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4.5) – SECONDO INCONTRO CON L’ASSOCIAZIONE BASCO

gli argomenti trattati e troppe le implicazioni. Decidiamo così di incontrarci nuovamente fra tre settimane, il 19 settembre, sempre nella stessa sala , in modo che nel frattempo io possa informarmi maggiormente e riferire in modo più dettagliato sul progetto complessivo e sui contatti che sarò stato in grado di avere.

Al termine della riunione, ne ricavo che l’argomento che a tutti sembra stare più a cuore è quello legato all’attività lavorativa delle donne. Per quanto riguarda la scuola di bengali, scopro che questa è già attiva : ogni domenica mattina, una donna della comunità svolge l’attività di insegnante di bengali per i piccoli bangladesi, utilizzando la stessa sala nella quale ci siamo riuniti. Probabilmente la richiesta di Mokarrom più che essere finalizzata all’istituzione della scuola, era finalizzata invece ad ottenere un suo eventuale finanziamento da parte del Comune o di altre istituzioni locali. Le altre due tematiche, quella relativa all’acquacoltura de quella relativa alla mediazione culturale spariranno dall’agenda degli argomenti da trattare subito dopo questo incontro. D’ora in poi si parlerà solo del lavoro femminile.

4.5) – SECONDO INCONTRO CON L’ASSOCIAZIONE BASCO.

Il secondo incontro avviene sempre di domenica, il 19/09/2004, sempre presso la sede dell’associazione. La sala è affollata, sono presenti circa 30 persone, 26 donne e 5-6 uomini. Con me è venuto anche Roberto Zanardo, un operatore dello IAL Veneto, un Ente di Formazione Professionale collegato alla CISL. La riunione è presieduta da Mokarrom, che mi introduce e mi invita a parlare. Come nell’incontro precedente, mi rivolgo ai presenti in italiano e quello che dico viene tradotto da Mokarrom in bengali. Come avevamo concordato nella riunione precedente, cerco di far presenti quelli che ritengo siano i temi da inserire nel progetto di cooperativa, perché questo possa avere maggiori probabilità di successo :

1) - poiché il problema dell’insegnamento della lingua bengali è in qualche modo risolto dalla presenza dei corsi autogestiti dalla comunità, rimane quello più importante, ai fini del progetto lavorativo, dell’insegnamento della lingua italiana alle donne bangladesi. La presenza dei corsi di bengali autogestiti non risolve completamente il problema dell’insegnamento della lingua madre ai piccoli bangladesi, in molti paesi europei, quali la Svizzera ed i paesi scandinavi, la lingua d’origine degli immigrati viene comunemente inserita nei programmi scolastici ufficiali, ma una problematica con ricadute istituzionali che non possono essere risolte al momento a livello locale. Nella realtà locale invece, i corsi di lingua italiana per stranieri, sono organizzati e tenuti dai CTP (Centri Territoriali Permanenti), strutture educative operanti all’interno dei Circoli Didattici. I CTP si occupano

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di formazione degli adulti, utilizzando sia insegnanti dipendenti dal Ministero dell’istruzione, sia esperti in particolari settori formativi, esterni all’istituzione scolastica. I corsi di lingua italiana possono essere attivati prendendo contatto con i CTP di Pieve di Soligo, di Conegliano e di Vittorio Veneto. Non è sicuro che dei corsi possano tenersi a Pieve di Soligo, poiché questo dipende dal numero di donne che si iscrivono ai corsi; 2) - per quanto riguarda l’attività lavorativa nel settore tessile (produzione di ricami tradizionali), faccio presente come non sia difficile costituire una cooperativa, ma piuttosto come siano invece elevati i suoi costi di gestione. Il costituire una cooperativa, se è semplice dal punto di vista formale (è sufficiente trovare i soci, redigere l’atto costitutivo e registrarlo), è complicato dal punto di vista gestionale : anche in assenza di produzione, ci sono dei costi fissi di gestione abbastanza alti che possono arrivare fino ai 2-3.000 euro all’anno. Per costituire una cooperativa sono necessari 9 soci nel caso di una cooperativa normale ed almeno 3 soci invece, nel caso di una micro-cooperativa;

