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La suddivisione del rito monitorio in diverse “fasi” e la duplicità di azioni cumulate nella petición.

DIALOGO CON LA DOTTRINA PROCESSUALISTICA ITALIANA

A. De La Oliva Santos, Conceptos fundamentales de la ejecución forzosa civil, in La Ley,

1.3. La suddivisione del rito monitorio in diverse “fasi” e la duplicità di azioni cumulate nella petición.

L'errore concettuale di mettere insieme, nell’analisi della natura e della collocazione sistematica del rito monitorio, anche l’eventuale giudizio di opposizione, al quale si è accennato in precedenza è proprio soprattutto di quella parte della dottrina spagnola che ha proposto tesi ricostruttive “eclettiche” del juicio monitorio, suddividendolo in fasi alle quali ha

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Op. cit.. p. 1 ss. 191

Una conferma importante, in questo senso, si ricava dall’opera di uno degli Autori che maggiormente si è occupato di processo civile, oltre ad aver attivamente partecipato alla redazione della nuova LEC, A. De La Oliva Santos. Egli ha dedicato un’opera monografica al giudicato civile ove tra i procedimenti “sommari” non idonei a produrre accertamenti destinati a transire in rem iudicatam non è indicato il monitorio mentre l’unica eccezionale ipotesi di provvedimento reso all’esito di un giudizio speciale e sommario destinata a produrre una “cosa giudicata parziale” (qualificata come vera e propria “anomalia” del sistema) è il juicio cambiario, nel quale la sentenza produce simili effetti solo per le questioni che “hanno potuto essere sollevate e discusse, le rimanenti potendo essere proposte nel corrispondente giudizio (di merito)”. Cfr Id., Oggetto del processo civile e cosa giudicata, Milano, 2009, in particolare, p. 149 ss. Lo stesso Autore, in occasione di un colloquio presso l’Universidad Complutense di Madrid, mi ha confermato l’opinione secondo cui, a suo avviso, l’ingiunzione non opposta produce, anche in relazione al giudicato sostanziale sulla pretesa azionata, gli stessi effetti di una sentenza definitiva, poggiando la ricostruzione proprio sul disposto dell’art. 816 LEC per cui l’esecuzione proseguirà “in conformità a quanto stabilito per le sentenze giudiziali” e sarà possibile solo la limitata opposizione all’esecuzione prevista avverso le stesse.

attribuito una propria – e diversa – natura. A proposito di queste ultime proposte ricostruttive, va rilevato, anzitutto, come non vi fosse accordo su quante e quali fossero tali fasi. Per certi autori192 erano tre: richiesta iniziale, esame ed ammissione giudiziale della richiesta, ingiunzione al debitore; dopodiché la natura dell’istituto cambiava a seconda dell’attitudine del debitore: se non pagava e non si opponeva si aveva la creazione del titolo esecutivo ed un procedimento di esecuzione, altrimenti si apriva l’opposizione e dunque una fase di cognizione; per altri193, le fasi erano due solamente: la prima, che arrivava fino alla creazione dell’ingiunzione compresa, in cui si aveva un processo di cognizione, sommario194 e privo di contraddittorio, anche se, all’interno di esso, si rendeva necessaria una minima opera di cognizione per la preparazione del titolo; la seconda, invece, variabile a seconda del comportamento del debitore: in assenza di opposizione avrebbe avuto natura esecutiva, altrimenti di giudizio di cognizione ordinario.

Al di là delle critiche che si possono muovere all’idea di suddividere in fasi l’istituto per analizzarne la natura giuridica, poiché “dissezionandolo” in parti autonome che non siano, da un lato, quella inaudita altera parte che, in realtà, costituisce il vero e proprio procedimento monitorio, e, dall’altro, il giudizio di opposizione, ci pare se ne perda la visione sistematica d’insieme; questi autori (sia pur in assenza di esplicito riferimento), sembrano riproporre una tesi ricostruttiva fatta propria da Segni195. Si tratta della concezione dell’ingiunzione come condanna, suscettibile di esecuzione forzata, condizionata alla mancata proposizione dell’opposizione che, altrimenti, pone nel nulla l’ingiunzione, facendo terminare il processo speciale ed iniziare quello ordinario; nonché dell’idea che, all’interno dell’atto introduttivo del rito monitorio, coesistano

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T. Armenta Deu, Lecciones de derecho procesal civil, Madrid, 2002, p. 566 ss. 193

González López, Sobre la debatida naturaleza, cit., www.derecho.com ed ivi le indicazioni.

