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Sicurezza e terrorismo

Nel documento Terrorismo e diritti fondamentali (pagine 124-127)

IL TERRORE E LA "SICUREZZA"

4.1. Sicurezza e terrorismo

Nel corso degli ultimi anni il tema della sicurezza ha acquisito una maggiore rilevanza, arricchendosi di nuovi scenari. Secondo taluni ciò costituisce la conseguenza di una serie di fattori, sia esterni che interni all'ordinamento. Tra i primi vi rientrano gli attacchi terroristici, quanto ai secondi, vi rientra la gestione di una immigrazione che a detta di molte persone, appare fuori controllo71. Di fronte alle suddette situazioni gli ordinamenti

possono reagire in maniera diversa : ad esempio adottando appositi provvedimenti ad hoc, volti a prevenire le situazioni di pericolo72. Tuttavia, gli stessi ordinamenti

71 Così G. De Vergottini, Perché per iniziare l’attività di una nuova rivista giuridica si è scelto il tema libertà e sicurezza, in Percorsi costituzionali, 2008, 1, p. 9.

72 Sul punto si v. G. De Vergottini, Perché per iniziare l’attività di una nuova rivista giuridica si è scelto il tema libertà e sicurezza, cit. p. 9, il quale aggiunge che “questi rimedi rischiano di trovare sulla loro strada i diritti assicurati delle costituzioni che di solito si limitano a predisporre garanzie per le situazioni di normalità”. L’assunto non può essere condiviso: nel corso di questa trattazione è stato infatti ampiamente dimostrato che, da circa due secoli, si è assistito – attraverso l’utilizzo delle misure di prevenzione ante delictum – alla menomazione dei diritti fondamentali, pur in assenza di un previo

potrebbero ricondurre le predette situazioni nella categoria dell' "emergenza". L'emergenza postula una circostanza imprevista che determina una situazione di pericolo, uno stato di necessità: in simili frangenti gli stati si permettono l'adozione di misure straordinarie e provvisorie73 con il fasullo obbiettivo di garantire sicurezza e preservare

l'ordine costituzionale74. La contrapposizione fra la tutela dei diritti e la garanzia della

fatto-reato.

73 In argo mento si v. le acute (e condivisibili) riflessioni di B. ACKERMAN, La Costituzione

d’emergenza, Come salvaguardare libertà e diritti civili di fronte al pericolo del terrorismo, Maltemi, Roma, 2005, p. 12 ss. secondo cui “pensare uno stato di emergenza significa incastonare nelle sue linee costitutive in primo luogo la sua provvisorietà. Uno stato di emergenza o di eccezione deve contenere il massimo di garanzie che il rientro nella normalità avvenga il più rapidamente possibile”. Affinché siffatto scopo possa essere realizzato occorre “collegare l’istituzione e il mantenimento dello stato di emergenza al consenso di maggioranza qualificate crescenti”. Più in particolare, l’esecutivo dovrebbe avere “un’autonomia minima nel dichiarare lo stato di emergenza – non più di un paio di settimane – ed è l’assemblea legislativa a convalidare tale decisione per un tempo anche in questo caso estremamente limitato, non superiore a due mesi. A ogni riconferma dello stato di emergenza, prevista a intervalli di due mesi, la soglia della maggioranza necessaria cresce di un 10%, fino a raggiungere e a stabilizzarsi sull’80%. In questo modo si minimizza la possibilità che un esecutivo spregiudicato forzi la mano all’assemblea legislativa, almeno in uno dei classici sistemi bipartitici o anche solo bipolari”. Insomma, una minoranza anche solo del 21% avrebbe “potere di mettere fine allo stato di emergenza”. In secondo luogo, a dire dell’A., “per definizione uno stato di emergenza conferisce maggiori poteri al governo in carica. Ciò richiede un bilanciamento costituzionale, un contrappeso”; a suo dire, esso dovrebbe essere costituito “dall’attribuzione all’opposizione di un potere, costituzionalmente garantito, di vigilanza sull’informazione…Se il governo avesse mano libera nell’apporre il sigillo della segretezza sui dati fondamentali, il gioco dell’emergenza sarebbe eccessivamente truccato a suo favore. Dunque toccherà all’opposizione, sotto sua responsabilità, controllare e assumere decisioni riguardo all’informazione al pluralismo dei media”. In terzo luogo, egli propone di “elevare addirittura a 60 giorni la custodia preventiva in attesa del primo giudizio nel merito delle accuse di terrorismo” e, nel contempo, la previsione di un “giusto indennizzo per gli “innocenti ingiustamente incolpati”. Infine, vi sarebbero due elementi collegati che sottendono la proposta di una costituzione per l’emergenza. Il primo è “la fiducia nella flessibilità della democrazia, come forma di governo, nel sapersi adattare a condizioni storiche profondamente mutate – come nel passaggio dal mondo bipolare, statico e stabile nell’equilibrio del terrore, a un mondo in cui il terrore dell’olocausto nucleare è diventato convivenza con il terrorismo – senza snaturarsi”. Il secondo è l’idea di trasparenza come principio guida: a una combinazione, da molti sostenuta come preferibile, di quadro normativo immutato, per non offrire la legittimazione del successo del terrorismo, egli contrappone la sua proposta di “una discussione franca e aperta sulle garanzie da sospendere. Il rischio politico di un riconoscimento implicito del successo del terrorismo è ampiamente controbilanciato, in questo modo, dal realizzare sempre il principio kantiano di pubblicità: una

