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Segue Questioni di competenza tra giudice europeo e giudice nazionale

Nel documento Clausole generali e certezza del diritto (pagine 140-144)

Con riguardo all'attività interpretativa delle clausole generali "europee" si è posto il problema di comprendere se la concretizzazione che essa richiede sia attività rientrante nella competenza della Corte Europea di Giustizia o se, invece, ricada nelle competenze del giudice nazionale449.

In dottrina, si riscontrano posizioni molto divergenti tra loro, essendovi chi, sulla premessa che la concretizzazione sia attività che vada ben oltre la normale esegesi di una norma, dubita della possibilità di demandare tale attività alla Corte Europea di Giustizia, essendo il giudice nazionale colui che meglio conosce le specificità delle tradizioni giuridiche del proprio Stato e che, tra tutti, è il più idoneo ad applicare efficacemente il metodo della precomprensione450.

Del resto, l'attività di concretizzazione che richiede l'interpretazione delle clausole generali non è propriamente esegetica in quanto mira all'elaborazione della regola del caso concreto, mentre il compito della Corte Europea di Giustizia è,

449 Invece, in generale, con riguardo al rapporto tra Corte di Giustizia e giudici nazionali in materia di

interpretazione della normativa europea si rinvia a JOERGES, Il ruolo interpretativo della Corte di

Giustizia e la sua interazione con le corti nazionali nel processo di europeizzazione del diritto privato, in Riv. crit. dir. priv., 2000, II, p. 288.

essenzialmente, quello di verificare se una determinata normativa nazionale osti o meno con il quadro normativo comunitario.

Secondo altri, non è dato tracciare, sotto il profilo dell'interpretazione rimessa alla Corte Europea di Giustizia, alcuna divergenza tra norme a fattispecie e norme contenenti clausole generali, l'interpretazione delle quali, senza distinzioni, è rimessa alla competenza della Corte Europea di Giustizia ai sensi dell'art. 234 TUE. L'obiettivo è assicurare, sotto il profilo del diritto applicato, un'armonizzazione del diritto privato europeo, mediante l'elaborazione di regole vincolanti, finalizzate a offrire ai giudici nazionali soluzioni univoche in merito a problemi che caratterizzano il quotidiano451. In questo modo, si è ammessa l'elaborazione di regole vincolanti, di

direttive di massima estratte dalle clausole generali dai giudici nazionali (es. mediante la tecnica dei Fallkruppen).

Tale modus procedendi appare condivisibile perché contribuirebbe in modo decisivo a preparare il terreno per l'elaborazione di un codice civile europeo, in quanto costituirebbe uno stimolo alla elaborazione di quel substrato culturale comune, preludio alla successiva formazione di una prassi giurisprudenziale comune. L'impostazione enunciata ha, tuttavia, un punto critico. Infatti, finisce per attribuire un ruolo centrale nel processo di armonizzazione alla Corte Europea di Giustizia, il che solleva un problema di compatibilità con il principio di sussidiarietà di cui

all'art. 5 Trattato.

Secondo un'ulteriore proposta di lettura, ai fini dell'individuazione del soggetto competente alla concretizzazione della clausola generale, occorre distinguere a seconda che le clausole generali siano contenute in Direttive ovvero in Regolamenti452.

Nel caso in cui le clausole generali siano contenute in Regolamenti europei, la presenza di una clausola generale non solleva alcun problema di attuazione, essendo il Regolamento europeo "self executing", ossia immediatamente efficace e, quindi, direttamente applicabile453. Certo, pur essendo la clausola generale ivi contenuta

immediatamente efficace, si porranno dei problemi interpretativi rispetto alla medesima consistenti nella necessità di procedere ad una sua concretizzazione

451 Cfr. PATTI, Ragionevolezza e clausole generali, cit., p. 73. 452 Cfr. PATTI, op. cit., p. 74.

rispetto a determinati casi concreti. In questo caso, potrebbe apparire opportuno rimettere la concretizzazione della clausola generale alla Corte Europea di Giustizia454.

Analogamente si può ritenere con riguardo alle clausole generali contenute nelle direttive c.d. dettagliate che, al pari dei regolamenti, non necessitano di essere recepite. Anche in questo caso, è preferibile riconoscere una competenza alla concretizzazione della clausola generale alla Corte Europea di Giustizia al fine di rendere effettivo l'obiettivo di armonizzazione eventualmente frustrato dagli Stati Membri.

Nel caso in cui la clausola generale sia contenuta in una Direttiva Europea (non dettagliata) la questione cambia. Essa non è "self executing" e, dunque, si pone (più di quanto avvenga per il Regolamento o per la Direttiva dettagliata) il problema dell'individuazione dell'organo giudicante chiamato a procedere alla sua concretizzazione, posto che lo Stato Membro è chiamato al recepimento della Direttiva secondo modalità che ritiene preferibili, fermo restando il vincolo di scopo.