3) - l’altro punto da trattare, è quello relativo alla possibilità di organizzare un corso di formazione professionale finanziato dal Fondo Sociale Europeo, che tratti tutti gli aspetti dell’attività lavorativa e gestionale di una cooperativa. Da una mia ricognizione nel settore, ho rilevato che un corso del genere, il cui sbocco lavorativo è la costituzione di una cooperativa, non è più realizzabile. Anni fa ciò era possibile, ma al momento attuale i corsi che vengono finanziati sono solo quelli che prevedono, al loro termine, una garanzia di impiego di tipo dipendente da parte dei corsisti che l’hanno frequentato. Accenno a questo punto all’esistenza del CCA (Consorzio Cooperative Autogestite), un ente con sede a Villorba, che si occupa della gestione fiscale ed amministrativa delle cooperative ad esso associate. Tra i servizi offerti c’è anche l’assistenza alla costituzione delle cooperative, per cui l’ente potrebbe aiutare le donne bangladesi in questa fase iniziale del loro progetto. Dopo di me, interviene anche Roberto Zanardo, che è anche un collaboratore del CCA, che spiega la possibilità di una collaborazione con questa associazione, finalizzata sia alla costituzione della cooperativa, che alla gestione successiva dei suoi adempimenti fiscali ed amministrativi.

Man mano che io e Roberto Zanardo parliamo, Mokarrom traduce in bengali i nostri interventi e noto che tra le donne c’è del fermento, loro sembrano un po’ critiche nei confronti di quello che lui dice loro. Gli chiedo allora dei ragguagli e lui mi risponde che le donne non sono molto convinte della necessità di costituire ex-novo una cooperativa per poter svolgere un’attività lavorativa, quando esiste già un’associazione, la BASCO. Sempre Mokarrom, spiega poi ai presenti come vorrebbe che nella cooperativa ci fossero sia dei soci bangladesi che italiani, in modo da presentarsi come un ente binazionale, che

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si possa muovere più agevolmente a livello istituzionale. Poi, viene costituito un comitato promotore della cooperativa, costituito da 5 donne, che dovranno sensibilizzare ed organizzare le altre donne presenti. Le cinque promotrici scelte sono : Omma Kulsum, Shamima Akhtar, Akter Shamima, Akter Mahbuba e Laila Abdus. Vengono raccolte anche le adesioni di tutte le 26 donne presenti, comprese ovviamente le cinque promotrici. In questa occasione Mokarrom parla anche della possibilità delle donne di trovare un lavoro come addette alle pulizie, ma definisce degradante per loro questo tipo di attività lavorativa. La riunione termina con l’impegno di risentirci al più presto per valutare le prossime mosse da farsi. Le cinque donne promotrici mi vengono indicate come referenti per l’organizzazione dell’attività.

4.5.1) – CONSIDERAZIONI.

E’ evidente ormai come lo scopo principale attuale dell’associazione BASCO sia quello di cercare di costituire una cooperativa di donne con finalità di produzione nel settore tessile. Ciò che non si riesce a capire è di chi sia la paternità di questo progetto :

a) - è un’idea di Mokarrom, che ha già sviluppato individualmente dei progetti di impresa commerciale individuale e che cerca di attuarli utilizzando la comunità, l’associazione ? b) - è sempre una sua idea, ma con motivazioni più ideali, volta a fare il bene della comunità, a favorire il benessere economico degli immigrati o deriva da entrambe le motivazioni ?

c) - è un’idea degli uomini della comunità, che spinti dal bisogno economico (un unico stipendio, usualmente quello maschile, non è sempre sufficiente per il mantenimento del benessere familiare) guardano all’inserimento delle donne nel mercato del lavoro come ad una possibile soluzione a questo problema ?

d) - oppure è un’idea delle donne, che intendono sfruttare a loro vantaggio una realtà sociale nella quale il lavoro femminile esterno non è visto in modo negativo ?

