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I tre Stamenti, in una articolata supplica a Vittorio Amedeo III, ripercorro- ripercorro-no i momenti salienti del malgoverripercorro-no del conte Galli, chiamato a sostituire il

conte Avogadro nella spedizione degli affari di Sardegna nel marzo 1795; al con-te Galli gli Stamenti attribuiscono tutta la responsabilità della grave situazione di instabilità dell'isola, per cui ne chiedono ancora una volta la rimozione.

Sacra Real Maestà 2. V c. 294

I tre ordini del Regno ecclesiastico, militare, e reale con una franchezza pro-pria di veri figli, hanno sempre umiliato al regio trono quelle dimande, che chiedeva il voto universal del Regno, che esigeva il miglior servizio del monar-ca, che dimandava la vera felicità de' suoi sudditi.

Una di queste dimande, e forse la più importante era di allontanare il conte Galli dagli affari della Sardegna. L'indole ferrea di quel ministro, l'impegno di mantenere gli abusi, che si andava ad estirpare, il disprezzo delle leggi più sa-crosante del Regno, la vulnerazione de' suoi privilegi, la pertinacia nel soste-nere le più manifeste ingiustizie, la sua intelligenza coi nemici dichiarati del

' Vedi doc. 560/1.

2 Titoletto c. 309v.: Copia di rappresentanza fatta dai Stamenti al re nostro padrone sotto li 27 del 1796 riguardante l'accaduto in Sassari sotto li 28 dicembre 1795; altra copia semplice in P,

fasc. G, cc. 1-13.

pubblico bene furono certi presaggi ai rassegnanti, che conoscevano lo spirito della nazione che rappresentano, di tante funeste conseguenze unico frutto de' suoi sinistri disegni. /

V c. 294v. Le critiche circostanze, nelle quali trovavasi il Regno, allorquando furono ad esso raccomandati gli Affari esigevano la politica dolcezza d'un Avogadro, e non mai la impetuosa imprudenza d'un conte Galli, che lasciando di seconda-re le ottime disposizioni del paterno cuoseconda-re di Vostra Sacra Real Maestà nul-l'altro seppe presentare ai di lei figli nel corso quasi d'un anno, che oggetti so-lamente di angustie, e di amarezze.

Ne' reali dispacci spediti dal conte Avogadro, chiari leggevano i sardi i veri sentimenti del loro sovrano, che si protestava di non dare ascolto nelle deter-minazioni, che alle sole voci della sua connaturata clemenza, che tutta manife-stava la premura d'un padre, di appagare i desideri della nazione per dividere con essa la dolce sua consolazione di vederla rinvenuta dalle agitazioni, che gli rimanevano in seguito alla nota emozione, che aggradiva per fino i contras-segni di giubilo, coi quali si accoglievano le sue grazie reali al segno di confes-sarsi sensibilmente commosso, e di provare la tenerezza d'un padre, che ama V c. 295 cordialmente i suoi figli, e da essi si vede cordialmente riamato, / che non isdegnava finalmente di ragionare ai suoi sudditi, e di sicurarsi ancora d'aver voluto prescindere dal rigor d'una legge a solo loro riguardo, e per la premura di conferire ai nazionali i primari impieghi del Regno, con prometterne nel-l'avvenire la più rigorosa osservanza.

Queste sono le vere intenzioni di Vostra Maestà, questo è il dettame del di lei cuore. I sardi amanti con entusiasmo del lor sovrano andavano stringendosi alla sagra di lei persona con vincoli sempre più forti. La abolizione della me-moria della nota emozion popolare, che Vostra Maestà conobbe eccitata da un complesso di circostanze, la privativa degl'impieghi subalterni, la erezione del Consiglio di Stato benché non accordata ne' termini della dimanda, e la celebrazione delle Corti, grazie tutte concesse sotto Avogadro, furono un leni-tivo alla piaga profonda, che aprì nel cuor de' sardi la negativa di quelle stesse dimande tanto meno da essi aspettata quanto più favorevole era l'auspizio di un grazioso invito di Vostra Maestà, e quanto più gloriosa era la testimonianza v c. 295v. / che rendeva l'Europa alla fedeltà, ed al coraggio della nazione.

Andava così cedendo l'agitazione del Regno, e mercé le di lei grazie ravvisò Vostra Maestà così bene incamminata l'opera del ristabilimento della tranquil-lità, che aspettava a momenti il fausto avviso di essersi rassodata la perfetta ar-monia, che unisce, e lega vicendevolmente i sudditi, ed il governo.

