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La disparità contrattuale: una garanzia di libertà?

Nel documento Clausole generali e certezza del diritto (pagine 49-53)

Nel codice civile e, in particolare, all'interno della disciplina generale del contratto è assente una norma che espressamente preveda, come requisito di validità

146 L'art. 3:10 del Testo dei Principi Unidroid prevede che «Una parte può annullare il contratto o una

sua singola clausola se, al momento della sua conclusione, il contratto o la clausola attribuivano ingiustificatamente all’altra parte un vantaggio eccessivo. Si devono considerare, tra gli altri fattori, (a) il fatto che l’altra parte abbia tratto un ingiusto vantaggio dallo stato di dipendenza, da difficoltà economiche o da necessità immediate della prima parte, oppure dalla sua imperizia, ignoranza, inesperienza o mancanza di abilità a trattare, e (b) la natura e lo scopo del contratto. (2) Su richiesta della parte che ha diritto all’annullamento il giudice può adattare il contratto o le sue clausole in modo da renderlo conforme ai criteri ordinari di correttezza nel commercio. (3) Il giudice può adattare il contratto o le sue clausole anche a richiesta della controparte alla quale sia stato inviato l’avviso di annullamento, purché tale parte ne informi l’altra prontamente dopo aver ricevuto l’avviso e prima che quest’ultima abbia agito facendovi affidamento. Le disposizioni di cui all’articolo 3.13(2) si applicano con le opportune modifiche». L'art. 4:109 dei Principi della Commissione Lando (PECL) “Ingiusto profitto o vantaggio iniquo” prevede che «Una parte può annullare il contratto se, al momento della conclusione di esso: (a) fosse in situazione di dipendenza o avesse una relazione di fiducia con l’altra parte, si trovasse in situazione di bisogno economico o avesse necessità urgenti, fosse affetto da prodigalità, ignorante, privo di esperienza o dell’accortezza necessaria a contrattare, e (b) l’altra parte era o avrebbe dovuto essere a conoscenza di ciò e, date le circostanze e lo scopo del contratto, ha approfittato della situazione della prima in maniera gravemente scorretta o ne ha tratto un ingiusto profitto (2) Su domanda della parte legittimata all’annullamento, il giudice può, ove il rimedio sia adeguato, modificare il contratto in modo da metterlo in armonia con quanto avrebbe potuto essere convenuto nel rispetto della buona fede e della correttezza. (3) Il giudice può parimente modificare il contratto su domanda della parte alla quale è stata inviata la comunicazione di annullamento per ingiusto profitto o vantaggio iniquo, purché la parte che ha inviato la comunicazione ne sia informata prontamente da quella che l’ha ricevuta e prima che abbia potuto agire sulla fede nella comunicazione».

147 Cfr. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., p. 262, il quale ritiene che tali

previsioni abbiano previsto espressamente un potere correttivo al giudice. Pertanto, le stesse hanno rappresentato una nuova linfa che ha alimentato il dibattito. Infine, non può omettersi un riferimento all'efficacia delle sentenze della Corte di Strasburgo. Infatti, dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona l'Unione Europea ha aderito alla CEDU, per cui si è posto problema di un'intervenuta “comunitarizzazione” della CEDU. Tale ipotesi è stata scartata dalla Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto che le norme della CEDU integrano la norma interposta di cui all'art. 117, ove menziona gli “obblighi internazionali”. Pertanto, in caso di avvenuta violazione da parte del Legislatore è possibile sollevare una questione di legittimità costituzionale (escludendo il meccanismo della disapplicazione). La loro portata vincolante è stata di recente riconosciuta dalla Corte Costituzionale con la sentenza 348/2007, nell'ambito della quale si sono poste sullo stesso piano la CEDU e le sentenze della Corte di Strasburgo, in ragione della circostanza che le norme della CEDU formano il loro contenuto in base all'interpretazione fornita dalla Corte EDU. Di seguito, un passaggio della sentenza che appare utile per comprendere il rapporto tra le norme della CEDU e l'interpretazione che viene loro offerta dalla Corte di Strasburgo: “Poiché, come chiarito sopra, le norme della CEDU vivono nell'interpretazione che delle stesse viene data dalla Corte europea, la verifica di compatibilità costituzionale deve riguardare la norma come prodotto dell'interpretazione, non la disposizione in sé e per sé considerata. Si deve peraltro escludere che le pronunce della Corte di Strasburgo siano incondizionatamente vincolanti ai fini del controllo di

