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Le varianti contemporanee dello stato di eccezione: il sistema costituzionale francese

Nel documento Terrorismo e diritti fondamentali (pagine 160-169)

IL TERRORE E LA "SICUREZZA"

2.4. Il sistema più diffuso: lo stato di eccezione

2.4.2. Le varianti contemporanee dello stato di eccezione: il sistema costituzionale francese

Questo sistema costituzionale di gestione delle emergenze appare quantitativamente prevalente negli Stati costituzionali democratici. Si osserva come nella maggior parte dei casi la previsione costituzionale dell'instaurazione di stati di eccezione discendente poi in deroghe ai principi fondanti, si accompagna alla mancanza di qualsiasi potere governativo di adottare atti aventi forza di legge in casi di urgente necessità. Nel sistema francese, la previsione costituzionale di poteri eccezionali in caso di emergenza, appare invero sostanzialmente priva di limiti di contenuto. In tutti gli altri sistemi che adottano

tale tipo di gestione, si tende ad una più incisiva disciplina dei presupposti per l'instaurazione di tali stati eccezionali. La Francia al riguardo è uno dei pochi Stati europei in cui si sono verificati casi di effettiva applicazione di norme che consentono l'uso di poteri eccezionali. Va detto come il sistema costituzionale francese della V Repubblica appare tanto complesso, quanto vago, in quanto vi è la previsione di tre regimi eccezionali: 1) i poteri eccezionali decisi dal Presidente della Repubblica (art.16) ; 2) lo stato d'assedio deciso dal Governo per un tempo limitato prorogabile dal Parlamento (art. 36); 3) lo stato d'urgenza, previsto da una legge precedente all'entrata in vigore della Costituzione della V Repubblica con la successiva ri-legittimazione del legislatore e del

Conseil constitutionnel. Notiamo dunque come il primo strumento è conferito

direttamente all'auto attivazione di poteri eccezionali e derogatori da parte del Capo dello Stato, senza che vi sia alcun limite sostanziale. L'art. 16 infatti prevede che al Presidente della Repubblica, senza controfirma governativa e col parere consultivo del conseil

constitutionnel, assieme ai pareri anch'essi consultivi del Primo ministro e dei Presidenti

delle Camere, spetta l'attivazione di poteri diretti a proteggere le istituzioni. I presupposti per l'attivazione dei poteri sono sia alternativi, sia cumulativi: in primo luogo vi deve essere una minaccia verso le istituzioni della Repubblica o un rischio diretto all'indipendenza della nazione. Prevista anche una minaccia effettiva per l'integrità del territorio o nei riguardi dell'esecuzione di obblighi internazionali ; in secondo luogo si rende necessaria una minaccia grave e immediata; in terzo luogo occorre l'interruzione del funzionamento regolare dei poteri pubblici costituzionali, il che va ad escludere dalla previsione i poteri locali o amministrativi17. Il Consiglio di Stato, proprio nei riguardi

17 L. Favoreu P. Gaia, R. Ghevontian, J. - L. Mestre, A. Roux Droit constitutionel, Paris, Dalloz, 1998, p. 620.

dell'ambito applicativo dell'art.16, ha affermato come la decisione presidenziale di applicazione dello stesso, sia un atto di governo non suscettibile di ricorso giurisdizionale al giudice per eccesso di potere, mentre, ha sottolineato, come potranno essere sottoposte al controllo giurisdizionale del giudice amministrativo le decisioni prese dal Presidente in applicazione di regimi eccezionali verso disposizioni che, in periodo di normalità, avrebbero un carattere regolamentare18. A tal riguardo, la giurisprudenza ha dal 193319

elaborato la teoria delle circostanze eccezionali, secondo la quale il rispetto delle norme legislative sull'uso dei poteri derogatori non impedisce che vi possano essere circostanze eccezionali non coincidenti soltanto ed esclusivamente con le ipotesi di crisi grave o di minaccia alle istituzioni, in quanto, in tali ipotesi, il giudice amministrativo si limita a considerare se in relazione all'interesse generale ogni misura derogatoria di volta in volta adottata, comporti vantaggi superiori al formale rispetto della legge e se perciò le misure derogatorie applicate siano ragionevoli e proporzionate all'effettiva gravità delle circostanze in atto20. Le decisioni presidenziali prese in virtù dei poteri eccezionali, sulle

quali deve essere sempre sentito il parere del Conseil constitutionnel, devono avere l'obbiettivo di assicurare ai poteri pubblici costituzionali, nel più breve termine possibile, i mezzi per svolgere i loro compiti. Tuttavia la dottrina francese ha osservato come sia aleatoria questa norma costituzionale, in quanto, le definizioni normative previste dall'articolo per l'esercizio delle misure eccezionali appaiono assolutamente imprecise. Nessun altro limite è posto alle decisioni eccezionali del Presidente21, nemmeno se

