IL TERRORE E LA "SICUREZZA"
4.1. Principi e diritti inderogabili anche (e soprattutto) durante gli stati di necessità
Vi sono principi fondamentali comunque inderogabili dalle misure adottabili per far fronte a situazioni di emergenza, ai fini di prevenire e reprimere il terrorismo. Tali principi sono ricavabili dalle norme delle Costituzioni democratiche, dalla CEDU e da altre convenzioni internazionali. Al riguardo va detto come siano poche le Costituzioni che menzionano espressamente il diritto alla vita39, ma a tal proposito occorre sottolineare
come dottrina e giurisprudenza configurano il relativo diritto, un presupposto necessario di ogni ordinamento democratico40. Nelle situazioni di emergenza e nei confronti di atti
terroristici, il diritto alla vita viene i rilievo sotto il profilo della sua conservazione41 e
viene in questione sotto due distinti versanti: la vita delle vittime innocenti e la vita delle persone sospettate o condannate per atti di terrorismo. Il diritto alla vita infatti comporta l'obbligo per i pubblici poteri di adottare ogni misura utile per assicurare la tutela delle potenziali vittime di eventi eccezionali, tra cui rientrano gli atti di terrorismo. Merita una segnalazione la sentenza del Tribunale costituzionale tedesco, in quanto, nel febbraio 2006, dichiarò parzialmente incostituzionale la legge sulla sicurezza aerea, volta a consentire l'ordine di abbattimento da parte dell'aeronautica militare di un aereo civile
39 Cfr. art. 24 Cost. Portogallo; art. 15 Cost. Spagna; art. 7 Cost. Finlandia del 1999; art. 10, 1 Cost. Svizzera del 1999; art. 20 Cost. Federazione Russa; art. 19 Cost. Lituania; art. 17 Cost. Slovenia; art. 38 Cost. Polonia; art. 10 Cost. Macedonia; art. 21 Cost. Croazia; art. 15 Cost. Slovacchia (come diritto alla vita fin dal concepimento).
40 Cfr. G. Dalla Torre, Obiezione di coscienza e valori costituzionali, in Realtà e prospettive dell'obiezione di coscienza. I confini degli ordinamenti, a cura di Perrone, Milano, Giuffrè, 1992, p. 50.
41 Cfr. P. Giocoli Nacci, Diritto allo sviluppo e diritto alla vita, in Giur. it., 1992, pp. 118 ss. ; P. Botta, Il diritto alla vita nell'ordinamento giuridico italiano, in Dir. Eccl., 1992, 1, pp. 235 ss., spec. pp. 240 s. osserva la necessità di una tutela non debole, degradata al diritto di vivere o sulla vita, in ragione del fondamento costituzionale.
dirottato da terroristi per trasformarlo, in arma impropria diretta contro la vita dei cittadini. La sentenza ha distinto due ipotesi: nel caso in cui l'aereo sia disabitato o occupato solo dai responsabili del dirottamento, intenzionati ad utilizzare l'aeromobile come strumento di distruzione della vita di persone a terra, l'abbattimento è legittimo in quanto si riconosce, sia la soggettività, sia la dignità degli individui che, attraverso una libera scelta ed iniziativa personale, hanno deciso di rendersi responsabili della minaccia alla collettività. In tal caso il principio di proporzionalità sarebbe rispettato in quanto l'obbiettivo è quello di salvare vite umane. Lo Stato si trova in una situazione dove non potrà optare per una reazione diversa da quella che si rende essenziale proprio a seguito della condotta dei terroristi. Nel caso in cui a bordo vi siano persone innocenti prese in ostaggio dai terroristi, allora la legge è incostituzionale per violazione del diritto alla vita e alla dignità delle persone, poiché conferisce alle autorità statali la potestà di ordinare l'uccisione di passeggeri innocenti, rispetto alle finalità che gli stesse attentatori vogliono perseguire. In tal caso infatti i membri e i passeggeri dell'equipaggio si troverebbero in una situazione senza via d'uscita, in quanto non potrebbero più decidere autonomamente e senza l'influenza di terzi le condizioni della loro stessa esistenza, sicchè ciò li trasformerebbe in oggetti non solo nei riguardi dei criminali, ma anche nei confronti dello Stato. Significherebbe mettere sullo stesso piano criminale e passeggero. Secondo il Tribunale costituzionale un simile trattamento sarebbe una grave e inaccettabile lesione degli interessi in quanto soggetti dotati di dignità e di diritti inalienabili, poiché laddove la loro uccisione venisse utilizzata come mezzo per la salvezza di altri, essi verrebbero spersonalizzati e nel contempo privati dei loro diritti; nel momento in cui lo Stato venisse a disporre unilateralmente della loro vita, essi verrebbero espropriati del fondamentale
valore proprio di ogni essere umano, di decidere autonomamente sulla propria esistenza. Al riguardo il giudice costituzionale rigetta ogni potenziale giustificazione di una simile impostazione legislativa: in primo luogo considera una finzione estremamente lontana dalla realtà la supposizione secondo cui coloro, saliti sull'aereo in veste di passeggero, avrebbero implicitamente acconsentito a sacrificare la propria vita di fronte ad una eventualità di questo tipo; in secondo luogo, la vita e la dignità meritano il medesimo grado di tutela costituzionale e questo porta a considerare assurda l'ipotesi in cui si ritenga giustificabile una reazione statale di questo tipo, di fronte alla constatazione in cui si possa desumere come questi andrebbero in contro comunque al loro nefasto destino per mano dei terroristi; in terzo luogo, anche l'opinione secondo la quale le persone sequestrate si sarebbero trasformate in componenti di un'arma impropria tale da giustificare la reazione statale, non fa altro che confermare l'aspetto incostituzionale della tesi, tendente a disumanizzare l'individuo; in quarto luogo, il Tribunale ricorda come la legge non riguardi la difesa contro aggressioni tese all'eliminazione della collettività ed alla sconfitta dell'ordinamento statuale e perciò non si rientra nel caso in cui nell'interesse dello Stato il singolo sarebbe, in caso di necessità, obbligato a sacrificare anche la propria vita, qualora solo in questo modo si renda possibile proteggere la collettività da attacchi miranti a distruggerla. A conclusione, il giudice costituzionale prospetta l'evenienza in cui lo Stato, al fine di favorire il principio secondo cui v'è l'onere di intervenire a favore di coloro le cui vite sono minacciate, utilizzi esclusivamente strumenti conformi al dettato costituzionale. La ratio di questa sentenza è evidente: da un lato lo Stato deve proteggere i cittadini dal terrore, ma deve farlo con mezzi idonei a non pregiudicare la vita degli innocenti. Peraltro il diritto alla vita è previsto come inderogabile sia dall'art. 2 CEDU,
sia dall'art.6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici; inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte europea gli stati sono sempre tenuti a garantirne il godimento all'interno del proprio territorio, sicché devono sempre astenersi dal compiere atti volti a mettere in pericolo la vita dell'individuo e devono porre in essere un sistema volto ad offrire adeguata protezione anche nel caso in cui i pericoli non provengano dallo Stato, ma da parte di terzi42.
4.1.2 L'uso della forza contro i terroristi
Circa l'uso della forza letale da parte dei pubblici poteri nei confronti di persone sospettate di terrorismo, occorre qua sollecitare l'interpretazione del diritto internazionale dalla quale sembra ricavarsi come anche nell'ipotesi in cui una persona sia sospettata di terrorismo, lo Stato non potrà comunque utilizzare la forza in modo arbitrario o sproporzionato, in quanto al momento dell'arresto, tali persone, hanno diritto a vedersi infliggere un grado di forza strettamente necessario ad effettuare l'arresto e proporzionata alla pericolosità del sospettato43. In proposito l'art. 2 Cedu consente l'uso della forza da
parte dei pubblici poteri, anche quando abbia esiti letali, qualora essa si renda assolutamente necessaria per assicurare la difesa di qualsiasi persona o per eseguire un arresto o per impedire l'evasione di una persona detenuta. Su questo punto, una rigorosa e interessante giurisprudenza della Corte europea si è sviluppata a proposito di molti
42 Cfr. Cedu, sent. 9 giugno 1988, L.C.B. C. Regno Unito, PAR. 36. 43 Cfr. A. Cassese, I diritti umani oggi, Roma-Bari, Laterza, 2005, p. 200.
discussi casi di repressione letale di atti di terrorismo avvenuti nel territorio del Regno Unito, della Turchia e della Federazione Russa. Cosi la Corte, a partire dal 1995, ha affermato alcuni criteri interpretativi fondamentali circa l'uso legittimo della forza letale:44 1) l'art. 2, 2 Cedu non definisce situazioni in cui può essere inflitta
internazionalmente la morte, ma descrive casi in cui è possibile il ricorso alla forza che può condurre a causare la morte in modo involontario;
2) i casi in cui è considerato legittimo l'uso della forza devono essere interpretati in modo restrittivo, in considerazione dell'importanza primaria del diritto alla vita;
3) il ricorso alla forza deve risultare in concreto assolutamente necessario. Ciò da un lato impone di usare un criterio di necessità più stretto ed imperioso di quello normalmente impiegato per determinare se l'intervento dello Stato si renda necessario in una società democratica nelle ipotesi in cui sono consentite alle leggi di prevedere limiti ai diritti tutelati agli artt. 8, 9, 10 e 11 Cedu e dall'altro lato, comporta come le autorità nazionali non possono godere di alcun margine di apprezzamento perchè il diritto alla vita tutelato dall'art. 2 Cedu, assieme al divieto di torture e di trattamenti inumani e degradanti, previsto dall'art. 3, sono alcuni dei valori fondamentali delle società democratiche che formano il Consiglio d'Europa;
4) la forza utilizzata deve essere strettamente proporzionata al perseguimento delle finalità indicate nel par. 2 dell'art. 2 Cedu, ma la valutazione sulla legittimità e sulla proporzionalità del ricorso alla forza deve tener conto delle circostanze nelle quali si trovavano gli agenti al momento della decisione sull'utilizzo della forza stessa, anche se
44 Cfr. Cedu, sent. 27 settembre 1995, serie A, n. 17, Mc Cann e altri c. Regno Unito, soprattutto parr. 119, 147, 148, 149, 150, 161, 170, 173, 200.
tali valutazioni successivamente si rivelassero erronee, in quanto, altrimenti, lo Stato e i suoi agenti sarebbero gravati di un carico irrealistico che rischierebbe di esercitarsi a discapito della loro vita e di quella altrui. Tuttavia la Corte esige un equilibrio tra il fine perseguito ed i mezzi utilizzati45. Più precisamente la proporzionalità dovrà essere
valutata in funzione dello scopo perseguito, del pericolo per le vite umane e dell'entità del rischio che la forza impiegata comporta46;
5) la legittimità dell'uso della forza prescinde dalla responsabilità penale o meno dei soggetti direttamente o indirettamente coinvolti;
6) per determinare se la morte sia giustificabile occorre valutare, non soltanto gli atti compiuti dagli agenti statali, ma anche l'insieme delle circostanze del caso di specie, tra le quali la preparazione e il controllo degli atti in questione. Ad esempio nel procedere all'esecuzione dell'arresto di una persona;
7) ogni Stato deve comunque vietare l'arbitrario uso della forza e deve procedere al proprio interno ad un controllo effettivo sulla legittimità di tale utilizzo da parte dei propri organi. Peraltro la Corte esige che le indagini non risultino lacunose47, avvengano
in modo accurato ed effettivo su tutte le circostanze del fatto e siano effettuate dalle autorità non appena siano venute a conoscenza dell'evento, a prescindere dall'avvenuta presentazione di una richiesta48. La Corte inoltre sottolinea come nell'eventualità in cui vi
risulti la morte di persone che si trovavano in stato di detenzione, l'onere della prova si
45 Cfr. Cedu, sent. 27Luglio 1998, Glec c. Turchia, par. 71.
46 Cfr. Cedu, sent. 26 aprile 1994, Diaz Ruano c. Spagna; sent. 10 luglio 1984, Kathleen Stewart c. Regno Unito.
47 Cfr. Cedu, sent. 27 luglio 1998, Glec c. Turchia, par. 71.
48 Cfr. Cedu sentenze del 24 febbraio 2005, Khashiev e Akaieva c. Russia, Issaieva, Yussupova e Bazaieva c. Russia e Issaieva c, Russia, sui quali ci si permette di rinviare a P. Bonetti, Diritto alla vita: anche contro il terrorismo, in Quad. cost., 2005, pp. 682 ss.