commerciali sleal
1. L’origine come strumento della politica della qualità nell’ordinamen to dell’Unione europea Cenni introduttivi.
La necessità di offrire agli Stati membri una soluzione per dare visibilità e va- lore alle specificità produttive nazionali senza contraddire il lungo processo di integrazione dei mercati costruito sulla progressiva eliminazione delle misure protezionistiche nazionali, ha spinto la Comunità, [oggi l’Unione] europea a ri- cercare una cornice giuridica diversa in cui inserire azioni e strumenti condivisi volti a scongiurare il rischio di “banalizzazione” derivante dalla progressiva aper- tura dei mercati e dal mutuo riconoscimento 1.
Si è, così, andato sviluppando un disegno giuridico complesso, ancorato in par- te alla riformulazione di determinate “politiche” 2, in parte al conferimento di mag-
giore organicità ai vari istituti afferenti alla tutela della proprietà industriale, del consumatore e della concorrenza.
L’insieme delle azioni descritte ha assunto nei documenti ufficiali della Com- missione europea e nella letteratura specialistica 3 il nome di “politica europea del-
la qualità”, la cui evoluzione può dirsi ancora in pieno sviluppo 4.
In effetti, a partire dalla metà degli anni Ottanta, l’approccio comunitario ai problemi regolatori della produzione industriale è andato polarizzandosi: l’armo- nizzazione e l’uniformazione legislativa è stata riservata ai temi che investono ri- levanti interessi pubblici ai quali non risulti semplice dare risposte limitandosi ad applicare il meccanismo del “mutuo riconoscimento” 5 per la presenza di ecce-
zioni riconducibili all’art. 36 TCE (oggi 36 TFUE) o per ragioni imperative ove il bilanciamento fra i contrapposti interessi richieda l’assunzione di responsabili- tà politiche.
La definizione dei requisiti tecnici di dettaglio è stata, invece, per lo più affi- data alla normazione volontaria, la cui funzione è stata definita tanto a livello del- l’Unione europea quanto internazionale (grazie anche all’opera degli esponenti del mondo scientifico e produttivo) in modo funzionale alle esigenze di sicurez- za e conformità espresse dalla c.d. “società civile” nelle due componenti essen- ziali dei consumatori e degli operatori economici.
La promozione della competitività è stata, infine, sviluppata attraverso la seg- mentazione di alcuni prodotti, che, per via delle loro caratteristiche, della rino- manza o di altri fattori particolari, risultino appetibili sul mercato e meritino, quin- di, valorizzazione attraverso norme che ne esaltino l’eccezionalità dei regimi pro- duttivi nonché attraverso sistemi di controllo atti a certificarne l’autenticità.
Il settore agricolo ed alimentare è il comparto in cui queste molteplici esigen-
chetto qualità” e origine dei prodotti, in C.RICCI (a cura di), La tutela multilivello del diritto alla
sicurezza e qualità degli alimenti, Milano, Giuffrè, 2012, p. 319 ss.
2 Mi riferisco, in particolare, alla Politica Agricola Comune, che già con la “riforma Mc Shar- ry” del 1992 aveva imboccato la strada dell’abbandono della spinta “produttivista” in favore dello sviluppo di una maggiore competitività dei prodotti basata sulla qualità alimentare, la sicurezza e certamente anche la valorizzazione delle vocazioni del territorio.
3 Per una ricostruzione dettagliata del tema in oggetto sia consentito rinviare a L.PETRELLI, I
regimi di qualità nel diritto alimentare dell’Unione europea, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012.