18 Conseil D'etat, 2 marzo 1962, Rubin de Servens, Recueil des decisions 1962, p. 143. 19 Cfr. Conseil d'etat, Benjiamin

20 Cfr. Conseil d'etat, 19 ottobre 2004, Canal.

21 Cfr. Conseil Constitutionneil, dec. n. 85-188 Dc del 22 maggio 1985 aveva dichiarato la conformità alla Costituzione del protocollo n°6 Cedu, non ritenendo che ricorresse la violazione dell'art. 15 della Costituzione. In seguito, a proposito della ratifica di successivi strumenti internazionali (il protocollo n. 13, costituisce il seguito del protocollo n° 6 Cedu, volto ad abolire la pena di morte, senza ammettere alcuna deroga o condizione da parte degli stati firmatari e il secondo protocollo al Patto internazionale

guardiamo al rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti (va detto che da alcune decisioni del Conseil constitutionnel sembra potersi ricavare la conclusione riguardante l'uso della pena di morte che sulla base di convenzioni internazionali in vigore, vietano nello specifico la possibilità della sua applicazione). Durante l'esercizio dei poteri presidenziali è vietato lo scioglimento del Parlamento ed è bandita la possibilità di intraprendere una revisione costituzionale nelle ipotesi di attentato all'integrità territoriale22. Quindi di fronte a tali situazioni, il Presidente della Repubblica assume

poteri potenzialmente ampi e poco definiti dal costituente, in quanto, vi devono essere presupposti difficilmente verificabili in concreto. In ogni caso il maggior problema legato all'applicazione di tale normativa è rappresentato dalla determinazione della durata dei poteri eccezionali e dalle misure prese sulla base di tali poteri. La storia ci dice come i poteri eccezionali conferiti dall'art.16 furono utilizzati in seguito ad un tentativo di colpo di Stato da parte dei militari francesi stanziati in Algeria, in particolare, dal 23 aprile al 29 settembre 1961 secondo quanto decise lo stesso de Gaulle. Alla scadenza di tale periodo alcune misure eccezionali sono rimaste in vigore, ma la maggior parte di esse ha perduto qualsiasi efficacia. Durante tale periodo di crisi il Parlamento si riunisce di diritto, anche qualora si trovi al di fuori di una sessione ordinaria. I suoi poteri sono oggettivamente ridotti a vantaggio del Presidente che diviene vero e proprio arbitro della situazione, assieme alla scelta del termine e delle misure da adottare. La Costituzione prevede che il Presidente debba informare la nazione attraverso un messaggio col quale illustra sia le

sui diritti civili e politici che invece prevede l'abolizione della pena di morte, ma ammette la

derogabilità del divieto nel caso di reati militari di particolare gravità commessi in tempo di guerra), il Consel Constitutionnel, nella decisione n. 2005-524/525 Dc del 13 ottobre 2005 conferma tale orientamento, in quanto il ricorso alla pena di morte non costituisce uno strumento necessario per l'esercizio di poteri straordinari da parte del Presidente della Repubblica consentiti dall'art. 16. 22 L. Favoreu, P. Gaia, R. Ghevontian, L. - L. Mestre, A. Roux, O. Pfersmann e G. Scoffoni, Droit

ragioni, sia i mezzi necessari per far fronte a tale situazione di pericolo. La prassi costituzionale francese nel 1961 ha dimostrato come i controlli previsti dal vigente sistema sui poteri presidenziali eccezionali siano vacui, per quanto riguarda la loro instaurazione e un pò più efficaci per la valutazione delle singole misure derogatrici adottate. A sostegno di ciò il parer reso dal Conseil constitutionnel, in 24 ore, quasi immotivato che andò a riconoscere la sussistenza dei presupposti previsti dall'art 1623.