del contratto, la parità contrattuale tra le parti148. Viceversa, si può riscontrare

l'esistenza di “blocchi di normative” afferenti alla legislazione speciale, e prevalentemente di matrice europea, miranti a rafforzare la posizione del “contraente debole” e a ripristinare la parità contrattuale, ove la medesima risulti essere stata turbata ovvero “prevaricata” a causa di particolari condizioni soggettive di un contraente o per la presenza di peculiari situazioni149.

Peraltro, in tempi recenti, si sta affermando l'idea che la clausola generale della buona fede possa atteggiarsi a strumento di tutela della parte debole del rapporto in funzione della realizzazione della parità contrattuale anche al di fuori di tali normative settoriali, inserendosi in una logica rimediale che può condurre alla caducazione del contratto. Conseguentemente essa sembra configurare un rimedio che si presta ad un uso generalizzato per porre rimedio a rapporti interprivati deficitari di un equilibrio contrattuale150. Sullo sfondo un mutamento di prospettive

che si è registrato in occasione degli interventi del Legislatore europeo finalizzati alla tutela del consumatore e dell'imprenditore debole151. Si tratta di una debolezza

“economica” in quanto strettamente dipendente e proporzionata al potere economico di cui dispone il soggetto potenziale contraente152.

costituzionalità delle leggi nazionali. Tale controllo deve sempre ispirarsi al ragionevole bilanciamento tra il vincolo derivante dagli obblighi internazionali, quale imposto dall'art. 117, co. 1°, Cost., e la tutela degli interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della Costituzione”.

148 Cfr. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., p. 268, secondo cui la scelta di

non menzionare la parità contrattuale è il risultato di una decisione di politica legislativa al fine di evitare quanto più possibile interferenze con l'autonomia privata.

149 Sempre BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., p. 268 e ss.

150 Tale posizione è stata efficacemente spiegata da RICCIO, La clausola generale di buona fede è, dunque, un limite generale all'autonomia contrattuale, in Contr. e impr., 1999, p. 21, il quale

richiamando un orientamento giurisprudenziale (CASS., 2 Novembre 1998 n. 10926, in Foro it,

1998, I, c. 3081) enuncia un principio secondo il quale «se una clausola di un contratto viola l'imperativo principio di buona fede e correttezza contenuto dagli artt. 1175, 1337, 1375 c.c., essa deve considerarsi invalida e quindi nulla in quanto non realizza interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico». Mi pare si esprima in tal senso, con specifico riguardo ai contratti consumeristici, anche VILLANACCI, Autonomia privata e buona fede nella complessa

relazione evolutiva con la normativa consumeristica, in Contr. e impr., 2013, p. 923.

151 Sul tema del contraente debole la dottrina è vasta. Valga per tutti: AAVV, Condizioni generali di contratto e tutela del contraente debole, a cura di P. BARCELLONA, Milano, 1970; AAVV, La tutela

giuridica del consumatore (contraente-debole) in Europa e nel mondo, a cura di CAPELLI, Napoli,

2013; SCARSO, Il contraente "debole", Torino, 2006;

152 Il sindacato giudiziale sullo squilibrio economico di un contratto può assumere le forme di una

insidia per l'autonomia privata, in quanto secondo l'impostazione offerta dal Codice Civile l'equilibrio in senso proprio, ossia quello economico, non sarebbe sindacabile, salvo particolare ipotesi specificatamente disciplinate ex lege (ad esempio, lo squilibrio sopravvenuto ex art. 1467 c.c., le situazioni di cui agli artt. 1447 e 1448 c.c.). Il maggior rischio che si collega a tale interferenza giudiziale è l'attribuzione al giudice di un potere fortemente invasivo (fondato

Nell'ambito di tale situazione di debolezza si concentra tutto il problema della disparità di potere contrattuale che il diritto nazionale e il diritto europeo hanno affrontato in chiavi diverse, e in un certo senso opposte, e che potrebbero spiegare l'inesistenza nell'ambito della disciplina generale del contratto di un qualsivoglia riferimento al valore della parità contrattuale153.

