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La parabola discendente dell'intangibilità e l'ascesa dell'aequitas

Nel documento Clausole generali e certezza del diritto (pagine 53-57)

Il problema dei "confini" dell'intervento giudiziale si lega a quello dell'intangibilità del contratto, avendo l'ordinamento giuridico accolto il principio di vincolatività, cristallizzato all'art. 1372 c.c. ai sensi del quale «il contratto ha forza di legge tra le parti»165 da cui essa deriva naturalmente166. Così, il legislatore si è

162 Cfr. CAMARDI, Contratti con i consumatori e contratti tra imprese. Rilievi critici sul paradigma dell'asimmetria di potere contrattuale, p. 898, la quale prende in esame la posizione dell'impresa

debole nel contratto di subfornitura con riguardo agli abusi di dipendenza economica perpetrati dall'altra parte. Vedere anche CAMARDI, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni

sull'asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti «reticolari»,cit p. 588, secondo

la quale la buona fede non può essere configurata «alla stregua di una improbabile bacchetta magica utile a sanzionare presunti abusi o apparenti squilibri "contabili" nel nome di una altrettanto improbabile equità/solidarietà».

163 Cfr. CAMARDI, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull'asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti «reticolari», cit., p. 588, secondo la quale «la

realizzazione di obiettivi sociali di più equa distribuzione della ricchezza» ha la sua sede naturale nella «legislazione e non nella libera giurisdizione».

164 In questo senso, l'assenza di previsione legislativa costituirebbe una delle più significative

conquiste del pensiero liberale. In tal senso BARCELLONA, Clausole generali e giustizia

contrattuale, cit., p. 269. Si rinvia a FRANCIONE, La giustizia contrattuale: quale compromesso tra

autonomia privata e mercato? sito web: http://www.diritto.it/docs/23030-la-giustizia-contrattuale-

quale-compromesso-fra-autonomia-privata-e-mercato

165 Dall'art. 1372 c.c. discendono due regole: 1) quella per la quale è esclusa la possibilità per la parte

di imporre all'altra modifiche o integrazioni del contenuto del contratto; 2) quella secondo cui nessuna parte può decidere di svincolarsi unilateralmente dal contratto, ossia prescindendo dal volere dell'altra. Cfr. CARNEVALI, Istituzioni di diritto privato, a cura di BESSONE, Torino, 2005, p.

629.

166 Cfr. AAVV, Efficacia del contratto, nel Commentario Cendon, Milano, 2010, Sub art. 1372, p. 325

espresso esplicitamente nel senso di dotare il contratto di una particolare forza

cogente, che solo un mutamento univoco della volontà delle parti - per intervento di

una nuova volontà uguale e contraria (contrarius actus) dei paciscenti, ossia del c.d. mutuo dissenso, che altro non configurerebbe che un nuovo contratto avente effetto solutorio, ossia un c.d. «contratto estintivo»167 - ovvero un'ipotesi predeterminata ex

lege di scioglimento del contratto potrebbero intaccare168.

In forza del principio di vincolatività (o di intangibilità) del contratto i presupposti della stipulazione di un contratto sono: la consapevolezza dell'atto che si sta per compiere, la serietà dell'impegno che si andrà ad assumere e, in generale, l'esistenza di un'effettiva e libera autodeterminazione del futuro contraente169. La

presenza di questi presupposti colora di irretrattabilità il vincolo contrattuale, in omaggio alla tradizione pandettistica che, come noto, è imperniata sul brocardo “pacta sunt servanda”170.

Il principio di intangibilità della lex contractus esprime l'idea per cui il negozio giuridico, in quanto espressione intrinseca della libertà negoziale, appartiene al mondo dei privati e non può tollerare per sua natura interventi ab externo171. Con

167 Cfr. GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., p. 951 e ss. In relazione alla tematica del mutuo

dissenso si rinvia a BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, cit., p. 735, il quale lo distingue dai

contratti restitutori che realizzano «una vicenda contrattuale inversa». Per approfondimenti in tema di mutuo dissenso si rinvia a LUMINOSO, Il mutuo dissenso, Milano, 1980.

168 Il tenore letterale della disposizione normativa di cui all'art. 1372 c.c. è parso infelice a quella

dottrina che ha considerato tale formula «enfatica», non essendo possibile assimilare l'atto negoziale e la legge sotto ogni profilo: cfr., TORRENTE e SCHLESINGER, Manuale di diritto privato,

Milano, 2004, p. 245. In tal senso anche CARNEVALI, Istituzioni di diritto privato, cit., p. 629;

BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, cit., p. 36, il quale nell'indagare il rapporto tra «contratto e

norma giuridica» osserva come il contratto possa ritenersi essere una norma negoziale per la sua funzione di «autoregolamento di rapporti giuridici privati» integrando «una regola giuridica posta in essere dai singoli interessati e destinatari della regola medesima». Anche a parere di chi scrive, la suddetta assimilazione e la qualificazione del contratto come norma non devono indurre in errore, operando la norma negoziale e la norma legale su due livelli diversi e presentando caratteri tipici diversi. In generale sul tema dell'integrazione si rinvia a FRANZONI, Degli effetti del

contratto, II, nel Commentario Schlesinger, Milano, 2013, p. 3; ROPPO, Il contratto, cit., p. 479 e s.

169 A presidio della stessa l'ordinamento ha apprestato una serie di meccanismi rimediali quali, ad

esempio, l'annullabilità per dolo, errore o violenza, l'annullabilità ai sensi dell'art. 428 c.c. per incapacità di intendere e volere; l'inefficacia delle condizioni generali del contratto in caso di mancata specifica sottoscrizione per iscritto; la nullità di protezione prevista in caso di clausole vessatorie ai sensi dell'art. 36 cod. cons.; la rescissione; ecc.

170 Cfr. GAZZONI, Manuale di diritto privato, cit., p. 951.

171 Il principio di intangibilità e il principio di vincolatività del contratto si integrano reciprocamente.

Il principio di vincolatività del contratto ex art. 1372 c.c. opera sul piano degli effetti del contratto mentre il principio di intangibilità del contratto opera sul piano del contenuto. Tuttavia, posta l'impossibilità di distinguere il contratto dai suoi effetti, normalmente vengono considerati sinonimi. Così si evince da AaVv, Efficacia del contratto, nel Commentario Cendon, Milano, 2010, Sub art. 1372, p. 325 e ss. .

riguardo alla sua genesi, la matrice va rintracciata nell'ambito di una delle teorie relative alla natura del negozio giuridico172. In particolare, il riferimento è alla teoria

del dogma della volontà, la cui essenza si potrebbe racchiudere tutta nella formulazione di tale quesito (retorico): se il diritto civile è posto a tutela dell'individuo come non attribuire al negozio giuridico il significato della più alta espressione dell'autonomia privata? 173.

Orbene, pur attribuendo alla teoria del dogma della volontà il merito di aver enucleato detto principio, si osserva come essa appaia superata da tempo in favore della teoria precettiva che guarda al contratto come fenomeno sociale: il baricentro del contratto non è più la volontà in quanto si guarda alla funzione che esso esplica ossia quella di autoregolamentazione degli interessi privati174. L'adesione alla teoria