4 Come si avrà modo di illustrare la politica in oggetto ha visto come ambito privilegiato il set- tore alimentare, posto che, come osservato dalla Commissione europea nella comunicazione “La realizzazione del mercato interno: legislazione comunitaria dei prodotti alimentari” (cfr. COM (85) 603 def. del 8 novembre 1985) questo si distingue per una «sensibilità particolarmente acuta dell’opinione pubblica, l’esistenza di leggi nazionali generalmente molto particolareggiate, l’assen- za quasi totale di norme ai sensi della direttiva 83/189/CEE che definiscano la composizione dei prodotti» (cfr. p. 2). Avendo completato il programma di innovazione regolatoria in questo speci- fico ambito la Commissione sta valutando l’opportunità di estenderne i meccanismi giuridici e le relative norme fondamentali anche ad altri settori (cfr. oltre, questo stesso capitolo).
ze sono emerse per prime, e, dunque, ha ancora una volta “aperto la strada” fun- gendo da laboratorio privilegiato per sperimentare nuove soluzioni politiche e regolatorie 6.
Nella comunicazione “Il futuro del mondo rurale” 7, la Commissione prende
atto che la crisi della Politica Agricola Comune (basata su aiuti “discendenti” promossi dall’alto ed il semplice finanziamento dei beneficiari in luogo dell’in- centivazione dello sviluppo dei fattori di competitività) imponeva di mutare strategia rispetto alla concezione “produttivista” della prima ora, ed afferma che la creazione di valore aggiunto a livello locale o regionale deve passare attraver- so la differenziazione produttiva (ossia la valorizzazione delle singole specificità e vocazioni radicate nelle diverse regioni d’Europa), concludendo che «nel caso dell’agricoltura, ad esempio, si tratterebbe di sostituire l’esportazione dei pro- dotti grezzi con la trasformazione in loco accompagnata da una personalizzazio- ne dei prodotti, creando segnatamente un’immagine di marca della zona» 8.
L’indicazione, già di per sé piuttosto significativa se raffrontata alla logica che ha guidato l’interpretazione dell’integrazione dei mercati negli anni precedenti, è stata ulteriormente ripresa e declinata nella successiva comunicazione del 1989 sul- la libera circolazione dei prodotti alimentari all’interno della Comunità 9, ove, rile-
vando il ruolo fondamentale della comunicazione ai consumatori per il consolida- mento di un mercato ad elevato valore aggiunto, vengono preannunciate varie ini- ziative in tema di etichettatura e della tutela delle denominazioni di origine nel- l’ambito della “nuova” politica della qualità dei prodotti del mondo rurale 10.
Sebbene le affermazioni contenute in questi documenti possano apparire an- cora piuttosto generiche, le linee fondamentali di sviluppo della materia che qui interessa paiono già sufficientemente tracciate: tradizione, collegamento con il territorio e con le sue caratteristiche sociali ed agroambientali dovranno diven- tare i fattori determinanti nella sfida per la costruzione di una nuova dimensione del mercato che punti su ciò che è maggiormente ricercato perché gode di am- pia reputazione.
L’attenzione a questi prodotti è, tuttavia, in questa fase ancora prevalente- 6 In questo senso più volte F.ALBISINNI, di cui sia consentito richiamare, a titolo riepilogativo dei molti scritti dedicati a questo tema, i saggi Agricultural and food law as innovation engine of
European law: the new scenario, in V.RODRIGUEZ FUENTES (ed.), From agricultural to food law:
the new scenario, Wageningen, Wageningen Academic Publishers, 2014, p. 19 ss; El derecho ali- mentario come acicate de la innovacion del Derecho europeo, in L.A.BOURGES (ed.), UE: Sociologia
y Derecho Alimentarios. Estudios Juridicos en Honor de Luis González Vaqué, Navarra, Thomson
Reuters Aranzadi, 2013, p. 111 ss.
7 Cfr. la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio “Il futuro del mondo rurale”, COM (88) 501 def. del 29 luglio 1988, pubblicata sul Bollettino delle Comuni-
tà europee, suppl. 4/88, ed oggi reperibile anche on line sul sito http://www.eur-lex.eu.
8 Cfr. la comunicazione Il futuro del mondo rurale, cit., p. 36.
9 Cfr. la Comunicazione della Commissione sulla libera circolazione dei prodotti alimentari all’interno della Comunità, 89/C 271/03, in GUCE, C 271 del 24 ottobre 1989, p. 3 ss.
mente legata alla loro dimensione “economica”, ossia alla loro potenzialità di “re- munerare meglio” i produttori per l’elevata richiesta di “autenticità” e “tipici- tà”, sicché il compito della normativa viene prevalentemente individuato nella necessità di “far emergere” questi prodotti e proteggerne i toponimi 11.
