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La solidarietà come espressione di equilibrio contrattuale

Nel documento Clausole generali e certezza del diritto (pagine 62-67)

Il tema della giurisprudenza para-normativa si intreccia, nei termini anzidetti, a quella dell'equilibrio contrattuale195. Chiarita la natura delle clausole generali come

192 Sul tema delle fonti di integrazione del contratto, RODOTÀ, Le fonti di integrazione del contratto,

Milano, 1969.

193 In tal senso ROPPO, voce «Contratto», Digesto IV, disc. priv., sez. civ., Torino, 1989, p. 126. 194 Cfr. RODOTÀ, Le clausole generali nel tempo del diritto flessibile, cit., p. 106.

195 Sul tema dell'equilibrio contrattuale, i contributi dottrinali sono numerosi e, in via esemplificativa,

si richiamano: FERRONI, Equilibrio delle posizioni contrattuali e autonomia privata, Napoli, 2002;

GALGANO, Squilibrio contrattuale e malafede del contraente forte, in Contr. e impr., 1997, p. 423;

GIORGI, Teoria generale delle obbligazioni nel diritto moderno e conservazione dell'equilibrio

strumenti etero-integrativi e, dunque, "omeostatici", tesi a ridurre il più possibile lo scollamento tra realtà e diritto, sorgono inevitabili i seguenti quesiti: se il bilanciamento tra valori/principi confliggenti avviene per effetto del potere correttivo del giudice, qual è la ratio che lo potrebbe (o, forse, dovrebbe) ispirare?196Che ruolo

rivestono le clausole generali nell'attività di interpretazione giudiziale? È corretto

configurarle come dei criteri di decisione ovvero è preferibile la qualifica di criteri che consentono, a loro volta, l'individuazione di criteri di decisione?197

Affermarne la natura di criteri di decisione, peraltro, solleverebbe dei problemi in relazione al grado di astrattezza del loro contenuto. Infatti, un criterio di decisione che opera su un piano meramente astratto potrebbe realmente considerarsi un criterio di decisione?

Il quesito retorico tradisce una risposta negativa, così escludendosi la loro natura di criteri di decisione. Si osserva come, sebbene esse operano su un piano meramente astratto, la loro orbita è definita assiologicamente, sicché ben possono rappresentare ancora dei «segnalatori sistemici» in quanto svolgono la funzione di segnalare, per l'appunto, un potenziale conflitto tra regole contemplanti valori

diritto civile, Padova, 2003; RIZZUTI, Nullità ed equilibrio contrattuale, in Giur. it., 2011, p. 7;

ROLLI, Le attuali prospettive di «oggettivazione dello scambio»: verso la rilevanza della

«congruità dello scambio commerciale»?, in Contr. e impr, 2001, p. 611; VETTORI, Libertà di

contratto e disparità di potere, in Riv. dir. priv., 2005, IV, p. 743.

196 L'antinomia è voluta dal sistema quale uno «strumento di mediazione di interessi confliggenti»; a

titolo di esempio, si richiama l'antinomia esistente tra il diritto del proprietario di godere del bene senza interferenze di terzi e le esigenze della produzione. Infatti, dall'art. 844, co. 2° c.c. si evince l'esistenza della categoria delle immissioni intollerabili e autorizzate: Cfr. BARCELLONA, Clausole

generali e giustizia contrattuale, cit., p. 52. In relazione al problema delle antinomie astrattamente

esistenti tra le norme dell'ordinamento giuridico, inoltre, egli ritiene che in linea di massima il problema deve essere risolto mediante il ricorso alla «tecnica della confinazione» ossia considerare i principi in relazione allo specifico settore in cui sono inseriti: BARCELLONA, op. cit.,

p. 32. Con riguardo al modus procedendi della tecnica, Mario Barcellona lo spiega ricorrendo al seguente esempio: in tema di circolazione dei beni il principio di priorità dell'acquisto si atteggia in modo diverso e si colora di connotazioni ulteriori a seconda del diverso sotto-ambito in cui si inserisce. Quindi, nel caso dei beni immobili diventa il principio di priorità della trascrizione ex art. 2644 c.c.; nel caso di acquisto avente ad oggetto beni mobili si configura come principio di priorità del possesso ex art. 1153 c.c. (regola del possesso vale titolo). Vero è che, in ogni caso, una decisione giudiziale sarà «tanto più creativa quanto più generali, vale a dire quanto più in alto nella gerarchia, sono i principi invocati»: GENTILI, Il diritto come discorso, Milano, 2013, p. 344.

Pertanto, quando si parla di giustizia quale criterio che deve ispirare la decisione giudiziale si evoca, inevitabilmente, il piano del metodo, definendosi giusta quella decisione giudiziale che «ha la caratteristica di non patire obiezioni da parte di alcuno degli interessati», in ragione del rigore formale che la caratterizza, sicché - se ne ricava - che la giustizia altro non è che la massima espressione del senso logico: Cfr. GENTILI, Il diritto come discorso, cit., p. 544.

