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La nozione di “origine” dei prodotti nel diritto dell’Unione europea.

Origine delle merci e comunicazione al consumatore

2. La nozione di “origine” dei prodotti nel diritto dell’Unione europea.

Nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea il problema della definizio- ne del concetto di “origine” di un prodotto trova svariate risposte a seconda del contesto giuridico e merceologico in cui si pone nonché delle finalità perseguite dalle norme di riferimento.

Sebbene il tema investa in modo sostanziale il profilo della comunicazione com- merciale ed in parte anche i requisiti di sicurezza dei prodotti, le norme orizzon- tali che disciplinano questi ambiti non contengono specifiche disposizioni al ri- guardo.

La direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti 10, pur preve-

dendo obblighi minimi di etichettatura dei prodotti immessi sul mercato in- terno, non include particolari disposizioni relative all’indicazione del luogo di fabbricazione, né, tantomeno, contiene una autonoma nozione di “origine” a fi- ni comunicativi, lasciando, così, spazio ad altre disposizioni (di carattere oriz- zontale o verticale) il compito di muoversi in questo campo con disposizioni

ad hoc.

La direttiva 2006/114/UE concernente la tutela dalla pubblicità ingannevole 9 Cfr. in questo senso C.HILSON, Going local? EU Law, localism and climate change, in Eur.

Law Rev., 2008, p. 194 ss.

10 Cfr. la direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, in GUCE, L 11 del 15 gennaio 2002, p. 4 ss.

e dalle sue conseguenze sleali 11, così come la direttiva 2005/29/CE sulle prati-

che commerciali sleali fra imprese e consumatori 12, pur menzionando fra gli ele-

menti essenziali per definire la scorrettezza di una comunicazione o di una qual- siasi altra pratica commerciale l’effettiva origine del prodotto, omettono a loro volta di fornirne una definizione.

Pur non essendo in questa sede possibile, per evidenti ragioni, passare in ras- segna le numerosissime disposizioni di carattere verticale che hanno regolamen- tato i vari prodotti al fine di agevolarne la circolazione nel mercato interno, l’ana- lisi della disciplina UE dei comparti industriali più significativi 13 mostra, peral-

tro, una situazione al riguardo del tutto analoga.

Il regolamento (UE) 1223/09 sui cosmetici 14 prevede l’inclusione fra le indi-

cazioni obbligatorie nell’etichettatura dei relativi prodotti preimballati o precon- fezionati la menzione del paese d’origine, ma limitatamente ai c.d. “prodotti im- portati” 15 (ossia provenienti da paesi terzi) senza fornire indicazioni specifiche

sul contenuto della nozione in questione.

Nel comparto legno-arredo le preoccupazioni ambientali 16 ed i vincoli inter-

11 Cfr. la direttiva 2006/114/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, in GUUE, L 376 del 27 dicembre 2006, p. 21 ss., che ha riformulato il testo della precedente direttiva 84/450/CEE del Consiglio del 10 settembre 1984 concernente il medesimo oggetto (in GUCE, L 250 del 9 settembre 1984, p. 17 ss.) nonché incorporato l’art. 14 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consi- glio, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (in

GUUE, L 149 del 11 giugno 2005, p. 2 ss.). Il campo di applicazione delle due direttive, fra loro

complementari, è definito rispettivamente dagli artt. 1, direttiva 2006/114/UE e 3, direttiva 2005/ 29/CE.

12 Cfr. la direttiva 2005/29/CE, cit.

13 La segmentazione di prodotto a fini di classificazione normativa qui seguita è disponibile sul sito della Commissione europea, DG Mercato interno, industria, imprenditoria e PMI, all’indiriz- zo http://ec.europa.eu/growth/sectors (ultima consultazione 17 febbraio 2017). Dal punto di vista più strettamente nazionale (italiano) i settori industriali di maggiore interesse per l’esportazione del c.d. “Made in Italy” vengono generalmente individuati nell’abbigliamento-moda, arredo-casa, alimentazione ed automotive (cfr. sul punto le c.d. “4 ‘A’ del Made in Italy” citate da M.FORTIS, Il

Made in Italy manifatturiero e la sfida globale, in Economia e politica industriale, 2005, p. 7 ss.).

Onde consentire una trattazione non eccessivamente specifica del tema si formuleranno in questa sede solo alcuni esempi funzionali al ragionamento giuridico che si intende sviluppare.

14 Cfr. il regolamento (UE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 no- vembre 2009, sui prodotti cosmetici, in GUUE, L 342 del 22 dicembre 2009, p. 59 ss.

15 Cfr. l’art. 19, par. 1, lett. a) del regolamento.

16 Il problema del disboscamento illegale è da tempo al centro dell’attenzione sia nell’Unione europea che a livello internazionale. La comunicazione della Commissione europea al Consiglio ed al Parlamento europeo del 21 maggio 2003 intitolata L’applicazione delle normative, la gover- nance e il commercio nel settore forestale (FLEGT) – Proposta di un piano di azione dell’Unione europea (cfr. COM 2003, 251 def., del 21 marzo 2003) ha proposto un pacchetto di misure per sostenere l’impegno internazionale nel contrasto a questo fenomeno. La preoccupazione circa lo sfruttamento sostenibile delle risorse forestali è ribadita nella recente comunicazione della Com- missione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle

nazionali vigenti 17 hanno spinto l’Unione ad includere nel regolamento di setto-

re 18 un sistema di tracciabilità e l’indicazione della composizione delle materie

prime dei prodotti trasformati 19 che, tuttavia, non risulta obbligatorio rendere

accessibile ai consumatori finali tramite apposita etichettatura. Le relative in- formazioni, poi, non concorrono a determinare l’origine del prodotto finito (su cui la norma è silente), sicché al consumatore non viene di fatto attribuito alcun diritto né alcuna possibilità di comprensione del dato, inibendogli di rivestire un “ruolo” nel meccanismo di regolazione del mercato tramite la “domanda” di prodotti specifici (cui, invece, potrebbe attivamente partecipare ove adeguata- mente informato).

Nel settore tessile l’elevata conflittualità in materia di origine dei filati e dei capi tessuti 20 ha spinto il Parlamento europeo ed il Consiglio, in occasione del

recente aggiornamento normativo, ad includere nel regolamento (UE) 1007/ 2011 21 un apposito mandato alla Commissione europea per valutare l’opportu-

nità di introdurre disposizioni ad hoc e prevedere obblighi particolareggiati sulla tracciabilità delle diverse materie prime impiegate nonché sull’etichettatura di origine dei prodotti immessi al consumo 22.

Regioni Una nuova strategia forestale dell’Unione europea: per le foreste ed il settore forestale (cfr. COM, 2013, 659 def., del 20 settembre 2013).

17 Si pensi, a titolo esemplificativo, alla Convenzione di Washington, c.d. “CITES”, cui l’Unio- ne ha aderito in data 6 marzo 2015 (cfr. la decisione (UE) 2015/451 del Consiglio, del 6 marzo 2015, relativa all’adesione dell’Unione europea alla convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), in GUUE, L 75 del 19 marzo 2015, p. 1 ss.) che richiede alle parti contraenti di rilasciare un permesso di esportazione solo quando una delle specie presenti nell’elenco della Convenzione sia stata ottenuta conforme- mente alle relative disposizioni.

18 Cfr. il regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 otto- bre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati, in GUUE, L 295 del 12 novembre 2010, p. 23 ss.

19 Cfr. l’art. 5 del regolamento (UE) n. 995/2010, cit.

20 La giurisprudenza della Corte di giustizia è ricca di sentenze aventi ad oggetto l’interpreta- zione delle norme doganali sulla determinazione dell’origine dei prodotti tessili. In effetti, in que- sto specifico settore risulta particolarmente complesso attribuire rilevanza prevalente ad uno dei passaggi fondamentali della filiera (luogo di produzione della materia prima, luogo della tessitura, luogo del confezionamento del capo finito, ecc.), sì che gli operatori economici si sono trovati fre- quentemente in difficoltà nella determinazione del c.d. “luogo dell’ultima trasformazione sostan- ziale”.

21 Cfr. il regolamento (UE) n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 set- tembre 2011, relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all’etichettatura e al contrassegno del- la composizione fibrosa dei prodotti tessili, in GUUE, L 272 del 18 ottobre 2011, p. 1 ss.

