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Segue La dimensione “territoriale” delle indicazioni geografiche protet te ed il loro collegamento effettivo ai metodi produttivi “leali e costanti”.

commerciali sleal

4. Segue La dimensione “territoriale” delle indicazioni geografiche protet te ed il loro collegamento effettivo ai metodi produttivi “leali e costanti”.

La notevole differenza fra DOP e IGP è emersa frequentemente nel conten- zioso nazionale in relazione alla necessità di tracciare i confini della disciplina in esame, ovvero di valutare la sua capacità di attrarre nel proprio ambito di appli- cazione varie fattispecie riconducibili lato sensu al problema del “Made in”.

Un primo, rilevante, fronte è scaturito dalla necessità di comprendere se le DOP-IGP dovessero rappresentare esclusivamente l’espressione “vivente” di an- tiche tradizioni (e, dunque, rimanere ancorate a modelli produttivi sostanzial- mente “artigianali”) o se, al contrario, potessero esser parte anche di una dimen- sione produttiva più ampia, di carattere “industriale”.

Della questione si è occupata in particolare la giurisprudenza amministrativa italiana, che, investita del compito di dirimere le controversie sulla “registrabili- tà” di determinati toponimi associati a prodotti ormai diffusi su scala nazionale, in numerose occasioni ha ammesso la registrazione come IGP di denominazioni relative a prodotti ormai espressione di una vera e propria “filiera industriale” il cui legame con il territorio poteva considerarsi decisamente affievolito.

Nel caso della Piadina Romagnola 53, ad esempio, il Consiglio di Stato, di fronte

alla contestazione di chi rivendicava la restrizione del disciplinare alle sole attività 51 Ipoteticamente, l’ultima trasformazione sostanziale.

52 Cfr. P.BORGHI, I requisiti della tutela, in B.UBERTAZZI,E.MUNIZ ESPADA (a cura di), Le indi-

cazioni di qualità degli alimenti. Diritto internazionale ed europeo, Milano, Giuffrè, 2009, p. 179 ss.

53 Cfr. la sentenza del Consiglio di Stato n. 2405/2015 del 13 maggio 2015 (disponibile on line sul sito www.giustizia-amministrativa.it), su cui si vedano i commenti di V.PAGANIZZA, Dalla padella

alla brace: la Piadina Romagnola IGP, dal “testo” al Consiglio di Stato, in Rivista di diritto alimentare,

2014, fasc. 3, www.rivistadirittoalimentare.it, p. 12 ss.; A. CORINI, La “piadina” legittimata a fregiarsi

dell’IGP è quella “fatta” in Romagna, non importa se in modo artigianale o industriale, in Dir. com. sc. int., 2015, p. 435 ss.; E.TRENTI, I requisiti per il riconoscimento della tutela “I.G.P.”: il caso della

artigianali in un’area geografica delimitata in conformità ad un metodo manuale del tutto estraneo ai processi di automazione industriale su larga scala, ha ritenuto che «la IGP si indirizza (…) nei confronti del prodotto inteso nelle sue caratteri- stiche intrinseche della c.d. “ricetta” e del metodo di produzione dell’alimento, quale originario di una identificata area geografica, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga a livello industriale o artigianale», anche in ragione del fatto che «la disciplina comunitaria non fa dipendere la possibilità di ottenere la registra- zione del prodotto dall’assenza del carattere industriale della produzione o dalla necessaria limitatezza della stessa, mentre siffatta evenienza, e cioè la possibilità di produzione in ambito industriale, non incide sulla reputazione dell’alimento o sul collegamento dello stesso ad una determinata zona geografica» 54.

Allo stesso modo nei precedenti relativi al Salame Felino 55 ed all’Aceto Balsa-

mico di Modena 56 il Supremo organo giurisdizionale amministrativo aveva stabi-

lito che «il mero fatto che il prodotto si ottenga tramite una tecnica realizzabile ovunque e in concreto utilizzata al di fuori del territorio da tutelare non costi- tuisce elemento ostativo alla registrazione, in quanto con la stessa non si tutela- no solo beni che tecnicamente possono essere prodotti solo in un luogo, ma an- che quelli la cui reputazione ha una specifica origine geografica» 57.

