2.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-26/10)
Un manoscritto di 13 cartelle (mm 249 x 147), redatte da Emma con in- chiostro nero solo sul recto, numerate in alto a destra, e corrette dall’autore prima a penna rossa e poi successivamente anche a penna nera. L’unico intervento di Emma (certamente autorizzato dall’autore) si attesta in punto
XXXVIII
estremamente delicato del testo: sulla cartella 1 infatti l’originario titolo «Luisa» (vergato a penna rossa) viene sostituito con «Storia semplice» (a penna nera). L’ultima pagina è fi rmata dall’autore «Federigo Tozzi» (con lo stesso inchiostro nero usato per il testo).
2.2. Vicende redazionali
La vicenda redazionale di Storia semplice non presenta com- plessità: all’originaria stesura autografa, spedita da Tozzi alla moglie nel febbraio del 1908 (ma su questo punto si tornerà più avanti), segue la copia trascritta da Emma, a sua volta ricontrollata e corretta dall’autore. Come già detto nella Tavola dei testimoni, quest’ultima revisione ha conosciuto due diversi momenti: il primo documentato dalle varianti inserite a penna rossa, il secondo dagli interventi con inchiostro nero.
È da segnalare inoltre anche un piccolo guasto testuale: nell’au- tografo infatti il nome della domestica di Barbara e di Luisa oscilla tra «Cuccia»5 e «Ciuccia»6; si è naturalmente provveduto a eliminare
il piccolo errore, adottando soltanto la seconda forma onomastica, e sposando pertanto la scelta già effettuata da Glauco in LN63.
2.3. Datazione
Il racconto risale certamente al 1908. Lo si deduce da due let- tere contenute in Novale; nella prima, del 19 febbraio 1908, l’autore scrive: «Nella prima pagina ho cominciato una cosa inspiratami da te, ma poi ho … cambiato strada, cominciando un fatto racconta- tomi dalla sorella della padrona di casa. Mi dirai se devo continua- re. Non so se Luisa fa l’effetto che deve fare»7; e in quella del 22
febbraio 1908, Tozzi scrive alla moglie: «Non ti mando la pagina aggiunta a quel che leggesti ieri, perché potrei fi nire anche quella cosa là. Ti mando quella di Luisa, fi nita dalle 9 alle 11. Sii attenta a certe incongruenze, di cui dubito. Per esempio, mi sono accorto da me che Barbara una volta aveva i capelli neri e una volta biondi! Se t’è piaciuta passala a Rina, facendotela restituire al più presto. O stasera stessa o domani mattina»8.
2.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato pubblicato la prima volta in LN63, pp. 91-99,
e poi ristampato in LN88, pp. 78-83.
5 Cfr. Storia semplice, rr. 16, 24 e 264 (apparato). 6 Cfr. Storia semplice, rr. 21, 244, 246.
7 Tozzi, Novale, cit., p. 217. 8 Ibid.
XXXIX
2.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
r. 31 – Mi amerai sempre in tal modo? El-
la domandò avvicinandosi a lui
p. 77 – Mi amerai sempre in tal modo?
– ella domandò avvicinandosi a lui
r. 95 Non vedeva la campagna presa dal
fuoco della estate.
p. 78 Non vedeva la campagna presa dal
fuoco dell’estate.
rr. 96-97 passavano per la stessa strada, di-
sperdendosi nella immensità della pianura,
p. 78 passavano per la stessa strada, di-
sperdendosi nell’immensità della pianura,
r. 154 – Solo? – Ella chiese. p. 80 – Solo? – ella chiese.
r. 181 Le dolevano le ossa e le tempia le
scoppiavano.
p. 81 Le dolevano le ossa e le tempie le
scoppiavano.
r. 182 – Dormi Luisa? p. 81 – Dormi, Luisa?
r. 187 Ella udì il rumore de’ suoi piedi p. 81 Ella udì il rumore dei suoi piedi
rr. 210-211 Dopo le prime due ore, deliberò di
non voler più vedere Amedeo. / «Per- ché egli viene a fi ngere?»
p. 81 Dopo le prime due ore, deliberò di
non voler più vedere Amedeo. «Per- ché egli viene a fi ngere?»
