5.2.4.2) – MONDI SEPARATI E PROTEZIONE SIMBOLICA
5.2.4.2.1) – L’OSSERVANZA DEL PURDAH
Per quanto riguarda il primo dei due concetti, quello di mondi separati, la segregazione delle donne avviene attraverso due strumenti :
1) – la segregazione fisica dello spazio vitale; 2) – il coprire il volto ed il corpo della donna. 1) – La segregazione fisica.
Con l’osservanza del purdah, gli spazi vitali per gli uomini e per le donne sono segregati e di conseguenza, parti della casa o di altri spazi vitali sono individuate per l’esclusivo uso delle donne e di quegli uomini che esse possono vedere. Tra le famiglie povere urbane, le donne in purdah non possono mai uscire dalla singola stanza in cui vive l’intera famiglia. Per le famiglie di classe media e di classe superiore invece, possono esserci delle entrate riservate alla parte femminile della casa (Zenana). All’interno della casa, tende e schermi possono essere usati per proteggere le donne dagli sguardi dei visitatori maschi, sebbene la conversazione sia ammessa in modo simile a quanto avviene in certi conventi di clausura di suore, anche qui in Italia. Anche gli spazi pubblici possono essere recintati, in modo che le donne segregate possano muoversi al loro interno come se fossero luoghi
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privati. I veicoli di trasporto, a loro volta possono essere equipaggiati con tende e scompartimenti separati riservati alle donne, nei treni e negli autobus.
2) – L’utilizzo di capi di vestiario per coprire il volto ed il corpo della donna.
Il secondo strumento del purdah è il burqa, o l’insieme degli abiti utilizzati dalle donne per nascondersi. Ciò è la conseguenza logica dell’utilizzo di spazi vitali segregati e permette alle donne di muoversi all’esterno di questi spazi, in una specie di segregazione portatile. Paradossalmente, il burqa può essere visto come un’innovazione liberatoria per le donne, perché permette loro di uscire all’esterno degli spazi vitali ad esse assegnati. Una ricerca di Florence McCarthy sull’utilizzo del burqa in Bangladesh, fornisce dati a favore di questa interpretazione del ruolo del burqa. Il burqa segnala anche lo status sociale della donna che lo indossa quale donna segregata ed il tipo specifico di burqa indossato indica la sua classe sociale di appartenenza, il suo livello di ricchezza, la sua raffinatezza e la sua regione di provenienza. Oltre al lungo burqa, che copre interamente il capo ed il volto e che permette di vedere il mondo esterno attraverso un tessuto filigranato posto davanti agli occhi, c’è la più corta dupatta, un foulard lungo circa due metri, che può essere indossato in molti modi diversi e che può coprire il volto ed il seno. Anche la parte terminale del sari può essere utilizzata a questo scopo. I burqa più poveri, sono di colore chiaro, di cotone, mentre quelli più ricchi sono di rayon o seta, di colore scuro. L’uso specifico di questi capi permette di manifestare diversi livelli di modestia o di provocazione. Questi capi di vestiario, possono essere riavvolti e riarrangiati in risposta ai cambiamenti della situazione immediata ed anche i gesti utilizzati per queste modificazioni, indicano i gradi di rispetto che le donne tributano all’osservatore specifico. Se quindi da un lato, il velo serve a nascondere la sessualità della donna, è innegabile che la donna sia riuscita a sessualizzare il velo. Ciò è indicato anche dall’uso del velo maschile in altre culture. Nella cultura Tuareg, il velo serve all’uomo per creare una distanza sociale, utile a raggiungere quell’aspetto orgoglioso, misterioso e spavaldo che ha la sua postura, sia a piedi che a dorso di cammello. Non è quindi univoco il messaggio che il velo può comunicare. Esso indica una posizione di subordinazione e di inferiorità della donna, ma questa condizione può a sua volta enfatizzare il lato sessuale della subordinazione. Per la donna del sub-continente indiano infatti, il velo, pur rafforzando le caratteristiche che la cultura locale attribuisce alla donna in termini di dipendenza, ne sottolinea anche la sessualità, un senso speciale di vulnerabilità, un’incapacità di muoversi liberamente in pubblico, caratteristiche che possono in qualche modo ricondursi ad un richiamo di tipo erotico, per quanto in modo paradossale. Per quanto riguarda il livello di osservanza del purdah, ai risultati derivati dagli studi storici dobbiamo aggiungere un
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fenomeno nuovo e cioè la comparsa, dalla fine degli anni ’80, di gruppi politici islamici fondamentalisti, di derivazione salafita e wahabita, che danno un’interpretazione particolarmente rigida delle norme craniche sulla modestia e che pretendono dalle donne della regione indiana, un’adesione sempre più stretta alle norme del purdah. Ciò ha sicuramente portato ad un aumento dell’osservanza della norma, ma anche ad una maggiore conflittualità sociale, vista l’azione, ad esempio nel Bangladesh, di numerose ONG che cercano di aumentare, anche con l’aiuto governativo, la libertà di movimento delle donne, entrando così in conflitto con i dettami dei fondamentalisti. I dati derivanti dagli studi empirici citati dalla Papanek, pur risultando ormai datati, ricordiamo che il suo saggio è del 1973, forniscono comunque un quadro generale abbastanza preciso. Dobbiamo ricordare comunque che non esistono ricerche contemporanee sulla reale diffusione del sistema del purdah. Probabilmente perchè gli uomini che nel sub-continente indiano si occupano di ricerca sociale, lo danno per scontato, come fatto naturale che appartiene all’ordine delle cose, mentre le ricercatrici donne sembrano affrontarlo soltanto come elemento di background. Esistono numerose tesi di laurea ed articoli di ricercatrici sociali europee, o di studentesse di origine sud-asiatica, che hanno studiato in Europa e negli USA, ma le loro ricerche, per motivi oggettivi, cioè per la difficoltà di compiere su larga scala delle indagini conoscitive su questo argomento, si limitano a ricerche di tipo qualitativo, su piccoli gruppi di individui. A.F.A. Husain, sull’adesione del purdah a Dhaka, nel 1958, nell’allora East Pakistan, distingue tre diversi indici di osservanza :
1) - non uscire comunemente di casa;
2) - indossare un burqa quando si esce di casa;
3) - osservare la regola di non parlare a maschi che non siano parenti stretti.