In linea di principio, dunque, una IGP potrebbe essere utilizzata anche solo per identificare una “vocazione produttiva storica comprovata”, pur se di carat- tere industriale ed a prescindere dalla sua ripetibilità altrove.

Quanto poi all’estensione territoriale del toponimo registrabile, la Corte di giu- stizia UE non ha mai avuto occasione di interpretare i vari regolamenti sulle DOP-IGP nella parte in cui definiscono esattamente cosa si debba intendere per “indicazione geografica protetta”: in linea generale le varie sentenze che “tangen- zialmente” hanno toccato la questione delle definizioni si sono limitate a ricor- dare che questa disciplina mira a realizzare condizioni “uniformi” in tutti i Paesi membri onde «soddisfare l’attesa dei consumatori in materia di prodotti di qua- lità e di un’origine geografica certa» 58 accanto ai benefici economici per i pro-

duttori che da ciò possono derivare. 54 Cfr. la sentenza del Consiglio di Stato, cit.

55 Cfr. Consiglio di Stato, sentenza 29 settembre 2009, n. 5881, Ministero delle Politiche Agri-

cole, Alimentari e Forestali c. Grandi Salumifici Italiani s.p.a. e Negroni S.p.a., disponibile su www. giustizia-amministrativa.it.

56 Cfr. Consiglio di Stato, sentenza 4 agosto 2008, n. 3890, Acetificio M. de N. c. Ministero delle

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, disponibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it, su

cui sia consentito rimandare alle osservazioni di F. CAPELLI, La registrazione dell’Indicazione Geo-

grafica Protetta “Aceto Balsamico di Modena” e i tentativi deliberatamente messi in atto per ostaco- larla sia per circoscriverne gli effetti e la portata, in Dir. com. sc. int., 2009, p. 573 ss.

57 Cfr. la sentenza n. 5881/09, cit., punto 8.3.

58 Cfr. la sentenza della Corte di giustizia CE del 20 maggio 2003, in causa C-469/00, Ravil

SARL, cit. L’indicazione è costantemente ripetuta. Si vedano, ex plurimis, le sentenze della Corte

20 maggio 2003, causa C-108/01, Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita, cit., pun- to 63; 8 settembre 2009, causa C-478/07, Budějovický Budvar, národní podnik c. Rudolf Ammersin

L’Avvocato generale Jacobs, nelle proprie conclusioni relative alla causa C- 325/00 sul marchio di qualità tedesca CMA 59 aveva sostenuto che l’inclusione

nella definizione delle DOP-IGP del riferimento eventuale anche al nome di un intero “paese” andava riferita «ai casi in cui l’estensione del territorio dello Sta- to membro in questione sia particolarmente ridotta (ad esempio Lussemburgo), e, forse, ai casi in cui la registrazione di un’indicazione geografica relativa ad un intero paese sia richiesta con riguardo ad un particolare prodotto la cui qualità o rinomanza sia attribuibile a detto Stato» 60.

Orbene, l’apertura ad una simile possibilità sembra oggi rafforzata dal tenore specifico dell’art. 5 del nuovo regolamento (UE) 1151/2012, ove l’eccezionalità della registrazione del nome di un intero paese è indicata solo per le DOP (cir- costanza comprensibile, vista la necessità di comprovare il nesso ambientale dif- ficilmente estensibile a spazi territoriali ampi), mentre non è menzionata con ri- ferimento alle IGP, che sembrerebbero, quindi, riferibili anche ad una intera nazione.

In definitiva, quindi, ancorché questa soluzione non sia stata fino ad oggi presa in considerazione, non sembra possibile escludere che nel settore alimen- tare (l’unico, al momento, che goda di simili regole nell’ordinamento dell’Unio- ne) il “Made in Italy” possa essere veicolato come una IGP nazionale che poggi sulla semplice “notorietà” del prodotto (come, ad esempio, potrebbe avvenire per il “gelato italiano” che gode, specialmente all’estero, di particolare favore).

5. Segue. La difficile distinzione fra le indicazioni geografiche “semplici”

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