r. 221 E le pareva d’essere trascinata via
dalla testa.
p. 82 E le pareva di essere trascinata via
dalla testa. rr. 250-251 – Aprila – Luisa disse all’una delle
amiche. / – Che cosa vi è scritto?
p. 82 – Aprila – Luisa disse all’una delle
amiche. – Che cosa vi è scritto? rr. 263-264 – Vai – le disse sottovoce una delle
ragazze. / Ciuccia uscì, con il sorriso che le alzava il labbro superiore su tutta la gengiva.
p. 83 – Vai – le disse sottovoce una delle
ragazze. Ciuccia uscì, con il sorriso che le alzava il labbro superiore su tutta la gengiva.
3. Assunta
3.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-26/5)
Un manoscritto di 43 cartelle (mm 196 x 124), redatte da Emma solo sul recto, e numerate 1-43 sul verso con penna nera: le cifre 1-4 sono ricalcate su un’identica numerazione a matita, mentre la serie 6-43 corregge la pro- gressione 7-44, erroneamente inserita da Emma con il lapis. Le cartelle 1-12 («La grande aia … le era insuffi -», rr. 1-131) sono scritte con inchiostro nero; le successive 13-26 («-ciente. Sognava … non si curava molto», rr. 131-321) a penna blu, e, in alto a destra, riportano la numerazione, poi cassata, 6-19; infi ne le pagine 27-43 («di lei. … dalla stalla.», rr. 321-550) ancora a penna nera. Le correzioni che compaiono sul manoscritto sono in gran parte auto- grafe e vergate con inchiostro nero (fanno eccezione due interventi a matita
viola9 e due separazioni di paragrafo indicate a matita10). L’ultima pagina è
fi rmata dall’autore «Federigo Tozzi».
9 Cfr. Assunta, rr. 133 e 233 (apparato). 10 Cfr. Assunta, rr. 197 e 275 (apparato).
XL
Il documento è conservato in una cartellina (un foglio di mm 196 x 248 piegato a metà) allestita da Emma, sulla cui prima facciata a penna nera sono segnati il titolo «Assunta» (al centro, sottolineato più volte), e una pos- sibile data di redazione della novella: «1908?» (in alto a sinistra).
3.2. Vicende redazionali
All’interno dell’unico testimone di Assunta si distinguono per- fettamente due diversi livelli redazionali.
Infatti, le cartelle 13-26, che sono comunque una copia elabo- rata da Emma di una stesura autografa di cui non è rimasta trac- cia, sono precedenti, in ordine di tempo, alle altre: nello specifi co appartenevano ad una più remota versione del racconto (sempre trascritta da Emma), andata distrutta, e sono state recuperate per es- sere inserite all’interno della seconda e defi nitiva redazione del testo (l’attuale MS, ottenuto con l’aggiunta delle pagine 1-12 e 27-43, anche
queste copiate da Emma). Oltre allo spazio inutilizzato nel margine inferiore della cartella 12 (situazione che si può riscontrare quando lo scrivente aggiunge delle pagine da collocare prima di un deter- minato blocco testuale già composto, e che in ogni caso è spia ine- quivocabile di una stesura non unitaria e lineare), elementi decisivi a sostegno della nostra congettura derivano dall’analisi delle cartelle 13-26: il diverso inchiostro (blu e non nero come nelle pagine scritte successivamente), la suddivisione in paragrafi numerati (assente nel resto del testo, dove le separazioni sono indicate solo da uno spazio di un rigo), e soprattutto la numerazione 6-19, cassata, che si riesce a leggere nell’angolo in alto a destra (elemento che induce a credere che questa prima versione fosse di misura più breve).
3.3. Datazione
Il fatto che il racconto sia stato copiato a mano scoraggia una datazione successiva al 1913, anno in cui entrò in casa Tozzi la pri- ma macchina da scrivere. È comunque possibile collocare la compo- sizione del racconto più precisamente al 1908, sia per quanto anno- tato da Emma sulla cartellina che custodisce l’autografo, «1908?», sia in base alla lettera che Tozzi scrisse alla futura moglie il 23 febbraio 1908: «Guarda tu nel Fanfani se c’è fuora = fuori. Poi se non c’è, io guarderò nel codice dei vocabolarii, nella Crusca. Ti piace questo principio di lavoro?»11. Tra i testi collocabili a quest’altezza, infatti, è
solo in Assunta che compare la forma «fuora»12.
