei senza convitto, quello di Udine27, dal 1806 comune di prima classe e capoluogo di dipartimento, che completava così il sistema d’istruzione costituito dalle scuole di base e d’istruzione media già poste a carico della municipalità.

Il successivo Piano d’istruzione generale del 15 novembre 180828 avocò definitivamente al Tesoro tutte le rendite sino allora annesse ai licei senza convitto, con obbligo di un esame finale davanti a una commissione preceduta dal reggente di un liceo, per l’accesso a una delle tre università del Regno. Puntò inoltre a integrare i corsi di studi di ginnasi, licei e università estendendone gli

23

Decreto sull’applicazione delle rendite impiegate nell’istruzione pubblica alla nuova organizzazione de’ Licei e delle Scuole

secondarie, 7.7.1805, Bollettino…cit., 1805, II, p. 365.

24

Decreto relativo alle rendite che sono, o saranno iscritte al Monte Napoleone a favore dell’istruzione pubblica, 27.4.1807, Bollettino…cit., 1807, pp. 214-216.

25

E.BRAMBILLA,L’istruzione pubblica… cit.,pp.510-511;EAD.,Selezione delle élites… cit., pp. 22-23.

26

Decreto 14.3.1807, in Bollettino …cit., 1807, I, pp. 145-148. seguì il decreto del 9 giugno 1807 per l’istituzione di due licei al di là

del Po, l’uno con convitto in Ferrara e l’uno senza convitto in Reggio, in Bollettino… cit., 1807, p. 369.

27

Decreto riguardante l’organizzazione di cinque licei senza convitto nei Dipartimenti ex veneti, in Bollettino… cit., 1807, II, p. 381. Le altre città erano Treviso (Adriatico), Padova (Bacchiglione), Belluno (Piave), Capodistria (Istria).

28

ordinamenti ai nuovi domini ex veneti ed ex pontifici, stabilendo d’obbligo un liceo in ogni capoluogo di dipartimento e un ginnasio nei comuni d’oltre 10.000 abitanti, già convertito in gradino preparatorio ai licei senza convitto e identificato con le scuole elementari “superiori”29. Nell’ottobre 180930 avvenne il cambio della guardia tra l’ormai anziano Moscati e Giovanni Scopoli31, che giunto a quel traguardo trentacinquenne, univa alla competenza di amministratore un vivo interesse per le questioni educative. Animato dalla fiducia in un’istruzione statale diffusa sul territorio cercò non solo di controllare, ma anche di limitare quella privata riservando un’attenzione particolare all’istruzione elementare rispetto alla quale occorreva colmare il vuoto legislativo rimasto dopo il 1802. Di qui la circolare 20 marzo 1810, che ordinava ai comuni con meno di 5.000 abitanti di non aver altra scuola “che di leggere, scrivere ed aritmetica”. Solo la presenza di legati a questo fine poteva legittimare le scuole di latinità che, osservava il Direttore, le comunità spesso mantenevano trascurando le scuole normali32. Il decreto 22 novembre 1810 ribadì il divieto dell’insegnamento privato in assenza di autorizzazione della Direzione generale facendo eccezione per i parroci, i coadiutori e i maestri presso le famiglie: ma di quelle limitazioni Scopoli avrebbe volentieri fatto a meno, data la sua propensione verso un corpo insegnante laico33.

Egli obbligò anche i collegi privati a uniformarsi al metodo delle scuole pubbliche, di cui puntò a incrementare la frequenza combattendo la concorrenza dei seminari, ma non sempre ottenendone