L’11% delle donne lavoratrici del campione osservava il purdah, mentre il 33% delle donne non lavoratrici lo osservava nel senso di restare recluse in casa ed indossando il burqa. Cora Vreede De Stuers (1968), distingue fra tre modalità di osservanza del purdah : 1) - purdah rigido;
2) - purdah parziale;
3) - purdah intermittente (cambiamenti nell’osservanza, nel corso del tempo).
E’ interessante, ritornare sullo studio di Florence McCarthy, del 1967, al quale abbiamo già accennato. In Bangladesh, nel Distretto di Comilla, l’utilizzo del burqa è stato introdotto nel corso della vita delle donne intervistate (10 o 15 anni prima, quindi dall’inizio degli anni ’50 in poi). Per le donne dei villaggi rurali, il burqa aveva aumentato la loro libertà di movimento all’esterno della casa. Ciò, indica che precedentemente era molto diffusa, anche nei villaggi, la segregazione della donna all’interno della casa :
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“..quì, l’osservanza del purdah è più ferrea. Nell’area del delta, gli insediamenti sono spesso piccoli e dispersi. L’unità base è il bari, un’unità formata da 4 a 10 case, dove i membri di una stessa unità parentale vivono in diverse case familiari. Ci si aspetta che le donne rimangano all’interno del loro bari, dove possono svolgere i lavori domestici. Tra la pubertà e la vecchiaia, non devono essere viste dagli estranei e quindi indossano il burqa quando escono dal bari.”
Nel Punjab pakistano (Slocum, Akhtar e Sahi, 1960), poche donne nei villaggi indossano il burqa, mentre il purdah viene osservato in altri modi, ad esempio utilizzando il velo come copricapo. In un altro studio, del 1962, le donne del villaggio di Budhopur, nel Distretto di Gujiranwala, sempre nel Pakistan, si muovono liberamente, ma all’interno di aree costituite da case adiacenti l’una all’altra, spostandosi attraverso i tetti delle case. L’osservanza del purdah comprende anche un’esperienza di appartenenza ad un gruppo sociale ed è collegata a sentimenti di :
- solidarietà di gruppo;
- conformità alle norme del gruppo; e a comportamenti legati :
- al livello di educazione scolastica; - all’endogamia di gruppo;
- alla specificità occupazionale.
I businessmen pakistani degli anni ’60, studiati dalla Papanek in un altro saggio pubblicato anch’esso nel 1973, appartenevano a comunità quasi-castali di commercianti, con una specializzazione tradizionale in queste attività. Ne sono esempio :
- i Memons dell’India occidentale; - i Chinioti Sheiks, del Punjab;
- gruppi provenienti da Bombay e Delhi.
Essi ritenevano valido il purdah e trovavano importante anche il matrimonio combinato all’interno della comunità di commercianti a cui appartenevano. Uomini invece nel cui gruppo i matrimoni erano combinati anche in base allo status sociale ed alla lingua parlata, ritenevano il purdah meno importante per la loro comunità. Esiste quindi una stretta associazione tra endogamia di gruppo ed osservanza del purdah. Le risposte date dai soggetti intervistati nella ricerca, non erano influenzate dall’età e dal livello di educazione. L’osservanza del purdah era correlata invece al livello educativo delle mogli dei commercianti : le donne che avevano studiato di più erano quelle che osservavano meno il purdah. Tra i musulmani dell’area di Delhi invece, era aumentata l’osservanza stretta del
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purdah, perché dopo la Partition del 1947 si sentivano gruppo di minoranza ed avevano scelto di sottolineare in questo modo la loro identità islamica.