172 Cfr. BIANCA, Il contratto, cit., p. 18 e ss., secondo il quale sulla base della definizione del contratto

quale «accordo mediante il quale le parti regolano un loro rapporto giuridico patrimoniale» si sono elaborate le teorie sulla natura del contratto, per cui è possibile distinguere una concezione soggettiva e una concezione oggettiva. In base alla concezione soggettiva l'essenza del negozio giuridico risiede nella «volontà creatrice dell'individuo». La volontà dell'individuo è elemento imprescindibile del negozio giuridico in quanto è «primo elemento costitutivo». Ciò sarebbe confermato dalla presenza di una serie di indici normativi quali ad esempio l'art. 1338 c.c. che nel disciplinare la responsabilità precontrattuale prevede il risarcimento del danno, non essendo richiesto alla parte di eseguire in ogni caso il contratto. Pertanto, se al negozio giuridico non corrisponde una vera volontà dell'individuo il negozio giuridico non potrebbe ritenersi tale. Secondo la concezione oggettiva o teoria della dichiarazione, invece, ruolo centrale è rivestito dalla dichiarazione, rispetto alla quale la volontà del soggetto non avrebbe un valore ai fini della configurazione del negozio. In realtà, parte della dottrina italiana, scindendo tra contenuto del negozio (oggetto di atti dispositivi) e effetti del negozio (indisponibili), ha cercato di salvare questa teoria proprio affermando l'indisponibilità degli effetti del negozio giuridico, che si produrrebbero ope legis. In realtà, la suddetta distinzione tra contenuto del contratto ed effetti del contratto suscita perplessità, essendo difficile attribuire una diversa portata agli effetti del contratto rispetto al contenuto dispositivo del regolamento negoziale. Infine, tali teorie sono state surclassate dall'emergere di una successiva convinzione avente ad oggetto la teoria precettiva che, in qualche modo, si pone a metà strada tra le due. Infatti, in base alla teoria precettiva la volontà rappresenta un momento psicologico meramente interno che rileva giuridicamente nella misura in cui «si sia tradotta in un fatto sociale», p.19. Pertanto, rifuggendo da concezioni assolutistiche Carlo Massimo Bianca ritiene che, in base alla teoria precettiva, la nozione di contratto non va determinata privilegiando un mero dato psicologico, quale la volontà psichica del soggetto, ovvero ad un dato materiale, quale la dichiarazione, concretando un «fenomeno sociale», BIANCA, op. cit.,

p. 19.

Il principio della intangibilità del contratto sembra avere un suo corrispondente negli ordinamenti di common law: il principio della sanctity of contract, che costituisce un presidio della libertà contrattuale nei confronti degli interventi integrativi della giurisprudenza sotto la forma degli “implied terms”.

173 Tra i principale sostenitori della teoria della volontà vi è STOLFI, Teoria del negozio giuridico,

Padova, 1961; STOLFI, Il negozio giuridico è un atto di volontà, in Giur. ital, 1948, IV, p. 41 e ss. In

senso critico a detta teoria con riguardo ai negozi inter vivos: BETTI, Interpretazione della legge e

degli atti giuridici, Milano, 1949, p. 290, il quale la considera plausibile con riguardo agli atti mortis causa, op. cit., p. 290. Per approfondimenti si rinvia anche a BETTI, Teoria del negozio

giuridico, Napoli, 2002.

precettiva non conduce a negare rilevanza all'autonomia privata. Anzi, tutt'altro. Essa attribuisce un ruolo di primo rilievo alla “volontà dichiarata” e, quindi, ha avuto il merito di agevolare la circolazione dei traffici, non essendo necessario indagare la volontà interna (che, poi, di per sé è anche inafferrabile)175.

In dottrina è stato detto che, con l'affermazione di tale teoria precettiva, è sorto «un nuovo dogma dell'autonomia contrattuale»176, per cui il principio di intangibilità

del contratto si è rinvigorito, non sembrando possibile almeno in linea teorica e potenziale porre limiti alla libertà contrattuale. Se in origine il principio di intangibilità del contratto ha svolto un ruolo assolutamente dominante - insieme alla teoria del dogma della volontà - poi esso ha perso la propria rilevanza in quanto intaccato da un progressivo incedere del potere correttivo del giudice.

In particolare, il fenomeno della sindacabilità giurisdizionale dell'autonomia negoziale, a cui si lega il tema della congruità dello scambio, è stato attraversato da un processo evolutivo contraddistinto dai seguenti momenti.