11 Tozzi, Novale, cit., p. 218. 12 Cfr. Assunta, r. 44.
XLI
3.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato pubblicato la prima volta in NR60, pp. 187-
211, poi inserito, come testo d’apertura, in LN63, pp. 9-26, e infi ne
ristampato in LN88, pp. 3-18.
3.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
r. 12 presso il tremolio di un pioppo trop-
po alto. Come cantano!
p. 3 presso il tremolio di un pioppo trop-
po alto. / Come cantano!
r. 44 apre il piccolo cancello di legno e le
manda fuora.
p. 4 apre il piccolo cancello di legno e le
manda fuori.
r. 64 se le sbattono tra le gambe. Ve ne
erano alcune tutte bianche o tutte nere
pp. 4-5 se le sbattono tra le gambe. / Ve ne erano alcune tutte bianche o tutte nere
rr. 85-86 gli pare di abbracciarla e di baciar-
la. / Ma la ragazza ha voluto da vero evitare
p. 5 gli pare di abbracciarla e di baciar-
la. Ma la ragazza ha voluto da vero evitare
r. 118 – Dammi la falce – egli chiese. p. 6 – Dammi la falce – egli chiedeva.
r. 135 – Hai fatto, ancora? – Ella gli chiese p. 6 – Hai fatto, ancora? – ella gli chiese
r. 136 – C’è poco. – Egli rispose. p. 6 C’è poco – egli rispose.
r. 139 – La porti tu a casa? – Egli domandò. p. 7 – La porti tu a casa? – egli domandò.
rr. 155-156 atteggiò un sorriso bellissimo. / Poi con la voce calda,
p. 7 atteggiò un sorriso bellissimo. Poi
con la voce calda,
r. 168 E disse: – Domenico andaste alla
fi era
p. 7 E disse: / – Domenico andaste alla
fi era
r. 179 – Fai presto. – Rispose Assunta p. 8 – Fai presto – rispose Assunta.
rr. 186-188 con una grazia meravigliosa. / E s’appoggiò con la schiena
p. 8 con una grazia meravigliosa. E s’ap-
poggiò con la schiena
rr. 190-191 – Poi! Ella mormorò. / – Dove? p. 8 – Poi! – egli mormorò. – Dove?
r. 212 – Dimmelo! – Egli chiese p. 9 – Dimmelo! – egli chiese
rr. 214-215 Egli abbassò la voce e le chiese scu- sa. / Allora ella rispose:
p. 9 Egli abbassò la voce e le chiese scu-
sa. Allora ella rispose: rr. 237-238 – Uno solo? – e gliene dette parec-
chi. / – Vai a coglierle, dunque.
p. 9 – Uno solo? – e gliene dette parec-
chi. – Vai a coglierle, dunque.
r. 329 Egli, per farle piacere, rispose: p. 12 Egli, per fargli piacere, rispose:
r. 337 Ma accortasi che egli non sospetta-
va alcuna cosa,
p. 12 Ma, accortasi che egli non sospetta-
va alcuna cosa,
r. 383 – Ci credete sempre? … Rispondete.
– Egli quasi balbettava.
p. 13 – Ci credete sempre? … Rispondete.
/ Egli quasi balbettava.
r. 394 La vecchia che l’aspettava da parec-
chio tempo,
p. 14 La vecchia, che l’aspettava da parec-
chio tempo, rr. 409-410 E vorrei essere amato quanto io
amo lei. – Egli continuava nell’enfa- si del suo affetto.
p. 14 E vorrei essere amato quanto io
amo lei – egli continuava nell’enfasi del suo affetto.
r. 428 La madre per trattenerlo, rispose: p. 15 La madre, per trattenerlo, rispose:
r. 441 Allora Domenico senza sapere chi
passasse per la strada,
p. 15 Allora Domenico, senza sapere chi
passasse per la strada, rr. 453-454 – Non è da te? – egli chiese. / Ella
tacque, dolorosamente.
p. 15 – Non è da te? – egli chiese. Ella tac-
XLII
r. 467 In un attimo ritornò al podere, en-
trò nella cucina. Egli vide Assunta seduta.
p. 16 In un attimo ritornò al podere, en-
trò nella cucina. / Egli vide Assunta seduta.
r. 472 No. – Rispose Marco. p. 16 No – rispose Marco.
r. 515 – Chi era? chi era? p. 17 – Chi era? Chi era?
