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Parole di un morto

26.1. Tavola dei testimoni

MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-14/15)

Un manoscritto di 18 cartelle (mm 208 x 152), redatte solo sul recto con

penna nera (tranne un’unica correzione a matita viola79), e, limitatamente

alle prime nove, numerate sul verso con matita blu (non sembra invece au- tografa la numerazione sul verso delle cartelle 10-18, scritta a lapis).

Il documento è conservato in una cartellina (un foglio di mm 209 x 307 piegato a metà), su cui, al centro della prima facciata, a penna nera l’autore ha segnato il titolo «Parole di un morto». Nell’angolo in alto a sinistra, con la matita blu, è stato annotato «VII»: diffi cile comprendere il riferimento di tale indicazione.

Altri documenti

Nel fascicolo dei materiali inerenti Parole di un morto è custodito anche un dattiloscritto (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-15/27) di 5 cartelle (mm 282 x 199), redatte con la macchina da scrivere GAL ad inchiostro nero solo sul recto, numerate in alto al centro, e con alcune correzioni a penna nera, di cui si dirà più avanti. Il documento è raccolto in una cartellina non autografa, ma allestita da Glauco, probabilmente al momento di riorganizzare l’archivio paterno. Sulla cartella 1, infi ne, nell’angolo in alto a destra è incollato un foglietto su cui Emma ha riportato i dati della prima edizione a stampa del racconto: ««Cronache d’attualità», Roma gennaio 21».

Nelle Notizie sulle novelle Glauco Tozzi si limita ad informare dell’esi- stenza di tale documento, senza però dire né se fu rivisto dall’autore, né se

sia stato utilizzato per la costituzione del testo80. Questa vaghezza è dettata

quasi certamente dal fatto che, contrariamente a quanto accade per testimo- ni di altri racconti, in questo caso non è possibile comprendere con sicurez- za e rapidità se la copia battuta a macchina sia autografa o postuma.

Il dattiloscritto si differenzia dal manoscritto per minimi elementi: si trat-

ta di varianti d’interpunzione (virgole in particolare)81 e grafi che (gene-

79 Cfr. Parole di un morto, r. 62 (apparato). 80 Cfr. Tozzi, Notizie sulle novelle, cit., p. 922.

81 Le varianti di questo tipo sono (si riporta tra parentesi la lezione del ma-

noscritto, accolta nel testo, seguita dalla sigla MS e dal numero di rigo in cui si

trova nella presente edizione): «anima,» («anima» MS, r. 56); «campo;» («campo:» MS, r. 58); «contento» («contento,» MS, r. 69); «occhi» («occhi,» MS, r. 91); «Ma» («Ma,» MS, r. 115).

CI

ralmente con lectio facilior)82, di lievissime aggiunte o soppressioni83, e

soprattutto della scansione dei capoversi84. I pochi interventi a penna, oltre

a correggere errori di battitura (refusi, interpunzione, ecc.), si limitano ad

aggiungere virgole85, ad inserire maiuscole86, e a modifi care gli a capo87. Gli

scarsi elementi a disposizione (in particolare le lettere tracciate in sede di correzione di refusi) inducono a credere che la mano scrivente sia quella di Emma Palagi.

Dall’insieme dei dati sin qui raccolti, appare evidente che il dattiloscritto sia stato concepito come copia del manoscritto: infatti le differenze rispetto all’originale sono in numero così limitato, e soprattutto talmente marginali, da poter essere interpretate come errori del copista. Un solo caso sembra essere un vero e proprio intervento correttorio, però anche questo non necessariamente d’autore: la lezione di MS «Sembra una cosa inventata che

io abbia vissuto:»88 nel dattiloscritto è trasformata in «Che io abbia vissuto

sembra una cosa inventata:». Non è inutile segnalare che non solo si tratta della variante più macroscopica, ma che Glauco nell’edizione Vallecchi la rifi uta a favore della lezione manoscritta.