Come si avrà modo di illustrare meglio in prosieguo, tuttavia, dopo questa fa- se iniziale di creazione degli strumenti giuridici più adatti a rispondere alle esi- genze indicate, si è progressivamente fatta strada la consapevolezza della “di- mensione sociale” della qualità, ossia la sua naturale vocazione a soddisfare esi- genze nuove ed “immateriali” dei consumatori cui deve corrispondere una azio- ne di ampio respiro sul piano regolatorio 12.
Nel Libro Verde del 2008 sulla politica della qualità 13, seguito nel 2009 dalla
11 Cfr. in questo senso F.CAPELLI, La protezione giuridica dei prodotti agro-alimentari di qualità
e tipici in Italia e nell’Unione europea, in Dir. com. sc. int., 2001, p. 177 ss. e spec. pp. 192-199, ove
l’A. riconduce agli «interessi privati dei produttori» le finalità essenziali del regolamento (CEE) n. 2081/92 (aumento della remuneratività dei prodotti di qualità; privativa che consenta di escludere dall’uso del nome geografico protetto chiunque non ne abbia titolo in quanto estraneo all’aera descritta o non segua il disciplinare, ecc.).
12 Come illustrato dalla Commissione europea nella propria Comunicazione al Parlamento eu- ropeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla qualità dei prodotti agricoli, COM (2009) 234 def., del 28 maggio 2009, disponibile sul sito www.
eur-lex.eu, p. 5, «le consultazioni in vista dello sviluppo della politica di qualità dei prodotti agri-
coli sono iniziate nel 2006 con un’audizione delle parti interessate, seguita da una conferenza te- nutasi a Bruxelles il 5-6 febbraio 2007. Il risultato dei lavori, congiuntamente ad attività di revi- sione della normativa vigente, hanno prodotto il Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità, nonché la conferenza di alto livello sulla politica della qualità dei prodotti agricoli tenutasi a Praga il 12-13 marzo 2009».
13 Cfr. il Libro Verde della Commissione europea sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità, COM (2008) 641 def. del 15 ottobre 2008, disponibile sul sito www.eur-lex.eu, su cui si vedano i commenti di A.GERMANÒ,Il Libro Verde
della Commissione europea del 15 ottobre 2008: alla ricerca di una definizione di alimenti di qualità,
in Rivista di diritto agrario, I, 2008, p. 480 ss.;D.NAVARIDAS SOPELANA, Sobre la dudosa calidad
del Libro Verde sobre la calidad de los productos agrícolas, in Redeco, Revista electronica del Dere- cho del Consumo y de la Alimentacion, 2009, http://aibadaredeco.googlepages.com/lvcOaiba.pdf, p.
3 ss.; F. ALBISINNI, Un Libro Verde sulla comunicazione, verso il 2013, in Rivista di diritto alimen-
tare, 2009, www.rivistadirittoalimentare.it, p. 15 ss., ed ivi anche i commenti di A. GERMANÒ,
Qualità alimentare: un’Europa, due sistemi, p. 22 ss.; L. PAOLONI, Prodotti tradizionali e filiere
produttive, p. 25 ss.; P. BORGHI, Tutelare la qualità attraverso la quantità? (di norme e di informa-
zioni), p. 27 ss.; G. MACCIONI, L’ambiguità della qualità, p. 31 ss. nonché le considerazioni con- clusive di L. COSTATO, p. 41 ss.; A. GERMANÒ, La qualità dei prodotti agro-alimentari secondo la
Comunità europea, in Rivista di diritto agrario, 2009, II, p. 359 ss.; G.STRAMBI, Gli strumenti di
promozione dei prodotti agro-alimentari tradizionali ad alta vocazione territoriale alla luce della co- municazione sulla politica di qualità dei prodotti agricoli, in Rivista di diritto agrario, 2010, I, p. 109
ss.; A.GERMANÒ, Le politiche europee della qualità alimentare, in F.ADORNATO,F.ALBISINNI,A.