4. Il ciuchino
4.1. Tavola dei testimoni
DS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-26/1)
Un dattiloscritto di 18 cartelle (mm 286 x 220), redatte solo sul recto con inchiostro blu. La macchina da scrivere utilizzata per questo documento è diversa da quella acquistata dai Tozzi nel ’13 e dalle altre descritte in questa Introduzione: e del resto lo stesso Glauco, sulla prima pagina del testimo- ne, sopra il titolo «IL CIUCHINO», ha segnato a matita: «1° copia. Non è stata battuta con la macchina SUN di Emma». Le cartelle sono numerate 1-18, a lapis, nell’angolo in alto a destra, da Emma Palagi. E sempre della moglie di Tozzi sono gli interventi che si possono rintracciare sul testimone, volti unicamente a eliminare i refusi, ad aggiungere, in interlinea o sui margini, passi con ogni probabilità involontariamente saltati in fase di copiatura, e a ritoccare la punteggiatura, per lo più inserendo virgole (per quanto per i segni di interpunzione sia diffi cilissimo individuare la mano scrivente, il tratto di penna alquanto delicato e la virgola appena accennata, non trop- po arcuata insomma, scoraggiano un’attribuzione autografa, avvalorando piuttosto l’ipotesi che anche queste varianti siano state inserite da Emma). L’ultima pagina è fi rmata dall’autore «Federigo Tozzi» (a penna nera).
Il dattiloscritto è conservato in una cartellina (un foglio bianco di mm 260 x 420 piegato a metà) allestita da Emma, su cui sono annotati, a ma- tita, il titolo «Il ciuchino» e la possibile data di redazione «1908». L’intero fascicolo inoltre è custodito in un’ulteriore cartellina di cartoncino marrone (un foglio di mm 330 x 210 piegato a metà), sulla cui prima facciata, con inchiostro viola e in elegante grafi a, Emma ha scritto «Il ciuchino».
Altri documenti
È doveroso segnalare che esiste anche un secondo dattiloscritto, copia del primo, non fi rmato dall’autore, e con le medesime correzioni di Emma,
vergate a penna nera. Costituisce eccezione solo la virgola di «lì,»13, aggiunta
in DS, ma non in questa copia (tale divergenza verrà segnalata in apparato). Il testimone è custodito in una cartellina di cartoncino marrone (un foglio di mm 328 x 208 piegato a metà) allestita da Emma, sulla quale (sulla prima facciata) è scritto, in bella grafi a ed inchiostro viola, il titolo «Il ciuchino»; a matita, sul margine superiore, è appuntato «X» e la possibile data di reda-
XLIII
zione del racconto: «1908?». Di questo documento non si terrà alcun conto, perché irrilevante ai fi ni della ricostruzione testuale.
4.2.-4.3. Vicende redazionali e datazione
Così come la vicenda redazionale non si presenta complessa o di diffi cile interpretazione – DS è una copia di un manoscritto redat-
to dall’autore – allo stesso modo la datazione del testo può essere indicata con sicura precisione. Secondo la testimonianza di Emma, segnata sulla cartellina che raccoglie le carte di DS, la stesura de Il
ciuchino dovrebbe risalire al «1908». Tale datazione, come opportu- namente segnalato da Marco Marchi14, trova decisive conferme nella lettera del 23 febbraio 1908, già menzionata nella nota relativa ad Assunta; è qui infatti che l’autore scrive alla Palagi: «Trenfi are non c’è [nel Fanfani], ma lo lascio perché mi piace»15. Giacché è solo ne
Il ciuchino che si attesta il termine, è possibile indicare nel 1908 l’anno di redazione del testo.
4.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato pubblicato la prima volta in LN63, pp. 34-47,
e poi ristampato in LN88, pp. 25-36.
