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La dinamica dei comparti

Nel documento Volume Rapporto 2000 (.pdf 3.5mb) (pagine 157-168)

7. L’INDUSTRIA ALIMENTARE

7.2. La dinamica dei comparti

Nel quadro generale si evidenzia la forte diffusione e la crescita della domanda di prodotti alimentari nazionali nei principali mercati: Giappone, USA, Canada e Nord Europa.

A titolo di esempio, è interessante sottolineare l’iniziativa di Safeway, la quarta catena inglese di supermercati, che intende valorizzare i prodotti ita-liani e, pur essendo particolarmente interessata alle produzioni delle regioni del meridione d’Italia - l’olio d’oliva è uno dei prodotti su cui l’impresa de-sidera investire -, non tralascia certamente i prodotti tipici della regione

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lia-Romagna. Per poterne trarre vantaggi di vero sviluppo futuro è sufficien-te una solida base organizzativa e la logistica di supporto, poiché si tratta di prodotti non standardizzati che “si venderanno da soli”.

7.2.1. Il comparto ortofrutticolo e dei succhi di frutta

L’export di ortofrutta si presenta in forte crescita, ma nel medio termine occorrerà fronteggiare la concorrenza delle importazioni provenienti dai pa-esi mediterranei e del sud America che, grazie all’abbattimento delle barriere commerciali, entreranno con più facilità sul mercato UE.

Le esportazioni di pomodoro in scatola verso il Giappone hanno subito una flessione del 21,2%, in linea con la flessione del comparto legata alla crisi di questo paese, dove la quota italiana rappresenta il 78,2%, con un fat-turato di 3 miliardi di yen (oltre 53 miliardi di lire); al contrario, salsa di po-modoro e pelati sono in crescita nel paniere di importazioni alimentari della Russia (dal 12,8 al 20,1%).

Nella regione Emilia-Romagna ha preso avvio un progetto denominato

“la mela nel mirino”, iniziativa commerciale di Consorzio Mela Più e Grup-po Argenta: il progetto consiste nella fornitura di mele in “snack” da acqui-stare nei distributori automatici che inizialmente verranno dislocati nelle scuole; l’educazione alimentare e la contestuale promozione di un prodotto tipico potrebbe essere il primo passo per estendere l’iniziativa ad altri pro-dotti “tipici”. A titolo d’esempio, il Parmigiano Reggiano già è commercia-lizzato nella monodose in atmosfera modificata che bene si presterebbe a ta-le applicazione.

Nella regione si è assistito alla nascita della più grande realtà societaria europea del settore: Conserve Italia, leader europeo delle conserve di frutta, e APOConerpo/Conerpo, uno dei maggiori consorzi di commercializzazione di ortofrutta fresca, hanno unito le loro forze, che corrispondono a fatturati dell’ordine di 1.400 miliardi di lire (nel 2000) il primo, e circa 720 (nel 1999) il secondo.

Conserve Italia associa 76 cooperative e trasforma 635.000 tonnellate di prodotti ortofrutticoli freschi in circa un milione di tonnellate di prodotti finiti; Conerpo e Apo Conerpo associano altre 46 cooperative e commercia-lizzano 960.000 tonnellate di prodotti ortofrutticoli freschi.

Una seconda realtà regionale, anche se di dimensioni più contenute dei precedenti esempi, sta mettendo in atto importanti strategie di crescita: Apo-fruit, gruppo di Cesena, - per il quale i prodotti ortofrutticoli biologici au-mentano la loro incidenza del 2,4% nel corso del 1999, anche se il fatturato cede leggermente a seguito dell’andamento del prezzo delle pesche: da 239 a

230 miliardi - accorpa: Apofruit cooperativa, Moc Mediterraneo e Canova. Il tutto conta 3.500 coltivatori associati che hanno conferito 174.000 tonnellate di prodotti (1999). Inoltre il marchio biologico di Apofruit, “Almaverde bio”, si accorda con Besana (Napoli) specializzata nella produzione e lavo-razione della frutta secca e con Scac di Senigallia che trasforma e surgela prodotti ortofrutticoli. L’obiettivo è quello investire più efficacemente, riu-nendo le produzioni biologiche di diverse aziende di medie dimensioni, nel sostegno e nella promozione dell’unico marchio, realizzando vere e proprie economie di scala.

