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A modo di conclusione: un (problematico) tentativo di ricostruzione unitaria.

caratteristiche dell’obbligazione e la “prova scritta” quali presupposti speciali della tutela monitoria.

M. Rodríguez Tirado, Las funciones procesales del Secretario Judicial, Barcellona, 2000.

8. I possibili esiti della fase senza contraddittorio.

8.3. L’opposizione dell’ingiunto: i problemi di coordinamento con la fase senza contraddittorio.

8.3.5. A modo di conclusione: un (problematico) tentativo di ricostruzione unitaria.

Si è avuto modo di anticipare come le varie questioni oggetto di analisi nei paragrafi precedenti siano una diretta conseguenza della ricostruzione che si scelga di adottare rispetto al rapporto tra procedimento monitorio in senso stretto e giudizio di opposizione. Si cercherà pertanto di evidenziare alcuni punti fermi e di proporre un iter ricostruttivo il più coerente possibile con il dato legislativo, il formante dottrinale e giurisprudenziale consolidato ed i corretti canoni di interpretazione del diritto, non senza valersi del supporto offertoci dalla comparazione giuridica con l’istituto monitorio italiano.

Innanzitutto, è innegabile che, anche in Spagna, l’opposizione è lo strumento processuale mediante il quale l’ingiunto, condannato in “forzosa contumacia” sulla base delle sole prove o “quasi prove” del ricorrente, può, per la prima volta, far sentire la sua voce ed esercitare così il diritto di difesa garantito dall’art. 24 della Costituzione spagnola570.

In secondo luogo non sembra corretto differenziare la soluzione che si scelga di dare alla questione a seconda che il giudizio di opposizione segua il rito ordenario o verbal, per il solo fatto che, nel primo caso si obblighi il ricorrente a ripresentare la domanda ordinaria mentre nel secondo le parti siano direttamente convocate per l’udienza. Si tratterebbe di un’irragionevole disparità di trattamento di identiche situazioni di fatto, seriamente contestabile nella sua legittimità costituzionale. La ricostruzione deve pertanto essere univocamente soddisfacente per entrambe le fattispecie.

Si è intravisto, soprattutto in relazione alla necessità o meno di motivare lo scritto di opposizione, come le due opposte tesi proposte riecheggino ricostruzioni già note in Italia. Coloro che ammettono opposizioni prive di qualsiasi motivazione sposano la tesi secondo la quale l’opposizione influirebbe solamente sull’esecutorietà dell’ingiunzione, per

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Si veda l’interessante e puntuale analisi di Pérez Ureña, ¿En el juicio declarativo, cit., p. 3 ss.

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cui la sua proposizione impedirebbe soltanto che venga emanato l’auto despachando ejecución571. Queste concezioni, talvolta sembrano richiamare le tesi di Carnelutti dell’ingiunzione come “titolo esecutivo soggetto alla condizione sospensiva della non opposizione nel termine prescritto”, poiché in tale procedura il giudice prima condanna e poi accerta, ove ve ne sia bisogno (cioé se l’intimato propone opposizione, chiedendo dunque una verifica in contraddittorio dell’esistenza del rapporto sostanziale dedotto in giudizio)572. Non si può però dimenticare che a questa soluzione è sottesa una certa concezione del rito monitorio quale procedimento avente il solo fine di fornire un titolo esecutivo al ricorrente, privo di valore di accertamento del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, il cui esito può sempre essere rimesso in discussione, ad esempio mediante un giudizio di accertamento negativo della pretesa azionata in via monitoria. È facile quindi replicare con gli stessi argomenti proposti dalla dottrina italiana e basati anche su un solido dato normativo e di consolidata interpretazione: se è vero che la finalità principale del rito monitorio è quella di far ottenere rapidamente un titolo esecutivo a chi ne sia privo573, questa non è l’unica574 o comunque non è la sua unica conseguenza, poiché, se la concessione o meno dell’azione esecutiva passa attraverso la cognizione e la decisione del giudice, si ha una sorta di “effetto di trascinamento o di implicazione necessitata: la formazione giudiziale del titolo porta inevitabilmente con sé la formazione di un accertamento sulle ragioni che giustificano il titolo stesso”575. Questa tesi, in Spagna, trova un valido supporto normativo. Infatti, a prescindere dalla maggior o minore ampiezza dei confini che si intenda attribuire all’accertamento contenuto nell’ingiunzione non opposta, è chiaro (ed è un dato acquisito in dottrina e giurisprudenza) che la formulazione dell’art. 816 LEC impedisce di rimettere in discussione il risultato acquisito e dunque il rapporto sostanziale dedotto in giudizio quale oggetto della petición, una volta scaduto il termine per opporsi all’ingiunzione. Proprio questa preclusione da un senso alla previsione di un termine perentorio per proporre opposizione che, altrimenti, non avrebbe ragion d’essere.