E a proposito dell’edizione curata da Glauco, a conferma di un giudizio incerto sull’autenticità del dattiloscritto, occorre dire che l’atteggiamento del curatore, studiato sull’edizione dell’’88, lascia perplessi, poiché con- sente di ricostruire il testo dando credito di volta in volta ora all’uno, ora all’altro testimone. Più in particolare sembra che per quanto riguarda le

82 In particolare si tratta delle seguenti divergenze: «mi hanno» («m’hanno» MS,

r. 3); «gl’innamorati» («gli innamorati» MS, r. 11); «pare» («par» MS, r. 23); «suono»

(«sono» MS, r. 33); «Eppure» («E pure» MS, r. 38); «almeno» («al meno» MS, r. 43); «mi

hanno» («m’hanno» MS, r. 91); «invano» («in vano» MS, r. 122).

83 Si tratta di pochissimi casi: «che i frammenti» («che frammenti» MS, r. 55); «non

è, però, vero» (in questo caso le virgole sono aggiunte a penna; «non è vero» MS,

r. 57); «attorno» («insieme attorno» MS, r. 66); «non» («che non» MS, r. 128). 84 Le varianti nella scansione dei capoversi sono le seguenti: «piangere! Ma»

(«piangere! / Ma» MS, rr. 19-20); «cieco. / Ma» (correzione a penna della lezione

del manoscritto; «cieco. Ma» MS, r. 28); «soltanto. E» («soltanto. / E» MS, rr. 31-32);

«mezzo. Odo» («mezzo. / Odo» MS, rr. 42-43); «cola. / Ma» («cola. Ma» MS, r. 45);

«niente: vedo» («niente. / Vedo» MS, rr. 57-58); «nuora. Quando» (ricavato a penna

dalla lezione del manoscritto; «nuora. / Quando» MS, rr. 61-62); «fretta. Avevo»

(«fretta / Avevo», MS, rr. 64-65); «respira. La» («respira. / La» MS, rr. 85-86); «cambia-

to. / Ma» («cambiato. Ma», MS, rr. 122-123); «me. / E» («me. E», r. 125); «capire. Alla»

(«capire. Alla» MS, rr. 135-136).

85 Nel dattiloscritto sono aggiunte virgole, assenti invece nel manoscritto, nei

seguenti casi: «rose,» («rose», MS, r. 12); «non è, però, vero» (caso già segnalato

nella nota 83; nel manoscritto si legge la lezione «non è vero» MS, r. 57); «delizio-

se,» («deliziose», r. 105).

86 In questa tipologia rientra un solo caso: «Lui» («lui», MS, r. 104).

87 Si tratta dei due casi già segnalati nella nota 84: «cieco. / Ma» («cieco. Ma» MS,

r. 28); «nuora. Quando» («nuora. / Quando» MS, rr. 61-62). 88 Parole di un morto, r. 30.

CII

differenze grafi che e d’interpunzione Glauco privilegi il manoscritto89, men-

tre per la scansione dei capoversi il dattiloscritto90; in soli pochi casi agisce

autonomamente91.

89 Nei casi di divergenza tra i due testimoni Glauco Tozzi privilegia la lezione

manoscritta nei seguenti casi (tra parentesi si segnala il numero di pagina in LN88,