democrazia non tradisce se stessa nel momento in cui dichiaratamente autosospende – per rispondere a un’emergenza grave – certe garanzie fondamentali”; insomma, essa rimarrebbe “una democrazia pienamente fedele ai suoi principi”.

74 Così M. Ruotolo, La sicurezza nel gioco del bilanciamento, cit., p. 21, e gli autori da esso richiamati. Per completezza sul punto si v. anche P. PINNA, L’emergenza nell’ordinamento costituzionale italiano, Giuffrè, Milano, 1988, p. 77 ss., il quale, differenzia, da un punto di vista funzionale, la nozione “emergenza” da quella “crisi costituzionale”. A suo dire, entrambe si caratterizzerebbero per la presenza di uno “stato di eccezione”; tuttavia, mentre il concetto “crisi costituzionale” assumerebbe carattere volitivo – giacché ad essere messo in discussione sarebbe un determinato assetto dell’esercizio del dominio politico che, a sua volta, si intenderebbe trasformare in ragione della creazione di un nuovo ordine costituzionale –, la locuzione “emergenza” assumerebbe una natura conservativa – giacché, in tal

sicurezza è frutto di un equivoco, alimentato forse dallo stesso stato per limitare alcuni diritti al fine di percepire ed ottenere un maggiore controllo del sistema paese. La sicurezza deve essere considerata come sicurezza dei diritti. Quindi la sicurezza non tanto come un diritto in se preso e in se considerato; ma come cornice necessaria del diritto alla libertà personale, proprio come garanzia da arbitrarie interferenze della pubblica autorità nelle libertà di ogni individuo. La sicurezza quindi in uno stato democratico a Costituzione rigida consiste nella protezione dei suoi principi fondamentali, appunto dei suoi diritti, attraverso la quale si ottiene la tutela dei beni essenziali (diritto alla vita, diritto alla libertà personale, diritto di parola, di credo, di espressione, del diritto alla privacy). Da non dimenticare mai, il costituzionalismo come limite al potere e non come turboreattore dello stesso.

caso, la deviazione provvisoria da alcune regole dell’ordinamento sarebbe compiuta in vista della preservazione della sua stabilità. Sulla nozione di emergenza si v. anche il contributo di uno studioso di storia della filosofia, U. Curi, Il falegname e la norma, in Antigone, n. 3-4, 1985 secondo cui la nozione de qua “è una sporgenza rispetto a una linearità, o più esattamente una rottura imprevedibile di una continuità: in quanto tale, il sostantivo è indeclinabile, perché una ipotetica molteplicità di sporgenze modificherebbe la linearità da cui esse risultano, impedendo quindi di distinguere fra ciò che è lineare e ciò che sporge, e perché l’eventuale ripetizione della rottura di continuità toglierebbe a questa il proprio carattere continuo, conferendo altresì prevedibilità all’interruzione, e con ciò attribuendo

contraddittoriamente regolarità alla discontinuità. L’emergenza, allora, non può che essere un evento singolare, imprevisto, eterogeneo rispetto ad altri, anomalo, in quanto sospende il nomos della linearità da cui sporge, transitorio, perché una permanenza della sporgenza la trasformerebbe in una linearità, pur se diversa dalla precedente”. Anche i giuristi sembrerebbero aderire a questa ricostruzione: su cui si v. V. Angiolini, Necessità ed emergenza nel diritto pubblico, Cedam, Padova, 1986, p. 330, secondo cui l’emergenza costituirebbe una “situazione patologica ed estrema, che interrompe l’unificazione dell’ordinamento come espressione della sovranità del popolo e, quindi, della società

organizzata”;nonché si v. G. Marazzita, L’emergenza costituzionale. Definizioni e modelli, Giuffrè, Milano, 2003, p. 162 ss. a dire del quale l’emergenza si contraddistinguerebbe dalla presenza di una serie di elementi e, segnatamente, dal fatto di venir in essere in un determinato periodo, dalla durata provvisoria, dall’ulteriore fatto di non essere prevista dall’ordinamento vigente e, infine, dalla capacità di ledere o mettere in pericolo interessi giuridicamente garantiti.

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