Partendo da una disamina del codice civile si evince come le situazioni di debolezza contrattuale e, quindi, di squilibrio sono prese in considerazione dal legislatore, in modo diverso, a seconda che la tutela si inserisca nell'ottica di una logica microindividuale ovvero in quella macroeconomica del mercato.

Il primo caso si configura nell'ambito della disciplina dei vizi del consenso e integra delle situazioni di «perturbazione individuale», contrastate con il rimedio dell'annullabilità del contratto154. Altre ipotesi che vi rientrano sono: a) lo squilibrio

sopravvenuto, da inquadrarsi nell'ambito della disciplina dei rimedi delle sopravvenienze155; b) lo squilibrio originario con riguardo alla inosservanza delle

prescrizioni imperative di legge, a cui risponde il rimedio della sostituzione automatica delle norme imperative di legge (art. 1339 c.c.), anche se ormai di rara applicazione, coerentemente con il ruolo minimale rivestito dall'ordinamento giuridico, che nutre fiducia nelle capacità di autoregolazione del mercato156.

Il secondo caso riguarda le contrattazioni di massa - ossia i c.d. contratti per adesione - in cui vengono in rilievo le «perturbazioni seriali»157. Sono suscettibili di

integrarle, ad esempio, le condizioni generali di contratto ex art. 1341 c.c. Esse vengono contrastate, se non specificatamente sottoscritte, con il rimedio dell'inopponibilità o, meglio, dell'inefficacia.

sull'equità) da cui potrebbe discendere una «capitolazione sia dell'autonomia privata, sia del principio di certezza dei rapporti giuridici, dato che sarebbe possibile stravolgere un contratto successivamente senza la preoccupazione di una minima garanzia di stabilità di quanto pattuito»: in tal senso si è espresso SPOTO, Il contratto e il potere correttivo del giudice, cit., p. 255.

153 In relazione alle opposte strategie rimediali utilizzate dal Legislatore nazionale e dal Legislatore

comunitario in tema di la tutela del contraente debole si rinvia a: CAMARDI, Tecniche di controllo

dell'autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto europeo, cit., p. 831. 154 Cfr. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit, p. 266.

155 Cfr. ROPPO, Contratto di diritto comune, contratti del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Riv. dir. priv., 2001, p. 776. 156 Cfr. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., p. 266. Su questo punto, in senso

diverso è CAMARDI, Tecniche di controllo dell'autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto

europeo, cit., p. 831, che ritiene, infatti, che non operi tanto un meccanismo invalidante quanto un

meccanismo di mera inopponibilità, inefficacia, delle clausole vessatorie così “salvandosi” il contratto, coerentemente con la ratio legis che ispira gli interventi legislativi europei e consistente non tanto nella tutela del contraente debole ma nella tutela del mercato concorrenziale.

Dunque, le situazioni di disparità contrattuale, pur avendo il comune fine di impedire l'abuso della libertà negoziale da parte della controparte - ossia un'identità di ratio - vengono affrontate dall'ordinamento nazionale in modo diverso158.

