porta-to all'tusedio e alla capiporta-tolazione di Sassari e alla traduzione a Cagliari del go-vernatore e dell'arcivescovo turritani.
[Relazione del notaio Francesco Cilocco e dell'avvocato Gioacchino Mundula] 1.
O c.1 Strada facendo la sera del giorno 26 scaduto dicembre il sottoscritto notalo Francesco Cilocco deputato di Sua Eccellenza per rimpatriarsi, si abbaté tra Semestene, e Bonorva con un numero considerevole di villici, che gli sembrava aspettarlo a bella posta. Costoro lo forzarono a ritrocedere alla volta di Sassari dichiarandoli la loro intenzione, di volere ad ogni costo sottommettere la stessa città alla dovuta ubbidienza, e subordinazione del viceré come legittimo rap-presentante di Sua Maestà, del magistrato della Reale Udienza, e dei tre ordini del Regno. Costretto da una tal forza superiore, si lasciò menare da questa mol-titudine, che per strada andava vieppiù ingrossandosi e gli convenne pernotare in quei contorni in compagnia di quelli villici infuriati contro la medesima.La mattina del giorno 27 detto fu obbligato marciare coll'istessa compagnia, e di molti altri che in confluenza concorrevano, e mentre si trovava nei contorni / dei villaggi di Florinas, e Cargeghe, viddero da lontano l'avvocato Gioachino o c. tv.
Mundula, che di ritorno da Cagliari marciava verso la sua patria in compagnia del conciatore Antonio Maria Carta, e del viandante Cosimo Auleri, ed all'og- getto di raggiungerlo si distaccarono venticinque, o trenta uomini, da quel corpo a briglia sciolta: lo fermarono sin tanto che arrivasse detto Cilocco per unirlo alla stessa compagnia e comunicatagli l'idea, che
aveva
quella moltitu- dine de' villici, marciarono assieme verso Sassari.Arrivati sulle vicinanze di San Sebastiano, si avvidero, che negli olivetti vicini, I O, busta 18, fasc. F, cc. 1-11v.; dattiloscritto della relazione, ivi, cc. 1-18; vedi anche verbale dello Stamento reale del 14 gennaio 1796; la relazione è stata pubblicata in Sardegna e Corsica negli anni della rivoluzione 1793-1796, appendice documentaria a cura di Luciano Carta, in ASMOCA, n. 29/31(1990), pp. 330-337.
e particolarmente in quello denominato dell'Osteria vecchia, c'era un gran nu-mero di gente armata di vari villaggi a piedi, ed a cavallo, e ciò circa le ore quattro di mattina del giorno vent'otto, ed ivi osservarono un grosso numero d'osílesi non minore di cinquecento, che si fece all'incontro, i quali scongiura-rono assieme, e mifiaciascongiura-rono detto deputato viceregio, e Mundula di dovere listesso giorno entrare in Sassari, ed introdurvi detto deputato per pubblicare il regio pregone, e circolare, e costringere detta città alla dovuta ubbidienza della capitale.
I sottoscritti Mundula, e Cilocco costernati da queste imponenti proposte non o c. 2 poterono far a meno, che addossarsi / il comando di tutta quella gente,
prev-vedendo che lasciandoli in loro balia, avrebbe un simile attentato cagionato molto sangue, e che sarebbe stato inevvitabile il sacco, quindi mal loro grado, in seguito all'addossatosi comando, portarono quella gente, di cui visibilmente ingrossavasi il numero in faccia a tutte le cinque porte, ed a tiro di moschetto, e mentre passavano per la polveriera, la trovarono aperta, e vuota della polve-re, che ivi si conteneva, ciocché li assicurò, che quel paese era intenzionato dí far fuocco, e circondata in quella guisa la città coll'idea, che allo spuntar del giorno si parlamenterebbe col governo di essa, feccero ivi tutti atto, con ordi-ne espresso di non usare alcun atto ostile, ordi-nemmeno uno sparo di fucile verso la prelodata città il qual ordine fu con meraviglia di tutti osservato appuntino da tutta quella gente benché indisciplinata, il di cui numero era certamente grande.