Il settore vive anche l’evolversi della situazione Cirio/Del Monte, che pur non avendo la sua sede principale in regione, vede comunque parte delle strutture produttive risiedere sul suo territorio. Cirio finanziaria ha condotto una operazione che vede, a seguito di un investimento di 320 miliardi, cre-scere la sua partecipazione in Del Monte fino al 94%, partendo dal 36% di pacchetto azionario posseduto. Le stime prevedono, per il prossimo eserci-zio, un utile netto di 20-30 miliardi di lire a fronte di 2.500 miliardi di fattu-rati complessivi di Del Monte, Bombril e Cirio Alimentare. Si sta dunque prospettando la nascita di un secondo grande polo operante nel comparto delle conserve vegetali che potrebbe contrapporsi a Conserve Italia.

La regione ospita alcune delle 300 “oasi ecologiche” che Plasmon gesti-sce; una in particolare si trova a Cesena dove si producono pesche; in Emi-lia-Romagna l’azienda possiede comunque oasi che si riferiscono ad orto-frutta, grano e avicunicoli. La strategia di produzione della multinazionale punta sulla qualità delle materie prime e naturalmente, per perseguire tale ri-sultato, si avvale delle vocazioni specifiche dei diversi territori.

Mutti, azienda parmense leader nel concentrato di pomodoro (32% di quota di mercato in Italia), fattura il 25% delle sue vendite sui mercati esteri, in particolare Austria, Benelux, Francia, ex-Jugoslavia, Australia e Nuova Zelanda. Due anni fa, con l’acquisto da Cameo del marchio Salsì, e ora, con l’acquisizione da Van den Bergh del marchio Fior d’Agosto, Mutti sta se-guendo l’unica strada percorribile per il mantenimento delle sue posizioni di mercato.

Mutti, 80.000 tonnellate di materia prima lavorata e 70 miliardi di lire in trasformati di pomodoro, punta ad un prodotto di elevatissima qualità: porta 140 aziende di coltivazione alla produzione integrata, sceglie di produrre so-lamente con pomodori “trattati” mediante lotta biologica, con l’abbattimento dell’utilizzo dei prodotti chimici e con la conseguente riduzione dell’impatto ambientale. In due anni di lavoro ottiene il controllo e la certificazione, base da cui continuare l’implementazione del sistema qualità: l’organismo che opera il controllo sull’intera filiera e sull’intero processo produttivo è il

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lognese Certifica (accordo tra Consorzio di controllo e Checkfruit).

7.2.2. Il comparto della macellazione e della lavorazione delle carni Il comparto si è trovato ad affrontare gli effetti della crisi della mucca pazza (BSE): sembra che nel corso del 2000 oltre tre milioni di italiani ab-biano eliminato la carne bovina dal menù e che il numero sia destinato ad aumentare.

Il soddisfacimento del nostro fabbisogno di carne bovina ha richiesto di importare dalla Francia, nei primi 6 mesi del 2000, oltre 400.000 capi e 320 mila tonnellate di carne: la proibizione all’introduzione in Italia di carni di ta-le provenienza crea l’esigenza di identificare nuovi fornitori per coprire il no-stro deficit, che comunque, a breve/medio termine, si presenterà piuttosto ri-dimensionato. Diviene molto ricercata la carne Argentina e quella di altri pae-si sud americani, ma i problemi di approvvigionamento epae-sistono e pae-si legano alla dimensione dei dazi doganali all’importazione di carne da quel paese, va-riabili tra l’80 e il 120%.

Perché il mercato possa riprendere il consumo di questo tipo di carne oc-corrono delle azioni che certamente devono trovare l’elemento ispiratore, e soprattutto coordinatore, nel Ministero della Sanità. Uno degli elementi fon-damentali su cui puntare è quello del “made in Italy”.

Nel frattempo si cercano le soluzioni per alleviare le conseguenze deva-stanti che stanno subendo gli operatori, derivate dalla caduta verticale dei consumi. Esistono seri pericoli per l’occupazione in regione: si parla di un 15% dei posti a rischio, quantomeno di cassa integrazione; una parziale so-luzione già adottata consiste in 290 miliardi di aiuti sotto forma di sgravi fi-scali ai macellai.

Le reazioni agli incrementi nella domanda di carni alternative ha generato, in alcune situazioni eccessivi aumenti nei listini: +50% pollo e tacchino, +25% coniglio e suino, +30% cavallo, +10-30% pesce fresco, + 5% pesce surgelato. Le cause della BSE influisce anche sui listini dei vitelli: Modena e Parma vedono ridurre sensibilmente e in maniera generalizzata i prezzi delle carni bovine senza risparmiare nemmeno i tagli di vitello. La situazione piut-tosto curiosa consiste anche nel fatto che a fronte di diminuzioni dei listini all’ingrosso delle carni bovine (-20%), al dettaglio non vi siano stati che scar-si adeguamenti, addirittura al rialzo per alcuni tagli specifici divenuti rari. Da alcuni studi emerge una stima di aumento del 7% sulla cifra destinata ai con-sumi familiari, per gli aumenti eccessivi delle carni alternative.

Naturalmente questa situazione accentua l’attenzione per le attività di produzione della carne biologica: si stima che le vendite siano aumentate del

4% in pochi mesi per l’intero segmento. Con 953.000 ha di superficie inve-stita a coltivazioni biologiche (6,5% della SAU regionale) a fine ’99 erano 468 le aziende zootecniche / biologiche.

BSE permettendo, Cremonini chiude il bilancio con un aumento di fattu-rato del 5,7% rispetto al 1999, ma con una perdita di 19 miliardi (nel ’99 rea-lizzò 30 miliardi di attivo) tutta dovuta al settore della carne bovina, che ol-tre ad una diminuzione complessiva di domanda ha ridotto le quotazioni mediamente del 20%.

Sempre nel corso del 2000, Cremonini e Roadhouse Grill Inc. costitui-scono in joint-venture la Roadhouse Grill Europe (sede ad Amsterdam, con-trollata al 98,5% dal gruppo di Modena); l’attività consisterà nella creazione e gestione di una catena di steackhouse, locali specializzati nella distribuzio-ne di carni alla griglia. “Mucca pazza” permettendo, si prevede che il fatturato si aggirerà attorno ai 400 miliardi di lire nel 2004. I locali previsti dovrebbero essere 60 sparsi in tutta Europa.

Il 2000 ha rappresentato un anno importante per i produttori di salumi, in quanto il Giappone, liberalizzando le frontiere, ha consentito una repentina crescita della domanda, anche perché i salumi in genere sono molto meno costosi dei Crudi (Parma e S. Daniele): vantaggi consistenti si sono realizzati per i produttori di mortadelle e cotti come Ibis, Balugani e Lenti.

Unibon e Senfter danno corpo ad una joint-venture paritetica chiamata I-talia Salumi: per il 2001 si prevede un fatturato compreso tra i 600 e i 700 miliardi di lire di cui 20% realizzato all’estero.

Unibon già nel 99 ha fatturato 23 miliardi di lire sui mercati esteri incre-mentando del 29% sul ’98. L’accordo tra Unicarni, Italcarni e Unibon ha portato ad un fatturato complessivo di oltre 900 miliardi nel 1999 (263 di Unibon salumi; 416 di Unicarni che commercializza anche per Villarotta), e ha creato le condizioni per affrontare le produzioni di carni di terza e quarta gamma.

Parmacotto acquista da Barilla la proprietà di Parmamec, impresa specia-lizzata nei preaffettati refrigerati; avrebbe dovuto essere funzionale alla produ-zione di pasta fresca e di gastronomia, segmento dal quale Barilla uscì per le difficoltà incontrate nell’affermazione dei prodotti. Questa attività sinergica a quella tradizionale di Parmacotto, consentirà all’azienda di esportare.

Cremonini affida alla Inteco (International Trade Corporation) del New Jersey l’esclusiva di commercializzare i salumi a marchio Corte Buona in tutti gli USA: prosciutti, coppe e altri prodotti tipici verranno dall’Italia men-tre gli insaccati tritati verranno forniti da Santa Maria Foods di Toronto, che produce su licenza del gruppo modenese e sempre sotto il marchio Corte Buona. Cremonini acquisisce inoltre il pacchetto di maggioranza della

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negasca Frimo Sam: 30 miliardi di fatturato nel trading di prodotti alimenta-ri; l’operazione è costata poco più di un miliardo di lire, ma più che le di-mensioni dell’impresa conta l’ulteriore espansione internazionale nel merca-to dei trasformati a base di carne. L’attività di esportazione di Inalca ammonta a circa 260 miliardi di lire, il 50% delle esportazioni nazionali di carni bovine, ma la rete commerciale di Frimo sarà particolarmente importante per una ulteriore espansione in nuovi mercati e una maggiore penetrazione negli stessi.

7.2.3. Il comparto lattiero-caseario

Il settore lattiero caseario della regione vive un clima particolarmente fa-vorevole poiché l’interesse espresso dai mercati di tutto il mondo nei con-fronti del “made in Italy” vede protagonisti proprio i formaggi. A titolo di esempio, i flussi di produzioni nazionali verso il Giappone sono aumentati del 5,1% nonostante una flessione complessiva del comparto del 9,6%. La nostra quota è del 4,3% e siamo al sesto posto come fornitori: il fatturato ita-liano è di 1,6 miliardi di yen, poco meno di 30 miliardi di lire. Anche in que-sto comparto il superdollaro ha provocato una intensificazione notevole dei flussi con l’area nordamericana.

La presenza del comprensorio del Parmigiano Reggiano, insieme a quella di due dei principali protagonisti nazionali del settore (Parmalat e Granaro-lo), rende il comparto uno dei principali dell’economia regionale.

Il comparto del Parmigiano Reggiano riceve un finanziamento specifico da parte della Regione e del Fondo Sociale Europeo per lo sviluppo e l’applicazione di un programma di formazione e di assistenza tecnica volto all’implementazione dei sistemi di controllo del processo produttivo; opera-tivamente è Quintagri - Qualità integrata in agricoltura di Irecoop - ad occu-parsene.

Il Parmigiano Reggiano ha avuto un incremento di esportazioni valutabi-le nel 13% nel corso del ’99 e il super dollaro del 2000 ha proiettato questi valori ben oltre il 18%.

Sempre nella direzione del controllo qualità e delle garanzie nei confronti del consumatore si è indirizzata l’attività di Granterre-Unigrana, la quale, con il 9,3% di quota nel comparto del Parmigiano Reggiano, propone il marchio di filiera; l’iniziativa è certamente una risposta fattiva alle polemi-che ingenerate da “mucca pazza”, da un lato, e alla attuale situazione di mer-cato, dall’altro. Inoltre è operativo il progetto “Biologico”: 5.500 tonnellate di latte per produrre oltre 10.000 forme di Parmigiano Reggiano. Una forma di innovazione “etnica” si è sviluppata mediante la sostituzione di caglio

a-nimale con quello vegetale per raggiungere i consumatori ebrei (Kosher).

Lo sviluppo di realtà locali come Agrinascente (Fidenza - PR) seguono la logica del controllo globale del processo produttivo e il contenimento dei co-sti dovuti ai diversi passaggi e alle intermediazioni: vendita diretta per oltre 10 miliardi di fatturato di Parmigiano Reggiano, compendiato da altre pro-duzioni tipiche e tradizionali.

