39.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-23/o)
Un manoscritto di 19 cartelle (mm 208 x 153), redatte solo sul recto, e numerate sul verso a penna nera da Glauco. Le pagine 1-10 sono vergate con inchiostro nero chiaro (ad eccezione di un segno a matita rossa – non necessariamente autografo – inserito nella cartella 5 in corrispondenza del
passo «era come se vivesse il doppio e il triplo di tutti»125); le pagine 11-13
(fi no a «fuor di porta trovarono un sole»126) con inchiostro nero scuro; da
pagina 13 in poi (ossia dal passo «più tranquillo e più dolce di quello della
primavera.»127 fi no alla conclusione) si riscontra nuovamente l’inchiostro
nero chiaro (lo stesso delle cartelle 1-10). È da notare inoltre che sulla car- tella 10 la redazione si interrompe a metà pagina, e un apposito rimando segnala che il testo prosegue sul foglio successivo.
Il manoscritto è conservato in una cartellina (un foglio di mm 206 x 306 piegato a metà), sulla cui prima facciata l’autore ha scritto a matita il titolo «Una passeggiata»; mentre Emma, sempre a matita, più in basso ha annotato «frammento» e «S. Regina», e sul margine superiore una possibile data di redazione del testo: «1916?».
39.2. Vicende redazionali
La descrizione dell’unico manoscritto di Una passeggiata evi- denzia due piccole anomalie: innanzitutto le pagine 11, 12 e la parte superiore della 13 sono vergate con una penna diversa da quella usata nel resto del documento; e in secondo luogo sulla cartella 10, ossia su quella immediatamente precedente il cambio d’inchiostro, la redazione del testo si interrompe a metà pagina. Questa è una situazione abbastanza frequente negli autografi tozziani. E come in molti altri casi simili, anche in questo l’ipotesi più credibile è che il racconto sia il risultato di un’operazione di ampliamento di un gruppo di cartelle preesistenti: in questo caso le cartelle 11-13, le quali, molto probabilmente, costituivano l’originario incipit della novella128. Se ne desume, sempre per via congetturale ovviamen-
125 Una passeggiata, rr. 54-55. 126 Una passeggiata, rr. 155-157. 127 Una passeggiata, r. 157.
128 La cartella 11 infatti se letta autonomamente può essere interpretata come
l’inizio di un racconto: «Egli conosceva Livia fi n da quando era andata al ma- gistero di Firenze. Durante le vacanze si ritrovavano alla biblioteca comunale; e Guido l’aveva anche aiutata per la tesi. / Livia era fi gliola d’un impiegato e si diceva che avesse una sola amicizia sentimentale: con un medico. Questa amicizia poteva doventare un fi danzamento se tanto Livia che il medico non avessero avuto il proposito, resistente ancora, di non sposarsi e di non avere
CXXXIV
te, che l’autore ha prima aggiunto le pagine 1-10 (e questo spiega l’utilizzo solo parziale della cartella 10), e ha continuato poi la re- dazione del racconto direttamente sulla cartella 13; la quale infatti è vergata con inchiostro nero scuro (presente anche nelle pagine 11 e 12) nella parte superiore, e con il nero chiaro (quello delle cartelle 1-10 e 14-19) nella metà inferiore.
39.3. Datazione
Sulla cartellina che raccoglie le 19 carte dell’unico autografo disponibile, Emma ha annotato come ipotetica data di redazione «1916?»: la forma dubitativa impone di assumere con una certa cau- tela la testimonianza. Tuttavia se è lecito credere che Emma possa aver sbagliato l’anno in cui il testo è stato composto, è più diffi cile immaginare che abbia collocato nel sessennio romano un racconto scritto invece negli anni in cui l’autore risiedeva ancora a Siena129:
cosicché è possibile indicare nel 1914, vero spartiacque della bio- grafi a tozziana, il termine post quem di redazione. Confi ne questo che viene confermato anche da alcune scelte lessicali, quali le 5 occorrenze di “escire” e “riescire”130, impostosi nel dizionario tozzia-
no solo dal ’14, o le 4 di “doventare”131, ricorrente in maniera così
rilevante a partire dal ’16. Il termine ante quem invece è certamente il 1917, come rivelano le 15 G maiuscole tutte in corsivo che si ri- scontrano nel manoscritto132.