Inaspettatamente tutto ad un tratto fecero fuoco da tutti i circondari della città, dalle torri del castello, e di ciascheduna porta, e specialmente dal terrazo di monsignore arcivescovo, il di cui fuoco fu sempre il più vivo, ed il più con-tinuato verso quatrore e mezzo della mattina che durò infino alle undici dell'i-stessa. Questa sorpresa, ed inaspettato atto d'infedeltà usato contro dei pa- o c. 2v. triotti, che costò molto sangue agli uomini, ed ai cavalli, irritò a tal segno /
tut-ta quella moltitudine, che gli obbligò a far fuoco contro della dettut-ta città, e sin-golarmente furono inviperiti a far questo fuoco per un tradimento commesso da un peruchiere chiamato Bambino aderente alla casa Planargia, e familia Se-dilo; mentre detto Bambino, che si trovava in porta Macello sotto pretesto d'amicizia chiamò i capi dei sorsinchi, e sennoresi dicendo loro che non aves-sero paura d'avvicinarsi che erano amici e del loro partito; detti sorsinchi, e sennoresi credendo vere queste protestazioni d'amicizia non ebbero dificoltà d'avvicinarsi alla suddetta porta, ma quando erano alcuni passi distanti di es-sa, sí fecero contro di quelli, ed allo stesso tempo gli spararono molte archi-buggiate, dalle quali restarono uccisi sul campo un sennorese, un cavallo, ed un altro cavallo parimenti ferito. Furono talmente inaspritti ed irritati per que-sto tradimento non solo i sorsinchi e sennoresi, ma tutti gli altri villici, che non vi fu maniera di potergli più contenere, ed allora fu che crebbe a tal se-gno il fuoco, che vi erano da temere le più fattali conseguenze. Per il qual mottivo prevedendo lo spargimento di sangue, che questa risoluzione potreb-
be cagionare, furono costretti far ritrocedere la gente, e metterla a sicuro di non esser offesa dalla piaza, né questa da quella / moltitudine: mentre il popo- O c. 3 lo sassarese o almeno i due terzi di esso era spetattore del fuoco, che per parte di essi, e dei villici reciprocamente si faceva, non sapendo ciò che da questi si pretendeva, ma informati appieno, che essi villici portavano per loro guida il già detto deputato di Sua Eccellenza, e l'avvocato Gioachino Mundula prese-ro immantinente diversa idea, e cominciaprese-rono a cessare il fuoco, volendo per più cerziorarsi di venire a parlamento coi capi di quei villici, ed allora fu che verso le ore undici dell'istessa mattina apparirono inaspettatamente bandiere bianche in segno di pace inalberate nelle torri, e nelle porte di essa città, e benché a tal vista fossero inalberate da' villici bandiere rosse, nulla meno ob-bedienti questi all'ordine cessò il fuoco d'entrambre le parti.
La sera dello stesso giorno 28 si portò al campo di Sant'Agostino, ov'era il quartiere generale dei capi di quelli stessi villici un ambasciatore per parte del governo e del popolo, il quale chiedeva di ammettere a parlamento il signor giudice don Antonio Fois, e ciò accordato comparì detto signore sul nominato campo in compagnia dell'avvocato Francesco Cascara, e dell'agiudante Santi-no, ed il prefato signor Fois domandò per parte di esso goverSanti-no, e popolo qua-li fossero le prettenzioni di quei vilqua-lici verso la detta città, ed allora previo
con-sulto con tutti i capi di quella moltitudine, / gli fu risposto, che la richiesta, e o c. 3v.
voto di quella gente era l'arresto di più persone di quel paese, ma che per ri-sparmiare il sangue, ed il sacco imminente di quei cittadini, si contentava per ora dell'arresto dell'assessore Dequesada e del pro avvocato fiscale regio Belli, e che dovessero consegnarsi monsignore arcivescovo, ed il governatore, e me-narli in Cagliari per il bene della pace, e per l'unione e tranquillità del Regno tutto. Per avvalorare però le richieste di quella moltitudine de' villici di cui se ne aspettava indispensabilmente la negativa, ed in conseguenza il rinnovamento del fuoco, fu necessario d'appigliarsi all'unico e necessario mezzo, di far valere queste domande appoggiandole all'imponente nome del viceré. Sommamente rispettato da quei villici e da tutta la nazione in quella forma stessa, che di quel rispettabilissimo nome si prevale allorquando vuol disfarsi qualche duello, o sfida, fu pertanto allora creduto essere autorizzati a similmente prevalersi con una specie di prudente inevvitabile eppiccheia in quelle spinose congiunture per obviare a' maggiori disastri, ed al ultimo sterminio di quella città chieden-doli una scrittura segnata dai capi, fu dal medesimo signore promessa la pref-fatta richiesta, a sapere, che monsignore arcivescovo, ed il governatore si consi-gnerebbe per portargli in Cagliari, / non poterono però compromettersi dell'as- o c. 4 sessore Dequeseda, e del pro avvocato fiscale Belli per essersi di già evasi.