GERMANÒ (a cura di), Agricoltura e alimentazione. Principi e regole della qualità. Disciplina inter-
nazionale, comunitaria e nazionale. Atti del convegno internazionale IDAIC (Macerata, 9-10 ottobre 2009), Milano, Giuffrè, 2010, p. 189 ss. Più in generale sul rapporto fra il diritto e la valorizzazio-
ne della qualità dei prodotti agricoli M.GOLDONI,E.SIRSI (a cura di), Il ruolo del diritto nella va-
lorizzazione e nella promozione dei prodotti agro-alimentari, atti del convegno, Pisa, 1-2 luglio 2011,
“Comunicazione sulla politica di qualità dei prodotti agricoli” 14, la Commissione
prospetta uno scenario in cui il miglioramento degli alimenti risulta essere lo stru- mento fondamentale di “difesa” dagli effetti della globalizzazione, ma anche l’uni- ca risposta possibile alle aspettative crescenti dei consumatori contemporanei.
Secondo la Commissione, infatti, pur rimanendo vero il fatto che i consuma- tori vogliono acquistare prodotti a prezzi abbordabili e con un buon rapporto qualità/prezzo, oggi la domanda di mercato esprime molte altre esigenze riguar- do al valore di ciò che si acquista, spesso puntando su valori “intangibili”.
Soddisfare queste esigenze rappresenta, dunque, la sfida fondamentale nel mer- cato competitivo ed aperto che caratterizza l’attuale fase dell’integrazione eco- nomica: assecondare le richieste di un pubblico sempre più esigente ed attento all’impatto ambientale e sociale della produzione può così trasformarsi da “one- re” in “strumento di profitto”, facendo la differenza nella sfida globale per la conquista delle preferenze dei mercati 15.
Sulla base di queste considerazioni la Commissione ha impostato negli ultimi anni una nuova fase regolatoria, partendo dal settore alimentare ma con l’ambi- zione di estenderne istituti giuridici e modelli economici anche ad altri ambiti.
Le premesse teoriche esposte hanno trovato una prima applicazione nel c.d. “pacchetto qualità” del 2010 16, ove la questione dell’origine ha assunto un ruolo
centrale.
Il nuovo regolamento sui regimi di qualità del 2012 17, parte fondamentale
dell’insieme delle misure varate in questo contesto, ha creato una cornice giuri- dica unitaria per i diversi istituti volti a valorizzare l’elemento territoriale dei pro- dotti: la norma, infatti, fa significativamente confluire in un unico sistema tanto i prodotti che esprimono un nesso agro-ambientale univoco con il territorio di appartenenza (DOP-IGP) quanto quelli che rappresentano la semplice espres- sione della tradizione (STG – Specialità Tradizionale Garantita, astrattamente realizzabile ovunque purché secondo il disciplinare “storico” di produzione 18)
ed ulteriori indicazioni da aggiungersi successivamente (come, ad esempio, la 14 Cfr. la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla qualità dei prodotti agricoli, cit.
15 Cfr. il Libro Verde sulla qualità, cit., pp. 3-4.
16 Il “pacchetto qualità” è un insieme di misure che riguarda la sicurezza alimentare, la certifi- cazione e la genuinità dei prodotti, e comprende il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamen- to europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e ali- mentari, in GUUE, L 343 del 14 dicembre 2012, p. 1 ss.; la riforma della O.C.M. Unica operata con il regolamento (UE) n. 1308/2013, cit.; la creazione di linee guida che definiscono migliori pratiche per lo sviluppo ed il funzionamento dei sistemi di certificazione volontaria, nonché linee guida per la corretta etichettatura dei prodotti elaborati e composti a base di DOP-IGP.
