6. LA DISTRIBUZIONE ALIMENTARE AL DETTAGLIO
6.3. La regolamentazione delle vendite sottocosto
Nel rapporto dello scorso sono stati approfonditi, sia con riferimento alla realtà nazionale che a quella regionale, alcuni aspetti chiave dell’applica-zione della riforma Bersani, che impattano direttamente sullo sviluppo della rete di vendita. Mentre questa fase di recepimento della riforma da parte de-gli enti locali sta ormai volgendo al termine, nei primi mesi del 2001 è stato varato un altro importante elemento di attuazione della riforma, che va ad in-fluenzare le strategie di prezzo delle imprese: la regolamentazione delle vendite sottocosto.
Si tratta di un aspetto molto delicato, che in passato ha generato fortissi-mi conflitti sia tra industria e distribuzione che tra categorie diverse di im-prese commerciali, tipicamente tra piccoli negozi tradizionali e distribuzione moderna. Non a caso, infatti, la gestazione del provvedimento è stata parti-colarmente lunga: dopo l’approvazione del decreto Bersani, nel marzo 1998, ci sono voluti oltre due anni per arrivare alla prima bozza, approvata dal Go-verno nel giugno 2000, ed altri otto mesi per arrivare al varo definitivo, che è del febbraio 2001. Inoltre, il decreto sarà operativo solo a partire dall’estate 2001 (centoventi giorni dopo la pubblicazione) e sarà sottoposto ad un atten-to moniatten-toraggio, in vista di possibili aggiustamenti.
Gli elementi essenziali del provvedimento possono essere sintetizzati come segue:
a) le vendite sottocosto sono sempre vietate per quegli esercizi che appar-tengano ad una impresa/gruppo che detiene una quota superiore al
50% della superficie di vendita della provincia;
b) agli altri esercizi, le vendite sottocosto sono consentite non più di tre volte l’anno, per un periodo non superiore a 10 giorni per ciascuna vendita e per non più di 50 referenze per volta; in questi casi, è obbli-gatoria la comunicazione al Comune;
c) la vendita sottocosto è sempre ammessa in occasioni particolari (aper-tura esercizio e relative ricorrenze, ma per non più di una volta ogni cinque anni; ingresso in un nuovo gruppo; ristrutturazione totale; mo-difica dell’insegna), o per prodotti particolari (alimentari freschi e de-peribili; alimentari vicini alla scadenza; prodotti da ricorrenza una vol-ta trascorsa la ricorrenza stessa); in questi casi non è obbligatoria la comunicazione al Comune;
d) i consumatori devono sempre essere informati della vendita sottosco-sto, con specifiche informazioni su prodotti, quantità disponibili e du-rata della vendita;
e) le disposizioni non riguardano le vendite promozionali (tipo 3X2), a patto che non siano effettuate sottocosto;
f) le sanzioni sono disposte dal sindaco, secondo le disposizioni del de-creto Bersani;
g) l’Osservatorio nazionale sul commercio ha il compito del monitorag-gio degli effetti complessivi del provvedimento per il primo anno di applicazione.
Il provvedimento, che pure ha subito alcune importanti modifiche nel corso degli otto mesi successivi all’approvazione preliminare (ad esempio, nella prima stesura non era previsto l’obbligo di comunicazione al Comune per le tre vendite annuali ammesse), ha suscitato un dibattito piuttosto acce-so tra gli addetti ai lavori. In generale, si è riconosciuto al Governo, chiama-to a mediare tra interessi decisamente contrastanti, di avere quanchiama-to meno se-gnato un primo passo verso la regolamentazione del fenomeno. Si tratta pe-rò, secondo l’opinione di molti, di un provvedimento con diverse lacune, che potrebbero renderne problematica l’attuazione.
Uno dei punti chiave è sicuramente il fatto che le vendite sottocosto siano di fatto consentite fino a 30 giorni l’anno e su 50 prodotti per volta. E’ evi-dente che, dal punto di vista logico, devono esserci motivazioni credibili per consentire un comportamento che è invece proibito per tutto il resto dell’anno e che, nei paesi europei in cui è regolamentato, è sempre totalmen-te proibito. Alcuni osservatori hanno fatto notare come, addirittura, questa disposizione possa finire con l’incentivare una pratica che si voleva sanzio-nare, ma che invece nei fatti viene istituzionalizzata. Se, come è facile pre-vedere, i periodi di vendita sottocosto si alterneranno fra i diversi punti
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dita, si rischia poi di incentivare i fenomeni di “migrazione” dei consumatori verso i negozi che attuano i supersconti, proprio quel comportamento che la ratio della legge voleva evitare, per consentire a ciascun operatore di co-struirsi una reputazione basata su tutte le leve del marketing. Anche il limite che sancisce il divieto assoluto risulta pleonastico, in quanto è praticamente impossibile riscontrare una situazione in cui un solo operatore possiede il 50% della superficie di vendita provinciale, e, per renderlo efficace, andreb-be sicuramente abbassato. Questo sul versante di chi ritiene che il sottocosto vada sicuramente regolamentato.
Tra coloro invece che ritengono che questa pratica debba essere libera, la critica più importante sembra essere quella che, nei fatti, il provvedimento si limita a dare un taglio diverso alla politica delle imprese molto aggressive sul prezzo, costringendole ad ampliare la gamma di prodotti offerti a margini nulli, anziché concentrarsi su pochi prodotti praticamente regalati, con bene-fici tutti da dimostrare sia per i consumatori che per le imprese distributive concorrenti. Per quanto riguarda poi i più tenaci sostenitori del provvedi-mento, i piccoli dettaglianti, anche una politica che proibisse totalmente le vendite sottocosto (cosa che il decreto non fa), difficilmente li renderebbe competitivi con la distribuzione moderna sul versante prezzi, tanto che, or-mai da tempo, gli operatori tradizionali tendono ad orientare la propria offer-ta commerciale sul servizio.
L’unico elemento sicuramente positivo, sottolineato da tutti gli osservato-ri, sembra essere l’obbligo di comunicazione al consumatore delle caratteri-stiche della vendita sottocosto, che contribuisce indubbiamente alla traspa-renza del rapporto tra il punto vendita e il cliente, mentre il punto più debole è sicuramente quello dei controlli. La sorveglianza spetta ai Comuni, ed è facile immaginare quali difficoltà possano sorgere nell’individuare compor-tamenti difformi dalla legge.
In conclusione, quindi, il provvedimento sulle vendite andrà verificato al-la prova dei fatti, e saranno probabilmente i risultati del primo anno di appli-cazione a suggerire quelle modifiche che, in un contesto di forti contrasti, il Governo non è riuscito a varare.