Contenti in parte quei villici d'avere nel loro potere quei due soggetti, che fra gli altri erano i più odiati, creduti generalmente per i principali agenti della di-scordia, della guerra civile del Regno, della insubordinazione, e disubbidienza della sola città di Sassari al superiore, e legitimo governo di Cagliari, cui era unito tutto il Regno, affidarono ai capi gli ulteriori negozziati.
La sera dello stesso giorno comparve al detto campo di Sant'Agostino tre com-pagnie di cavalleria nulvese commandate da don Giovanni Quesada, da don Francesco Tedde, e da un tal don Antonio di cui s'ignora il cognome: prevenu-ti i capi com'erano che questa gente era uscita da Sassari, e che avevano fatto gran fuoco, non furono ricevuti, e volendo loro per forza stare in compagnia de' villici per effettuare il loro machinato tradimento, sono stati disarmati, e nel resistere hanno risicato tutti d'essere trucidati, ma usando di quella mode-razione che è cotanto necessaria in questa specie di guerre civili, sonosigli re-stituite le armi, e detti villici contentaronsi di farli ritrocedere insino al loro vil-laggio, assieme all'altra compagnia, che conduceva don Francesco Quesada Pi-ras di Nulvi la di cui lettera risponsiva al governatore di Sassari riposa nelle / o c. 4v. mani dei capi, nella quale si scusa detto Quesada Piras di non poter aver adempito il comando dello stesso, cioè d'aver fatto fuoco sopra dei villici per essersi trovate infermiccio, e per esser stata respinta la sua gente con forze mol-to supperiori; altra simile lettera del signor governamol-tore diretta a don France-sco Murgia, e Pietro Ciccu di Sorso fu intercetta, ed è nelle suddette mani nel-la quale si ordina al preffatto cavaliere e signor Ciccu di far fuoco sopra dei vil-lici, caratterizzandoli di briganti, i quali erano disposti a dare il sacco a Sassari, delle quali lettere, quando stimerassi d'uopo se ne farà la dovuta ostenzione.
Sull'imbrunire dell'istessa sera, si vede comparire una colonna d'osilesi in nu-mero di quaranta circa, comandati da tre capitani di cavalleria fratelli Giovan-ni, e Luiggi Manca Crispo, e Baingio Sanna Pilo, la quale serrata a guisa d'un reggimento d'ordinanza andava a piombare sopra dei capi, che allora non ave-vano altra forza, che da cinque o sei persone, mentre tutte le brigate trovavnn-si ritirate ciascuna al loro quartiere. Non trovavnn-si ebbe per allora altra risorsa che chiudere il portone del cortile di quel convento, ed impostatesi alle finestre di esso per poter scansare il total massacro, uno di essi capi diede l'alarme e tut- ti c. 5 ta la moltitudine di quei villici, / i quali credendo essi capi in pericolo, come in fatti lo erano, sono frettolosamente accorsi alla difesa loro. Vedendosi essi capi allora più forti di quelli, feccero entrare i capi nel cortile, e li domandaro-no cosa volevadomandaro-no, e gli fu risposto da tutti i tre li capitani d'esser venuti in soc-corso loro, e che abbisognavano d'una vacca per mangiar la notte. Si fu conve-nutto in darli essa vacca, e sebbene con quella superiorità di forze si poteva farli in pezzi, si sono soltanto contentati a che si dovessero portare nel con-vento di Santa Maria di Betlem, incaricandoli di garantire quel ricco concon-vento dal sacco, che molti villici l'avevano minacciato e che era a loro carico tutta quella grossa quantità d'oro che adornava il simulacro della Vergine dell'As-sunta, l'argenteria della sacristia, come anche il deposito del convento, e con una valida scorta di sassaresi, tiesini, ed usinesi furono condotti a detto con-vento ove tutta la notte dimorarono sino a undici ore dell'appresso immediata mattina, ed in quella maniera svanì il loro premeditato progetto di truccidare i capi, come loro stessi la mattina lo confessarono, usciti a bella posta da Sassa-ri, da dove fecero loro un vivo fuoco.
La mattina del 29 portatisi i capi coi principali personaggi di quei villici per visitare i posti dei medesimi, ch'erano di rimpetto alle porte di detta città / i o c. 5v.
quali contro ogni aspettativa ascendevano a non meno di tredici mila uomini, non comprese le donne, le quali erano in numero non meno di trecento, si sentì un gran mormorio, che rimbombava per tutta la città ed avvicinatisi detti capi alla porta Sant'Antonio, osservarono, che ivi si era radunato gran popolo che voleva brucciar la porta per farvi indi introdurre i menzionati capi, dicen-do ad alta, ed intelligibile voce: «Viva il re! Sia ben-venuto il signor Cilocco, ed il dottor Mundula, che ci portano e la pace, ed il grano, fuori il pro avvoca-to fiscale, il vicario generale Lorighita, il di lui cognaavvoca-to don Francesco Maria Manca, il duca dell'Asinara, don Francesco Quesada, e tutti i disorganizatori, e nemici della patria!», e mille altre imprecazioni, e minaccie contro quelli che avevano ordinato di far fuoco sopra de' villici, ed essi capi. Ed indi non senza sorpresa de' medesimi si vidde aperta quella porta coll'istessa chiave, che li consegnò il maggior di piazza per ordine del governo, invitando essi capi ad entrare con mille evviva, e con gran giubilo. I medesimi capi però dopoché lo stesso popolo strascinò il cannone da duodici carico a mitraglia, e condotto fuori della detta porta, gli fu ordinato chiuderla di bel nuovo per giusto timo-re che non entrassero quelli villici inviperiti per usatimo-re atti ostili, e sacheggi, / come di già minacciavano, ed ubbidienti a quest'ordine, chiusero di nuovo la o c. 6
detta porta, e vi si lasciò la dovuta guarnigione.
Immantinente passarono detti capi a porta Rosello di cui si erano impadroniti i sorsinchi, ed i sennoresi, ed essendoglisi ordinato di tirar fuori li due canno-ni da duodici, e carichi a mitraglia, si addossarono con igual coraggio, ed in-trepidezza la guarniggione di essa. Di là si portarono i menzionati capi a porta Castello, e trovandola spalancata, e guarnita di cento, e più osilesi, trovarono ivi quella forza pubblica, così di dragoni come di gente mercenaria tutta disar-mata, e confinata al loro quartiere con una valida guarnigione dei medesimi osilesi rilevate, e disarmate le guardie ch'erano al governo, e guarnito quel corpo di guardia da cento e più persone degli stessi si trovarono medesima-mente guarnite con un grosso pichetto degli stessi villici le prigioni, e la casa di città impegnata a gara questa brava gente di difendere la città ugualmente dall'invasione di quelli ch'erano fuori, come dall'insulti, e rubarecci che pote-vano per parte de' male intenzionati del paese accadere; per il cui motivo gli toccò in sorte di soffrire quella famme, e quella sette che pativano quei poveri abbitanti. La condotta di costoro portò il desiderato, e consolante effetto di non vedersi eseguire furto alcuno benché di cosa menoma. / Portatisi all'altre o c. 6v.
due porte Nuova ed Uzeri trovaronsi chiuse, e con due cannoni dello stesso calibro carichi a mitraglia, aperte le quali si fece portar fuori detti cannoni, e di bel nuovo chiudendosi per l'anzidetta causa le dette porte, furonsi rittirate le di esse chiavi.
Immantinenti presentaronsi essi capi al governo, e trovando ívi un congresso numeroso di nobili che attorniavano il signor governatore, don Antonio Fois,
ed altri assessori della Governazione. Sostenendo con necessaria politica quello stesso carattere che si era spiegato nel campo di Sant'Agostino, gli fu imposto di seguire detti capi in compagnia di monsignore e arcivescovo alla volta di Cagliari, e lo stesso si fu ordinato a quest'ultimo, i quali unitisi furo-no accompagnati a detto campo, e rispettivo convento al di cui effetto erafuro-no di già preparate quatro stanze, con un corteggio di molte nobili persone, de-gli ecclesiastici, e canonici, che li condussero con quella decenza, e rispetto dovute a personaggi di quel carattere, ed ivi condotti, si studiò la miglior ma-niera di trattargli, e con l'aiuto di quei buoni religiosi non si lasciarono man-car di niente per quanto lo permettevano le strettezze di quelle disastrose congiunture.