Una differente prospettiva ha accompagnato e accompagna gli interventi del legislatore europeo. Infatti, la relativa ratio legis consiste nel garantire nel modo più efficace possibile la razionalità degli scambi e la tutela della concorrenza per un mercato efficiente. Rispetto al perseguimento di tale finalità la tutela del contraente debole viene in rilievo come un mezzo159. I rimedi offerti dal legislatore europeo per

ovviare alle ipotesi di squilibrio contrattuale sono di diversa natura: si va dallo jus

poenitendi alle nullità di protezione, dagli obblighi legali di informazione alla forma

informativa, ecc. Peraltro, secondo una dottrina, il filo conduttore di tutti gli interventi europei in materia è il contratto con asimmetria di potere contrattuale, dove la parte debole del rapporto non è il consumatore o l'impresa debole ma il più generico "customer", ossia il cliente,160 per cui esso sarebbe il risultato di una

«disaggregazione e riaggregazione» di dette tipologie contrattuali, anche se con valenza meramente descrittiva161. Tale paradigma non dovrebbe considerarsi la

158 Cfr. CAMARDI, Tecniche di controllo dell'autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto europeo, cit., p. 831, secondo cui «nell'ottica generale ed astratta del codice civile, la medesima ratio di garanzia dello svolgimento formalmente paritario delle contrattazioni private è perseguita

attraverso due metodi e due rimedi contrapposti, a seconda del carattere individuale o seriale del problema. Nell'un caso, attraverso l'estirpazione del contratto mal-formato; nell'altro attraverso la sua conservazione, salva l'eventuale inopponibilità. Nell'un caso il mercato è risanato attraverso l'eliminazione del contratto difforme dalle regole; nell'altro attraverso la sua legittimazione, con alcune misure compensative». Pertanto quella finalità che costituisce ratio legis del Legislatore europeo, ossia la razionalità degli scambi, per il Legislatore nazionale costituisce una sorta di evenienza che si colloca sullo sfondo del perseguimento dell'unica finalità: la tutela del contraente “debole”.

159 Cfr. MAZZAMUTO, Il contratto di diritto europeo, Torino, 2012, p. 116, che sostiene l'idea di una

“funzionalizzazione dell'autonomia contrattuale” per la realizzazione di un mercato efficiente e razionale.

160 Cfr. ROPPO, Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., 2009, II, p. 271, che ritiene che questa linea di tendenza,

che segnerebbe il passaggio dal consumatore al cliente, sia l'unica in grado di tenere avvinte in un disegno unitario gli interventi del legislatore europeo in quanto avente una portata più ampia, non racchiudendo solo l'idea di consumatore o di impresa debole, ma anche quella di locatario, investitore, ecc. Tale paradigma contrattuale è stato elaborato sulla base dell'individuazione di indici normativi comuni tra tutte le discipline settoriali quali: 1) gli obblighi informativi a carico della "parte forte"; 2) il rimedio della nullità parziale e relativa; 2) il ricorrere della buona fede come strumento di controllo del contenuto del contratto. Vedere anche: ROPPO, Contratto di diritto

comune, contratti del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, cit., p. 776; CAMARDI, Contratti con i consumatori e contratti tra

imprese. Rilievi critici sul paradigma dell'asimmetria di potere contrattuale, a cura di AA.VV, in Il diritto civile oggi, Napoli, 2006, p. 894.

161 Cfr. CAMARDI, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull'asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti «reticolari», cit., p. 572.

premessa per giustificare il controllo giudiziale sul contenuto del contratto, giacché esso, per il tramite della buona fede, non risponde all'esigenza di garantire la solidarietà o l'equità o la giustizia contrattuale bensì a quella di tendere solo al recupero dei costi/investimenti sostenuti ovvero all’«appropriazione di valore» che il singolo operatore ha contribuito a realizzare nel mercato162. La solidarietà e l'equità -

è stato detto - non sono di competenza giudiziaria bensì legislativa163. Pertanto,

all'assenza di una previsione generalizzata della parità contrattuale nell'ambito del Codice Civile corrisponderebbe l'esigenza di preservare quanto più possibile l'autonomia privata e, con essa, l'intangibilità della lex contractus164. Permangono

delle perplessità: la libertà contrattuale di quali soggetti il legislatore nazionale - ma il discorso potrebbe estendersi anche su scala europea - vuole preservare? La risposta potrebbe apparire scontata e, forse, è la stessa all'origine delle enormi difficoltà connesse all'avvio di un formale processo di codificazione europea.

Nel documento Clausole generali e certezza del diritto (pagine 49-53)