[L’amore di Lellino] 35.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-23/m)
Un manoscritto di 20 cartelle (mm 210 x 154), redatte solo sul recto con
inchiostro celeste (ad eccezione di tre interventi a matita112), e correttamen-
112 Si tratta dell’aggiunta interlineare di «a portargliele» (Marito e moglie, r. 96,
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te numerate in alto a sinistra (l’indicazione numerica tuttavia compare solo sulle cartelle 4, 8-10, 12, 14, 16-18, 20; sulle altre ha provveduto Glauco, in un momento successivo, a penna nera, ad inserire le cifre mancanti). L’ulti- ma pagina è datata «1.11.17».
Il manoscritto è conservato in una cartellina (un foglio di mm 220 x 318 piegato a metà), sulla quale l’autore, al centro della prima facciata, ha scritto a matita il titolo «Marito e moglie»; Emma, con il lapis, poco più in basso ha aggiunto «non quella così intitolata in Giovani», mentre nella parte superio- re ha annotato «Inedita?» e «1917»; ancora sotto il titolo, ma stavolta a penna nera, ha infi ne appuntato «Spadini?».
35.2.-35.3. Vicende redazionali e datazione
Il racconto ha avuto un’unica stesura, di getto, che risale, così come segnala l’autore sull’ultima pagina del manoscritto, al 1° no- vembre 1917: MS, l’unico testimone pervenuto, presenta una reda-
zione lineare, priva di interpolazioni, di aggiunte di ulteriori carte o di soppressioni particolarmente signifi cative, e con correzioni per lo più immediate e formali (e, sia fatta eccezione per i minimi interventi a matita segnalati nella Tavola dei testimoni, probabil- mente effettuati in un secondo momento, il racconto non sembra essere stato rivisto dopo la sua prima stesura).
L’unica questione da menzionare riguarda il titolo. Nelle Noti- zie sulle novelle Glauco scriveva: «Ms. di venti cartelle e copertina con il titolo autografi . Datata “1.XI.’17”. Ma quel titolo originario, che era Marito e moglie, ha dovuto essere cambiato dal curatore della presente edizione, a causa della omonimia con l’altra novella già raccolta in Giovani»113. Tuttavia, stando all’analisi delle carte
a nostra disposizione, non vi sono segni di ripensamento da par- te di Tozzi (probabilmente riteneva questa novella accantonata in maniera defi nitiva): e pertanto in questa edizione si è proceduto a ristabilire il titolo originale, segnalando, qui e nell’indice, tra parentesi quadre la sostituzione proposta da Glauco (L’amore di Lellino), così da distinguere questo racconto da Marito e moglie pubblicato il 15 settembre 1919 su «Il giornale dell’Isola letterario», e poi inserito in Giovani.
35.4. Vicende editoriali
La novella è stata pubblicata la prima volta, con il titolo L’amore di Lellino, in LN63, pp. 843-849, e poi ristampata in LN88, pp. 743-748.
r. 163, apparato), e della lezione «che questo legame era» ricavata da «questo legame che era» (Marito e moglie, r. 192, apparato).
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35.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
Titolo Marito e moglie p. 743 L’amore di Lellino
r. 15 quando, ritti nel mezzo della stanza,
che faceva loro da camera
p. 743 quando, ritti nel mezzo della stanza
che faceva loro da camera
rr. 35-36 Tanto Angelico che Adelasia smet-
tevano di parlare, per guardarli; ma senza prendervi parte;
p. 744 Tanto Angelico che Adelasia smette-
vano di parlare; ma senza prendervi parte;
r. 51 quando gli studenti dell’università
regalavano le loro fotografi e ai pro- fessori.
p. 744 quando gli studenti dell’Università
regalavano le loro fotografi e ai pro- fessori.
rr. 69-71 un fi schio come quello di un ragazzo,
che non ha ancora imparato. / Quan- do si sentiva indolenzito, scendeva;
p. 745 un fi schio come quello di un ragazzo,
che non ha ancora imparato. Quando si sentiva indolenzito, scendeva;
r. 140 non vorrei, però, che spendesse per
i ninnoli ai ragazzi. Ne abbiamo bi- sogno noi
p. 747 non vorrei, però, che spendesse per
i ninnoli ai bambini. Ne abbiamo bi- sogno noi
r. 174 Ma Angelico quando s’accorgeva
ch’egli esitava, lo guardava adirato;
p. 747 Ma Angelico, quando s’accorgeva
ch’egli esitava, lo guardava adirato;
36. Nina
36.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-B-2/8)
Un manoscritto anepigrafo di 20 cartelle (mm 212 x 154), redatte solo sul recto con inchiostro celeste, e correttamente numerate nell’angolo in alto a sinistra (l’indicazione numerica tuttavia compare solo sulle pagine 9-13 e 15-20; la numerazione a lapis che si legge sul verso invece non è autografa). L’ultima carta è datata «17.12.17»; sulla stessa Emma ha annotato a matita «Abbozzature».