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Ci riferiamo qui all’accezione spagnola del termine sumario che, in Spagna, si contrappone a plenario, riferito a quel tipo di procedimento con pienezza di cognizione, almeno potenziale (si pensi all’ipotesi di contumacia del convenuto) nel quale si accerta il diritto fatto valere con un provvedimento suscettibile di produrre la cosa giudicata. Viceversa, i procedimenti sumarios, proprio per la limitazione dei mezzi di attacco e difesa concessi alle parti, si concludono con un provvedimento inidoneo a produrre la pienezza della cosa giudicata ma, tutt’al più, ove non impugnati, precluderanno soltanto la riproponibilità di alcune difese ed eccezioni o di certe questioni ma non di rimettere in discussione l’attribuzione del bene della vita ottenuto all’esito degli stessi. Tipico esempio è il juicio cambiario, all’esito del quale, stante la limitazione dei mezzi istruttori concessi all’intimato per difendersi, si forma una preclusione solo sulle questioni effettivamente trattabili all’interno di tale struttura processuale e non sulle altre, che potranno essere fatte valer e in un successivo ordinario, magari per ottenere la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione del provvedimento conclusivo del processo cambiario.

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La tesi emerge chiaramente nell’accurata analisi che l’autore svolge ne L’opposizione del convenuto, cit., p. 977 ss.

due azioni cumulte e condizionate l’una al mancato esito dell’altra: una speciale, volta ad ottenere l’ingiunzione, l’altra ordinaria, tesa alla condanna dell’affermato debitore. Questa seconda idea sembra emergere soprattutto quando le proposte ricostruttive in parola hanno considerato il collegamento dell’ingiunzione con il giudizio di opposizione da trattare secondo il rito verbal, per cui si è affermato che, “se l’ammontare richiesto è inferiore ai 900 Euro, dato che l’art. 818 segnala che, in caso di opposizione, il giudice convocherà immediatamente le parti all’udienza, la richiesta iniziale (petición) dovrà contenere, in via mediata, la richiesta di condanna del debitore (…)”196.

Tuttavia ci sentiamo di contestare la tesi che, con la petición, si faccia valere un’azione speciale diversa dall’ordinaria azione di condanna. Qualunque sia la concezione dello scopo ultimo del processo di cognizione – l’attuazione della legge mediante pronuncia sul merito di chiovendiana memoria197 o è la giusta composizione di una lite mediante la formazione di un comando concreto, complementare o autonomo, nelle parole di Carnelutti198 – e del suo oggetto immediato, ossia del provvedimento sul merito che si vuole ottenere dal giudice, non si ravvisano differenze con lo scopo perseguito mediante il juicio monitorio. Il suo oggetto ultimo è infatti lo stesso (l’attuazione del diritto o la composizione di una lite, secondo i punti di vista) ma anche l’oggetto immediato non differisce da quello proprio del processo di cognizione che è la formazione del provvedimento di merito del giudice, come oggi si ritiene definitivamente acquisito, posto che il bene giuridico che il ricorrente persegue è il riconoscimento (e l’esecutabilità coattiva) di quello stesso diritto di credito che verrebbe altrimenti richiesto al giudice nel giudizio ordinario199. Inoltre non può ignorarsi come lo stesso Segni giungesse a formulare una simile ricostruzione guardando a quello che egli definiva come l’unico vero procedimento monitorio (indicato invece da Calamandrei come monitorio “puro”) il cui tratto saliente era l’emanazione di un provvedimento sine causa cognitione, per cui era logico che la semplice opposizione dell’ingiunto facesse venir meno l’ingiunzione e facesse rientrare il processo nei binari ordinari, rimanendo l’originario ricorso per ingiunzione valido solo come atto introduttivo ai fini della litispendenza. In Spagna, invece, pur con le necessarie precisazioni che vedremo, vi è un’attività di cognizione sulla domanda dell’attore e pertanto l’istituto si differenzia qui dal modello considerato dal Segni per fondare la sua ricostruzione.

