44.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-25/7)
Un manoscritto di 23 cartelle (mm 210 x 154), redatte solo sul recto con inchiostro nero, e numerate a lapis sul verso da mano non identifi cabile.
Tutte le correzioni sono a penna nera, ad eccezione di una variante153 e di
alcune sottolineature, inserite a matita viola e a matita blu. L’ultima pagina è fi rmata «Roma/F. Tozzi».
Il documento è conservato in una cartellina di cartoncino marrone (un fo- glio di mm 234 x 331 piegato a metà), sulla cui prima facciata l’autore ha in- dicato, a matita viola, il titolo «La prima fi danzata»; con la stessa matita, in alto a destra, è appuntato «1»; in alto a sinistra, invece, Emma, a lapis, ha annotato «Adoperata», e sotto il titolo «Bella»: quest’ultima considerazione è poi cassa- ta. È da evidenziare inoltre che la cartellina era stata inizialmente usata per un’altra opera: infatti sulla seconda facciata, ma in senso rovesciato, si legge «GLI OLIVI» (a penna rossa), titolo poi cassato con la matita blu; nel margine superiore si trova il seguente appunto redatto a penna nera: «pag. 29».
DS (ACGV, Fondo Tozzi 1-D-25/7)
Un dattiloscritto di 8 cartelle, redatte solo sul recto con macchina da scri- vere GAL ad inchiostro viola, e numerate sia in alto a sinistra, con la matita viola, che in alto a destra, forse da Glauco, a lapis (ad eccezione di pagina 1 numerata a penna nera).
Sul margine superiore della cartella 1 l’autore ha segnato, a penna nera, il titolo «La prima fi danzata». Con la stessa penna sono state inserite le cor- rezioni: sia quelle autografe, sia quelle di Emma (ma queste ultime sono volte quasi tutte ad emendare refusi). Il documento è fi rmato, a matita viola,
CXLVIII
«Federigo Tozzi». Sul verso dell’ultimo foglio, a lapis, è trascritto da mano non identifi cabile il titolo «La prima fi danzata».
44.2.-44.3. Vicende redazionali e datazione
Il racconto ha avuto una vicenda redazionale estremamente semplice: alla composizione di MS è seguita la copia dattiloscritta,
su cui l’autore (coadiuvato come sempre dalla moglie) ha effettuato pochissimi interventi. Ne consegue che i due testimoni della novella risultano molto simili.
Per quanto concerne la datazione, il termine post quem (1914) è indicato dallo stesso autore che fi rma l’ultima carta del manoscritto «Roma/F. Tozzi»; e del resto anche il dattiloscritto è stato redatto con la macchina da scrivere GAL, attestata solo dall’agosto del ’14 (ma
probabilmente acquistata nel ’13). Con minore certezza ci si può esprimere riguardo al termine ante quem, sebbene l’uso di certi stilemi quali “diventare”154, praticamente assente negli anni ’17-’20
(nei quali si impone “doventare”), e “movere”155, a discapito della
forma dittongata particolarmente sfruttata nell’ultima produzione tozziana, inducano a collocare il racconto entro il 1917.
44.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato pubblicato la prima volta in LN63, pp. 284-
291, e poi ristampato in LN88, pp. 250-256.
44.5. Differenze con l’edizione Vallecchi
RIGO PRESENTEEDIZIONE PAGINA LN88
r. 11 Venivano, certo dalla farmacia, per-
ché mi raccomandavano subito di lasciarle stare;
p. 250 Venivano, certo, dalla farmacia, per-
ché mi raccomandavano subito di lasciarle stare;
r. 18 ci tenevano invece gli scaldaletti
uno sopra l’altro e alcuni coltroni
p. 250 ci tenevano invece gli scaldaletti
uno sopra a l’altro e alcuni coltroni
rr. 20-21 non mi riusciva mai a fi ccarci né
meno il mignolo. Sorridendosi per la fatica che dovevano fare, in mez- zora cambiavano tutto.
p. 250 non mi riesciva mai a fi ccarci né
meno il mignolo. Sorridendosi per la fatica che dovevano fare, in mez- z’ora cambiavano tutto.
r. 23 Ci mettevano un lavamani, anche
quello non mai adoperato da nes- suno, una salvietta e una saponetta comprata a posta.
p. 250 Ci mettevano un lavamani, anche
quello non mai adoprato da nessu- no, una salvietta, e una saponetta comprata a posta.
rr. 29-30 aveva sempre le guancie troppo
incipriate; e perché era partita la mattina a levata di sole, aveva uno scialletto di lana,
p. 251 aveva sempre le guance troppo
incipriate; e, perché era partita la mattina a levata di sole, aveva uno scialletto di lana,
154 Cfr. l’occorrenza di «diventato» (La prima fi danzata, r. 60). 155 Nel racconto si attesta «moverò» (La prima fi danzata, r. 107).