Il manoscritto è conservato in una cartellina (un foglio di mm 210 x 320 piegato a metà), non autografa, sulla cui prima facciata Glauco a matita ha appuntato il titolo «[Nina]».
Altri documenti
Nel fascicolo 1-B-2/8 del Fondo Tozzi sono custoditi anche due dattilo- scritti postumi di 5 cartelle (mm 280 x 221), redatte con inchiostro nero in entrambi i casi, corrette a penna nera e a matita rossa, e numerate in alto a destra (su uno dei due testimoni è inserita a matita anche una numerazione 39-43). I due documenti furono composti da Glauco nel 1946, in occasione della prima edizione a stampa del racconto.
36.2.-36.3. Vicende redazionali e datazione
Il manoscritto di Nina, redatto il 17 dicembre 1917 (come se- gnala l’autore sull’ultima cartella del testimone), presenta un nu- mero abbastanza contenuto di varianti, la maggior parte delle quali
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immediate e di tipo formale114: si deve ipotizzare, pertanto, che il
racconto non sia stato sottoposto a revisione dopo la sua prima e unica stesura. Parziale conferma a questa supposizione deriva dal fatto che la novella è rimasta senza titolo; in questa edizione si adot- ta quello proposto da Glauco in LN63, ormai fortemente consolidato
nella tradizione degli studi tozziani. 115
36.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato edito la prima volta, con il titolo Nina, in
IM46, pp. 55-60, come ottavo e ultimo testo; a p. 58 di questa edizio-
ne è riprodotto un disegno di Ottone Rosai, che occupa quasi l’in- tera pagina, raffi gurante dal retro una coppia di giovani abbracciati che camminano insieme; la citazione riportata sotto l’illustrazione è la seguente: «Il giorno dopo dovevano fare un’altra passeggiata». La novella, sempre con lo stesso titolo, è stata poi inserita in LN63, pp.
869-876, e infi ne ristampata in LN88, pp. 761-765.
36.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
r. 2 erano andati a far visita certi loro co-
noscenti di campagna,
p. 761 erano andati a far visita loro certi co-
noscenti di campagna,
r. 27 ella si voltò a lui, e con un movimento
naturale, senza né meno arrossire gli accarezzò i capelli
p. 761 ella si voltò a lui, e con un movimento
naturale, senza né meno arrossire, gli accarezzò i capelli
r. 38 Essi parlavano sotto voce, perché pa-
reva loro che potessero udirli
p. 762 Essi parlavano sottovoce, perché pare-
va loro che potessero udirli
r. 57 Allora durante il primo intervallo, co-
minciarono a chiedersi se <si> non fossero conosciuti anche prima
p. 762 Allora, durante il primo intervallo, co-
minciarono a chiedersi se si non fos- sero conosciuti anche prima
r. 93 s’accorse soltanto allora ch’egli era un
giovinetto115 con la peluria su le labbra;
p. 763 s’accorse soltanto allora ch’egli era un
giovanetto con la peluria su le labbra;
r. 110 Emilio fece di tutto per non pensarci
più, e che non c’era niente di straor- dinario
p. 764 Emilio fece di tutto per non pensar-
ci più, e per convincersi che non c’era niente di straordinario
r. 130 non sapeva perché ma gli piaceva che
la ragazza si fosse chiusa per sempre a quel modo.
p. 764 non sapeva perché, ma gli piaceva che
la ragazza si fosse chiusa per sempre a quel modo.
114 L’unica variante sostanziale si trova verso la fi ne del racconto; in ogni caso
questa è stata effettuata durante la stesura del testo, e non in una successiva fase correttoria (cfr. Nina, r. 121, apparato).
115 Nel manoscritto si legge «giovnetto»: viene emendato in «giovinetto», in
quanto nel corpus tozziano questa forma presenta un più alto numero di occor- renze rispetto a «giovanetto».