La impresa fu quasi condotta al suo termine dalla paterna propensione di Vo-stra Maestà massime in quel tempo a questi suoi amati sudditi alla di cui con-tinuazione per altro essi credono avere molti giusti, e legittimi titoli.

Ma sire, l'opera più bella, che rendeva sempre più gloriosi i suoi giorni comin-ciata con tanto impegno, proseguita con tanta premura, desiderata con tan-ta effusione di cuore fu in un baleno rovesciatan-ta da quel fatan-tale momento, in

cui chiamò al maneggio degli / Affari il conte Galli per disgrazia della Sardegna. v c. 296

I suoi dispacci, le provvidenze, il suo ruvido stile, niente analogo alle benigne idee di Vostra Maestà, ed alla indole de' suoi sudditi, altro non fecero, che ir-ritare la nazione, costringerla, e violentarla dalla paterna di lei affezione.

Nel primo spaccio contrassegnato di sua mano non solamente non si curò di conservare sulla Sardegna la giusta idea del di lei paterno affetto, e constante propensione a secondare i suoi desideri ma tentò per fino di toglierla dalla mente de' sardi con denegare una grazia già conceduta, negativa questa, che riuscì tanto più sensibile, quanto più recente era la sua concessione.

La pronta celebrazione delle Corti unico mezzo di estirpare gli abusi, di siste-mare la buona amministrazione della giustizia, di stabilire per sempre la vera felicità di questo Regno, fu sospirata lungamente da' sardi, ma finalmente /

conceduta da Vostra Maestà col dispaccio de' 21 gennaio, con cui si fecero v c. 296v.

sperare col prossimo corriere le patenti di presidente.

Ecco il primo dispaccio del conte Galli de' 31 marzo 1795. Quale non sarà stata l'agitazione dell'animo di tutti i sardi nel leggerne il contenuto, e nel ve-dersi quasi strappar dalle mani una grazia sovrana, su cui fondavano ogni spe-ranza di poter respirare un giorno tanti abusi, che opprimono questa nazione.

Sagrosanta immancabile è la regia parola, e non può essere stato, che un artifi-zio del conte Galli la inaspettata negativa delle Corti, pretestando nuovi, e seri esami della dimanda, ed aspettando la sua obbedienza per decidere della fe-deltà della Sardegna, che molto prima avea insegnato agli altri popoli, come si ama, e si difende un sovrano.

Era allora già fatta la lega del conte Galli col marchese Pagliaccio, e col cava-liere Pitzolo. I loro scritti pubblicati già colle stampe, ed umiliati al regio

tro-no / chiaro dimostratro-no la mutua loro intelligenza, e che le Corti furon negate v c. 297

per le memorie trasmesse da questi ultimi, che pensavano innalzarsi col Galli sulle rovine della Sardegna.

Se ne dolsero, e replicarono i rassegnanti, ma pertinace, quel ministro nel suo proposito altro non fece, che procurare ai sardi nuovi disgusti, e continuando sempre nel suo sinistro disegno di rovinare i sudditi fedeli di Vostra Maestà, e fatto ardito dalla sofferenza della nazione spedì le tre famose patenti di giudici della Reale Udienza nella sala civile senza la tema prescritta dalla legge del Regno, e contro le replicate regie ordinazioni.

Sire qual membro de' tre ordini rassegnanti potrebbe tacere, senza tradire l'in-teressi della nazione nel veder denegata dal Galli la già da Vostra Maestà ac-cordata pronta celebrazione delle Corti, e nell'osservare frustrata la speranza per altro appoggiata alla tante reali promesse della più rigorosa osservanza /

dell'uso delle terne? V c. 297v.

Replicarono colla più rispettosa sommessione gli Stamenti, il supremo Magi-strato, lo stesso rappresentante della di lei sagra reale persona, conobbero l'a-gitazione de' regnicoli, e tutte ne previddero le conseguenze.

Inappellabile il conte Galli, secondando piuttosto i capricci de' due suoi estinti

alleati, che le sensate ragioni dei corpi più rispettabili del Regno, non solamente sostenne la sua manifesta ingiustizia, ma intaccando ancora nella più ingiuriante maniera la ingenuità de' medesimi di aver pretestato con Vostra Maestà un va-no timore del malcontento del pubblico per va-non dar corso alle patenti, ordinò al prefato viceré, che d'accordo col generale delle armi adoprasse per la esecu-zione delle medesime anche la forza, unica, e sola ragione del despotismo.