il numero di rigo nella presente edizione, e, dopo il punto e virgola, la lezione del dattiloscritto): «m’hanno» (p. 384, r. 3; «mi hanno» nel dattiloscritto); «gli inna- morati» (p. 384, r. 11; «gli innamorati» nel dattiloscritto); «par» (p. 384, r. 23; «pare» nel dattiloscritto); «cieco. Ma» (p. 384, r. 28; «cieco. / Ma» nel dattiloscritto); «Sem- bra una cosa inventata che io abbia vissuto» (p. 385, r. 30; «Che io abbia vissuto sembra una cosa inventata:» nel dattiloscritto); «E pure» (p. 385, r. 38; «Eppure» nel dattiloscritto); «al meno» (p. 385, r. 43; «almeno» nel dattiloscritto); «che fram- menti» (p. 385, r. 55; «che i frammenti» nel dattiloscritto); «campo:» (p. 385, r. 58; «campo;» nel dattiloscritto); «nuora. / Quando» (p. 385, rr. 61-62; «nuora. Quando» nel dattiloscritto); «insieme attorno» (p. 385, r. 66; «attorno» nel dattiloscritto); «contento,» (p. 386, r. 69; «contento» nel dattiloscritto); «m’hanno» (p. 386, r. 91; «mi hanno» nel dattiloscritto); «occhi,» (p. 386, r. 91; «occhi» nel dattiloscritto); «lui» (p. 386, r. 104; «Lui» nel dattiloscritto); «deliziose» (p. 387, r. 105; «deliziose,» nel dat- tiloscritto); «Ma,» (p. 387, r. 115; «Ma» nel dattiloscritto); «in vano» (p. 387, r. 122; «invano» nel dattiloscritto); «che non» (p. 387, r. 128; «non» nel dattiloscritto). Vale la pena segnalare inoltre che al rigo 117 nel manoscritto si legge «la intelligenza», ricavato da «la mia intelligenza»; Glauco Tozzi, così come il curatore della presen- te edizione, provvede a correggere in «l’intelligenza» (p. 387), sebbene anche nel dattiloscritto la locuzione rimanga nella forma «la intelligenza».

90 Glauco privilegia il dattiloscritto nei seguenti casi (si segnala tra parentesi

il numero di pagina dell’edizione Vallecchi dell’’88 e, dopo il punto e virgola, la lezione del manoscritto accolta nella presente edizione, seguita dalla sigla MS e

dal numero di rigo): «cassa. Il» (p. 384; «cassa. / Il», MS, rr. 1-2); «piangere! Ma» (p.

384; «piangere! / Ma», MS, rr. 19-20); «soltanto. E» (p. 385; «soltanto. / E», MS, rr. 31-

32); «suono» (p. 385; «sono», MS, r. 33); «dei continenti» (p. 385; «di continenti», MS, r.

35); «mezzo. Odo» (p. 385; «mezzo. / Odo», MS, rr. 42-43); «cola. / Ma» (p. 385; «cola.

Ma», MS, r. 45); «anima,» (p. 385; «anima», MS, r. 56); «leggiadra» (p. 385; «leggiadra,», MS, r. 60); «fretta. Avevo» (p. 385; «fretta. / Avevo», MS, rr. 64-65); «una intensità» (p.

385; «un’intensità», MS, r. 67); «respira. La» (p. 386; «respira. / La», MS, rr. 85-86);

«cambiato. Ma» (p. 387; «cambiato. / Ma», MS, rr. 122-123); «me. / E» (p. 387; «me.

E», MS, r. 125); «capire. Alla» (p. 387; «capire. / Alla», MS, rr. 135-136).

91 Si tratta dei seguenti casi: «ventre. Per» (p. 384; in ambedue i testimoni si

riscontra invece la lezione «ventre. / Per», rr. 4-5); «allegra. Dinanzi» (p. 384; sia nel manoscritto che nel dattiloscritto si legge invece «allegra. / Dinanzi», rr. 10- 11); «signifi care. / Il» (p. 385; «signifi care. Il», r. 36, nei due testimoni); «o una» (p. 385; mentre in MS e nel dattiloscritto «e una», rr. 37-38); «sento,» (p. 385; nei do-

cumenti si legge invece «sento», r. 41); «prima» (p. 385»; «prima,», r. 50, la lezione dei due testimoni); «attività. Ma» (p. 385; «attività. / Ma» nei due documenti, rr. 56-57); «lei,» (p. 386; «lei», r. 72, nei due testimoni); «poco» (p. 386; «poco fi sso», r. 94, nel dattiloscritto e in MS); «forte,» (p. 386; «forte;», r. 103, nei due testimoni);

«chiuso. Ma» (p. 387; la lezione dei due documenti è invece «chiuso. / Ma», rr. 108-109»); «mia,» (p. 387; «mia», r. 121, nei due testimoni); «comunicarmi,» (p. 387; «confessarmi,», r. 126, sia nel dattiloscritto che nel manoscritto); «coscienza» (p. 387; «conscienza» in entrambi i documenti, r. 136).

