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Verso un’anticipata riforma della PAC?

Nel documento Volume Rapporto 2000 (.pdf 3.5mb) (pagine 25-29)

La crisi dello scorso anno della vacca pazza consente in ultima analisi due ordini di considerazioni finali.

La prima conclusione è che questa crisi è destinata a fare entrare la poli-tica agricola comune in una nuova fase di turbolenza con seri rischi di con-flitto tra gli stati membri, e ad obbligare l’Unione Europea a mettere in di-scussione molto prima del previsto la riforma del suo modello di agricoltura.

Una prima ragione di questa revisione è fornita dalle conseguenze finan-ziarie della malattia della vacca pazza. Nell’anno 2001 il solo costo addizio-nale per il bilancio europeo degli interventi previsti per compensare gli alle-vatori della caduta dei prezzi e per finanziare l’eliminazione degli animali non idonei all’alimentazione è stato stimato all’inizio dell’anno, quando cioè ancora non era esplosa l’epidemia dell’afta epizootica, secondo valutazioni ottimistiche intorno ai 3 miliardi di Euro. Da parte loro i capi di stato e di governo europei hanno confermato nel corso dell’incontro di Nizza la volon-tà di non modificare le “previsioni finanziarie” prese nel marzo 1999 nel corso del consiglio europeo di Berlino, obbligando così il presidente france-se Jacques Chirac a ritirare la propria proposta di fare assumere dal bilancio europeo una parte dei costi addizionali derivanti dalla diffusione dell’ESB.

E’ inevitabile pertanto che i ministri dell’agricoltura dei quindici paesi membri siano obbligati a dover considerare la necessità di introdurre degli importanti correttivi, di fatto delle vere e proprie riforme, all’attuale struttura della PAC. A onor del vero non è da escludere che, facendo leva sul caratte-re eccezionale della crisi, si possa tornacaratte-re a riproporcaratte-re un parziale finanzia-mento da parte del bilancio europeo; è però certo che in questo caso si raf-forzerebbe la richiesta tedesca di un cofinanziamento della PAC da parte dei tesori nazionali che già ha incontrato nel passato la ferma opposizione di quei paesi, come la Francia, che la considerano una forma di rinazionalizza-zione di questa politica.

Una seconda ragione di questa probabile anticipata riforma della PAC trae origine dalla natura dei problemi posti dai nuovi orientamenti della Germania, il principale contributore netto al bilancio europeo, in tema di or-ganizzazione della produzione agricola; orientamenti che tra l’altro coinci-dono con quelli dei ministri dell’agricoltura di altri paesi membri. Il cam-biamento di rotta del governo tedesco in tema di politica agraria - sino

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all’isteria provocata dalla scoperta del primo caso di vacca pazza il cancel-liere Schröder si era sempre pronunciato a favore di un’agricoltura competi-tiva che non avesse bisogno di essere sovvenzionata - si scontra infatti con tutta una serie di esigenze della società e di realtà del mercato quando va ol-tre la richiesta più che legittima di evitare gli eccessi ed i pericoli per l’ambiente di certe forme di intensificazione dell’attività agricola.

Ad esempio, la garanzia di un’offerta regolare di alimenti a buon mercato è un bene pubblico che non può essere abbandonato facilmente. L’Europa ed il mondo intero hanno dunque bisogno di imprese agricole efficienti e capaci di stare al passo con il progresso tecnico. Ma ciò significa specializzazione e commercio ivi inclusa anche la possibilità di approfittare delle differenze di prezzo. In secondo luogo un’agricoltura poco intensiva esige un aumento delle sovvenzioni agli agricoltori o un aumento delle barriere protezionisti-che, due soluzioni che vanno in senso opposto a quello dei negoziati in am-bito WTO e che creano le premesse per uno scontro con gli Stati Uniti cer-tamente non gradito agli altri settori dell’economia. Ma più importante di ogni altra considerazione è il fatto che, anche se è crescente la domanda di alimenti prodotti con metodi meno intensivi, la soluzione del problema dello sviluppo delle produzioni biologiche dipende essenzialmente dalle scelte del consumatore. E per il momento non è ancora chiaro sino a quale punto il consumatore europeo è disposto a pagare per i prodotti alimentari il più alto prezzo che è richiesto da una estensizzazione dei metodi di produzione e dai maggiori costi dei metodi di produzione biologici.

La seconda conclusione che può essere tratta dall’ultima crisi della vacca pazza è rappresentata da alcuni insegnamenti.

Il primo di questi ammaestramenti è che l’Europa, sebbene abbia unifica-to i mercati, non dispone ancora di una politica della sicurezza alimentare, di una politica di prevenzione, di strumenti e procedure per un’analisi prospet-tica dei rischi. E’ pertanto urgente realizzare a livello europeo un’armonizza-zione delle normative dei quindici paesi. Altrimenti gli egoismi nazionali continueranno a governare l’Unione. Quindici anni dopo la scoperta dei primi casi di vacca pazza in Gran Bretagna certi paesi che se ne credevano indenni hanno ritenuto opportuno rifiutare l’estensione delle misure di pre-cauzione, salvo poi chiederla con tutta urgenza non appena si sono accorti della presenza al loro interno di casi sospetti. Il rischio che altrimenti si corre è quello di una costante tendenza al livellamento verso il basso di ogni prov-vedimento.

Un secondo insegnamento ribadisce che la sicurezza alimentare è respon-sabilità dei governi, ma che questa responrespon-sabilità può essere effettivamente assicurata solo se l’azione pubblica è compresa, discussa e avvalorata da

o-gnuno dei soggetti della sicurezza e dagli stessi consumatori. Di fronte ai ri-schi della sicurezza alimentare occorre quindi appellarsi al principio della condivisione della responsabilità tra politici, scienziati, operatori economici e cittadini. E ciò esige l’impegno a sviluppare e diffondere tra i consumatori un’educazione al rischio fondata sulla più completa e veritiera informazione.

Infine la crisi della vacca pazza insegna che è altrettanto necessario evita-re una eccessiva politicizzazione del problema della sicuevita-rezza alimentaevita-re.

Quest’ultima deve essere sottratta all’influenza di ogni gruppo di potere. La valutazione del rischio deve essere compito di un’autorità specializzata e in-dipendente. Ai politici compete invece la responsabilità di fissare le regole.

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2. LE POLITICHE PER IL SETTORE

Nel documento Volume Rapporto 2000 (.pdf 3.5mb) (pagine 25-29)