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Le politiche di sicurezza in Italia: una essenziale ricostruzione storica

Nel documento Terrorismo e diritti fondamentali (pagine 75-79)

IL TERRORE E LA "SICUREZZA"

1.6. Le politiche di sicurezza in Italia: una essenziale ricostruzione storica

Al fine di comprendere alcuni paradossi della società italiana odierna e della modalità attraverso la quale si seguita ad affrontare la questione della sicurezza in questo paese, o anche per comprendere più a fondo certe modificazioni del diritto, non si può a mio parere prescindere da certe peculiarità della storia italiana. In particolare non si può

prescindere da ciò che è avvenuto in Italia nel corso degli anni Novanta. Credo sia fondamentale ragionare sul come si collochi, a conferma dell'attuale contesto sociale volto a mungere perennemente politiche in nome della sicurezza, la crisi che ha investito l'Italia in quegli anni. Essa ha infatti influito sulla formazione di un certo senso di insicurezza che è poi sfociato in un sentimento anti-immigrato, divenuto negli anni, e per il concorso di vari altri fattori (il veloce divenire dell'Italia paese d'immigrazione, senza che la popolazione se ne rendesse conto, la svolta a destra della compagine governativa e la crescita costante della Lega Nord, l'influenza dei discorsi di legge e ordine provenienti da oltre oceano...), progressivamente più forte. Quindi possiamo constatare come il senso e l'esigenza di sicurezza tragga origine dalla paura e dalla repulsione nascente dal “diverso”, da coloro che rimangono al di fuori di una certa categoria sociale. La cultura tesa all'emarginazione viene portata in grembo dai paesi occidentali da tempo, oggi vi sono gli immigrati, un tempo mendicanti e vagabondi. Essi infatti erano visti come coloro idonei a minare le fondamenta dello Stato e delle sue finalità. Lo Stato si faceva carico di garantire le elites attraverso l'istituto delle misure di prevenzione. Si trattava di provvedimenti restrittivi di libertà, irrogati nei confronti di determinate categorie di soggetti, senza che questi avessero previamente commesso reati, ma solo sul presupposto della loro pericolosità sociale. Quali erano i destinatari delle misure? mendicanti4 e

vagabondi5. I primi erano quelli che avevano l'abitudine di chiedere pubblicamente le

elemosina. Erano necessari due elementi per configurare la fattispecie e cioè l'abitualità e la pubblicità. Alla seconda categoria appartenevano coloro che non avevano un domicilio certo, nè mezzi di sussistenza, altresì non esercenti nè di un mestiere, nè di una

4 Su cui si veda G. Saredo, voce Accattonaggio e mendicità( Dir. Amm. Dir. Pen.), in D.L., I, Torino, 5 Su questa categoria si veda E.Florian, G. Cavaglieri, I vagabondi, studi sociologico-giuridico, Fratelli

professione. Si riteneva che l'unica risorsa a loro disposizione per vivere erano i proventi dei fatti illeciti. Nell'Italia dell'ottocento si fece ampio ricorso a misure di prevenzione antedelictum (codice delle Due sicilie del 18196, codice austriaco del 18037, codice

penale parmense del 18208, codice sardo del 18399, ma anche il regolamento di polizia

del 1832 allegato al codice penale di papa Gregorio XVI10). Vi era poi il codice penale del

Gran Ducato di Toscana del 185311, il quale disciplinò altresì la fattispecie della ciurmeria

e illecita mendicanza. In virtù di tale istituto, si riteneva che costituissero un pericolo per la sicurezza pubblica non solo i mendicanti e i vagabondi, ma tutti coloro con l'intento di ingannare la popolazione mediante artifizi o raggiri. Nel 1859 venne emanato con legge n. 3783 del 20 novembre, il codice penale sardo12. Esso recepì in gran parte il contenuto

del codice penale di Carlo Alberto del 183913 e che costituì, eccezion fatta per la Toscana,

la legge penale dell'Italia unita sino all'entrata in vigore del Codice Zanardelli. Il codice penale sardo si preoccupò di garantire la sicurezza pubblica punendo i vagabondi

6 Su cui si veda S. Vinciguerra, Codice per lo regno delle due sicilie (1819), Cedam, Padova, 1996. 7 Su cui si veda S. Vinciguerra, Codice penale universale austriaco (1803), Cedam, Padova, 1996. 8 Su cui si veda S. Vinciguerra, Diritto penale dell'ottocento. I codici preunitari e il codice zanardelli,

Cedam, Padova, 1993.

9 Su cui si veda per tutti S. Vinciguerra, Codice penale per gli stati di S.M. Il re di Sardegna (1839), Cedam, Padova, 1993. Siffatto codice che ha subito una profonda influenza del codice parmense, si caretterizza per il fatto di spostare i delitti considerati privati nell'ambito di quelli pubblici,

preconizzando cosi, dire dell'A., “quella tendenza alla pubblicizzazione esasperata degli interessi attuata dal codice”.

10 Su cui si veda S. Vinciguerra, Regolamenti penali di Papa Gregorio XVI per lo stato pontificio (1832), Cedam, Padova, 2000. A dire dell'A., la dominazione francese. Anche se a Roma durò soltanto 5 anni, incise profondamente sul quadro istituzionale dello Stato pontificio. Tale siffatta influenza la si può rinvenire proprio nel Codice in esame, a cui toccò il compito di portare a termine la prima codificazione del diritto degli Stati pontifici dopo la Restaurazione.

11 Esso rimase in vigore per la sola Toscana sino all'entrata in vigore del codie penale (1889). In argomenta si veda S. Vinciguerra, codice penale del Gran Ducato di Toscana, Cedam, Padova, 1995. 12 Su questo codice si veda S. Vinciguerra, i codici penali sardi e piemontesi del 1839 e del 1859, in diritto

penale dell'ottocento. I codici preunitari e il codice Zanardelli, cit, p. 1 ss. Esso presentava, adire dell'A., rilevanti novità soprattutto con riferimento alla commisurazione delle pene e costituiva una riedizione (del Codice del 1839) imposta soprattutto dal mutamento del quadro politico (che, come noto, esigeva la ricerca dell'uniformità con l'ordinamento penale di altre province in procinto di riunirsi al Regno Sardo), nel quale era necessario tener conto sia del deterioramento dei rapporti con la Santa Sede, sia dell'armonizzazione del diritto penale con i principi dello Statuto.

attraverso la sanzione dell'ammonizione14. Siffatto provvedimento, apparso per la prima

volta nel Regolamento per le materie civili e criminali del Ducato di Genova del 1815, veniva irrogato da un Pretore dinanzi al sospetto secondo cui predetti individui potessero commettere reati, consistente in un avviso nel quale essi venivano esortati a trovare un lavoro stabile, a vivere onestamente e a non dar luogo ad ulteriori sospetti. Oltre a ciò, l'ammonizione portava ad una limitazione della libertà. L'obbiettivo di tali disposizioni era dunque quello di arginare la pericolosità sociale di queste categorie di soggetti, garantendo in tal modo la sicurezza degli altri. I vincoli cui venivano sottoposti gli ammoniti erano assai stringenti, da ciò l'elevata probabilità in cui questi non riuscissero a rispettarli, cadendo cosi nella sanzione penale. Una menzione particolare meritano i provvedimenti provvisori di pubblica sicurezza del dicembre 1851 (trasformati in legge n°1339, 26 febbraio 1852). Essi rimasero in vigore per due anni, ma ebbero una rilevante importanza in quanto rappresentano le prime misure di prevenzione adottate nell'Italia liberale. Sulla scorta di tali provvedimenti, due anni dopo, venne emanata con legge 8 luglio 1854 n° 6, l'ordinamento della pubblica sicurezza: esso stabilì l'aumento organico delle guardie di pubblica sicurezza, l'obbligo per i cittadini di ottemperare all'invito dei funzionari di pubblica sicurezza presentando nei loro uffici, chiusura serale degli esercizi e la facoltà in capo agli intendenti di pubblicare i regolamenti recanti misure di polizia, irrogabili, in caso della violazione dei precetti. Tutto ciò al fine di garantire una maggior tutela della quiete pubblica e dunque la sicurezza dell'intera collettività. Anche dopo la nascita del Regno d'Italia vennero adottati una serie di provvedimenti che avevano come scopo quello di garantire proprio la sicurezza dei cittadini. Un esempio, la legge Pica del

14 Sull'isituto dell'ammonizione si veda L. Lucchini, voce Ammonizione, in D.I., III, Torino, 1895, p.23 ss. Occorre far presente che esistevano due tipi di ammonizione, una di natura repressiva e l'altra con scopo preventivo. La prima veniva applicata dai magistrati solo o congiuntamente ad altra pena di polizia, attraverso un giudizio formale terminante con una sentenza, nei riguardi di un individuo recidivo.

15 agosto 1863, attraverso la quale il governo italiano affrontò il problema del brigantaggio, cercando di risolverlo affidando alla polizia le funzioni preventive e di governo, dinanzi a certe classi sociali ritenute pericolose. Questa legge rivestì una particolare importanza per il diritto costituzionale, giacchè fu proprio con essa che si configurò un autonomo diritto alla prevenzione, distinto da quello penale : le fattispecie riguardanti vagabondi e mendicanti vennero infatti espunte dai codici penali e trasferite nell'ambito della medesima. Inoltre, all'interno della stessa legge, vennero previste ulteriori disposizioni riguardanti altre classi ritenute pericolose per la società : infatti non pochi erano i provvedimenti che potevano essere irrogati nei confronti dei viandanti, dei liberati dal carcere e degli stranieri da espellere dal regno. Si prevedeva l'ammonizione (provvedimento esclusivamente preventivo), la vigilanza speciale e domicilio coatto, anch'esse con chiaro obbiettivo di prevenzione. Alla luce di quanto illustrato è evidente che il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza comportava un eccessivo sacrificio delle libertà individuali, infatti, il semplice sospetto portava all'ammonizione la cui alterazione delle indicazioni da essa nascenti portava alla vigilanza speciale, la cui altrettanta violazione, ne faceva discendere il domicilio coatto.

Nel documento Terrorismo e diritti fondamentali (pagine 75-79)