CXLIX
rr. 37-38 i suoi occhi castagni; che, certo erano
ancor umidi dell’aria del viaggio. Era magra e alta; con le guancie così rosse come quando ci batte il sole la sera.
p. 251 i suoi occhi castagni; che, certo, erano
ancor umidi dell’aria del viaggio. Era magra e alta; con le guance così rosse come quando ci batte il sole la sera.
r. 40 Dopo stringeva le mani insieme,
una palma sopra l’altra, così in- sieme che erano strette come una mano sola.
p. 251 Dopo, stringeva le mani insieme,
una palma sopra l’altra; così in- sieme che erano strette come una mano sola.
r. 48 Io a pena potevo respirare col viso
sul suo collo e su l’orlo della cami- cetta;
p. 251 Io a pena potevo respirare col viso
sul suo collo e sull’orlo della cami- cetta;
r. 62 – Ed io non devo saperlo? Mi chie-
deva la giovine; ma sorridendo alla mamma.
p. 251 – Ed io non devo saperlo? – mi chie-
deva la giovine; ma sorridendo alla mamma.
r. 66 Io la guardavo e mi veniva un’altra
volta la voglia di saltarle su le ginoc- chia;
p. 252 Io la guardavo; e mi veniva un’altra
volta la voglia di saltarle su le ginoc- chia;
r. 70 Ella, per lo più, mentre la mamma
accomodava i vestiti nell’armadio o riaggomitolava le lane
p. 252 Ella, per lo più, mentre la mamma o
accomodava i vestiti nell’armadio o riaggomitolava le lane
r. 75 – Insomma non mi vorresti bene? p. 252 – Insomma, non mi vorresti bene?
r. 82 Io andai verso la signorina Marietta
e le detti un pugno su le ginocchia, naturalmente senza farle male.
p. 252 Io andai verso la signorina Marietta
e le detti un pugno su le ginocchia; naturalmente senza farle male.
r. 92 E io, allora, prendevo la rincorsa e
volevo batter la testa contro di lei.
p. 252 E io, allora, prendevo la rincorsa e
volevo battere la testa contro di lei.
r. 94 L’ultima volta che venne, non mi
riuscì mai a farla sorridere.
p. 252 L’ultima volta che venne, non mi rie-
scì mai a farla sorridere.
r. 103 Capii, a pena giunta, ch’era impa-
ziente d’andar dal medico.
p. 252 Capii, a pena giunta, ch’era impa-
ziente di andare dal medico.
r. 109 la sua rassegnazione era così dol-
ce che le doveva parere di sognare soltanto.
p. 253 la sua rassegnazione era così dolce
che le doveva parer di sognare sol- tanto.
r. 110 – Perché dici così? Rispose mia ma-
dre.
p. 253 – Perché dici così? – rispose mia
madre.
rr. 112-114 E sospirò con una convinzione co-
sì profonda che ne provai un sen- so di rispetto. E queste sue parole mi hanno fatto sempre rifl ettere. Io pensai «Se dice così, vuol dire che ha ragione!»
p. 253 E sospirò, con una convinzione co-
sì profonda che ne provai un sen- so di rispetto. E queste sue parole m’hanno fatto sempre rifl ettere. / Io pensai “Se dice così, vuol dire che ha ragione!”
r. 118 La mamma impallidì abbassando
gli occhi.
p. 253 La mamma impallidì, abbassando
gli occhi.
r. 130 – Sono mie, e non metter bocca in
queste cose.
p. 253 – Sono mie, e non mettere bocca in
queste cose.
r. 154 la signorina Marietta ne rimase così
turbata che non le riuscì mai a dis- simularlo. Quando tornò via pareva trafi tta.
p. 254 la signorina Marietta ne rimase così
turbata che non le riescì mai a dis- simularlo. Quando tornò via, pareva trafi tta.