CIII

In realtà, l’ipotesi più probabile è che il dattiloscritto sia stato elaborato da Emma nel gennaio del ’21 per la pubblicazione del racconto su «Crona- che d’attualità». In questo senso non stupisce che il biglietto su cui Emma ha annotato gli estremi della prima edizione della novella sia stato addirit- tura incollato sul primo foglio del dattiloscritto, e non lasciato libero come

nel caso de La madre e de Il racconto di un gallo92: e comunque è invero-

simile che l’attentissima Emma, sempre rispettosa delle carte, abbia deciso di rovinare irrimediabilmente un autografo del marito, per appuntarsi una notizia che poteva essere annotata altrove. Oltretutto a gettare un’ulteriore, e a nostro avviso defi nitiva, ombra di sospetto sulla copia battuta macchi- na, è l’assenza di interventi autografi : un sospetto imposto dall’abitudine di Tozzi di correggere sempre, magari anche solo apportando una o due varianti lessicali, i dattiloscritti redatti da Emma. Tutte queste ragioni spin- gono pertanto a rifi utare questo testimone e a basare la costituzione del testo unicamente sul manoscritto.

26.2. Vicende redazionali

Assumendo come unico testimone MS, la vicenda redazionale de

Lo zio povero si presenta complessivamente semplice. Tuttavia sono da rimarcare due anomalie, reciprocamente connesse l’una all’altra: innanzitutto nella cartella 9 il testo si interrompe dopo appena un rigo93; e in secondo luogo la numerazione che si legge sul verso è

a matita blu sui primi nove fogli, e a lapis, e quasi certamente non autografa, sui rimanenti. Se ne deduce che le pagine 1-9 sono state redatte in un momento diverso dalle seguenti, e poi a quest’ultime aggiunte (naturalmente non è possibile ipotizzare l’inverso – ossia che ad essere aggiunte siano le cartelle 10-16 – poiché in questo caso Tozzi avrebbe continuato la composizione del racconto diretta- mente sulla 9, che invece, come già detto, rimane quasi interamente inutilizzata). Meno chiaro è invece se queste nove pagine iniziali abbiano sostituito un originario incipit poi scartato, o se siano state scritte per trasformare in racconto uno spunto narrativo non ade- guatamente sviluppato (infatti la seconda parte del racconto ipote- ticamente può essere anche letta da sola).

26.3. Datazione

Il racconto dovrebbe essere stato scritto nel 1916, come sug- gerisce Glauco nell’edizione Vallecchi: «Questa novella risale, come composizione, all’estate 1916. Infatti, in una lettera a Emma, che è

92 In quest’ultimo testimone viene spillato sul dattiloscritto non corretto da

Tozzi (cfr. in questo capitolo § 20.1., in particolare Altri documenti).

93 Sulla cartella 9 si leggono unicamente le parole «e la mia nuora.», che chiu-

CIV

certamente dell’agosto 1916, l’Autore scriveva, tra l’altro: “Ho am- mezzato un’altra novella: un morto che parla da dentro una bara. Triste? Non importa”»94.

26.4. Vicende editoriali

Il racconto è stato pubblicato la prima volta in «Cronache d’at- tualità», gennaio 1921, pp. 10-12, a cura di Emma Palagi, poi inserito in LN63, pp. 435-439, e infi ne ristampato in LN88, pp. 384-387.