Le attività di potenziamento del gruppo Parmalat, si intensificano sensi-bilmente nel corso del 2000 attraverso l’acquisizione di MA holding, per un investimento di 250 milioni di dollari. Contestualmente sembra cedere ad un imprenditore americano i marchi di cui, per sentenza Anti-trust, deve disfarsi e con la vendita dei quali recupera una metà della cifra da investire. MA hol-ding è la terza realtà statunitense nel segmento dei biscotti e possiede una rete distributiva capillare e organizzata; acquisisce inoltre la siciliana Gala e il 70,5% della comasca Carnini. investendo 147 miliardi di lire.

L’operazione di vendita, come da sentenza Anti-trust, prevede per Par-malat la cessione delle attività relative ai marchi Polenghi, Giglio, Sole, Tor-reinpietra e Matese con gli stabilimenti di Reggio Emilia, Frosinone, Lecce e Capaccio Scalo (SA) ad una nuova impresa (New-lat di Reggio Emilia) e la successiva cessione ad un gruppo statunitense.

Parmalat cresce ancora, raggiungendo i 14.200 miliardi di fatturato per il 2000 (+15,6%): una delle strategie di base del gruppo è legata alla continua innovazione di prodotto e alle continue acquisizioni operate nei territori di tutto il mondo. Anche i cioccolatini Streglio sono entrati a fare parte del gruppo parmense.

Anche Internet sta interessando le attività del gruppo. Infatti, sempre nel corso del 2000, Parmalat ha investito 30 milioni di dollari nell’acquisto di una partecipazione del 22,34% in NetGrocer.com, leader nella fornitura di prodotti alimentari attraverso la Rete. Questa operazione consentirà al grup-po italiano di distribuire tutta la gamma dei suoi prodotti non refrigerati negli USA. Sempre nella direzione della “New-economy”, Parmalat acquista una partecipazione, per 6,2 milioni di dollari, in Transora.com: il grande mercato elettronico per l’attività di Business-to-Business è finanziato e partecipato da 49 imprese multinazionali operanti nella produzione di beni di largo consu-mo, per un totale di 236 milioni di dollari.

L’altro interprete della vita lattiero casearia regionale, Granarolo, si ac-caparra la Centrale del latte di Milano per una offerta di 129,2 miliardi di li-re. Il fatturato semestrale di Granarolo mostra un aumento del 10,4% rispetto a quello dello stesso periodo del 1999 e totalizza 473 miliardi di lire, con uti-li per 7,7 miuti-liardi di uti-lire. Il solo latte fresco, core business dell’azienda, in-crementa le vendite del 9,5% accaparrandosi la quota di mercato nazionale

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del 29%, successo riconducibile al segmento “Alta Qualità”. Ora i 1.000 mi-liardi di consolidato, obiettivo di rilevanza psicologica, sono stati superati, con gli apporti derivati dalle imprese acquisite.

Anche questo gruppo cooperativo si interessa alla new-economy. Infatti, attiva un portale internet (Agriok) per consentire la nascita di consorzi “vir-tuali” di acquisto di prodotti e servizi per l’agricoltura, con le dovute garan-zie di selezione e di qualificazione dei fornitori.

Anche l’acquisizione di Vogliazzi (piatti pronti e prodotti gastronomici) da parte di Granarolo è un modo per differenziare e inserirsi in nuovi merca-ti, e va ad affiancarsi ad altre acquisizioni: Alto Lazio, Latte Bianchi, l’accordo per il 50% di Calabria Latte, e l’acquisto della Municipalizzata di Vicenza (poco più di 58 miliardi di lire). Sono inoltre in atto anche tutti i preparativi e le valutazioni per lo sbarco di Granarolo in Borsa.

Il consorzio dei produttori che controlla Granarolo, Granlatte, si dimostra particolarmente attivo: investirà in tre anni 35 miliardi di lire nelle regioni Puglia, Basilicata e Campania coinvolgendo 90 aziende associate. Questo progetto di sviluppo è stato avviato insieme ad altre 3 realtà consortili: Asso-lac di Cosenza, Consorzio Piana del Sele di Salerno e 3A di Arborea in Sar-degna.