r. 159 Pochi mesi dopo, ma il tempo non
mi riusciva mai a calcolarlo,
p. 254 Pochi mesi dopo, ma il tempo non
mi riesciva mai a calcolarlo,
r. 161 Ad un tratto i suoi occhi si riempiro-
no di lacrime;
p. 254 Ad un tratto, i suoi occhi si riempiro-
CL
r. 166 Io, spiando dall’uscio mezzo aperto,
senza che se n’avvedesse, la vedevo pianger sempre;
p. 254 Io, spiando dall’uscio mezzo aperto,
senza che se n’accorgesse, la vedevo pianger sempre;
r. 172 La mamma mi mandò a spasso; e
seppi, poi, per poter scrivere più in pace una lettera,
p. 254 La mamma mi mandò a spasso; e,
seppi poi, per poter scrivere più in pace una lettera,
r. 178 stetti zitto. Ma, in seguito divenni
curioso
p. 255 stetti zitto. Ma, in seguito, divenni
curioso
r. 194 Sotto le sue calze di lana, vidi una
scatola rotonda, legata con un na- strino di seta.
p. 255 Sotto le sue calze di lana, scorsi una
scatola rotonda, legata con un na- strino di seta.
r. 198 Ella mi guardò, e mi disse: p. 255 Ella mi guardò, e disse:
r. 206 rividi le tre vene della sua fronte fi n
sopra il naso: ormai eran già com- parse!
p. 255 rividi le tre vene della sua fronte fi n
sopra il naso: ormai, eran già com- parse!
r. 226 Mi dette il più piccolo perché la sca-
tola paresse sempre piena.
p. 256 Mi dette il più piccolo, perché la sca-
tola paresse sempre piena.
45. L’allucinato
45.1. Tavola dei testimoni
MS (ACGV, Fondo Tozzi 1-B-21/4)
Un manoscritto di 17 cartelle (mm 210 x 156), redatte solo sul recto con inchiostro nero, e numerate nell’angolo in alto a sinistra; la numerazione è a penna nera – la stessa usata per la stesura del testo – sui primi tre fogli, e a matita viola sugli altri (secondo una situazione non dissimile a quella che si riscontra nel testimone de La fame). Sul margine superiore della prima cartella l’autore ha inserito, a matita viola, il titolo «La paralisi»; accanto a questo Emma ha aggiunto a penna nera il titolo «L’allucinato». Le correzioni, tutte vergate con inchiostro nero, sono sempre autografe, ad eccezione di un caso, oltre naturalmente a quello già segnalato inerente il titolo, riscon- trabile nella cartella 16: qui la duplice occorrenza del termine «paralisi» è sostituita da Emma con «allucinazione» e con «allucinato» (anche in questo caso a penna nera).
DS (ACGV, Fondo Tozzi 1-B-21/4)
Un dattiloscritto di 7 cartelle (mm 291 x 228), redatte solo sul recto con macchina da scrivere FAM ad inchiostro violetto, e regolarmente numerate nell’angolo in alto a destra 2-7 (sullo stesso angolo è presente anche una diversa ed errata numerazione – 83-85 sulle prime tre pagine, e 86-87 sulla quinta e sulla sesta –, inserita da Emma a matita al momento di preparare la raccolta mondadoriana RIC27). Sul testimone si riscontrano sia correzioni autografe (a matita), che di Emma (a penna nera): tra queste ultime la più importante si trova sulla prima cartella, dove il titolo dattiloscritto «La para- lisi» è sostituito da Emma (e dunque a penna nera) con «L’allucinato». Sulla stessa pagina, in alto a sinistra Glauco ha segnato, a penna rossa, «ds. 1», mentre ancora Emma, in alto a destra, ha appuntato «Inedita» (a matita).