Sotto la vigenza del codice civile del 1865 campeggiava ancora l'idea di un'autonomia negoziale quale “volontà sovrana”. La teoria del dogma della volontà continuava a mantenere un ruolo da protagonista, essendo tendenzialmente esclusa ogni possibilità di sindacato giurisdizionale della congruità dello scambio.

La progressiva erosione del principio di intangibilità ha avuto inizio con l'avvento del codice civile del 1942. A partire da questo momento si è attribuita rilevanza alla congruità tra le prestazioni mediante l'inserimento di specifiche previsioni all'interno del codice civile. In via esemplificativa, uno degli istituti che ha costituito espressione della nuova tendenza a limitare il principio di intangibilità è

175 In questo modo si è riconosciuto alla volontà privata un potere creativo “autopoietico”, che trova

in sé stesso, e dunque nella libertà contrattuale, il fondamento della propria essenza e che può scontrarsi con le clausole generali e i meccanismi sottesi alla loro concretizzazione mediante l'integrazione valutativa. Al riguardo estremamente evocativo è un passaggio del saggio di Fabrizio Volpe: «le negoziazioni devono essere ora rispettose del controllo di giustizia, perchè questo è coessenziale all'autonomia negoziale che altrimenti non supererebbe il giudizio di meritevolezza»: VOLPE, La giustizia contrattuale tra autonomia e mercato, Napoli, 2004, p. 258.

Quindi non si può ritenere possibile una piena realizzazione della libertà negoziale senza il presidio offerto dalle clausole generali, quali strumenti di giustizia contrattuale. La circostanza che le clausole generali costituiscano uno strumento di controllo della giustizia contrattuale è condiviso anche da PIERAZZI, La giustizia del contratto, in Contr. e impr., 2005, p. 647. Dunque, il

riconoscimento del contratto come fenomeno sociale, porta all'affermazione del valore superiore dell'autonomia privata che ha contribuito «ad accrescere il rilievo della sacertà delle contrattazioni private». Cfr. NANNA, Eterointegrazione del contratto e potere correttivo del giudice, Padova,

2010, p. 202.

stata la rescissione quale rimedio applicabile ai contratti stipulati in stato di pericolo

ex art. 1447 c.c. e in stato di bisogno ex art. 1448 c.c. Altri richiami impliciti al

principio di congruità sono previsti agli artt. 1467, 1664, 1450, 1623 c.c.

Un ruolo importante è stato svolto, altresì, dalla Costituzione, che ha positivizzato all'art. 2 la nozione di solidarietà sociale.

Infine, anche il diritto europeo ha esercitato un effetto condizionante. Si pensi, ad esempio, al recesso di pentimento previsto nella disciplina dei contratti di consumo ovvero alle invalidità europee a presidio di vincoli di forma/contenuto177.

Tutti meccanismi che hanno vulnerato il valore del vincolo contrattuale.

Anche la giurisprudenza ha alimentato la tendenza dello sgretolamento dell'intangibilità. Si è assistito, infatti, a forme di intervento giudiziale consistite nella conformazione degli effetti del contratto mediante, ad esempio, la risoluzione parziale (sul punto, si consideri la riducibilità ex officio della clausola penale), la nullità parziale, sia nella sua forma assoluta sia in quella relativa (come la nullità di cui all'art. 36 cod. cons.).178 Altre forme di intervento sono state particolarmente

invasive in quanto estrinsecantesi nella creazione di figure quali, ad esempio, il divieto di abuso del diritto (considerato - da alcuni - esito dell'applicazione della clausola generale di buona fede in funzione valutativa). In altri casi, la giurisprudenza ha intaccato il principio di intangibilità mediante un'applicazione delle clausole generali al fine di dichiarare l'invalidità di atti negoziali. Invero, non può trascurarsi anche la crescente e progressiva importanza che hanno acquisito nel tempo i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, dei quali spesso la giurisprudenza si è avvalsa per giustificare interventi giudiziali sul contratto.

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