nessun legame. Del resto, dopo il prim’anno d’insegnamento ch’ella aveva do- vuto fare in una sede molto lontana da Siena, quel poco di sentimento che c’era nell’ami- |12| cizia con il medico era tutto scomparso; ed ambedue avrebbero durato molta fatica a ritrovarne le tracce» (Una passeggiata, 129-140). Non è cre- dibile invece che le cartelle 11-13 appartenessero ad una precedente stesura del racconto, non solo perché è rarissimo, in Tozzi, che della prima versione di un testo venga recuperata solo una piccola sezione, ma soprattutto perché sarebbe più diffi cile spiegare il motivo per cui sull’attuale cartella 13 la redazione con inchiostro nero scuro si interrompe a metà pagina.
129 Nei casi in cui è incerta anche sulla collocazione post o ante 1914, Emma
non esita a esprimere dubbi in proposito; cfr. Dopo la tribbiatura, sulla cui car- tellina la Palagi annota «Avanti Roma?».
130 Nel racconto ricorrono le seguenti voci: «esciva» (Una passeggiata, r. 11),
«escire» (Una passeggiata, r. 32), «riescito» (Una passeggiata, r. 33), «esciremo» (Una passeggiata, r. 213), ed «Esciamo» (Una passeggiata, r. 220).
131 Le occorrenze di “doventare” sono le seguenti: «doventati», correzione di
«doventarono» (Una passeggiata, r. 3 e apparato), «doventata» (Una passeggiata, r. 18), e «doventare» (Una passeggiata, rr. 50 e 134; quest’ultima occorrenza si trova nel gruppo di cartelle più remote).
132 Naturalmente tale ipotesi di datazione si riferisce alla stesura fi nale del
testo, e non anche alle cartelle 11-13, che abbiamo sostenuto essere precedenti: tuttavia l’attestazione già segnalata nella nota precedente di «doventare» a pagi-
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39.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato pubblicato la prima volta in LN63, pp. 396-
403, e poi ristampato in LN88, pp. 350-356.
39.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
r. 24 i tetti di San Marco e di Fontebran-
da, che di lì non si vedevano;
p. 350 i tetti di San Marco e di Fontebran-
da, che da lì non si vedevano;
rr. 41-42 Nella stanza non c’era che lui e lo
specchio. / Guido Mecacci aveva allo- ra ventidue anni;
p. 351 Nella stanza non c’era che lui e lo
specchio. Guido Mecacci aveva allora ventidue anni;
rr. 44-45 era orfano e doveva impiegarsi
dentro due o tre anni al massimo, se non voleva trovarsi a patire la fame. La sorella s’era maritata a un segretario d’un comune di campa- gna;
p. 351 era orfano e doveva impiegarsi
entro due o tre anni al massimo, se non voleva trovarsi a patire la fame. / La sorella s’era maritata a un segretario d’un comune di cam- pagna;
rr. 60-61 Intanto ora era preso da quel ma-
lessere noioso che hanno i giovani. / Stette seduto fi nché, smovendo una spalla, non sentì che il freddo l’ave- va tutto indolenzito.
p. 351 Intanto ora era preso da quel ma-
lessere noioso che hanno i giovani. Stette seduto fi nché, smovendo una spalla, non sentì che il freddo l’ave- va tutto indolenzito.
rr. 69-70 riconobbe la voce di Livia; una si-
gnorina, professoressa, conosciuta alla biblioteca.
p. 352 riconobbe la voce di Livia; una si-
gnorina professoressa, conosciuta alla biblioteca.
rr. 142-143 Guido ci pensò a pena restato solo un’altra volta, mentre fi nì di vestirsi. / Alle quattro precise egli si trovò al- l’appuntamento.
p. 354 Guido ci pensò a pena restato solo
un’altra volta, mentre fi nì di vestirsi. Alle quattro precise egli si trovò al- l’appuntamento.
r. 189 le campane in un piccolo frontone
della facciata, come infi late nella cruna d’un ago fatto con i mattoni.
p. 355 le campane in un piccolo frontone
della facciata, come infi late nella cruna di un ago fatto con i mattoni.
