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Gli “altri segni del Made in”: inquadramento della problematica.

commerciali sleal

7. Gli “altri segni del Made in”: inquadramento della problematica.

Le esigenze di conservazione della capacità “comunicativa” della propria spe- cificità evidenziate nei paragrafi precedenti si riflettono anche nella dimensione più strettamente collegata alle numerose ed eterogenee forme di attestazione o certificazione pubblica dell’origine e delle caratteristiche dei prodotti sviluppatesi a livello nazionale in particolare negli ultimi decenni.

La congerie di provvedimenti adottati in tal senso nei diversi Stati membri ren- de estremamente difficoltoso effettuare un’analisi di carattere generale: è suffi- ciente constatare come la stessa Commissione europea, tramite uno studio com- missionato nel 2010 114 abbia censito oltre 440 diversi regimi di certificazione so-

113 A titolo esemplificativo nel settore tessile certamente il consumatore non si attende che un capo di abbigliamento “made in Italy” sia realizzato a partire da cotone prodotto in Italia, preva- lendo altri fattori quali la manifattura, il confezionamento ed il design italiano.

114 Si tratta di uno studio Areté per la DG AGRI “Inventory of certification schemes for agri- cutltural products and foodstuffs marketed in the EU Member States, del 2010, i cui dati aggrega- ti sono disponibili in un documento riepilogativo on line sul sito della Commissione europea al-

lo per il settore agro-alimentare per rendersi conto della vastità e della portata del fenomeno (ma, anche, del suo significato in merito alla complessiva richiesta di alternative alle soluzioni sin qui offerte dalla normativa dell’Unione per quali- ficare i prodotti e rassicurare i consumatori).

Seguendo il suggerimento della stessa Commissione formulato nella sua Co- municazione “Orientamenti UE sulle migliori pratiche riguardo ai regimi facol- tativi di certificazione per i prodotti agricoli ed alimentari” 115, appare opportu-

no condurre l’esame dei diversi profili in discussione partendo da un primo rag- gruppamento degli strumenti che comportano una qualche forma di “attesta- zione” o “garanzia di parte terza” nei confronti del destinatario della comunica- zione circa i contenuti (e la veridicità) delle indicazioni riconosciute con atto pubblico e le mere “autodichiarazioni” nell’etichettatura dei prodotti, effettuate dagli operatori economici sotto la propria responsabilità e soggette, come tali, alla disciplina sulla correttezza delle pratiche commerciali.

Con riferimento al tema del “Made in” è possibile ricondurre al primo ambi- to tanto i c.d. “marchi pubblici collettivi di qualità territoriale” 116, ossia marchi

collettivi geografici istituiti o regolati da norme o atti amministrativi di varia na- tura, quanto le diverse forme di censimento dei c.d. “giacimenti enogastronomi- ci” o delle tradizioni produttive locali (artigianali e non) associati a forme di vi- gilanza ed enforcement in base alla disciplina sulla concorrenza o a disposizioni sanzionatorie di carattere penale 117.

Nel secondo ambito (autodichiarazioni) rientrano, invece, svariate pratiche di marketing adottate unilateralmente dai produttori per caratterizzare geografi- camente il proprio prodotto anche in assenza di specifici nessi qualitativi ambien- tali, e, dunque, con la finalità più o meno esplicita di creare nella mente del con- sumatore un collegamento stretto fra il prodotto ed il territorio cui si riferisce. l’indirizzo internet http://www.ec.europa.eu/agriculture/sites/agriculture/files/quality/certification/

inventory/inventory-data-aggregations_en.pdf (ultima consultazione 24 aprile 2017).

115 Cfr. la Comunicazione della Commissione “Orientamenti UE sulle migliori pratiche riguar- do ai regimi facoltativi di certificazione per i prodotti agricoli ed alimentari”, 2010/C 341/04, pubblicata in GUUE, C 341 del 16 dicembre 2010, p. 5 ss.

116 Nella ricognizione effettuata per conto della Commissione di cui si è detto risultano, a titolo esemplificativo, marchi quali “Gesicherte Qualitat Baden – Wurrttemberg” (il cui schema è stato approvato dalla Commissione europea il 17 settembre 2003 con provvedimento C (2003) 3222 fin.; “alementos artesano de Navarra” (approvato il 18 agosto 2008, C (2008) 4572 fin.); “CV Cali-

dad Alimentaria Comunidad Valenciana” (approvato in data 8 giugno 2007, C (2007) 2546), non-

ché una serie di marchi italiani fra cui “Qualitat Sudtirol – Qualità Alto Adige” di cui alla l. pro- vinciale di Bolzano 2 dicembre 2005, n. 12, Misure per garantire la qualità nel settore dei prodotti alimentari e adozione del marchio “Marchio di qualità con indicazione di origine” (approvato dal- la Commissione il 20 ottobre 2005, C (2005) 3845 def.).

117 Cfr., a titolo esemplificativo, la possibile applicazione del delitto di cui all’art. 516 c.p. “ven- dita di prodotto non genuino come genuino” ai c.d. “prodotti agroalimentari tradizionali” censiti dalle Regioni, in forza dell’interpretazione della norma penale da parte della Suprema Corte di Cas- sazione, che ha ricondotto alla nozione di “genuinità” anche il mancato rispetto di una “regola pro- duttiva” attestata da fonti pubbliche.

Al di là delle differenze di dettaglio, di cui si darà conto in prosieguo, appare evidente come il principale distinguo fra le due fattispecie riguardi la loro natu- ra giuridica.

Il primo gruppo, contemplando un intervento diretto di un Ente pubblico – quantomeno al momento dell’istituzione di “registri”, “cataloghi”, “censimen- ti”, ecc. o della conservazione di dati, ovvero in sede certificativa – attrae la ma- teria nell’alveo delle “misure” potenzialmente capaci di interferire con le dina- miche della libera circolazione delle merci. Come tali, le relative iniziative devo- no essere valutate alla luce degli artt. 34-36 TFUE.

Il secondo gruppo appartiene, invece, alle c.d. condotte dei privati, non suscetti- bili di analogo vaglio, ma assoggettabili alla disciplina sulla concorrenza e la comu- nicazione tanto alla luce della (prevalente) normativa derivata dell’Unione europea, quanto in base alle norme esecutive ed applicative adottate in sede nazionale.

Atteso il diverso atteggiarsi dei due quadri giuridici di riferimento, occorre dunque procedere ad una sintetica valutazione in forma separata.

8. Segue. I marchi pubblici di qualità territoriale nella giurisprudenza del-

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