Dopo di che, il Presidente, chiese ufficialmente al Parlamento di non interferire con l'esercizio dei suoi poteri. Il secondo strumento previsto nel sistema costituzionale per la gestione delle emergenze è lo stato di assedio: l'art. 36 conferisce al Consiglio dei ministri la facoltà di dichiarare l'instaurazione dello stato di assedio per un periodo non superiore ai 12 giorni, salva l'evenienza in cui la proroga venga ad essere autorizzata dal Parlamento. Lo stato di assedio appare oggi rigorosamente disciplinato nel titolo II dell'ordinanza n. 2004-1374 del 20 dicembre 2004, relativa alla parte legislativa del codice della difesa, nel quale si va a precisare come tale stato possa essere proclamato anche in una parte limitata del territorio nazionale e per un tempo ristretto indicato dal decreto, solo nelle ipotesi di pericolo imminente d'invasione o di insurrezione armata. Importante appare la disposizione secondo cui, durante tale stato, l'insieme dei diritti costituzionalmente garantiti continua ad esercitarsi, quando il suo godimento non è sospeso in virtù dell'applicazione delle stesse norme legislative che regolano lo stato di assedio. Infatti, durante lo stato di assedio, l'autorità militare dispone di rilevantissimi poteri limitativi o sospensivi delle libertà costituzionali: può fare perquisizioni di giorno e di notte; allontanare le persone condannate definitivamente per delitti e le persone non

23 Cfr. Conseil constitutionnel, dec. 23 aprile 1961. Cfr Grande decision n. 10, in Grandes decisions du Conseil consitutionnel, a cura di L. Favoreu e L. Philip, X ed., Paris, Dalloz, 1999.

domiciliate nella zona sottoposta a tale stato; ordinare la consegna di armi e munizioni procedendo alla loro ricerca e confisca; vietare le pubblicazioni e le riunioni ritenute lesive per l'ordine pubblico. Durante lo stato di assedio i giudici ordinari mantengono la loro competenza, ma ai giudici militari si dà la facoltà di richiedere l'intervento su azioni penali promosse nei confronti di taluni delitti commessi dai non militari. Le norme previste dal citato codice della difesa del 2004, prevedono che sul medesimo territorio, in alternativa allo stato di assedio, possa essere proclamato lo stato di urgenza disciplinato dalla legge n.55-385 del 3 aprile 1955 (andata contestualmente ad instaurare lo stato di urgenza in Algeria). Il terzo strumento previsto nell'ordinamento francese è infatti l'etat

d'urgence, istituto non previsto dalla Carta, bensì istituito e regolato da leggi anteriori ad

essa. Già nel 1985 il Conseil constitutionnel dichiarò la legittimità costituzionale della legge volta ad instaurare lo stato di urgenza nel territorio d'oltremare francese della Nuova Caledonia. Malgrado esso non sia previsto dalla Costituzione, il conseil affermò che in applicazione dell'art. 34. spetta al legislatore la conciliazione tra il rispetto delle libertà e la salvaguardia dell'ordine pubblico, senza la quale l'esercizio delle libertà non potrebbe essere assicurato. Anche se la Costituzione nell'art. 36 prevede lo stato di assedio, essa non esclude la possibilità per il legislatore di prevedere un regime di stato di urgenza proprio per conciliare le esigenze di libertà e di tutela dell'ordine pubblico. Una simile affermazione fa intendere come la Costituzione lasci implicitamente e senza alcun limite, alla mera discrezionalità del legislatore, la possibilità di sospendere l'esercizio di qualsiasi libertà fondamentale. Ciò fa capire quanto, nel sistema francese, possa diventare fragile la tutela dei diritti fondamentali, sottoposta alle esigenze della maggioranza politica del momento, conseguente a confutabili pretese di sicurezza con l'intento di

prevenirne i rischi dinanzi ad eventuali azioni terroristiche. E' evidente come nella legge che disciplina l'etat d'urgence le esigenze di sicurezza prevalgono sui diritti fondamentali, infatti, nella già citata legge del 1955, l'etat d'urgence può essere dichiarato dal Governo su tutta o su una parte del territorio, per un tempo massimo di 12 giorni, prorogabili comunque dal Parlamento con una legge volta ad indicarne la durata definitiva, di fronte ad un pericolo imminente di attentati, o dinanzi ad eventi che per la loro natura e gravità hanno le caratteristiche di una calamità naturale. La proclamazione di tale stato dà alle autorità governative il potere di imporre notevoli limiti all'esercizio delle libertà costituzionali. Anzitutto, il prefetto, può vietare la circolazione delle persone e dei veicoli in determinati luoghi e a determinate ore; può istituire zone di protezione o di sicurezza in cui il soggiorno delle persone è regolamentato; può vietare il soggiorno a ogni persona che cerchi di ostacolare l'azione dei pubblici poteri. Durante lo stato di urgenza, il ministro dell'Interno, può ordinare la consegna delle armi da parte dei loro legittimi proprietari e l'assegnazione al soggiorno obbligato di qualsiasi persona che viva nell'area in cui esso è in vigore, qualora la sua attività si riveli pericolosa per la sicurezza o per l'ordine pubblico. Addirittura, cosi come è stato previsto dal decreto a seguito dei fatti di Parigi, il decreto volto ad introdurre lo stato di urgenza, può conferire al ministro dell'interno il potere di ordinare perquisizioni domiciliari diurne e notturne. E' possibile anche l'eventualità in cui si possa affidare al ministro il controllo della stampa e di qualsiasi pubblicazione, cosi come quello delle trasmissioni radiofoniche, delle proiezioni cinematografiche e delle rappresentazioni teatrali. Infine, quando lo stato di urgenza è proclamato, si può, con decreto interministeriale, autorizzare la giustizia militare a perseguire i reati di cui sarebbe competente la Corte d'assise. Il potenziale liberticida è