571

G. Tomei, voce Procedimento d’ingiunzione, in Digesto civ., XXIV, Torino, 1996, 562, 564 e 571.

572

F. Carnelutti, In difesa del titolo ingiuntivo, in Riv. dir. proc., 1956, I, pp. 192, 196. 573

Finalità che è alla base dell’idea di Chiovenda, del decreto ingiuntivo come “accertamento con prevalente funzione esecutiva”. V. Id., Principii di diritto processuale civile, IV ed., Napoli, 1928, pp. 58 e 201.

574

Anzi, per E. Garbagnati, Preclusione “pro iudicato” e titolo ingiuntivo, in Riv. dir. proc., 1949, I, p. 317: “Esso ha per scopo di condurre, più celermente che non attraverso un processo ordinario di cognizione, all’accertamento giurisdizionale del diritto del ricorrente; ed appunto perciò, nonostante la sua speciale struttura, deve classificarsi senz’altro fra i processi di cognizione”.

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La Spagna realizza in questo senso “la massima linearità concettuale e la perfetta rispondenza all’indicato canone costituzionale [del rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio e di economia dei giudizi che] vorrebbero, da un lato, che il decreto ingiuntivo non fosse mai, all’atto della sua pronuncia, immediatamente esecutivo, e, dall’altro, che l’opposiizone – per il solo fatto di essere proposta – lo facesse cadere nel nulla o quantomeno gli impedisse di assumere valore di titolo esecutivo”576. Non essendo prevista alcuna ipotesi di provvisoria esecuzione dell’ingiunzione, si rispetta in pieno il principio del contraddittorio: la condanna contenuta nella providencia emanata sulla base della cognizione parziale e superficiale del giudice è fonte di un accertamento claudicante, “imperfetto”, per così dire, che si consoliderà soltanto con l’inutile decorso del termine per proporre opposizione – fenomeno non tanto da accostarsi all’acquiescenza dell’ingiunto alla volontà del ricorrente, quanto alla preclusione del potere processuale di quest’ultimo di far valere, validamente, le proprie ragioni (alla stregua di quanto avviene con la perdita della facoltà di contestare i fatti per mancata risposta all’interrogatorio577) e solo allora sarà idoneo a “fare stato” tra le parti. In questo senso, l’ordinamento considera l’inerzia del conventuo come assimilabile alla sua acquiescenza ovvero come tacito riconoscimento della fondatezza della pretesa avversaria.

L’opposizione ha dunque la finalità di impedire questo consolidamento e la correlatia esecutorietà del titolo.

Una volta che sia stata proposta opposizione, tanto il preteso creditore che il preteso debitore non possono venirsi a trovare in una posizione deteriore rispetto a quella che avrebbero in un ordinario processo di cognizione: caduta la “speranza” che l’ordinamento nutriva circa la giustizia dell’ingiunzione – speranza fondata proprio sull’esistenza di un fumus boni iuris circa il credito del ricorrente – sarà il creditore-attore a dover offrire piena prova dell’esistenza del proprio diritto, potendo la controparte assumere tutte le iniziative difensive messe a disposizione dall’ordinamento medesimo e la questione verrà decisa con una sentenza di primo grado.