197 Sul tema si rinvia a BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., p. 59 e ss. il quale

ha prospettato l'opportunità di tale distinzione al fine di spiegare l'attitudine di una clausola generale a produrre delle regole che l'interprete andrà in concreto ad applicare.

differenti198. Esse costituirebbero, propriamente, dei «criteri di prevalenza relativa»

(o come è stato detto delle «norme sulla produzione di altre norme»), nella misura in cui offrono dei criteri di decisione all'interprete per stabilire la prevalenza dell'uno o dell'altro valore199. In questo modo, si potrebbe ipotizzare che esse, pur non

integrando dei criteri di decisione, configurano delle “tecniche” di reperimento di

criteri di decisione di cui l'interprete si avvale per risolvere antinomie ovvero per

colmare le lacune contrattuali200.

Ciò premesso, occorre domandarsi ulteriormente se esistono a monte, e in che misura, dei limiti - oltre a quelli integrati dal rispetto di questo tipo di "tecniche" di utilizzo della clausola generale - al potere del giudice per esser l'autonomia negoziale, oltre che valore fondante del mercato, oggetto di un diritto fondamentale.

Si ritiene che i poteri di intervento del giudice devono esser ispirati ad un

criterio di ragionevolezza in quanto l'obiettivo dell'interprete è giungere ad una

soluzione che sia il più possibile equilibrata ed equa201. Il criterio di ragionevolezza

richiede che il giudice nell'applicare la clausola generale indichi il metodo logico seguito e spieghi la “precomprensione” - ossia la “prima” comprensione della regola coerente con tradizione giuridica dell'ordinamento - che lo ha guidato nella sua concretizzazione in un determinato senso202, tenendo conto, altresì, delle

caratteristiche concrete del caso.

198 Cfr. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., p. 37.

199 Dei concetti-valvola quali «segnalatori sistemici» parla BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., p. 58., che configura le clausole generali come «tecniche di prevalenza relativa»,

in quanto «non hanno alcun senso sostantivo, né evocano specifici referenti positivi o meta- positivi».

200 Cfr. BARCELLONA, op. cit., p. 59, il quale prende le distanze da quella distinzione che

tradizionalmenete vede contrapposte le «regole» e i «criteri-non regole» (come possono considerarsi le clausole generali). Ritiene che le clausole generali non sono criteri diversi dalle regole, ma «norme sulla produzione di regole in base ad una struttura e secondo un procedimento, che vanno, invece, di volta in volta analiticamente considerati». Pertanto, una corretta distinzione non riguarda direttamente le regole e le clausole generali bensì la struttura delle regola e la struttura dei criteri di decisione prodotti da tali clausole generali. In questo senso anche VELLUZZI,

Le clausole generali. Semantica e politica del diritto, cit., passim.

201 Sul tema del principio di ragionevolezza la dottrina è vastissima: CRISCUOLI, Buona fede e ragionevolezza, in Riv. dir. civ., 1984, I, p. 717.; DEL PRATO, Ragionevolezza e bilanciamento, in

Riv. dir. civ., 2010, p. 23.; NIVARRA, Ragionevolezza e diritto privato, in Ars Interpretandi, Padova,

2002, p. 373; PATTI, Ragionevolezza e clausole generali, Milano, 2013; PIRAINO, Per una teoria

della ragionevolezza in diritto civile, in Eur. e dir. priv., 2014, p. 1287.; RICCI, Il criterio della

ragionevolezza nel diritto privato, Padova, 2007; SENIGAGLIA, Interpretazione complessiva del

contratto e clausola generale di ragionevolezza, in Giur. ital., 2003, p. 279.

202 In tal senso sembra spiegare il rapporto tra ragionevolezza e clausole generali PATTI, Ragionevolezza e clausole generali, cit., p. 43 e ss., secondo cui è proprio questo modus procedendi ad evitare che la concretizzazione della clausola generale si traduca in mera creazione

Con riguardo alla questione del rapporto antinomico esistente tra libertà negoziale e degli altri valori si osserva come essa, quale diritto fondamentale, può trovare, tuttavia, un limite nella "solidarietà sociale", che in alcuni casi è stata considerata valore prevalente, in quanto - è stato detto - «l'autonomia privata può, o forse deve, essere controllata per garantire rapporti giusti»203.

Infatti, l'assenza di controlli giudiziali sul contenuto del contratto potrebbe favorire scambi ingiusti. Questo perché tra le parti non sussistono necessariamente condizioni di opportunità ugualitarie: anzi, spesso gli individui falliscono nella valutazione di adeguatezza degli scambi commerciali204.

Dunque, un controllo è necessario. Si tratta di un controllo che avviene attraverso le clausole generali che assumerebbero, in questa prospettiva, il ruolo di

fonti di integrazione del contratto in quanto strumenti della giurisprudenza per

realizzare l'aequitas contrattuale. In cosa si concreta la valutazione di “giustizia”

203 Cfr. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, p. 32.

204 Cfr. PIRAINO, Il diritto europeo e la “giustizia contrattuale”, in Eur. e dir. priv., 2015, p. 279,

secondo cui spesso si assiste all' «inceppamento» di una negoziazione libera e consapevole dovuto proprio all'incapacità degli individui di compiere scelte razionali. Quindi alla volontà dell'individuo non corrisponde la migliore scelta, con tutti gli effetti negativi che da ciò derivano, su larga scala, per il mercato e che hanno determinato interventi del legislatore europeo a favore del “contraente debole”.

degli atti negoziali rimessa all'organo giurisdizionale? Infatti, la stessa sembra essere l'effetto conseguenziale «dell'influsso esercitato nei rapporti privatistici dai principi costituzionali» tra cui, appunto, è il dovere di solidarietà sociale ex art. 2 Cost205.

Solidarietà che, quindi, appare non tanto un valore contrapposto al mercato ma quasi un mezzo per una sua efficiente realizzazione.

Sebbene vi sia la tendenza attuale ad attribuire all'ordinamento giuridico nel settore degli scambi commerciali un ruolo minimale sul presupposto di una capacità del mercato di autoregolarsi, tuttavia il mercato ha dimostrato e dimostra di non essere in grado di farlo. Il raggiungimento di un pieno equilibrio contrattuale richiede, oltre che una piena esplicazione della libertà negoziale, anche l'eliminazione di tutte quelle disparità che sono ostative alla stessa. La creazione di un mercato efficiente è il risultato di una serie di scambi congrui, per cui è necessario che l'autonomia privata non incorra in fenomeni distorsivi, sicché una negoziazione libera e consapevole ne costituisce presupposto indefettibile206.

Dunque, sembra indispensabile l'intervento di un “terzo” rispetto alle parti, che assicuri che le negoziazioni avvengano sempre in modo libero e consapevole, neutralizzando fenomeni distorsivi ove presenti, cosicché tendenzialmente si può osservare come ad una giustizia di tipo commutativo finisca per accompagnarsi una giustizia di tipo distributivo207. Questo tipo di approccio disvela simmetricamente un

205 Invero, in dottrina il principio della solidarietà sociale viene legato alla clausola generale della

buona fede nella misura in cui si ritiene che solidarietà e buona fede siano coestensive. Cfr. PIRAINO, op. cit., p. 259. Ma già nel 1949, BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici,

cit., p. 356, secondo cui la buona fede deve essere intesa come «fedeltà alla parola data e come spirito di collaborazione... (omissis)...reciprocità degli impegni e degli affidamenti» così da consentire la creazione di una «comunione» (tra le parti) da guardarsi «alla luce della fondamentale solidarietà che lega reciprocamente i soggetti partecipi», p. 356.

206 Cfr. PIRAINO, Il diritto europeo e la giustizia contrattuale, cit., p. 236, secondo cui il diritto privato

europeo introduce dei congegni (quali ad esempio, le nullità di protezione, gli obblighi informativi, ecc.) al precipuo fine di rimediare ai condizionamenti prodotti dall'occupare una determinata parte una posizione privilegiata nel mercato e al fine di rendere compatibile, in itinere o a posteriori (mediante il potere correttivo del giudice), l'autonomia negoziale con un mercato concorrenziale. Peraltro, la tesi della «funzionalizzazione dell'autonomia contrattuale» alla realizzazione di un mercato il più possibile razionale è da tempo sostenuta in dottrina. Cfr. MAZZAMUTO, Il contratto

di diritto europeo, cit., p. 116, secondo cui il contraente debole (ossia il consumatore e l'impresa

debole) sono «attori in concreto della macro-strategia di mercato predisposta dal legislatore comunitario». Per approfondimenti, in generale, sul diritto privato europeo si rinvia a ALPA,

ANDENAS, I fondamenti del diritto privato europeo, Milano, 2005.

207 Cfr. SPOTO, Il contratto e il potere correttivo del giudice, Torino, 2007, p. 73. Per un'analisi in

senso critico del principio di giustizia commutativa come fondamento esterno del contratto si rinvia a CALDERAI, voce «Giustizia contrattuale», in Enc. del dir., VII, Milano, 2014, p. 456, il

quale critica quelle teorie che, considerando il principio di giustizia come un presupposto esterno al contratto, gli attribuiscono una natura commutativa. Viceversa, egli ritiene che proprio dalla disciplina della responsabilità contrattuale si evinca l'esistenza di un principio di giustizia

indebolimento del ruolo del legislatore: il giudice finisce per svolgere un «ruolo attivo nella costruzione del contenuto del contratto» e, indirettamente, anche del mercato208.

Quindi, se in passato si poteva riscontrare una certa resistenza a mettere in discussione l'autonomia negoziale, la tendenza attuale è di privilegiare l'aequitas tra le prestazioni contrattuali, considerata quasi prevalente all'autonomia privata209.

Nel documento Clausole generali e certezza del diritto (pagine 62-67)