4.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
r. 20 camminando rasente alla mangia-
toia sulla paglia rimasta libera
p. 25 camminando rasente alla mangia-
toia su la paglia rimasta libera
r. 37 – Non di me, ma se dà un calcio al
suo fi gliuolo?
p. 26 – Non di me, ma se dà un calcio al
suo fi gliolo?
r. 41 – Via, buona. Ti lego più a corto.
– Diceva il vecchio,
p. 26 – Via, buona. Ti lego più a corto – di-
ceva il vecchio,
r. 43 Andrea senza farle male, la spingeva
con la punta del palo.
p. 26 Andrea, senza farle male, la spinge-
va con la punta del palo.
r. 48 i suoi occhi ebbero un senso vivo di
pietà e d’affetto.
p. 26 i suoi occhi ebbero un senso vivo di
pietà e di affetto.
r. 50 – Tieni, tieni … Allattalo. – Andrea
aveva posato il palo e aveva preso la cesta.
p. 26 – Tieni, tieni … Allattalo. / – Andrea
aveva posato il palo e aveva preso la cesta.
r. 52 – No: prima guardiamo se gli vuol
dare il latte. – Disse l’altro contadi- no.
p. 26 – No: prima guardiamo se gli vuol
dare il latte – disse l’altro contadi- no.
r. 81 Le contadine s’avvicinarono al-
l’uscio.
p. 27 Le contadine si avvicinarono al-
l’uscio.
14 Cfr. M. Marchi, Nota ai testi, in F. Tozzi, Opere, a cura di M. Marchi, Milano,
Mondadori, 1987, p. 1383.
XLIV
r. 105 rattrappì le gambe sulla pancia. p. 28 rattrappì le gambe su la pancia.
r. 121 Io ho paura che gridi il mio marito,
disse Adele.
p. 28 Io ho paura che gridi il mio marito
– disse Adele.
r. 136 Le altre due rimasero col catino in
mano
p. 28 Le altre due rimasero con il catino
in mano
r. 152 – Anche aspettavamo lei. – Disse
Adele.
p. 29 – Anche aspettavamo lei – disse
Adele.
r. 172 – Ti strappo il muso io! – gridava. p. 29 – Ti strappo il muso, io! – gridava.
rr. 186-187 Prese la piccola bestia e la portò fuori della stalla. / Caterina riprese il catino e lo fece vedere al padrone.
p. 30 Prese la piccola bestia e la portò
fuori della stalla. Caterina riprese il catino e lo fece vedere al padrone.
r. 205 – No – ha detto che la porti fuori. p. 30 – No, ha detto che la porti fuori.
r. 242 – Se ne intende meno di noi. Con
quest’acqua. – Esclamò il padrone.
p. 31 – Se ne intende meno di noi. Con
quest’acqua – esclamò il padrone.
r. 248-249 – Avete le unghie troppo lunghe. Fa-
te piano, vi dico. – Caterina alzò il catino e lo introdusse tra le labbra già scostate.
p. 32 – Avete le unghie troppo lunghe.
Fate piano, vi dico. / Caterina alzò il catino e lo introdusse tra le labbra già scostate.
r. 251 – Io. – E il padrone prese il reci-
piente.
p. 32 – Io – E il padrone prese il recipien-
te.
r. 258 Gli occhi gli si coprirono, e cadde
sulle gambe di dietro.
p. 32 Gli occhi gli si coprirono, e cadde su
le gambe di dietro.
r. 262 – Morirà di fame, così. – Disse uno
dei contadini.
p. 32 – Morirà di fame, così – disse uno
dei contadini.
r. 267 – Andate – rispose il padrone. Due
delle donne rientrarono in casa.
p. 32 – Andate – rispose il padrone. / Due
delle donne rientrarono in casa.
r. 283 La vecchia si affacciò sulla soglia
della sua e domandò:
p. 33 La vecchia si affacciò su la soglia
della sua e domandò:
rr. 310-311 E le palpebre, su le pupille azzurre
sembravano due petali di rosa bian- ca. / Anche Caterina aveva gli occhi di quel colore;
p. 33 E le palpebre, su le pupille azzurre,
sembravano due petali di rosa bian- ca. Anche Caterina aveva gli occhi di quel colore;
rr. 322-323 Aveva un piccolo cappello marrone su i capelli corti. / Guardò dal cancel- lo e poi entrò.