17 Cfr. il regolamento (UE) n. 1151/2012, cit.
18 La necessità di una maggiore valorizzazione dei prodotti STG nel quadro giuridico descritto era avvertita da tempo, soprattutto con riferimento alla loro caratterizzazione quali “espressione di identità culturale collettiva”. Sul punto sia consentito rinviare alle ampie considerazioni di P. ATTILI,C.LOSAVIO, I prodotti agroalimentari tradizionali: frammenti di una disciplina incompleta, in Rivista di diritto agrario, 2010, I, p. 637 ss. (spec. pp. 646-652).
dicitura “prodotti di montagna”, implementata nel 2014 sulla base dei mandati esecutivi concessi alla Commissione europea 19).
Con numerose modifiche di dettaglio 20 sono state, inoltre, allargate le speci-
fiche disposizioni che governano i regimi in questione esaltandone le finalità “pub- blicistiche”, sì da disporre, unitamente agli strumenti generali di lotta alle prati- che commerciali sleali, un ampio ventaglio di opzioni per proteggere e valorizza- re i prodotti in questione nella chiave di lettura descritta 21.
I positivi risultati ottenuti spingono, peraltro, oggi ad una ulteriore riflessio- ne circa l’opportunità di allargare questi sistemi ad altri settori diversi da quello alimentare.
In particolare, come si dirà, la Commissione sta valutando di introdurre un regime di protezione affine a quello delle DOP-IGP per tutti i prodotti che rap- presentino l’espressione di una capacità manifatturiera tradizionale (e.g. il “cri- stallo di Boemia” o la “porcellana di Delft”, ecc.) o siano comunque il prodotto specifico della natura che l’uomo ha saputo sfruttare per le proprie creazioni ma- nuali (e.g. il “marmo di Carrara”, ecc.).
L’esperienza maturata nel settore “food” diventerebbe, così, il precedente sto- rico su cui costruire una disciplina trasversale capace di superare, seppur con ri- ferimento ai soli prodotti di qualità, quelle divergenze che hanno impedito di tro- vare l’accordo fra gli Stati membri sull’introduzione di un obbligo generalizzato di indicazione dell’origine in etichetta.
La questione fondamentale che resta sullo sfondo, tuttavia, è se questo dise- gno complessivo, pur animato dal desiderio di concedere sempre maggiore spa- zio agli elementi “intangibili” che costituiscono il valore aggiunto dei beni di consumo, non sconti “a monte” una visione eccessivamente restrittiva del tema, che legga nel “Made in” una sorta di censimento di “eccellenze-eccezioni” 22 nel
contesto di una visione esclusivamente “europea” di esigenze spesso legate, al contrario, a sensibilità notevolmente differenti nei vari Paesi membri 23.
19 Cfr. il regolamento delegato (UE) n. 665/2014 della Commissione dell’11 marzo 2014 che completa il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le condizioni d’uso dell’indicazione facoltativa di qualità «prodotto di montagna», in
GUUE, L 179 del 19 giugno 2014, p. 23 ss.
20 Per una dettagliata analisi delle modifiche apportate dal regolamento (UE) n. 1151/2012 al te- sto del precedente regolamento (CE) n. 510/06 sia consentito rimandare a F.CAPELLI, Il Regolamen-
to (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agro-alimentari: luci ed ombre, in Dir. com. sc. int., 2013, p. 515 ss.; N.COPPOLA, Regolamento (EU) 1151/2012 ed “Extended Passing Off” nella
giurisprudenza inglese, in Rivista di diritto alimentare, n. 2-2014, www.rivistadirittoalimentare.it, p. 58
ss., nonché, per ult. cit., V.RUBINO, La protezione delle denominazioni geografiche dei prodotti ali-
mentari nell’Unione europea dopo il regolamento 1151/2012 UE, ibidem, 2013, p. 4 ss.
21 Cfr. E.MONTELIONE, La produzione agroalimentare di qualità come bene culturale, in Rivista
di diritto agrario, 2000, III, p. 463 ss.
22 Cfr. F.ALBISINNI, L’origine dei prodotti agro-alimentari …, cit.
23 Il sospetto appare più che fondato leggendo il Libro Verde del 2011 della Commissione euro- pea “Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiun-