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La Costituzione come punto di riferimento

Nel documento Terrorismo e diritti fondamentali (pagine 127-131)

IL TERRORE E LA "SICUREZZA"

4.2. La Costituzione come punto di riferimento

La Costituzione deve essere un punto costante, di riferimento, in qualsiasi momento storico. A sostegno di ciò si rende opportuno richiamare una sentenza della corte suprema degli Stati Uniti, in particolare viene qua a riecheggiare il caso Miligan del 1886: si afferma infatti che "la Costituzione è una legge dei governanti e per il popolo sia in tempi di guerra, sia in tempi di pace e copre con lo scudo della sua lucentezza tutte le classi degli uomini in ogni tempo e in ogni circostanza. Mai fu concepita dall' intelletto umano una dottrina con conseguenze più gravi di quella implicante la probabilità in cui una sua disposizione possa essere sospesa, nell'ambito di una qualunque emergenza. La teoria della necessita su cui si fonda è falsa. La costituzione conferisce infatti al governo tutti i poteri che gli occorrono per garantire la propria sopravvivenza". Gli stati evidentemente non sembrano dar seguito a questa sentenza visionaria di 130 anni fa. Essi reagiscono al terrorismo con misure eccezionali, come se la Costituzione non fosse in grado di fronteggiare l'emergenza. Ferrajoli afferma come l'ordinamento, attraverso lo Stato d'eccezione non faccia altro che negare se stesso e attraverso procedure, spesso direttamente previste all'interno delle medesime Carte costituzionali, va ad inficiare negativamente sui diritti stessi, in particolare, con riferimento alla loro applicazione e alla loro tutela. La Francia ne è l'esempio. E' l'esempio di tutto ciò che può portare a reagire di pancia, rispetto alla possibilità di sopperire mediante una reazione logica, matura, consapevole dei propri valori, da cui uno Stato non può mai trascendere. Reagire in questo modo significa fallire rispetto agli obblighi che uno Stato ha e che si deve porre

quotidianamente. Qual è il patrimonio che deve essere garantito dall'ordinamento? i diritti sociali e la loro concreta fruizione. Uno Stato che si ritira nell'adempimento costituzionalmente imposto del dovere di rimuovere le diseguaglianze di fatto è uno Stato che finirà nel guardare alla sicurezza solo nel senso di una percezione soggettiva. E' uno Stato che adotterà solo politiche sicuritarie che non faranno altro che portare all'emarginazione del diverso. Probabilmente una risposta plausibile a questo fallimento può essere la mancanza di fondi, come evidente ostacolo rispetto alla possibilità di ottemperare a tali obblighi, in prospettiva di ciò che la Costituzione impone. Come dargli torto? ma se tali obbiettivi non possono essere ottemperati per mancanza di fondi, occorre dare delle priorità rispetto a ciò che deve essere assolutamente soddisfatto. Si tratta quindi di definire le priorità costituzionali, ricordando qua quelle che sono le parole chiave della stessa e i principi base del costituzionalismo: limitare il potere a garanzia dei diritti di ciascuno e di tutti e orientare l'azione pubblica ai valori dell'eguaglianza, della solidarietà e della fratellanza. Valori che dovrebbero essere i criteri di orientamento dell'attività politica, in nome di una sicurezza dei diritti che è alla lunga, la miglior strada pure per il soddisfacimento del diritto individuale alla sicurezza perché si abbia appunto una percezione soggettiva di un soddisfacente senso di sicurezza. Miope è una politica che mette in campo mezzi impropri rendendo gli obbiettivi inconsistenti, verso una perdita d'orientamento nei riguardi delle priorità. Miope e di conseguenza destinata alla sconfitta perché non in grado di rispondere ai bisogni dei consociati, anzi capace solo di ampliare, anziché di contenere, l'area dei soggetti a rischio di esclusione sociale. A sostegno di ciò giungono i dati istat, i dati caritas, i dati di fondazione Zancan che testimoniano appunto il contesto di povertà all'interno del quale stiamo vivendo e l'esclusione sociale che ne

consegue: povera è una famiglia su 5 ; due milioni e mezzo di giovani non riescono a trovare lavoro. Queste priorità costituzionali devono essere riscoperte, altrimenti dove andremo a finire?. Giusto a questo punto ricordare e riscoprire queste priorità nello spirito della promozione della sicurezza dei diritti soprattutto in quei luoghi dove il principio di eguaglianza deve essere realizzato e messo in atto: sanità, scuola, previdenza e assistenza. Non dimentichiamoci poi, nel medesimo spirito, la centralità del lavoro che adempie ad una necessaria prerogativa, in particolare, il far sentire la persona "parte attiva della società", affinché possa realizzare la sua personalità e allo stesso tempo, gli consenta di procurarsi i mezzi per un'esistenza dignitosa. Sul lavoro si fonda la repubblica, sul libero sviluppo della personalità si articola la trama della nostra costituzione prescrivendo come dovere, non lo svolgimento di un'attività lavorativa, ma il compimento di un'attività o di una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della propria società. Un progresso che necessita l'adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale, quale condizione essenziale per la fruizione dei diritti, per poter realizzare i fini attraverso quei mezzi che sono quindi presenti. Si noti a questo punto come i diritti s'intreccino ai doveri. Come si fa a realizzare i fini se si tollerano o non si combattono gli inadempimenti ai doveri tributari? Quale credibilità possono avere i governanti se non adempiono con disciplina e onore alle funzioni loro affidate? Sono doveri questi sanciti agli art 53 e 54, collocati non a caso nel titolo IV della parte prima della Costituzione, dedicati ai rapporti politici, in una logica che vuole il cittadino partecipe delle sorti della politica. Sono doveri il cui adempimento influisce sulla giustizia sociale, segnando l'azione del pubblico potere, il quale, per assolvere il compito di rimuovere le diseguaglianze di fatto, chiede a ciascuno di concorrere alle

spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. La connessione tra i doveri appena richiamati fa si che il pubblico debba lottare contro l'evasione in ragione degli obbiettivi Costituzionali. Gli obbiettivi, le priorità sono importanti e ambiziose: rendere effettivo il diritto del lavoro; assicurare ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione; agevolare con misure di natura economica le famiglie, specie quelle numerose; proteggere la maternità, l'infanzia, la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo; garantire alla madre lavoratrice e al bambino una speciale e adeguata protezione; cure gratuite agli indigenti; assicurare ai capaci e ai meritevoli anche se privi di mezzi, il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi; garantire il lavoratore di una retribuzione dignitosa; garantire al cittadino il diritto di vivere al mantenimento e alla assistenza sociale. Tale elenco non è esaustivo, ma sufficiente a far comprendere la consistenza del compito che i nostri costituenti hanno assegnato alla Repubblica. Un compito concepito in funzione della effettività dei diritti costituzionali e del corretto funzionamento della democrazia che presuppone la realizzazione di un minimo di omogeneità sociale. Questo compito al quale chi governa deve adempiere, dovrebbe presupporre la scelta di sistemi elettorali che consentano la proiezione della conflittualità sociale nel cuore dello stato, proprio all'interno delle assemblee elettive, vero luogo di confronto tra le diverse istanze presenti nella società. Il che troppo spesso non ha avuto seguito,in quanto, proprio per sfuggire a questa sintesi in seno alle assemblee elettive, i governi hanno fatto un uso eccessivo al potere di decretazione, configurato dalla Costituzione come eccezione alla regola per cui la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle camere. Sempre meno dunque questa sintesi viene ricercata proprio per un difetto in termini di rappresentanza. E' proprio su questo terreno

che i partiti dovrebbero riconquistare la fiducia degli elettori, riscoprendo le priorità costituzionali e orientando le azioni in vista degli obbiettivi Costituzionali. Cosi non è stato se pensiamo ai fallimenti nascenti da quelle politiche sociali, cui hanno corrisposto politiche sicuritarie che hanno teso all'emarginazione del diverso. Basti vedere chi sta in carcere, in quanto a minor stato sociale corrisponde maggior stato penale, essendo sempre più il carcere una "discarica sociale". Lo vediamo in ordine alle scelte compiute in tema di tossico dipendenze, d'immigrazione, di recidiva, frutto di quella che appare davvero come, una strategia volta all'emarginazione e all'isolamento del diverso. Una strategia che fa leva sulla rappresentazione della paura e sulla conformazione attorno ad essa di un preteso diritto dell'individuo alla sicurezza. Si è perseguita la via politicamente e all'apparenza più facile e cioè quella di garantire il diritto alla sicurezza dell' individuo, dimenticando che la strada migliore anche per mantenere l'ordine pubblico è proprio garantire la sicurezza dei diritti, mettendo tutti nella condizione di esercitarli effettivamente. In una sorta di inversione indotta della gerarchia dei bisogni, il diritto alla sicurezza è assunto cosi ad esigenza primaria, in grado di offuscare la sicurezza sociale contribuendo a far perdere di vista quelle che sono le necessarie e indiscutibili priorità.

4.3. L'estensione del bisogno sicurezza in un contesto di preminenza del

Nel documento Terrorismo e diritti fondamentali (pagine 127-131)