Ciò non diventerà ben chiaro nemmeno nel prosieguo dell’indagine e cercheremo nel capitolo finale di dare un’interpretazione di questo fatto. Ciò che ritengo più probabile è che tutte e quattro le motivazioni abbiano interagito tra loro, in modo dialettico. Ciò che gli uomini sembrano non considerare a prima vista, sono i possibili sviluppi che un inserimento lavorativo di questo tipo può avere nell’equilibrio delle relazioni di genere all’interno della comunità. Se le donne avranno l’accesso al reddito, il loro potere decisionale all’interno della famiglia potrà essere maggiore e ciò potrebbe avere delle notevoli ripercussioni sui ruoli tradizionali attribuiti dalla cultura bangladese nelle relazioni

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di genere. A sua volta, un inserimento lavorativo delle donne potrebbe avere delle notevoli ripercussioni sulla gestione delle attività familiari :

a) - il bisogno di portare i figli all’asilo nido o alla scuola materna, quando le madri sono occupate dal lavoro;

b) - il probabile eccesso di lavoro che un’attività lavorativa gestita in modo cooperativo nel settore tessile potrebbe originare. In fondo, potrebbero trovarsi ad affrontare ciò che avvenne negli anni ’70 ed ’80 nel settore tessile nelle province di Treviso e di Vicenza, quando gli industriali del settore esternalizzarono parte dei loro processi produttivi affidandoli a dei laboratori tessili a conduzione familiare.

Ciò che si intuisce invece, è un tentativo degli uomini di trovare per le donne un lavoro che sia flessibile, con orari non eccessivi e che possa essere svolto compatibilmente con lo svolgimento dei lavori domestici ed in un ambiente protetto, controllato e non gestito da persone esterne alla comunità.

4.6) – INCONTRO CON IL CONSORZIO INTESA (CCA).

Prima di questo incontro, mi sono trovato con Roberto Zanardo e con Mokarrom, separatamente, per definire meglio alcuni aspetti del progetto di cooperativa. Roberto Zanardo mi dice di aver parlato del progetto con Ennio Martignago, un dirigente del CCA e del Consorzio Intesa, un ente affiliato al CCA, che si occupa della gestione di cooperative. Martignago nutre molte perplessità sul possibile esito positivo dell’iniziativa, ma consiglia in ogni caso di stendere un progetto specifico di intervento lavorativo. Alla luce di questo nuovo suggerimento, rivedo Mokarrom e gli chiedo di stendere un progetto dettagliato di produzione, che possa essere la base sulla quale costituire la cooperativa. Il progetto dovrebbe indicare pochi prodotti e di questi, stabilire quali possano essere le fonti di approvvigionamento del materiale di base per la loro lavorazione, i possibili acquirenti del prodotto finito, la necessità di attrezzature utili per la produzione ed i possibili margini economici che ci si aspetta di ottenere. In poche parole, un vero e proprio Business Plan. L’incontro avviene presso la sede del CCA e del Consorzio Intesa, a Villorba, il 18/10/2004 e siamo presenti : io, Hossain Mokarrom, un suo fratello, un loro amico, penso il marito di una delle donne venute al secondo incontro con l’associazione BASCO, tre delle cinque promotrici della cooperativa (Shamima Akhter, Omma Kulsum e Akter Mahbuba), un’altra donna di nome Shamima, Ennio Martignago per il Consorzio Intesa e Roberto Zanardo, dello IAL Veneto. Su richiesta di Martignago e di Zanardo, Mokarrom indica il tipo di produzioni che la cooperativa intenderebbe sviluppare :

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- lavorazione della seta per il mercato USA ed europeo; - accessori di vestiario per le industrie tessili italiane.

Il materiale di base potrebbe essere importato dal Bangladesh, visto il basso costo che lì hanno le materie prime e si tratterebbe di seta, accessori per il vestiario (etichette, parti di vestiti, nastri, ecc.) e T-shirts. Il materiale verrebbe poi rifinito in Italia. Le T-shirts ad esempio verrebbero stampate qui in Italia, dove riceverebbero poi il marchio della ditta italiana (quello originale ovviamente, non si tratterebbe di produrre prodotti tessili pirati). Interviene allora Ennio Martignago, che indica come sia necessario un piano di fattibilità delle produzioni, che dovrebbe tener conto di :

- quali produzioni fare; - in quale quantità;

- del costo di avvio dell’impresa.

E’ necessario un vero e proprio Business Plan che indichi : - la scelta dei prodotti da commercializzare;

- la lista delle materie prime necessarie;

- l’elenco delle attrezzature necessarie per effettuare la produzione; - il costo dei fattori di produzione (materie prime, lavoro, servizi, ecc.);

- i possibili acquirenti, le quantità da essi rilevabili ed i prezzi proposti dagli acquirenti stessi.