40. Leggenda
40.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-B-2/7)
Un manoscritto di 19 cartelle (mm 214 x 154), redatte solo sul recto con inchiostro nero, e numerate sul verso a matita blu (le cifre 9-19 correggono una precedente numerazione 7-17; sul verso dei fogli 12-17 compare anche, cassata, la numerazione 4-9). È da segnalare che a partire dalla cartella 9 l’interlinea è più generoso (si contano infatti 16-17 righi a cartella, contro i 18 costanti delle pagine precedenti) e che la cartella 6 è utilizzata solo nella metà superiore.
na 11 (r. 134) permette di congetturare, sia pur con estrema cautela, una stesura di queste carte di poco antecedente al resto del racconto.
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Il documento è conservato in una cartellina (un foglio di mm 214 x 308 piegato a metà), sulla cui prima facciata, al centro, l’autore ha scritto a penna nera il titolo «Leggenda». Nell’angolo in alto a sinistra invece, ver- gato sempre con inchiostro nero, si legge «IV»: impossibile in questo caso qualsiasi attribuzione; sul margine superiore Emma, a matita, ha annotato «inedita?» e una possibile data di redazione del racconto: «1916?».
Altri documenti
Nel fascicolo 1-B-2/7 del Fondo Tozzi sono conservati anche due datti- loscritti, identici, di 4 cartelle (mm 279 x 222), redatte solo sul recto con inchiostro nero: tali documenti non sono autografi , ma allestiti da Glauco in occasione della pubblicazione di IM46; sempre sue sono le correzioni a matita rossa e a penna nera che si leggono su entrambi i documenti. La numerazione 35-38, aggiunta con il lapis su uno dei due dattiloscritti, si riferisce alla posizione del racconto nell’edizione vallecchiana del ’46. 40.2. Vicende redazionali
Una prima visione del manoscritto rivela due anomalie che im- pongono di scartare l’ipotesi di una vicenda redazionale lineare. Innanzitutto a partire dalla cartella 9 l’autografo si caratterizza per un interlinea meno serrato e compatto. E in secondo luogo la car- tella 6 non viene utilizzata dall’autore interamente: circa a metà infatti il testo si interrompe, per proseguire poi sul foglio successi- vo. Anomalie che diventano ancora più signifi cative alla luce della numerazione a matita blu che si legge sul verso, corretta in ben due occasioni.
L’ipotesi più probabile è che Tozzi avesse inizialmente compo- sto le attuali pagine 9-19, in cui è raccontata la vicenda della città che crolla nel vuoto e dei due amanti che decisero di sposarsi anzi- ché aspettare fi duciosi la stella salvifi ca che Dio avrebbe mandato loro; nelle battute conclusive il narratore riferisce che, sebbene chi racconti questa storia «è preso per ubriaco»133, «un poeta ci ha fatto
una specie di ballata, che le ragazze imparano a mente quando vogliono bene a qualcuno e perciò si sentono felici»134; del resto,
sostiene ancora il narratore, «il mondo e la sua storia, come noi impariamo a scuola, sono venuti da là»135. Si tratta in sostanza della
sezione di testo compresa tra il rigo 57 (ossia da «– V’era una città che viveva sola», dal momento che i righi 55-56 – «questa specie di sogno; non so perché.» – che si leggono sempre nella cartella 9 sono
133 Leggenda, r. 99. 134 Leggenda, rr. 106-108. 135 Leggenda, rr. 117-118.
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stati aggiunti sul margine superiore a sostituire una frase che chiu- deva la pagina precedente136), e i righi 118-119 («i due amanti credo-
no ancora di tornare ad amarsi»); risulterebbe pertanto aggiunto in un secondo momento il brano conclusivo dei righi 120-123, su cui si tornerà brevemente più avanti.
Tale ipotesi trova due punti di appoggio. Il primo è di tipo con- tenutistico-interpretativo. Infatti la parte di Leggenda corrisponden- te ai righi 57-119 (pagine 9-19) non è altro che una riscrittura «delle antiche storie bretoni rimesse in circolo da Renan (e poi soprattutto dal Debussy de La cathédrale engloutie)»137, e può essere facilmente
separata dal resto della novella, senza che il suo signifi cato ne ri- sulti compromesso. In secondo luogo sul verso delle cartelle 12-17 si legge, scritta e cassata a matita blu, la numerazione 4-9. Questa numerazione, se completata delle cifre iniziali mancanti, impone di considerare come pagina iniziale di una versione poi ampliata pro- prio l’attuale pagina 9.