26.5. Differenze con l’edizione Vallecchi

RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88

rr. 1-2 Hanno già messo i chiodi sopra la

mia cassa. / Il mio viso è disfatto:

p. 384 Hanno già messo i chiodi sopra la

mia cassa. Il mio viso è disfatto:

rr. 4-5 gli anelli d’oro che m’hanno lascia-

to alle dita, entrano nella carne del ventre. / Per quanto il mio udito sia ingrossato,

p. 384 gli anelli d’oro che m’hanno lascia-

to alle dita, entrano nella carne del ventre. Per quanto il mio udito sia ingrossato,

rr. 10-11 e oggi dev’essere una bella giornata

limpida, tutta odorosa; e la gente al- legra. / Dinanzi alla mia casa devono ancora passare gli innamorati,

p. 384 e oggi dev’essere una bella giornata

limpida, tutta odorosa; e la gente al- legra. Dinanzi alla mia casa devono ancora passare gli innamorati,

rr. 19-20 Sapere che potrei piangere! / Ma non

mette ormai conto parlare di me,

p. 384 Sapere che potrei piangere! Ma non

mette ormai conto parlare di me,

rr. 31-33 una parola soltanto. / E non capisco

perché io non esista né meno come il sono di quel clarinetto.

p. 385 una parola soltanto. E non capisco

perché io non esista né meno come il suono di quel clarinetto.

rr. 35-37 mi fanno lo stesso effetto di quan-

do io parlavo dei nomi di continenti lontani; e non so né meno più quel che debbano signifi care. Il mio non lo ricordo. Ho soltanto la sensazione di che cos’è un fi glio e una nuora.

p. 385 mi fanno lo stesso effetto di quando

io parlavo dei nomi dei continenti lontani; e non so né meno più quel che debbano signifi care. / Il mio non lo ricordo. Ho soltanto la sensazione di che cos’è un fi glio o una nuora.

rr. 41-43 Mi portano in chiesa: lo sento per-

ché salgono le scale. Mi mettono nel mezzo. / Odo cantare e pregare.

p. 385 Mi portano in chiesa: lo sento, per-

ché salgono le scale. Mi mettono nel mezzo. Odo cantare e pregare.

r. 45 la luce non è che una tinta gialla,

che cola. Ma non c’è niente che muore con me:

p. 385 la luce non è che una tinta gialla,

che cola. / Ma non c’è niente che muore con me:

r. 51 Devo, prima, trovare. p. 385 Devo, prima trovare.

rr. 56-58 Questi non sono che frammenti dei

miei sensi, che conservano ancora l’abitudine, presa con l’anima della loro attività. / Ma non è vero ch’io non mi ricordo di niente. / Vedo un ragazzo che cade in avanti,

p. 385 Questi non sono che frammenti dei

miei sensi, che conservano ancora l’abitudine, presa con l’anima, del- la loro attività. Ma non è vero ch’io non mi ricordo di niente. Vedo un ragazzo che cade in avanti,

r. 60 una giovine leggiadra, con i riccioli

neri;

p. 385 una giovine leggiadra con i riccioli

neri;

CV

rr. 64-65 Il mio cuore respirava in fretta. /

Avevo mattinate in cui pareva che la mia esistenza fosse vasta

p. 385 Il mio cuore respirava in fretta. Ave-

vo mattinate in cui pareva che la mia esistenza fosse vasta

r. 67 le cose vivevano con un’intensità

alacre

p. 385 le cose vivevano con una intensità

alacre

r. 72 m’ero così abituato a lei che cercavo

nei suoi occhi la sensazione

p. 386 m’ero così abituato a lei, che cerca-

vo nei suoi occhi la sensazione

rr. 85-86 mentr’ella vive ancora e respira. / La

credevo così mia che io avrei dovuto vivere,

p. 386 mentr’ella vive ancora e respira. La

credevo così mia che io avrei dovuto vivere,

r. 94 bastava che io glieli guardassi un

poco fi sso perché tutto fremente la stringessi al mio petto,

p. 386 bastava che io glieli guardassi un

poco perché tutto fremente la strin- gessi al mio petto,

r. 103 anche il mio amore si faceva più

forte; sentendo che sopravviveva a me.