CLI
Altri documenti
Nel fascicolo 1-B-21/4 del Fondo Tozzi è custodito anche un altro datti- loscritto, del tutto identico a DS (7 cartelle di mm 291 x 228, redatte con la macchina da scrivere FAM, inchiostro violetto), con correzioni solo di mano di Emma (le medesime che si trovano in DS); di quest’ultimo documento non si terrà alcun conto, perché irrilevante ai fi ni della costituzione del testo. 45.2. Vicende redazionali
La vicenda redazionale de L’allucinato non è stata molto lunga e laboriosa. Ad una prima versione manoscritta (testimoniata da MS)
è seguita la copia battuta a macchina da Emma (DS), e da lei stessa
corretta insieme all’autore (e infatti sul testimone si riscontrano en- trambe la grafi e). Non ci sarebbe spazio per ulteriori considerazioni se a questa fase non fossero sopraggiunti altri interventi: infatti in
DS Emma ha modifi cato il titolo, cassando «LA PARALISI» (lezione
autografa attestata anche nel manoscritto) e inserendo «L’allucinato»; e al contempo, nella cartella 7 ha provveduto anche a correggere il passo «Ma che paralisi! Non è paralisi; non sono folle» in «Ma che allucinato! Non è allucinazione; non sono folle»156. Inoltre, secon-
do una procedura che si riscontra anche in altri racconti tozziani, queste correzioni sono state riportate da Emma anche in MS: l’unica
differenza è che in quest’ultimo testimone l’originario titolo «LA PA- RALISI» non è cassato, così da trovarsi affi ancato, quasi fosse una variante alternativa, a «L’allucinato».
Il problema che si pone è lo stesso già affrontato per La fame e che si presenta anche per Il nonno e il nipote. Quando furono inserite queste varianti? E devono essere accettate come autografe, o rifi utate?
Glauco Tozzi, nell’edizione da lui curata, ha assunto la lezione del manoscritto non corretta da Emma (e dunque «La paralisi» nel titolo, e «Ma che paralisi! Non è paralisi;» nel passo verso la fi ne del racconto). Tuttavia questa scelta sembra essere dettata princi- palmente dalla necessità di tutelarsi dal rischio di assumere, per un punto così decisivo del racconto, ossia il titolo, una lezione non d’autore157. Infatti in molte altre occasioni Glauco non esita ad ac-
156 L’allucinato, r. 159 (cfr. anche apparato).
157 Su questa scelta testuale, nelle Notizie sulle novelle Glauco Tozzi scrive: «Qui
viene ripristinato il titolo originario, anche perché si ha l’impressione che fosse stato mutato, da chi ha curato la citata edizione Mondadori, solo per evitare una omonimia che sarebbe sorta ove fosse stato a sua volta cambiato il titolo origina- rio dell’altro racconto Il nonno e il nipote; cosa che poi non fu effettuata, nean- che nella stessa edizione Mondadori» (Tozzi, Notizie sulle novelle, cit., p. 926).
CLII
cettare la lezione del dattiloscritto emendata dalla Palagi158. E più
in generale, occorre dire, la sua ricostruzione testuale piuttosto che basarsi su un unico testimone, di volta in volta si affi da al mano- scritto159, ricorre al dattiloscritto160, o addirittura, ma in un numero
158 Glauco accetta le correzioni di Emma inserite in DS nei seguenti casi: «stazio-
ne,» [r. 38, da «stazione»]; «(bisogna che mi esprima così)» [rr. 86-87, da «bisogna che mi esprima così»]; «mi vergognai molto.» [r. 95, da «mi vergognai per molti giorni.»]; «offendere (così mi esprimevo inte riormente) nessuno» [rr. 108-109, da «offendere, così mi esprimevo interiormente, nessuno»]; «fare» [r. 109, da «far»].