22 Cfr. l’art. 24 del regolamento. L’importanza del tema è testimoniata dalla dichiarazione del Parlamento europeo e del Consiglio riportata in calce alla versione consolidata del regolamen- to(UE) n. 1007/2011 (cfr. p. 82), ove si legge che «il Parlamento europeo ed il Consiglio sono consapevoli dell’importanza di fornire informazioni accurate ai consumatori, in particolare quan- do si tratta di prodotti contrassegnati con un’indicazione di origine, al fine di proteggerli da indi- cazioni fraudolente, inaccurate e fuorvianti. L’uso delle nuove tecnologie, quali l’etichettatura

La relazione, presentata il 25 settembre 2013 23, pur riconoscendo la rilevanza

del tema, ha comunque ritenuto preferibile rimandare l’adozione di norme in ma- teria ad una regolamentazione trasversale a vari settori industriali, tutt’oggi non approvata 24.

Si è, così, persa anche in questo ambito l’opportunità di disciplinare in modo autonomo (e con riferimento agli elementi ritenuti oggettivamente di maggiore interesse per il consumatore) il concetto commerciale di “origine”.

A conclusioni non dissimili si può infine, pervenire, analizzando gli altri set- tori strategici per il mercato dei prodotti di largo consumo, come ad esempio quello calzaturiero, della pelle e pelletteria, ove, addirittura in senso contrario alla rilevata tendenza ad “aprire” le norme dell’Unione all’indicazione in questio- ne, il silenzio della disciplina settoriale è stato interpretato dalla Corte di giusti- zia come “esauriente” 25 (ossia come volontà di non imporre fra le indicazioni in

etichetta riferimenti al luogo di produzione), di modo che agli Stati membri è stata negata la possibilità di implementare le relative disposizioni con norme a livello nazionale anche solo per i prodotti provenienti da paesi terzi 26.

elettronica, (…) può rappresentare uno strumento utile per fornire tali informazioni mantenendo il passo con lo sviluppo tecnologico. Il Parlamento europeo ed il Consiglio invitano la Commis- sione a tenere conto, al momento di elaborare la relazione di cui all’art. 24 del regolamento, del loro impatto su eventuali nuovi obblighi in materia di etichettatura, anche in vista di migliorare la tracciabilità dei prodotti».

23 Cfr. la relazione della Commissione europea al Parlamento europeo ed al Consiglio del 25 settembre 2013 concernente “possibili nuovi obblighi di etichettatura dei prodotti tessili ed uno studio sulle sostanze allergeniche presenti nei prodotti tessili”, COM (2013), 656 final, disponibile

on line sul sito www.eur-lex.eu. A p. 5 si legge «I consumatori mostrano un interesse per l’etichet-

tatura di origine. Per il momento non è opportuno procedere ad una discussione approfondita sulla pertinenza di introdurre un sistema di etichettatura di origine nel regolamento sui tessili: è stata infatti di recente adottata una proposta della Commissione relativa a un regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo con cui la Commissione intende introdurre un sistema interset- toriale su scala UE che tenga conto del paese di origine e di altri aspetti relativi alla tracciabilità. La proposta è stata accolta positivamente da un numero significativo di parti interessate, anche nel settore tessile». Poiché, come si dirà, la proposta “trasversale” non è stata successivamente adottata, il tema dell’introduzione di un obbligo “settoriale” di indicazione di origine dovrebbe tornare di attualità.

24 Cfr. la proposta della Commissione in materia, COM (2013) 78 final, su cui si tornerà oltre. 25 Cfr. la sentenza della Corte di giustizia UE 16 luglio 2015, causa C-95/14, Unione Nazionale

Industria Conciaria (UNIC), Unione Nazionale dei Consumatori di Prodotti di Pelle, materie con- cianti, accessori e componenti, in Racc. digit., ECLI: ECLI:EU:C:2015:492, su cui si tornerà più

diffusamente oltre.

26 Cfr. sul punto la sentenza della Corte di giustizia UE 16 luglio 2015, in causa C-95/14,

UNIC, cit. La sentenza conferma l’illegittimità di una norma italiana che introduceva un obbligo

di indicazione dell’origine nell’etichettatura delle pelli destinate ad essere utilizzate per la fabbri- cazione delle calzature se non prodotte in Italia. Sulla stessa linea la Commissione europea aveva aperto una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica Italiana a seguito dell’approva- zione della l. 8 aprile 2010, n. 55, disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tes- sili, della pelletteria e calzaturieri (c.d. “Legge Reguzzoni”), in GURI, 21 aprile 2010, n. 92 che tendeva all’introduzione del medesimo vincolo, successivamente soppresso.

3. Segue. Il settore alimentare: eccezione o laboratorio di sperimentazio-

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