p. 386 anche il mio amore si faceva più

forte, sentendo che sopravviveva a me.

rr. 108-109 alla mia triste e sciocca camera; do- v’ero chiuso. / Ma io avevo paura,

p. 387 alla mia triste e sciocca camera; do-

v’ero chiuso. Ma io avevo paura, rr. 121-123 giudicare qualunque cosa, non solo

mia ma anche degli altri. Il suono della mia voce, che mi sforzavo in vano di udire, doveva essere certo cambiato. / Ma non m’importava,

p. 387 giudicare qualunque cosa, non solo

mia, ma anche degli altri. Il suono della mia voce, che mi sforzavo in vano di udire, doveva essere certo cambiato. Ma non m’importava,

r. 125 la giustezza dei miei pensieri sor-

passava quel che gli altri si aspet- tavano da me. E mi occupai della famiglia

p. 387 la giustezza dei miei pensieri sor-

passava quel che gli altri si aspet- tavano da me. / E mi occupai della famiglia

r. 126 Quando il sacerdote venne a confes-

sarmi, io ero così automaticamente disposto

p. 387 Quando il sacerdote venne a comu-

nicarmi, io ero così automaticamen- te disposto

rr. 135-136 Udivo parlarmi, ma non m’importa- va più di capire. / Alla fi ne ho perso la conscienza, come quando ci si addormenta.

p. 387 Udivo parlarmi, ma non m’importa-

va più di capire. Alla fi ne ho perso la coscienza, come quando ci si ad- dormenta.

27. La marchesa

27.1. Tavola dei testimoni

MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-24)

Un manoscritto di 73 cartelle (mm 210 x 154), redatte solo sul recto, e numerate sul verso, a lapis, 1-78, con 2, 3, 20, 21 e 22 mancanti. Proceden- do ad una descrizione analitica, il manoscritto è così composto: cartella 1, poi un frammento della 4 (più della metà inferiore) incollato su un nuovo foglio bianco (la numerazione si legge in controluce), e cartella 5; la 6 è costituita dall’altro frammento della cartella 4 (e Glauco ha provveduto a rinumerarla «6») ed è seguita dalle pagine 7-19; non ci sono le cartelle 20- 22 perché cestinate dallo scrivente (lo segnala anche Glauco, che sul verso della 23 a penna nera annota: «Mancanti (tolte dall’Autore, certamente) le cartelle 20-21-22»), mentre sono tutte presenti le 23-78. In riferimento alla

CVI

numerazione è da segnalare che sul verso delle cartelle 23-45 è inserita anche un’altra numerazione, da 1 a 23 (a matita rossa sulle cartelle 23-42 e sulla 45, a penna nera sulle 43-44). Anche il colore degli inchiostri merita una più precisa descrizione. Le 73 pagine sono vergate con un’alternanza di nero chiaro e di nero scuro. Più nel dettaglio: le pagine 1-19 sono redatte con inchiostro chiaro, mentre le 23-45 con quello nero scuro; dall’ultimo rigo della cartella 45 fi no alla 53 si riscontra nuovamente l’inchiostro nero chiaro (e sul margine inferiore della 53 rimane uno spazio bianco, pari ad un rigo circa), a cui segue il nero scuro nelle 54-58 (ma in quest’ultimo foglio solo per i primi due righi); infi ne sono vergate con inchiostro nero chiaro le pagine 58-72 (e anche in questo caso sul margine inferiore della 72 rimane un piccolo spazio inutilizzato), e con quello scuro le cartelle 73- 78. Con gli stessi inchiostri, e con la stessa alternanza, sono effettuate le correzioni. Tuttavia è da segnalare che sulle cartelle 1-26 si riscontra una seconda fase correttoria effettuata con la penna rossa; e in tre casi, nelle pagine 71 (rr. 467-468), 76 (r. 505) e 78 (r. 529), è usato il lapis. L’ultima cartella è fi rmata «F. Tozzi» (inchiostro nero scuro); sul verso della stessa l’autore a lapis ha segnato la data «Roma 9 settembre 1916».