La seconda fase redazionale si è aperta solo quando l’autore ha sentito la necessità di ampliare questa parte, al fi ne di trasformare una sorta di fi aba in novella: sono state così redatte le cartelle 1-6, nelle quali si racconta la malattia che costringe a casa il protago- nista-narratore e il suo rapporto con i quattro ragazzi. La pagina 6, più nello specifi co, si concludeva con una parte, poi cassata138, in
cui il protagonista decide, per passare il tempo e per conquistare la simpatia dei fanciulli, di raccontare una novella. Si spiega così il motivo per cui questa pagina è sfruttata solo nella metà superiore; il testo infatti, a questo punto della redazione, proseguiva sull’attuale cartella 9. Anche questa ipotesi trova un’inamovibile conferma nei dati che si ricavano dall’analisi del verso dei fogli: sulle cartelle 9- 19 infatti la defi nitiva numerazione è ricalcata su una precedente, che procede da 7 a 17; e tutto ciò si spiega solo supponendo che alle cartelle 1-6 siano state aggiunte le attuali 9-19, già disponibili, e, qui inserite, rinumerate 7-17 (contestualmente viene soppressa la numerazione 4-9 che si riscontra sul verso delle cartelle 12-17, di cui si è già detto sopra).
Infi ne, non soddisfatto della trovata narrativa, l’autore ha pre- ferito fare in modo che il suo protagonista raccontasse un sogno piuttosto che una novella: è a questo punto che Tozzi ha cassato la parte fi nale di pagina 6 (appunto quella in cui il personaggio inven-
136 Cfr. Leggenda, rr. 55-56 (apparato). 137 R. Castellana, Tozzi, cit., p. 89. 138 Cfr. Leggenda, r. 39 (apparato).
CXXXVIII
ta «una novella»139), per sostituirla con le cartelle 7-8, la cui funzione
è proprio quella di introdurre il sogno del protagonista.
L’ultimo atto redazionale è stato infi ne l’aggiunta dei righi 120- 123, che chiudono la cornice aperta ad inizio racconto: il protago- nista, grazie ai suoi racconti, è riuscito a conquistare l’amicizia dei ragazzi.
40.3. Datazione
Come già detto nella Tavola dei testimoni, sulla cartellina che custodisce il manoscritto Emma ha annotato «1916?». Si tratta di un’indicazione dubitativa, ma non per questo priva di importanza. Infatti se è certamente possibile che la Palagi ricordi male l’anno, è meno probabile invece che sbagli il sessennio in cui il racconto è sta- to redatto: considerazione questa che permette di assumere il 1914 come termine post quem; termine oltretutto corroborato dall’uso di “riescire”, in tre occasioni sempre preferito a “riuscire”140. La grafi a
caratterizzata dalla G maiuscola in corsivo, qui in una sola occorren- za, induce d’altro canto a collocare il racconto non oltre il 1917. 40.4. Vicende editoriali
Leggenda è stata pubblicata la prima volta in IM46, pp. 49-53,
come settima novella; a p. 51 di questa edizione è riprodotto un disegno di Ottone Rosai del 1936, che occupa l’intera pagina, raf- fi gurante un agricoltore intento al suo lavoro; la citazione del testo riportata sotto l’illustrazione è la seguente: «I contadini stavano tutto il giorno nel campo». Il racconto è stato poi inserito in LN63, pp. 404-
408, e infi ne ristampato in LN88, pp. 357-360.
40.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
r. 35 Io mandavo via la donna, a trovare la
sua sorella,
p. 358 Io mandavo via la donna, dalla sua
sorella,
r. 60 il terreno del piccolo stato, torno tor-
no al confi ne si staccava
p. 358 il terreno del piccolo stato, torno tor-
no al confi ne, si staccava
r. 62 gli abitanti non ci credettero né meno
ma poi fu accertato
p. 358 gli abitanti non ci credettero né meno;
ma poi fu accertato
r. 65 Allora, fu pensato di costruire un pon-
te in cemento armato, perché tutti gli abitanti si potessero salvare
p. 359 Allora, fu pensato di costruire un pon-
te, perché tutti gli abitanti si potessero salvare
139 Leggenda, r. 39 (apparato).
140 Si tratta delle seguenti occorrenze: «riescivo» (Leggenda, r. 20), «riesciva»
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r. 78 Allora dopo qualche settimana, quasi
tutta la città era scomparsa così.
p. 359 Allora, dopo qualche settimana, quasi
tutta la città era scomparsa così.