Ad ogni buon conto, per far emergere insiemi di omogeneità abbastanza resistenti a letture basate su un gruppo variegato di esperienze odeporiche, è necessario approntare un percorso critico che essenzializzi il meno possibile la materia a disposizione. Gli elenchi sopra riproposti – il nostro, come quello di Said – possiedono un grosso limite: quello di accontentarsi di mettere insieme corpus letterari e autori che condividono l’esperienza del viaggio verso Est, senza tenere in considerazione – o meglio lasciando sullo sfondo – le motivazioni del partire e dell’arrivare, i periodi storici vissuti, i luoghi geografici calcati, le contingenze affrontate, i bagagli culturali di sostegno, i generi letterari praticati, ecc.. In altre parole tutti quegli elementi particolari che contribuiscono a sciogliere in mille sfumature, e così rendere più composito, il paesaggio artistico, sociale e culturale che stiamo osservando. Per questo motivo, si è deciso di rinunciare alla predisposizione di genealogie precostituite, muovendoci invece secondo criteri più pragmatici che sappiano salvaguardare, almeno in prima battuta, le specificità di oggetti di studio prima di inserirli in percorsi teorici particolari.
Quello che segue nelle prossime pagine è il risultato di un esperimento «cartografico» di cui questo paragrafo rappresenta una sorta d’introduzione, o se si preferisce di priere d’insèrer. Verranno riproposti, a uno a uno, approfondimenti monografici sulla maggior parte dei film considerati in
questo studio, tra loro accorpati secondo il criterio ritenuto meno arbitrario possibile, quello geografico: tre capitoli raggrupperanno, rispettivamente, i film ambientati in India, Cina e Giappone (le tre principali aree culturali e geografiche dell’Asia centrale ed estrema), mentre un quarto capitolo, giocoforza più eterogeneo, raccoglierà i film girati e dedicati alla Palestina, allo Yemen, alla Siberia, al Vietnam, all’Indonesia, aree geografico-culturali altrettanto importanti ma oggettivamente meno frequentate dai registi modernisti. Le opere così «catalogate», senza abbracciare alcuna ambizione tassonomica o regolativa, non saranno – per il momento – paragonate tra loro, né collocate in un unico discorso che intenda evidenziare similitudini, differenze, congruità, difformità. Al contrario, verranno lasciate deliberatamente isolate in modo da accentuarne l’indipendente discorsività, l’autonomia di vedute e di sensibilità. Nello stesso tempo, adottando una struttura che «scioglie» i singoli focus in sotto-paragrafi organizzati schematicamente secondo categorie il più possibile rigide – una prima parte in cui si declinano le condizioni produttive del singolo film, una seconda parte in cui s’individuano le location e i luoghi di ripresa scelti, una terza, più lunga, in cui si restituiscono, sotto forma di diario di viaggio, le sinossi dettagliate, una quarta in cui si elencano le caratteristiche principali del film, in modo particolare nella loro relazione con i concetti e le pratiche dell’alterità – si consente l’affiorare (apparentemente) spontaneo di concentrazioni o diradamenti di luoghi, immagini, situazioni, frangenti. L’idea è che, seguendo questo tipo di (dis)organizzazione dei saperi, si possano generare mappe mentali elaborate in maniera del tutto autonoma e proattiva per far sì che si possa tastare con mano, ma secondo le proprie sensibilità, sia quella serie di prevedibilità che potrebbero ricordare – questa è la nostra opinione – le pratiche del Grand Tour, su cui ci sarà modo di ragionare nelle prossime parti del testo, sia una serie d’imprevedibilità, di originalità di sguardo, di tragitto e di atteggiamento, che rappresentano, malgrado tutto, quell’insieme di «ostinazioni» precipue più volte asserito e dal quale non si può prescindere per articolare qualsivoglia proposta teorica.
È bene, infatti, sottolineare che qui non si intendono negare le specificità dei singoli viaggi, anzi, per quanto possibile si vogliono valorizzarle dato che rappresentano il contraltare di ogni pratica collattiva, il fuoricampo di ogni inquadratura/inquadramento che nasce dal confronto, il controcampo di ogni speculazione che, per essere tale, deve prevedere la presenza di un’immagine speculare, dunque a lei oppositiva. Utilizzando una metafora «edilizia», potremmo dire che ogni
approfondimento monografico presente nelle prossime pagine costituisce un mattone dalla forma, dalla consistenza, dal colore e dalla lega diversi, ognuno di essi screziato dalla propria storia morfologica. Così, quando nelle successive parti del testo cercheremo di appoggiare, uno sull’altro, alcuni di questi mattoni con l’obiettivo di erigere una costruzione concettuale che si interroga sulle forme di rappresentazione delle alterità, lo faremo consapevoli del fatto che si tratta di un assemblaggio per forza di cose precario perché il materiale di partenza che sovrapponiamo è sdrucciolevole, irregolare, non levigato. Il risultato ottenuto, che cerca comunque di fondarsi su una discorsività equilibrta e resistente alle sollecitazioni critiche, non potrà ovviamente essere preclusivo di modalità di addensamento alternative che, come detto, toccherà al lettore perseguire secondo proprie logiche di composizione.
Un ultimo appunto sulla dimensione «narrativa» (nel senso saidiano di declinazione di discorsività predeterminate) che i paragrafi dedicati alle singole pellicole mirano a ritagliarsi. Riferendoci in modo particolare alle sinossi dettagliate, abbiamo deciso di estenderle il più possibile, illustrando molti passaggi evenemenziali per due ragioni tra loro convergenti: in prima battuta, essendo la maggior parte dei testi qui studiati dei «film di viaggio», dettagliarne le trame significava tentare di avvicinarsi alle forme della letteratura odeporica, alla centralità della narrazione – rispetto agli aspetti visivi/visuali – come modalità di restituzione e gestione delle relazioni dell’«alterità», come strumento per far emergere la fatica del cammino, la lunghezza del tragitto, il senso di frustrazione, misto a quella curiosità che spesso emerge nelle immagini e tra le immagini; in seconda battuta soffermarsi sul contenuto dei film ci consente di evidenziare parole chiave, luoghi fisici, figure sociali, situazioni narrative che si ripetono di film in film, punti di riferimento ideali per iniziare autonomi o guidati itinerari di collazione.