Il manoscritto è conservato in una cartellina allestita da Emma (un foglio di mm 220 x 307 piegato a metà), sulla cui prima facciata, a matita, sono riportati la data («Roma 1916 Sett.») e l’appunto «alcune pagine belle e molte di scarto». Sul margine superiore, con estrema diffi coltà a causa del foglio molto logorato, si legge il titolo «La baronessa», scritto a matita da mano non identifi cabile).

27.2.-27.3. Vicende redazionali e datazione

La vicenda redazionale de La marchesa appare estremamente travagliata e non è ricostruibile in tutte le sue fasi.

Possiamo sostenere con una certa attendibilità che il nucleo originario del racconto fosse composto dalle attuali pagine 23-45, redatte con inchiostro nero scuro e numerate sul verso, prima della defi nitiva numerazione, 1-23. Non è possibile verifi care invece se anche gli altri fogli vergati con inchiostro nero scuro (le cartelle 54- 58 e 73-78) appartenevano al medesimo livello redazionale di que- ste pagine; certamente non costituivano un blocco unico e lineare, dato che la stesura con il nero scuro, sulla cartella 58 si interrompe dopo solo due righi.

Comunque sia, al nucleo originario delle pagine 23-45 sono stati progressivamente aggiunti segmenti narrativi (le cartelle ini- ziali 1-22 – e di questo segmento si ricordi che la cartella 8 è stata inserita successivamente –, e le seguenti 46-78), fi no ad arrivare ad un racconto composto di 78 pagine; e questa operazione termina il 9 settembre 1916, data che l’Autore ha segnato sul verso dell’ultima carta del manoscritto, a lapis; così come a lapis aveva numerato i fogli da 1 a 78.

CVII

La terza e ultima fase del lavoro si attua in due tempi.

In primo luogo vengono effettuati dei tagli: cadono pertanto le pagine 2-3, 6, e 20-22, mentre la cartella 4 viene tagliata in due: la parte inferiore (più della metà) rimane nella medesima collocazio- ne, e dunque continua ad essere numerata 4 (incollata su un foglio bianco delle medesime dimensioni degli altri fogli); mentre la parte superiore (soli 6 righi) viene spostata tra le cartelle 5 e 7, a sosti- tuzione della 6, precedentemente cassata (anche in questo caso il frammento viene incollato su un foglio nuovo).

In secondo luogo l’autore inizia una nuova correzione di tutto il testo, servendosi della penna rossa. Arriverà solo fi no a pagina 26; la variante più consistente di questa nuova revisione riguarda il titolo nobiliare della protagonista, che da baronessa diviene mar- chesa: in sede di edizione abbiamo proceduto ad uniformare tutto il testo, estendendo questa correzione anche nelle cartelle 27-78 (e riportando naturalmente in apparato la lezione che si legge sul manoscritto). Ma questa variante ha delle ricadute anche sul titolo, che inizialmente era, come si apprende dall’analisi della cartellina del manoscritto, «La baronessa» (è diffi cile comprendere di chi sia l’appunto, ma quasi certamente di Emma): sulla base anche della scelta di Glauco, e dunque in accordo con una tradizione ormai consolidata, abbiamo provveduto a cambiarlo in La marchesa.

Questa terza ed ultima fase correttoria non dovrebbe essere di molto successiva alla precedente (conclusasi il 9 settembre 1916, come abbiamo detto), visto che l’impianto linguistico generale, che