Entrati di nuovo essi capi in detta città standoli a cuore il poter tranquillizzare quello sfortunato paese, e liberarlo da' colpi de' nemici della patria, si portaro-
o c. 7 no alla Governazione ed avendo il nominato Cilloco / aperto un plico, ove contenevansi i pregoni di Sua Eccellenza e le circolari dei tre ordini, e dei feu-datari si fecero immantinenti pubblicare, ed affigere nei luoghi soliti a suon di trombeta con averne levato il dovuto certificato il notaio Giovanni Ledda Campus per assenza del segretario. Ordinarono di surrogare interinalmente in luogo degli evasi Dequesada, e Belli altri due per provvedere alla polizia del paese nelle presenziali urgenze, sospendere dall'ufficio il vicario regio don Giovanni Manca Brea, ed il di lui assessore avvocato Giuseppe Luigi Usai, co-me anche sospendere quei giurati, che hanno sottoscritto la lettera d'indipen-denza da Cagliari al re, come altresì sospendere dall'ufficio il sedicente segre-tario Piretto, e da notaio di terza il notaio Francesco Manca, incaricando so-pra tutto al detto don Antonio Fois di dovere immantinente obbligare i signo-ri di città a prendere il grano che si trovava già prezolato in Osigno-ristano, ed in Cabras, ascendente a 3000 rasieri, convinto che questo era il voto di tutto il popolo, e che Cagliari si era graziosamente prestato alle domande de' capi;
doppo di essersi assoggettato lo stesso popolo, osservando massimamente che un soldo di pane non eccedeva a cinque oncie, e che una corbola di farina ascendeva a soldi 27.
Per vieppiù rassodare la tranquillità del paese si pregò gli osílesi di formare un corpo per un certo dato tempo assieme co' sorsinchi e sennoresi sotto gli
o c. 7v. ordini della Governazione per pattugliare giorno, e notte dentro del / paese, ed alternarsi a vicenda, i quali si prestarono graziosamente e furono lasciati in quel piede.
Il mercoldì giorno 30 alla presenza della Governazione si fecero vive instanze dai vassalli del duca dell'Asinara, e particolarmente dai tiesini, muoresi, acciò si pratticasse l'arresto del loro feudatario, e non ostante, che se li sia significa-to dí non potersi ciò eseguire per essersi assentasignifica-to assieme con tutta la casa d'Ittiri, ed altri signori feudatari pur nondimeno insisterono in detto arresto, ma prevvedendo ch'era per dare il sacco a quella casa, ed in seguito alle altre dei più feudatari, si pensò armare di bel nuovo i dragoni per oviare a que-
sto pericoloso passo, al di cui effetto, si ordinò al brigadier Livia per essere d'una onesta condotta, e patriottismo sperimentato d'armare quei dragoni così cagliaritani come sassaresi che sembrassero a lui fedeli e del buon partito per praticare certi arresti dentro del paese, e ciò a presenza della prefata Governa-zione, e nell'atto che detto Livia aveva armato un numero di circa quaranta cinque dragoni di suo genio, fu dal cavalier Tiesi suo comandante, che ancor lui era disarmato e nell'incognito d'un mantello bianco e d'un flac, sgridato, per il che il prefatto Livia fece lagnanza a detti capi a presenza della prelodata Governazione, ed a detto cavaliere chiamato dalla medesima gli fu ingiunto di sospendere il suo comando interinalmente sin tanto / che Sua Eccellenza o c. 8
avesse diversamente ordinato, e prestatosi il prefatto cavaliere a questo avviso, lui stesso autorizò il brigadiere Livia, ed ordinò a' suoi dragoni di stare iman-cabilmente agli avvisi di detto brigadiere, indi precedente lo stesso con quel numero di dragoni, deí capi e dei vassalli del duca, che seguivano appresso, sonoss: 1--”-rati a casa del medesimo per praticare il di lui arresto, e contenen-do colla forza dei dragoni, e colla persuasiva quel gran numero della gente
avesse diversamente ordinato, e prestatosi il prefatto cavaliere a questo avviso, lui stesso autorizò il brigadiere Livia, ed ordinò a' suoi dragoni di stare iman-cabilmente agli avvisi di detto brigadiere, indi precedente lo stesso con quel numero di dragoni, deí capi e dei vassalli del duca, che seguivano appresso, sonoss: 1--”-rati a casa del medesimo per praticare il di lui arresto, e contenen-do colla forza dei dragoni, e colla persuasiva quel gran numero della gente