Secondo una tesi, qualora le clausole generali siano contenute in Direttive Europee poi recepite nell'ordinamento interno sarà il giudice nazionale a procedere alla sua concretizzazione, adattandola alla specificità del proprio ordinamento. Diversamente ragionando, ossia riconoscendo alla Corte Europea di Giustizia siffatta competenza, si entrerebbe in contraddizione con la natura stessa della Direttiva europea che - a differenza del Regolamento - mira a lasciare agli ordinamenti nazionali una certa discrezionalità, pur in conformità al vincolo di scopo previsto dall'ordinamento europeo455. Un'opposta ricostruzione è nel senso che tale

competenza è da riconoscere alla Corte Europea di Giustizia, soprattutto in quei casi in cui gli Stati si siano limitati a tradurre nella propria lingua nazionale la normativa europea senza coordinarla con la disciplina preesistente, così producendo dei difetti di coordinamento della clausola generale456. Peraltro si nota come la premessa di

questa ricostruzione sia una visione negativa delle sue "proprietà" armonizzanti, considerate insufficienti ex se a garantire il perseguimento di obiettivi di armonizzazione.

454 Cfr. PATTI, op. cit., p. 74. 455 Cfr. PATTI, op. cit., p. 75. 456 Cfr. PATTI, op. cit., p. 74.

Secondo un'ulteriore impostazione, che si potrebbe definire mediana, pur riconoscendo la competenza ai giudici nazionali, ciò nondimeno occorre distinguere a seconda che la clausola generale sia di nuovo conio e, quindi, di matrice europea ovvero sia "familiare" alle tradizioni giuridiche degli Stati Membri457. In quest'ultima

ipotesi, non vi sono dubbi che il giudice nazionale sia il soggetto chiamato a procedere all'attività di concretizzazione delle clausole generali. Viceversa nel primo caso, dovrebbe affermarsi una competenza concorrente tra giudice nazionale e Corte Europea di Giustizia, non potendosi trascurare che la Corte Europea di giustizia sia il soggetto più indicato ad applicare i principi europei per l'interpretazione di una clausola generale promanante dallo stesso ordinamento comunitario458.

Nell'ambito di quest'ultima ipotesi si potrebbe ipotizzare l'applicazione della tecnica del Fallkruppen459 che, nel concorso di competenza tra Corte Europea di

Giustizia e giudice nazionale, finirebbe per articolarsi in due fasi:

1) in una prima fase, la clausola generale "comunitaria" verrebbe "scomposta" dal giudice comunitario in regole "tipizzate" elaborate in relazione alle norme sociali di condotta, che a loro volta sono costruite intorno ai c.d. "valori assiologici";

2) in un secondo momento, tali regole tipizzate verrebbero applicate dal giudice nazionale alla fattispecie sottoposta al suo sindacato, valutando, altresì, le specificità dell'ordinamento nazionale di appartenenza. Nel caso in cui la norma tipizzata non avesse spazio operativo nell'ordinamento interno l'indeterminatezza della clausola generale consentirebbe, comunque, al giudice interno di individuare una regola "nuova", come si è già illustrato per le clausole generali interne, salvo poi sottoporla al vaglio della Corte Europea di Giustizia per il tramite della pregiudiziale comunitaria.

Conseguentemente, posta l'esistenza di qualche margine di manovra del giudice nazionale, solo apparentemente si configura un rapporto gerarchico tra giudice nazionale e Corte Europea di Giustizia, in cui l'attività del primo è subordinata all'attività della seconda.

In realtà, la questione se sia preferibile una concretizzazione delle clausole generali da parte del giudice nazionale ovvero da parte della Corte Europea di

457 Cfr. PATTI, op. cit., p. 76. 458 Cfr. PATTI, op. cit., p. 76-77. 459 Cfr. PATTI, op. cit., p. 77.

Giustizia, altro non esprime che il problema dell'opportunità di optare per un'armonizzazione in senso debole ovvero in senso forte460.

Un'armonizzazione in senso forte porta ad attribuire l'attività di concretizzazione della clausola generale alla Corte Europea di Giustizia461.

Un'armonizzazione in senso debole postula un incisivo potere del giudice nazionale.

Attualmente è difficile affermare la prevalenza dell'uno o dell'altro modello462.

Tanto premesso, occorre comprendere quale sia, tra quelle individuate, la

soluzione più coerente con il principio di sussidiarietà di cui all'art. 5 del Trattato.

In base a tale principio, si ritiene che la concretizzazione delle clausole generali deve essere lasciata alla competenza degli Stati463, potendo il giudice comunitario

intervenire solo in un secondo momento al fine di valutare la compatibilità della normativa nazionale con quella comunitaria e, quindi, di verificare se la stessa sia coerente con gli obiettivi e le ratio sottesi alla Direttiva Europea.

Nel documento Clausole generali e certezza del diritto (pagine 140-144)