Ecco le fatali giornate de' 6, e 22 luglio ultimo scorso, giornate, che avrebbero v c. 298 potuto portare / conseguenze più tragiche, e più funeste, e che la Maestà

Vo-stra, ed il Regno debbono riconoscere unicamente dalla imprudenza, dalla in-giustizia, a dai raggiri del conte Galli.

Mancate negli estinti marchese della Planargia, e cavaliere Pitzolo le due pie-tre dí scandalo, sulle quali quel ministro volea fondare il suo nuovo sistema della più dura oppressione, si credeva dalla nazione, che cedesse alla impresa, eppure non ne abbandonò il progetto, e rivolse le sue mire al Capo settentrio-nale dell'isola.

In esso aveano gli estinti le maggiori aderenze, e molti presero nel fatto la par-te propria della amicizia, e del sangue. Una segreta mano maligna scrive al ca-valiere don Antonio Sircana la consaputa lettera anonima (sepure tutta a lui non si deve la gloria della invenzione) finge di avvisarlo, che i cagliaritani aveano chiamato la flota francese, e le consiglia a prevenire il viceré di Corsi- V c. 298v. ca, perché facesse / partire alla volta di Cagliari la flota inglese per agire

ostil-mente contro la capitale, come convince la combinazione di tutte le circostan-ze del fatto.

Si conobbe la iniqua trama e la imprudente sconsigliata condotta della Reale Governazione in un affare di tanta importanza, che nel suo vero aspetto han fatto presente a Vostra Maestà il supremo Magistrato, e gli Stamenti, determi-nò questo superiore governo ad ordinare l'arresto del giudice Flores capo del-la medesima, e quindi più che altro risponsale de' disordini, cui si era voluta esporre col dato avviso la capitale, ed il Regno sulla fede d'una lettera anoni-ma scritta da un amico degli estinti, diretta al detto Sircana, che avea una gran parte negli affari di Cagliari.

Si eseguì l'ordine dell'arresto, ma con altra più scandalosa inobbedienza si dié luogo ad una progettata fuga dell'arrestato, e dichiaratisi pochi spiriti torbidi v c. 299 tentarono apertamente il progetto della scissura, e divisione de' / Capi. Si sparsero infami libelli, si fecero pubbliche sparlate, si pronunciarono dalla tri-buna prediche scandalose, si radunarono illegittime congreghe contro gli Sta-menti, il Magistrato, il viceré, e pretestando timori di nuovi arresti si distese, e si trasmise una supplica a Vostra Maestà con una corriera, esplorando le di lei reali intenzioni per regolarsi nell'avvenire.

Il conte Galli profittò d'una occasione sì favorevole ai suoi disegni, e lascian-do sicuramente ignorare a Vostra Maestà le vere, e genuine circostanze del fatto, ebbe il piacere di soddisfare col regio viglietto de' 29 agosto 1795 i ben giusti desideri, e le ragionevoli premure di quel monsignore arcivescovo di

Sassari, come egli stesso si spiega in un foglio della stessa data diretto al mede-simo, di cui si unisce altra delle tante copie fattesi correre per ogni dove in

prova dell'impegno, e patrocinio / dell'estensore. v c. 299v.

La protezione del conte Galli, la già ottenuta grazia, e la riserva di quel regio viglietto di dare sul proposito maggiori provvidenze diede coraggio a quei po-chi di Sassari di rassegnare dimande più irregolari, e più ardite, indipendenza, plenipotenza, forza armata, guerra civile.

Quel monsignore arcivescovo, che faceva la prima comparsa nel teatro di Sas-sari, che regolava tutte le azioni, e che dirigeva i passi di caduno deve aver raccomandato al suo corrispondente conte Galli, col massimo calore le di-mande da esso in capo sottoscritte, e da molti altri a suo riguardo, e di suo or-dine, come dalla risposta del medesimo combinata con altro foglio del abate Antonio Sotgiu, de' quali si unisce una copia levata dagli originali presentati al viceré dallo stesso arcivescovo, altercato il primo in tre distinte parole, come manifestamente / si rileva, e dalle stesse altercazioni, e dal complesso di tutto v c. 300

il foglio.