Interviene poi Roberto Zanardo, che sottolinea il fatto che se è vero che in Bangladesh il costo del lavoro è molto basso e come quindi il prodotto di base possa costare poco, è anche vero che questo stesso fattore può costituire un rischio, perché il prodotto lavorato potrebbe risultare non concorrenziale con quello finito nel Bangladesh, nel caso questo venisse commercializzato anche nel mercato italiano. Indica poi un altro problema, quello relativo al mercato di vendita dei prodotti. Se le produzioni sono rivolte ai soli immigrati (come potrebbe essere il caso per i tessuti ricamati tradizionali), il rischio è quello di creare un mercato di nicchia, anche nel caso in cui una parte della produzione venisse inviata alla comunità bangladese residente negli USA. Come tutti i mercati di nicchia, anche questo avrebbe il grave difetto di essere instabile. A questo punto interviene Mokarrom, che afferma di aver avuto dei contatti con la Benetton e con la Diadora, che si sono dimostrate interessate all’offerta, ma non entra nel dettaglio di quali prodotti abbia trattato con loro. Fa un esempio di previsione di produzione riguardante la lavorazione finale di camicie :

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Merce Costo

- acquisto di 1 camicia in Bangladesh; - lavoro finale in Italia;

Totale costi

2 euro 1 euro 3 euro - vendita del prodotto in Italia;

Profitto (in realtà è un margine lordo);

da 5 a 7 euro da 2 a 4 euro

Interviene infine Ennio Martignago, ricordando ai presenti come una cooperativa abbia dei costi anche se non produce, costi valutabili attorno ai 6.000 euro per il primo anno (2.000 euro circa per la redazione e la registrazione dell’atto costitutivo presso un notaio ed il resto, altri 4.000 euro, per la vidimazione dei registri e la tenuta dei libri contabili, anche nel caso in cui non vi siano movimenti da registrare). Suggerisce allora che inizialmente l’attività potrebbe essere gestita dall’associazione BASCO, utilizzando quegli articoli dell’atto costitutivo che ne evidenziano gli scopi associativi quali il sostegno ai membri in condizioni di difficoltà economiche. Qualora la produzione dovesse iniziare e si passasse alla sua commercializzazione, si potrebbe allora ufficializzare la cooperativa ed iniziare l’attività economica vera e propria. L’incontro a questo punto si conclude. Con gli appartenenti alla BASCO, concordo di ritrovarci per valutare assieme le informazioni ricevute nel corso dell’incontro.

4.6.1) – CONSIDERAZIONI.

Pur importante per i temi trattati, l’incontro è stato poco partecipato e le quattro donne presenti non sono mai intervenute. Principalmente penso perché la discussione si è svolta in italiano e Mokarrom, troppo coinvolto da essa, non ha avuto il tempo di tradurre loro i temi trattati. Visto il breve tempo a disposizione prima dell’incontro, Mokarrom non ha portato un progetto di partenza sul quale lavorare, per cui la discussione è rimasta ad un livello interlocutorio. Il ruolo degli esperti del settore, Ennio Martignago e Roberto Zanardo, è stato quello di sottolineare i punti critici del progetto, quasi a volerne rilevare la non praticabilità, ma ha avuto il merito di focalizzare l’attenzione dei presenti sull’utilità in questi casi, di un piano di fattibilità, il solo strumento che permette di passare dalla fase di progettazione a quella di realizzazione, dal sogno di qualcosa, alla sua messa in pratica, in questo caso, dall’approccio simbolico e culturale all’idea di cooperativa, alla prassi, all’azione, alla sua messa in pratica.

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La richiesta del piano di fattibilità, del Business Plan, rappresenta il punto di svolta del progetto : solo la sua redazione, la sua presentazione, permette di passare alla fase successiva, quella dell’organizzazione della produzione, dell’individuazione degli operatori della produzione ed eventualmente, nel caso in cui questa avesse luogo, alla costituzione della cooperativa. Finora la cosa non è mai stata dichiarata apertamente, ma penso sia accettato implicitamente da tutti, che il Manager della cooperativa sarà in ogni caso Mokarrom.