Ci sembra opportuno valerci anche delle acute osservazioni di altra dottrina che ha messo in luce come, al fine di stabilire se, nelle forme del

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Armenta Deu, Leciones, cit., p. 573. 197

Chiovenda, Principii, cit., p. 68. 198

Carnelutti, Istituzioni, cit., p. 4 ss., 17. 199

rito monitorio, si eserciti un’azione sommaria o l’ordinaria azione di condanna si debba guardare all’efficacia del provvedimento al quale si giunge: se essa è provvisoria si avrà azione sommaria; se analoga a quella di una sentenza passata in giudicato, si avrà azione ordinaria; se i due effetti si raggiungono in momenti diversi e sotto diverse condizioni, si avrà concorso delle due azioni.

Questa proposta ricostruttiva parte dall’idea che la definitività dell’accertamento contenuto nel provvedimento giudiziale e l’esecutività di quest’ultimo non sempre vanno di pari passo (p.e. nel caso di condanna con riserva delle eccezioni). Se dunque si considera lo scopo immediato del processo, cioè il comando che promana dal giudice in attuazione della legge, stabile o mutevole ma immediatamente attuabile, si può ravvisare nei casi di accertamento con prevalente funzione esecutiva uno scopo, costituito dalla possibilità di un’attuazione anticipata, che è diverso o, a seconda dei casi, più prossimo rispetto a quello normale del processo ordinario (costituito invece dall’ottenere un accertamento stabile e incontrovertibile). Ad esempio la condanna con domanda di esecuzione provvisoria, che mira all’accertamento stabile del diritto ma anche ad un quid pluris costituito dalla possibilità di un’attuazione anticipata rispetto al decorso del termine per le impugnazioni ordinarie. Una figura intermedia è costituita dalla sentenza con riserva che può portare ad una piena decisione sul rapporto, se la parte che ha visto riservate le proprie eccezioni decide di continuare l’attività processuale, ovvero rimanere indefinitamente sospesa. In questi casi si parla di azione sommaria in contrapposizione a quella ordinaria.

Intesa l’azione come diritto ad un provvedimento del giudice non si vede difficoltà a riconoscere nel primo caso (azioni sommarie pure) il diritto della parte ad un provvedimento del giudice con efficacia più limitata ma più immediata di una pronuncia emessa nel processo sommario; nel secondo caso (azioni sommarie concomitanti con l’ordinaria o subordinate ad essa), il diritto della parte non solo ad una ordinaria sentenza ma anche ad una pronuncia anticipata sull’accertamento completo (sentenza con riserva) o ad un’attribuzione anticipata di efficacia alla pronuncia (provvisoria esecuzione) diritto che costituisce “un plus rispetto all’azione ordinaria e che può essere fatto valere anche separatamente”.

Il processo monitorio non presenta differenze da quello ordinario riguardo allo scopo ultimo del processo. Invece, per quanto attiene allo scopo immediato, occorre prestare maggiore attenzione. Si è notato che lo scopo pratico della preparazione dell’esecuzione predomina su quello della formazione dell’accertamento ma l’osservazione non ha grande rilievo dal punto di vista dogmatico: anche nel processo ordinario di condanna, spesso, il primo scopo prevale sul secondo. La base dell’indagine va invece impostata sulla valutazione se il processo monitorio tenda a fornire all’attore soltanto un accertamento provvisorio e revocabile che può essere sempre

rimesso in discussione nella sua legittimità e nel suo fondamento ovvero un accertamento idoneo ad acquisire, in un dato momento, un’autorità indiscutibile pari a quella di una sentenza di condanna. In questo secondo caso, lo scopo perseguito è identico a quello del normale processo di condanna e soltanto viene raggiunto per questa via più rapida ed economica.

Si è perciò ritenuta criticabile l’opinione che, nel monitorio, si faccia sempre valere un’azione sommaria, (idea sostenuta da Chiovenda e Segni per i quali questi ordini, emanati in base ad una cognizione superficiale “non contengono, come la sentenza di condanna, l’affermazione del diritto alla prestazione; e perciò, nel momento in cui si emanano, hanno condizioni speciali, diverse da quelle della sentenza di condanna. Ciò spiega perché l’azione che ad essi tende appaia come un’azione speciale”). Già Calamandrei, infatti, aveva sottolineato come ciò fosse inesatto: il provvedimento non va considerato al momento della pronuncia, nel quale è un mero progetto di provvedimento, subordinato all’assenza di opposizione dell’intimato, ma in quello nel quale acquista efficacia.

La posizione praticamente migliore del soggetto che possa notificare un’ingiunzione rispetto a quello che notifichi un atto di citazione, impiegata da alcuni come argomento per sostenere la natura speciale dell’azione proposta col ricorso per ingiunzione, è stata invece ritenuta di scarso rilievo pratico. Concepita l’azione come diritto ad un provvedimento di merito su una domanda, si può riconoscere che il creditore di una prestazione che rientri tra quelle indicate dalle norme in tema di procedimento di ingiunzione e possieda una prova scritta del credito ha diritto ad un provvedimento del giudice sul ricorso in condizioni di favore rispetto all’ordinario processo di condanna perché il provvedimento è emanato senza il contraddittorio del convenuto sulla base delle sue sole allegazioni. Questo diritto può considerarsi un’azione speciale, destinata ad ottenere un provvedimento di efficacia condizionata al difetto di opposizione nel termine che si esaurisce con l’emissione del provvedimento ma, dalla notifica dell’ingiunzione, inizia un processo sull’azione ordinaria (ovvero su altra e diversa azione speciale) che si esaurirà, col decorso del termine per l’opposizione, nella piena efficacia del titolo, ovvero, in seguito all’opposizione, sboccherà nel contraddittorio ordinario.

Dunque la superiorità è solo fattuale ma non giuridica e pertanto può sussistere nelle più diverse circostanze e non ha valore per classificare l’azione. Inoltre, contro l’azione sommaria così concepita (idea che sembra alla base delle teorie ricostruttive “eclettiche” attualmente in esame), si può osservare che il concetto di azione viene eccessivamente spezzettato e nulla impedirebbe di individuare un’azione particolare per l’ottenimento di qualsiasi provvedimento del giudice, dato che, come in questo caso, essa si rivolgerebbe ad ottenere un provvedimento privo di valore autonomo.

Concludendo, perciò, al fine di stabilire se, nelle forme del rito monitorio, si eserciti un’azione sommaria o l’ordinaria azione di condanna si deve guardare all’efficacia del provvedimento al quale si giunge: se essa è provvisoria si avrà azione sommaria; se analoga a quella di una sentenza passata in giudicato, si avrà azione ordinaria; se i due effetti si raggiungono in momenti diversi e sotto diverse condizioni, si avrà concorso delle due azioni200. Ecco perché, alla luce di queste considerazioni e del dato normativo della LEC, ci pare incontestabile che, in un procedimento monitorio come quello introdotto in Spagna – ove non vi sono ipotesi di provvisoria esecuzione né immediata né in corso di causa (nel caso di opposizione) e l’ingiunzione, scaduto il termine perentorio per opporsi, acquista efficacia di giudicato sulla pretesa dedotta in giudizio –, lo scopo perseguito sia lo stesso del processo ordinario e dunque ivi si faccia valere l’ordinaria azione di condanna, sebbene attraverso speciali forme processuali che permettano di giungere allo stesso risultato pratico (un provvedimento equivalente ad una sentenza di condanna) in modo più rapido.

1.4. Il juicio monitorio come procedimento speciale di cognizione:

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