Inoltre, consentire un’opposizione priva di qualsiasi motivazione, rischia seriamente di frustrare l’esigenza di evitare giudizi meramente defatigatori da parte del debitore che nulla di serio abbia da argomentare ed inoltre svilisce eccessivamente l’opera di cognizione del giudice. Infatti, la possibilità di opporsi semplicemente manifestando la propria non adesione all’ingiunzione ricevuta è tipica del modello puro, come quello adottato in Germania, nel quale, però, l’ingiunzione è emessa senza alcuna verifica circa l’esistenza o meno del diritto sostanziale del ricorrente, circostanza che viene puntualmente indicata nel testo della stessa a cura del Rechtspfleger.

576

Così, Ronco, Struttura, cit. p. 344. 577

Viceversa, si è visto come in Spagna il giudice debba compiere, oltre ad una valutazione degli altri presupposti dell’azione, un vaglio circa la presumibile fondatezza della pretesa azionata, anche se non con la profondità propria dei poteri attribuitigli in un giudizio ordinario ma sulla base di un convincimento prossimo a quello richiesto in materia di procedimenti cautelari.

A questo punto, valorizzando il dato normativo dell’art. 815 LEC – che richiede all’intimato di comparire in tribunale ed allegare succintamente le ragioni per le quali ritiene non dovuta la somma ingiunta –, ci pare corretto ritenere che l’atto di opposizione debba essere (sia pur succintamente) motivato, quale manifestazione della posizione dell’ingiunto rispetto al rapporto sostanziale dedotto in giudizio con la richiesta monitoria, e non si dovrebbero consentire modifiche delle motivazioni in un momento successivo, specie se in contrasto con quelle in precedenza addotte. Questa ci sembra la ricostruzione più coerente con l’esistenza di una preclusione, intesa, secondo gli insegnamenti di Chiovenda, come “perdita, o estinzione o consumazione di una facoltà processuale”578. Essa ha infatti tre profili operativi, in base ai quali viene in rilievo: la si subisce per non aver osservato l’ordine, emanato dalla legge al suo esercizio (p.e. i termini perentori) ma anche in relazione al compimento di attività incompatibili con l’esercizio della facoltà (es. proporre un’eccezione incompatibile con un’altra) nonché per consumazione vera e propria della facoltà stessa, già validamente esercitata in precedenza. È facile notarne l’operatività rispetto al rito monitorio: se non esercitata nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica del provvedimento, stabilito per opporsi, ne è precluso l’esercizio, con conferma del contenuto dell’ingiunzione. Se si esercita detta facoltà, si consuma il relativo potere e non si potrà poi compiere un’attività incompatibile con tale esercizio, quale sarebbe, appunto, proporre, nel giudizio di merito, difese incompatibili con quelle inizialmente dedotte nello scritto di opposizione. Si aggiunga che il rispetto del diritto di difesa e della parità delle parti impone che il ricorrente in via monitoria possa sapere contro quali difese si dovrà scontrare nel giudizio di merito. Peraltro, soltanto seguendo questa ricostruzione ci sembra giustificabile il fatto che la legge imponga l’obbligo di assistenza tecnica per presentare lo scritto di opposizione, la cui redazione è quindi affidata ad un soggetto competente ed in grado di valutare e decidere la stragegia difensiva che ritenga più appropriata. Questa convinzione è rafforzata dal fatto che, se si passa al juicio verbal su di esso e sulla petición si regge l’intero giudizio, salva la facoltà di integrazione delle motivazioni – che per la normativa in tema di juicio verbal deve avvenire in udienza – e dei mezzi istruttori che deve essere concessa per rispettare le regole della pienezza del contraddittorio proprie del giudizio di cognizione.

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