Il conte Galli quel nuovo incaricato degli Affari del Regno, che non si è mai degnato di riconoscere i tre ordini, che [lo] rappresentano, quel ministro di Vostra Maestà, che nello scrivere al supremo Magistrato, ed allo stesso di lei rappresentante non ha saputo risparmiare nemmeno le ingiurie tutto si perde ne' píù dolci, e lusinghieri encomi di sua condotta, assicurandolo, che Vostra Maestà sentì con piacere i nuovi tratti del suo ineteressamento (in quelle di-mande) per il regio, e pubblico servizio per lusingarlo, e dargli a credere che sarebbero favorevoli le opportune provvidenze, che si riservava di dare.

Conobbe all'opposto la Maestà Vostra, che la chiesta indipendenza, plenipo-tenza, e la forza armata ben lungi d'interessare il regio, e pubblico servizio

sa-rebbero la rovina di tutto il Regno riducendolo / ad un mostruoso corpo ani- v c. 300v.

mato da due opposti spiriti, e quindi non ha stimato finora accordare diman-de sì perniciose.

Ma sire, la sola facoltà di sospendere qualunque provvidenza del supremo Magistrato, e viceré, lasciando alla medesima Governazione il giudicare se lo richiedesse il pubblico bene, e la giustizia dovuta ad ogni individuo non pote-va, che accendere nel Regno un incendio fattale, come può concepirsi princi-palmente in uno Stato monarchico un superiore, che comandi, ed un suddito, che ubbidisca a sua voglia?

Le conseguenze han confermato una verità sì manifesta. Si fa correre la voce per tutti i villaggi del Capo che il regio viglietto portava l'assoluta indipenden-za di Sassari da questo superiore governo. Il viceré colla Reale Udienindipenden-za a sale unite per togliere gl'incauti / all'inganno ordina la pubblicazione d'un prego- v c. 301

ne, col quale si dichiarava il genuino senso di quella provvidenza. Sassari non ubbidisce, non dà corso al pregone, e pretesta il pubblico bene.

La Governazione fa pubblicare una stampa, usurpa la forma della Reale Can-celleria, abusa del sagro nome di Vostra Maestà, e stende alle curie pedane la

facoltà di sospendere le provvidenze del viceré, e del Magistrato, ed ordina sotto la pena più grave dell'incorso nella reale disgrazia di nulla eseguire senza riportarne il suo permesso. Ecco in cimento la obbedienza de' sudditi, ecco tutto il Regno sossopra.

Al riparo de' disordini, che si fecero sentire in più parti distende questo go-verno un pregone, dichiara di niuna forza la stampa di Sassari, richiama i sud-diti alla obbedienza dovuta al rappresentante di Vostra Maestà, e ne affida la v c. 301v. pubblicazione / a tre commissari incombenzati pure di pubblicare una

circo-lare de' tre ordini rassegnanti per informare i regnicoli della giustizia delle lo-ro dimande, e della rettitudine delle lolo-ro intenzioni, che si volevano denigrare dai maligni colle più nere imposture.

I fautori della mal pretesa indipendenza non vogliono riconoscere il viceré, e molto men pensano rispettare i suoi commissari, e col pretesto, che essi ecce-dono nella loro commissione ne tentano per fino l'arresto.

Il timore compagno inseparabile d'una contumace debolezza fa tremare gli in-dipendenti di Sassari all'arrivo de' giovani studenti di quel Capo, che doveano proseguire il corso delle scuole; si delibera di tenerle chiuse, e si priva la gio-ventù della pubblica istruzione. Il viceré ne ordina l'apertura, si persiste con v c. 302 mendicati pretesti, e non / ascolta.

L'impegno degli Stamenti di promuovere la vera felicità della"Sardegna, la co-stanza nel sostenere i dritti della patria, il zelo nel difendere gl'interessi della corona legò talmente gli animi di tutti i villici, che abbandonando i capricci di quei pochi di Sassari si riunirono in un medesimo spirito con la capitale, e col Regno. I dipartimenti più rispettabili dell'isola la Gallura, il Goceano, il Mar-ghini, il Monteacuto, l'Anglona, e tutti in somma i villaggi del Capo settentrio-nale attaccati all'attuale sistema riprovarono quelle orgogliose dimande, e si esibirono a difendere la costituzione, e le leggi del Regno, a sostenere i dritti della nazione, ed a ridurre i disorganizzatori di Sassari all obbedienza dovuta al rappresentante di Vostra Maestà.

v c. 302v. Alcuni individui di diversi villaggi, o per una maggior candidezza / di cuore, o per maggiore entusiasmo di patriotismo si dichiararono più apertamente per la capitale, e calcolando i mali, che ridondavano al Regno tutto dalla mal tesa indipendenza toglievano all'errore i male accorti, che non sapevano pre-vederne tutte le conseguenze.