p. 34 Aveva un piccolo cappello marrone
su i capelli corti. Guardò dal cancello e poi entrò.
r. 341 Nell’occidente, il cielo aveva uno
splendore glauco. E la luna, come se fosse diafana, vi s’era soffermata.
p. 34 Nell’occidente, il cielo aveva uno
splendore glauco. / E la luna, come se fosse diafana, vi s’era soffermata. rr. 347-348 Dette un calcio al cane, che gli era
salito su le gambe, e chiedendo a Beppa: / – Che cosa fa? – entrò nel suo piazzale.
p. 34 Dette un calcio al cane, che gli era
salito su le gambe, e chiedendo a Beppa: – Che cosa fa? – entrò nel suo piazzale.
r. 397 – Andate a prenderlo, Giovanni, dis-
se Enrico.
p. 36 – Andate a prenderlo, Giovanni
– disse Enrico.
r. 405 Le sue quattro zampe erano riunite
sulla pancia.
p. 36 Le sue quattro zampe erano riunite
su la pancia.
r. 427 Enrico accomodò gli arnesi sonori
nella rimessa.
p. 36 Enrico accomodò gli arnesi nella
XLV
5. Il musicomane
5.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-26/4)
Un manoscritto di 18 cartelle (mm 196 x 124), redatte da Emma solo sul recto: le cartelle 1-2 e un’aggiunta sul margine superiore della 3 sono ver- gate con penna nera, mentre la parte restante del documento è scritta con inchiostro viola, e corretta con il nero; sul documento compaiono anche varianti autografe, redatte anche queste a penna nera. I fogli sono numerati 1-18 dall’autore, sul verso, a lapis; sul recto delle cartelle 3-18, nell’angolo in alto a destra, si legge, cassata, l’originaria numerazione 2-17 inserita da Emma. Ancora Emma, sempre con inchiostro viola, sull’ultima pagina ha se- gnato la data di composizione «25-2-08»; più in basso, a penna nera, l’autore ha apposto la propria fi rma «Federigo Tozzi».
Il testimone è conservato in una cartellina di colore rosa (un foglio di mm 210 x 283 piegato a metà), sulla cui prima facciata Emma, in elegante grafi a, ha scritto il titolo «Il musicomane» (con inchiostro viola), e più in alto, la data «25-2-08» (a lapis); sulla stessa pagina si legge la segnatura ar- chivistica «1-D-26/4» appuntata da Glauco (a penna rossa).
5.2. Vicende redazionali
Nell’indagare le vicende redazionali de Il musicomane è facile congetturare che all’iniziale stesura autografa, andata dispersa, sia seguita, come consuetudine nell’offi cina tozziana, la copia mano- scritta a cura di Emma. Questa stesura tuttavia ha avuto due diversi momenti di elaborazione. Infatti, come si può desumere già dalla descrizione del testimone, i primi due fogli di MS (anche questa
sezione di testo è una copia redatta da Emma di un documento autografo) sono stati aggiunti successivamente, in sostituzione di un’unica cartella che originariamente apriva il racconto. Lo rivelano in maniera inequivocabile la numerazione 2-17, poi cassata, che si legge sulle attuali cartelle 3-18, il diverso colore dell’inchiostro usa- to nelle due pagine d’apertura (nero e non viola), e l’aggiunta sul margine superiore della 3 («E Roberto Falchi passava per»16), sem-
pre vergata con inchiostro nero, e imposta dall’inserimento tardivo delle due cartelle iniziali (come se Emma, nell’interpolare il nuovo incipit, giunta al termine della seconda pagina, e valutato il piccolo segmento testuale ancora da immettere, avesse preferito ricorrere al margine di un foglio già utilizzato, la cartella 3 appunto, piuttosto che aprirne uno nuovo). Contestualmente a questa modifi ca, nelle pagine 3-18 Emma ha provveduto a uniformare il nome del protago-
XLVI
nista da «Umberto Cunio» in «Roberto Falchi», lezione che si attesta