evidente: al Governo e dunque, alla maggioranza del momento, la legge dà la facoltà di limitare o sopprimere le libertà di domicilio, di circolazione, di soggiorno, di comunicare riservatamente e la libertà di stampa. Quest'ultima limitazione può mettere in pericolo uno dei pilastri della democrazia: la libertà di critica. Nel novembre 2005 sino al gennaio 2006, il Governo decise l'instaurazione dell'etat d'urgence per contrastare i disordini nelle periferie delle città francesi, compiuti in modo sistematico, da parte di gruppi di cittadini e di immigrati con l'intento di protestare contro gli eccessivi controlli e contro l'emarginazione sociale. Con decreto dell'8 novembre 2005, il Consiglio dei ministri, proclamò lo stato d'urgenza a partire dal 9 novembre per un periodo di dodici giorni. A causa della perdurante situazione, con legge del 18 novembre 2005, il Parlamento prorogò di tre mesi l'applicazione della legge del 3 aprile 1955, prevedendo la facoltà per il governo di interromperlo prima della scadenza, con decreto adottato in Consiglio dei ministri. Risulta qua interessante osservare come il Consiglio di Stato sia stato chiamato ad esprimersi in ordine alla sospensione del periodo di urgenza o, in via subordinata, con l'obbiettivo di ottenere dal Presidente della Repubblica il riesame della situazione a causa della modificazione delle circostanze di fatto: i ricorrenti ritenevano come la legge del 3 aprile 1955 fosse incompatibile con le disposizioni, recepite nel diritto francese, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e che il rifiuto da parte del Presidente della Repubblica di sospendere lo stato di urgenza avesse comportato una violazione grave e manifestamente illegale di molte libertà. In particolare, i ricorrenti lamentavano la violazione dell'art 8 CEDU (libertà di domicilio) ; art. 10 (libertà di espressione) ; art.11 (libertà di riunione) ; e ritenevano come la decisione di non mettere fine all'applicazione dello stato di urgenza comportasse una

sospensione del rispetto della Convenzione non giustificata, in quanto non fondata sull'art.15 della stessa. Il juge des referes del Consiglio di Stato rigettò la richiesta di sospensione, affermando di non essere competente ad adottare il provvedimento richiesto e di non potersi esprimere in ordine alla compatibilità tra la legge del 1955 e la CEDU. Tuttavia, considerando come lo stato di urgenza deve avere, per sua natura, effetti limitati nel tempo e nello spazio, il juge des referes ha ritenuto come le modalità di applicazione dello stesso non potessero sfuggire ad ogni controllo e perciò, facendo salva l'ampiezza discrezionale del Presidente, ha accettato di valutare l'eventuale violazione delle libertà fondamentali in seguito alla decisione di non porre fino allo stato di urgenza. A tal riguardo ha indicato come le circostanze che hanno giustificato la proclamazione del relativo stato si sono sensibilmente alterate, ma ha comunque giudicato la scelta del Presidente di non porvi fine, giusta e non illegale, andando cosi a rigettare anche il secondo motivo d'impugnazione. Quindi, sulla base di queste valutazioni, si nota come in Francia l'essenzialità della sicurezza prevalga su ogni diritto, pronto ad essere sacrificato dinanzi a qualsiasi situazione che possa alterare il regolare andamento. Si osserva in proposito come le misure anti-terrorismo sembrano confermare questa tradizione. E' noto a tutti l'intervento particolarmente invasivo apportato dopo i più recenti fatti di Parigi. Già in precedenza comunque si era affermata tale tendenza, tesa alla prevalenza effettiva dei canoni di sicurezza a discapito dei principi fondanti. Basti osservare in proposito la legge 2006-64 del 23 gennaio 2006: essa completa le norme antiterrorismo della legge del 9 settembre 1986, rafforzando gli strumenti di prevenzione e repressione utilizzabili dalla polizia giudiziaria.

Nel documento Terrorismo e diritti fondamentali (pagine 160-169)