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r. 134 di mano in mano che le settimane
passavano prendevano una loro dol- cezza
p. 764 di mano in mano che le settimane
passavano, prendevano una loro dol- cezza
r. 138 Egli sentiva ancora quei baci quando
né meno si ricordava più di come era fatta Nina.
p. 765 Sentiva ancora quei baci quando né
meno si ricordava più di come era fatta Nina.
r. 145 Nina s’era fatta monaca per orgoglio e
perché, quando i suoi genitori gli par- larono della lettera, non aveva avuto più stima di se stessa.
p. 765 Nina s’era fatta monaca per orgoglio e
perché, quando i suoi genitori le par- larono della lettera, non aveva avuto più stima di se stessa.
37. Colleghi
37.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-B-2/8)
Un manoscritto anepigrafo, non fi rmato e non datato, di 21 cartelle re- datte solo sul recto, e numerate 1-21, a matita rossa, nell’angolo in alto a sinistra. Le cartelle 1-19 e 21 (mm 209 x 157) sono scritte con inchiostro
celeste, ad eccezione di due trascurabili casi in cui è usata la matita116; la
19 inoltre è utilizzata solo parzialmente (la redazione si interrompe a circa metà pagina). La cartella 20 invece è ricavata da un foglio di quaderno a righe (mm 209 x 156) ed è vergata con penna nera; anche in questo caso il foglio è adoperato solo in parte.
Il manoscritto è conservato in una cartellina (un foglio di mm 156 x 209, piegato a metà, così da risultare più piccolo dell’autografo che custodisce), su cui Emma ha segnato con inchiostro celeste «Colleghi – non fi nita», sulla prima facciata, e a penna nera «risacchiare» o «risacchione», sull’ultima. 37.2. Vicende redazionali
Come segnalato nella Tavola dei testimoni, MS si caratterizza per
due anomalie: innanzitutto solo la cartella 20 (la penultima dell’au- tografo) è redatta con inchiostro nero, e non con quello celeste che si riscontra su tutti gli altri fogli (1-19 e 21); e in secondo luogo le pagine 19 e 20 non sono utilizzate interamente, ma solo per metà. Se ne deduce che l’ultima parte del testo non ha avuto una redazione lineare. L’ipotesi più probabile è che la cartella 20 fosse un appunto o un frammento isolato, scritto in un momento non precisabile, ma che possiamo immaginare pressoché coevo o di poco anteriore alla precedenti pagine; certamente non successivo. Ed è lecito supporre che Tozzi si sia deciso a recuperare il brano e ad inserirlo nel testo. Sicché, giunto ad un possibile punto di attacco, ha interrotto la ste-
116 Ossia per cerchiare, forse in segno di insoddisfazione, i termini «inveire»
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sura, ha inserito il breve segmento (la cartella 20 appunto) e ha pro- ceduto la composizione del racconto su un nuovo foglio (la cartella 21). Dopo poche righe però si è fermato nuovamente, per abban- donare defi nitivamente la composizione della novella, che dunque rimane incompiuta. Non è credibile invece che Tozzi abbia prima scritto prima le cartelle 1-19 e 21, e poi in un successivo momento abbia provveduto ad inserire la 20117: se così fosse, non si spieghe-
rebbe perché la stesura sulla 19 si interrompe a metà pagina. Un’ultima annotazione merita il titolo. Nelle Notizie sulle novel- le, Glauco sosteneva: «Il titolo che qui fi gura deriva da una indica- zione di mano di Emma su una fascetta; è pertanto probabile che sia quello originario dell’Autore»118. In realtà la questione è meno certa
di come la pone il curatore dell’edizione Vallecchi, dal momento la cartellina che custodisce il manoscritto, sulla quale compare solo la grafi a di Emma, potrebbe anche essere stata preparata dopo la morte di Tozzi. Tuttavia il fatto che il titolo sia vergato con lo stesso inchiostro celeste attestato nel manoscritto (e presente solo negli autografi tozziani di un determinato periodo) può essere valutato come un indizio capace di avvalorare la tesi di Glauco. È per que- sto motivo, sia pur nella consapevolezza di affi darci ad una traccia molto debole (ma è l’unica), che in sede di costituzione del testo assumiamo Colleghi come titolo d’autore119.