Era questo un altro delitto per la Reale Governazione, che non dubitò di or-dinare il loro arresto. Risaputosi l'ordine si fece una lega di molti villaggi, e si giurò un pubblico istromento di reciproca difesa fino all'ultima goccia del sangue. La Governazione ordinò la cattura di quei notai, e non fece, che irrita-re maggiormente quei villici.

Cresce ogni giorno il malcontento e si rende universale negli stessi cittadini di Sassari, che osservando più da vicino gli andamenti del governatore, del-V c. 303 l'arcivescovo, del duca dell'Asinara, dell'assessore / Dequesada, del cavaliere

Belli, e parecchi altri della primaria nobiltà null'altro ritrovarono ne' loro

progetti, che interessi particolari, e privati colla rovina del pubblico bene.

Da un giorno all'altro si temeva un disordine, e principalmente contro l'arci- vescovo, il governatore, ed il duca, che erano il primario oggetto della pubbli- ca abominazione. Il sagro carattere del primo, e le tante cure, e doveri del suo episcopato lo avrebbero dovuto tener lontano dagli affari del secolo, ma pure d'intelligenza col conte Galli prese egli la massima parte in quei progetti trop- po alieni dal suo ministero.

La sua presenza autorizzava le illegittime congreghe che si tenevano, la sua sottoscrizione acreditava le dimande più irregolari, l'adulazione, e il timore, estorquiva le segnature de subalterni. Corresse di proprio pugno le suppliche,

permise / la segnatura nel suo palazzo, contribuì col suo tangente nelle spese V c. 303v.

del corriere, si accarezzavano i sacerdoti partigiani della scissura, e si castiga- vano gli altri, che predicavano col Vangelo la pace, e l'armonia.

Queste circostanze di fatto confermate da una memoria, che lo stesso monsi- gnor arcivescovo ha presentato agli Stamenti non rendevan una troppo favo- revole testimonianza alla condotta d'un uomo, che posto da Dio sul candelie- re era tenuto a rendere una luce più viva.

Più apertamente però lo convinceva la lettera risponsiva del Galli de' 14 otto- bre 1795 presentata colla suddetta memoria. Prescindendo dalle notate altera- zioni sulle quali il rispetto dovuto al suo carattere proibisce di darvi alcun ri- flesso somministra da sé solo la prova più manifesta d'aver egli procurato, / e v c. 304

mantenuto in Sassari il disordine d'accordo col conte Galli.

Le difficili circostanze 1 di cui parla esso foglio erano le opposizioni de' più as- sennati sassaresi, che non davano retta alle sue proposizioni perché contrarie al bene universale della Sardegna.

Il zelo, la prudenza, il consiglio, le buone maniere, erano quelle arti di cui si serviva per tirar gl'incauti al suo partito.

I nuovi tratti del suo interessamento per il regio 2, e pubblico servizio confer- mando l'impegno precedente dell'arcivescovo dimostra il calore, con cui si presentavano a Vostra Maestà dal conte Galli dimande le più perniciose.

E le opportune provvidenze erano le disposizioni sulla addimandata indipen- denza, che il conte Galli faceva sperar favorevoli all'arcivescovo, mentre lo as-

sicurava, che Vostra Maestà avea sentito con piacere il nuovo suo / interessa- v c. 304v.

mento.

L'altra lettera però confidenziale che al medesimo si suppone scritta dal conte Galli sotto la stessa data chiuderebbe il passo d'ogni replica.

All'arrivo del corriere quell'arcivescovo, che si faceva una gloria della sua cor- rispondenza col ministro comunicò ad una radunanza di persone, che tutte credeva del suo partito in vece dell'ostensíva la lettera confidenziale, in cui ringraziava l'arcivescovo del giulivo avviso d'aver ingrossato il partito, e lo

Sottolineato nel ms.

2 I due aggettivi sono sottolineati nel ms.

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