159 Questi sono i passi in cui Glauco Tozzi, in caso di divergenza tra i testi-
moni, accorda la sua preferenza a MS (si evidenziano in corsivo le varianti, e si
mette tra parentesi quadre la lezione dattiloscritta e il numero di riga in cui, in questa edizione, quest’ultima lezione si trova): «Ella andava a Pisa, ed io a Siena: ad [«ed a» in DS, r. 17] Empoli scesi,» (p. 454 dell’edizione Vallecchi dell’’88); «era
un’imagine [«un’imagine,» in DS, rr. 21-22)] un poco indefi nibile» (p. 453); «Cera
una penna rossa? Mi pareva. [«Forse.» in DS, r. 28] E gli occhi?» (p. 453); «Era la
[«La» in DS, r. 33] sorella di qualcuna che conoscevo? (p. 454); «le prime volte che
l’avevo guardata, non m’aveva fatto nessun effetto speciale, anzi avevo [«guar- data, avevo» in DS, rr. 35-36] perfi no deliberato di non parlarle,» (p. 454); «evitavo
di guardar [«guardare», r. 36] dentro» (p. 454); «in quel vagone dove era [«con», r. 55] lei era impossibile;» (p. 454); «Ma [«Ma,» in DS, r. 78] quel che rimase [«ri-
mase,» in DS, r. 78] fu peggio; (p. 455); «senso di gravezza che affondava la mia
anima; [«anima,» in DS, r. 98] sorridevo a loro, (p. 455); «Ero inquieto della mia
malattia; [«malattia,» in DS, r. 100] mi curai,» (p. 456); «A pena chiusolo [«chiuso»
in DS, rr. 125-126] entravo in camera (p. 456); «Come è buona! Poi [«buona! / Poi»
in DS, rr. 134-135] non la vedo più; [«più» in DS, r. 135] e sogno altre cose senza
importanza. (p. 456); «le devono piacere parecchio. E prego [piacere, parecchio. / E» in DS, rr. 150-151] Dio» (p. 457); «mi pareva [«pare» in DS, r. 155] d’andare
all’uffi cio soltanto perché i miei occhi non distinguevano più le cose intorno; e perché, [«soltanto perché,» in DS, r. 155] ve lo giuro, dentro di me, ho continuato
(p. 457); «Oh, se voi vedeste le sue labbra! Mi par di mangiare le ciliegie. [lab- bra!» in DS, r. 162]» (p. 457); «le mie mani si potessero muovere e [«muovere! E» in DS, r. 163] tornarea dietro« (p. 457).
160 I casi in cui Glauco predilige il dattiloscritto sono i seguenti (si fa seguire alla
variante – evidenziata in corsivo – la lezione di MS tra parentesi): «non mi è [«m’è»
in MS] permesso di tornare» (p. 453 nell’edizione Vallecchi dell’’88; r. 5 in questa
edizione); «Piuttosto [«Era piuttosto» in MS] magra, non è vero?» (p. 454; rr. 29-30);
«perché, dopo la prima stazione, [«stazione» in MS] tra me e la campagna» (p. 454,
r. 38); «Non esistevano più uomini; ma [«uomini. Ma» in MS] quella donna sola.»
(p. 454, r. 47); «in quel vagone con lei era impossibile; respirando [«impossibile. Respirando» in MS] avevo paura (p. 454, rr. 55-56); ma la carta, allora (bisogna
[«bisogna» in MS] che mi esprima così) [«così» in MS] prendeva un colore (p. 455,
r. 86); Un giorno, [«Una volta,» in MS] i miei colleghi mi dissero (p. 455, r. 92); era
stata una specie di vertigine. Come [«vertigine. / Come» in MS] mi dispiacque!» (p.
455, r. 93); mi vergognai molto. [«per molti giorni» in MS] (p. 455, r. 95); «in dovere
di non offendere (così [«così» in MS] mi esprimevo inte riormente) [«interiormente»
in MS] nessuno.» (p. 456, r. 108); «Mi feci fare [«far» in MS] da mangiare dalla mia
padrona» (p. 456, r. 109); non mi riesciva più di [«a» in MS] mangiar da me (p. 457,
CLIII
circoscritto di casi, corregge lezioni autografe161: cosicché dà vita ad
un testo che non è mai esistito.