37.3. Datazione
Un elemento decisivo ai fi ni della datazione è offerto dal colore degli inchiostri: 20 delle 21 cartelle dell’autografo sono infatti redat- te con la stessa penna celeste usata da Tozzi tra la fi ne del 1917 e i primissimi mesi del 1918 (e in particolare ne Il marito, 14 ottobre 1917, in Anima giovanile, 16 ottobre 1917, ne La festa di ballo, 18 ottobre 1917, in Donata, 27 ottobre 1917, in Marito e moglie [L’amo- re di Lellino], 1 novembre 1917, in Elia e Vannina, 15 novembre 1917, in una pagina di Persone del 23 novembre 1917, in Nina, 17 dicembre 1917, ne La sementa, 7 gennaio 1918, e nei Taccuini di gennaio-febbraio 1918). Quanto suggerisce la visione del testimone è confermato, e per certi aspetti ulteriormente specifi cato, da altri dati: se la preferenza esclusiva accordata alle forme “escire”/”riescire”120
117 Questa è l’ipotesi espressa in Tozzi, Notizie sulle novelle, cit., p. 926. 118 Tozzi, Notizie sulle novelle, cit., p. 926.
119 Si segnala che un’identica situazione si riscontra in Aspasia, alla cui scheda
introduttiva (e in particolare al § 47.2) si rimanda.
120 In Colleghi troviamo «riescisse» (Colleghi, r. 26), «esciva» (Colleghi, r. 89),
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e “doventare”121 scoraggia una collocazione nella prima fase della
produzione tozziana (1908-1913), la scelta di lessemi ancora dan- nunziani (quali «conscienza»122 ad esempio) e l’analisi della grafi a (le
5 G maiuscole sono sempre in corsivo) impediscono una datazione successiva al 1917.
37.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato pubblicato, con il titolo Colleghi, la prima volta in LN63, pp. 523-528, e poi ristampato in LN88, pp. 458-462.
37.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
rr. 26-27 era un poco babbuziente; ma pareva
che riescisse, con quella fi la di denti tutti eguali e forti, a vincere la bab- buzie; per quanto la sua pronuncia facesse l’impressione di mordere.
p. 458 era un poco balbuziente; ma pareva
che riescisse, con quella fi la di denti tutti eguali e forti, a vincere la bal- buzie; per quanto la sua pronuncia facesse l’impressione di mordere.
r. 36 mettendo le sedie più accosto e ti-
rando ciascun vicino al proprio piat- to il quartuccio e il bicchiere.
p. 459 mettendo le sedie più accosto e
tirando ciascuno vicino al proprio piatto il quartuccio e il bicchiere.
r. 50 La padrona, Concettina, era una
donnetta sciancata e con un occhio storpio. Con pochi capelli e sempre unta.
p. 459 La padrona, Concettina, era una
donnetta sciancata e con un occhio storto. Con pochi capelli e sempre unta.
r. 80 con due soli il Berretti se la diceva:
con il Gigli, e con lo Squarti. Il Gigli era alto alto
p. 460 con due soli il Berretti se la diceva:
con il Gigli, e con lo Squarti: il Gigli era alto alto
r. 115 lo Squarti se l’era fatta dare, senza
prima chiedere se nessuno l’avesse voluta. Soltanto gli altri l’avevano guardato mangiare,
p. 461 lo Squarti se l’era fatta dare, senza
prima chiedere se nessuno l’avesse voluta. Soltanto, gli altri l’avevano guardato mangiare,
r. 117 E, per risentirsi la conscienza tran-
quilla come una volta, erano dovuti passare alcuni giorni.
p. 461 E, per risentirsi la coscienza tran-
quilla come una volta, erano dovuti passare alcuni giorni.
rr. 155-156 s’accorse di non avere nessuna ami- cizia per i suoi colleghi. Allora egli sentì che doveva amare di più se stesso, ed ubbidire se stesso più di quanto non aveva fatto per il pas- sato.
p. 462 s’accorse di non avere nessuna ami-
cizia per i suoi colleghi. / Allora egli sentì che doveva amare di più se stesso; ed ubbidire se stesso più di quanto non aveva fatto per il pas- sato.
r. 168 Il Berretti, che si vergognava di es-
sere stato malato non sentiva anco- ra la consueta forza d’animo
p. 462 Il Berretti, che si vergognava di es-
sere stato malato, non sentiva anco- ra la consueta forza d’animo
121 Nel racconto si attesta «doventato» (Colleghi, r. 144). 122 Colleghi, r. 117.
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