Granlatte ha chiuso il 1999 fatturando oltre 214 miliardi di lire (+4,5% ri-spetto al ’98), raccoglie conferimenti da 1.800 associati per 274.500 tonnella-te di matonnella-teria prima, di cui 96.400 tonnellatonnella-te destinato al commercio come lat-te ad Alta Qualità. Per il 2000 sono stimalat-te consegne per 315.000 tonnellalat-te.

7.2.4. Il comparto della pasta

Il mercato della pasta in Italia, nel corso del 2000, è rimasto stagnante. In questa situazione il leader del settore, Barilla, chiude il bilancio 2000 a quota 4.400 miliardi di lire con un incremento rispetto all’anno precedente del 9%.

Questo significa che lo sviluppo e sostegno dell’attività di esportazione rap-presentano il presente e il futuro del comparto.

Il gruppo Barilla ha attuato un nuovo processo di ristrutturazione orga-nizzativa che ha previsto la suddivisione delle attività in due società distinte:

pasta, sughi e gastronomia da un lato, dolci e prodotti da forno dall’altro.

Restano al di fuori di questo processo la logistica del gruppo, gestita dalla controllata Number One, e Gran Milano (Tre Marie e Panem).

Nel corso del 2000 è stato rinnovato con cospicui investimenti anche il

“polo” europeo del biscotto a Castiglione delle Stiviere, il più potente e mo-derno apparato produttivo nel comparto, con potenzialità di 80.000 tonnella-te all’anno. Negli stonnella-tessi stabilimenti vengono prodottonnella-te anche le pastonnella-te ripiene.

Sono stati inaugurati a Foggia ed Ames (USA) due stabilimenti gemelli e, inoltre, l’impianto di Tebe (Grecia), con 50 miliardi di investimento e 100 dipendenti. Infine è stata operata l’acquisizione del mulino Loulis, in Tessa-glia, posizionato strategicamente a margine delle aree di maggiore produzio-ne cerealicola della Grecia. In USA la quota di mercato di Barilla supera il 12%.

Un altro tipo di acquisizione porta Barilla nel segmento del gelato: San-son, impresa di Verona, diviene di completa proprietà del gruppo.

Anche Barilla si interessa alla new-economy e investe in una società che via internet si rivolge direttamente a consumatori attratti dalle produzioni ti-piche italiane.

La prima posizione in ordine al fatturato nel settore della pasta è certa-mente di Barilla, ma al quinto posto nazionale troviamo Corticella, che con 115 miliardi ’99 consolida le sue tradizioni nelle produzioni di pasta di se-mola di grano duro e all’uovo. Grazie al suo ruolo di co-maker evoluto, circa un quarto della sua produzione viene esportata, produzione che raggiunge le 90.000 tonnellate di pasta.

7.2.5. Il comparto del vino

La regione Emilia-Romagna avvia le procedure per i piani di riconver-sione dei vigneti per sedicimila ettari in 5 anni, unico modo per poter acce-dere ai finanziamenti della UE. Sono state fissate griglie di requisiti da ri-spettare perché i viticoltori possano accedere a questi finanziamenti, senza attendere le linee guida del Mipaf. Le linee seguite sono quelle indicate dalla UE: maggiore convergenza tra offerta e mercato, qualità, compatibilità am-bientale, riduzione dei costi di produzione (raccolta meccanizzata).

I vini italiani fatturano all’estero oltre 4.800 miliardi operando così nel corso del 2000 il sorpasso sulle esportazioni francesi. In particolare il vino aumenta le sue esportazioni in valore verso gli USA (+35% in valore) e ver-so il Canada (+25%); in quantità gli aumenti ver-sono più contenuti e

I vini italiani fatturano all’estero oltre 4.800 miliardi operando così nel corso del 2000 il sorpasso sulle esportazioni francesi. In particolare il vino aumenta le sue esportazioni in valore verso gli USA (+35% in valore) e ver-so il Canada (+25%); in quantità gli aumenti ver-sono più contenuti e

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