In realtà, nel momento in cui su DS alcuni interventi (e speci-
fi camente quelli redatti a matita) vengono riconosciuti come au- tografi 162, la lezione dattiloscritta non può in alcun modo essere
rifi utata. Se ne desume pertanto che eventuali dubbi di autenticità devono limitarsi unicamente alle correzioni vergate da Emma Pala- gi. Ma anche in questo caso lo stato delle carte scoraggia una simile congettura. Infatti Emma fu sempre rispettosa degli autografi del marito, e quando ritenne i testi bisognosi di una revisione – poco o molto incisiva non importa – preferì redigere nuove copie, piut- tosto che corrompere gli originali con indebite correzioni postume (esemplare è il caso di Ricordi di un impiegato). Invece in questa occasione non solo gli interventi della Palagi si riscontrano nella copia rivista dall’autore, ma addirittura vengono riscritti – secondo una consuetudine tipica nell’offi cina tozziana – anche nel secondo dattiloscritto, così da renderlo identico al primo. E proprio queste considerazioni risultano utili per dirimere la questione del titolo e del brano modifi cato in cui compariva il termine «paralisi». Infatti qualora Emma avesse deciso di inserire queste nuove varianti auto- nomamente, ossia dopo la morte di Tozzi, si sarebbe potuta limitare a ritoccare il solo dattiloscritto, e non tutti e tre i testimoni dispo- nibili (ossia le due copie battute a macchina e il manoscritto): una soluzione talmente antieconomica, che può essere spiegata solo con l’esigenza dell’autore di avere quando possibile la medesima lezio- ne su tutti i documenti. Una simile spiegazione induce a mettere a testo tutti gli interventi di Emma, e dunque, di pari passo, di soste-
161 Si tratta dei seguenti casi: «Mi pareva di averla [«d’averla» in MS e in DS, r. 31]
amata da un tempo smisurato,» (p. 454 in LN88); «ma la carta, allora [«allora,» in MS e in DS, r. 86] (bisogna che mi esprima così) prendeva un colore» (p. 455);
«Infatti, le [«Del resto, le» in MS e «Le» in DS, r. 110] ore che udivo battere (p. 456);
«mi convinsi di aver [«d’aver» in MS e in DS, r. 114] moglie;» (p. 456); «Ma che
paralisi! [«allucinazione!» in MS e «allucinato!» in DS, r. 159; ma su questo passo,
corretto da Emma, vedi quanto si dice nel presente paragrafo 45.2.] Non è para- lisi, [«allucinato,» in MS e «allucinazione;» in DS, r. 159; anche questa lezione, per
cui si rimanda a quanto si dice nel testo, è corretta da Emma] non sono folle. / Sapete: [«folle. Sapete:» in MS e in DS, rr. 159-160] ora, son due notti di seguito
che la sogno.» (p. 120).
162 Più cauta è la posizione di Glauco Tozzi che descrive DS come un «datti-
loscr. di sette pagine, con pochissime correzioni forse autografe; e altre, più numerose, certamente di mano diversa»; tuttavia questa incertezza non induce il curatore dell’edizione Vallecchi a rifi utare la lezione di questo documento, che, come si è visto, in più di un’occasione è accolta nel testo.
CLIV
nere che il titolo di questa novella, almeno in base agli elementi a disposizione, è L’allucinato163.
45.3. Datazione
La stesura de L’allucinato dovrebbe collocarsi tra il 1914 e il 1917: a suggerirlo in prima battuta è il registro linguistico adottato, ormai lontano dallo stile aulico del Tozzi prima maniera – si noti l’innesto di voci popolari quali “riescire”164, attestata solo dal ’14 –,
ma non ancora svincolato dal dettato dannunziano (di “imagine”/ “imaginare”, soluzione abbandonata nel triennio ’18-’20, ad esem- pio si contano ben quattro occorrenze165). Quanto emerso dall’ana-
lisi linguistica è confermato anche dalla visione del dattiloscritto166,
redatto con la macchina da scrivere FAM, usata dai Tozzi negli anni
’14-’18. Per circoscrivere ulteriormente la congettura è opportuno ricordare che L’allucinato faceva parte di quei racconti (tra cui La fame e Il nonno e il nipote alle cui schede introduttive si riman- da167) fatti copiare molto probabilmente da Tozzi nel gennaio del
1915, per una possibile pubblicazione sulla «Grande Illustrazione». A questa altezza la novella doveva intitolarsi ancora La paralisi168:
non è possibile indicare con una qualche attendibilità, invece, il momento in cui la mano di Emma sostituì la lezione originaria con l’attuale.
45.4. Vicende editoriali
Il racconto è stato pubblicato la prima volta, con il titolo L’allu- cinato, in RIC27, pp. 127-139, e poi, con il titolo La paralisi, inserito
in LN63, pp. 517-522, e ristampato in LN88, pp. 453-457.
163 Siamo coscienti che una simile ricostruzione non riesce a dissipare tutti i
dubbi; e tuttavia, come già detto per La fame che pone problemi simili, è quella che presenta maggiore coerenza e che non fa emergere rilevanti contraddizioni con elementi interni al dattiloscritto, e con l’atteggiamento di Tozzi e della mo- glie riscontrato in altre opere.
164 Cfr. L’allucinato, r. 153 (in cui si attesta la voce «riesciva»).
165 Cfr. L’allucinato, rr. 6, 21-22, 75, 146 (in tutti e quattro i casi ricorre la voce
«imagine»).
166 Meno rilevante è l’esame del manoscritto, in cui non compaiono G maiu-