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Segue La politica dei consumatori nel processo di integrazione europea.

Valutazioni conclusive Tutela del “Made in” e nuove sfide per l’integrazione europea

6. Segue La politica dei consumatori nel processo di integrazione europea.

Nel capitolo introduttivo si è già dato conto dell’evoluzione della “nozione” di consumatore nel diritto dell’Unione europea, evidenziandone le notevoli tra- sformazioni lungo l’arco temporale dell’integrazione europea.

La tematica può qui essere ripresa ed inquadrata in senso più ampio nell’evo- luzione della c.d. “politica” dei consumatori, che ha contribuito in modo deter- minate all’evoluzione descritta.

Com’è noto il Trattato CEE prevedeva nella sua versione iniziale solo poche norme che contemplavano il “consumatore”, tutte orientate a regolare i fattori determinati per il mercato 95: nella prima fase della Comunità, infatti, il consu-

matore costituiva al contempo un potenziale ostacolo alla integrazione dei mer- cati (nei limiti in cui la differenziazione delle politiche di tutela a livello naziona- le generava disparità normative, ossia ostacoli alla circolazione di beni e servizi), ma anche un possibile fattore di sviluppo (inteso, tuttavia, nella sola dimensione della progressiva saturazione del mercato attraverso la moltiplicazione dell’offer- ta di prodotti in una logica puramente concorrenzialistica).

In questo contesto la crescita dei movimenti consumeristici (dapprima oltre Atlantico, quindi anche negli Stati europei) e l’acquisizione di un certo benesse- re grazie allo sviluppo economico degli anni sessanta 96 hanno sicuramente con-

tribuito all’avvio di una riflessione più ampia sulla questione dei “diritti” del 95 La mancanza nel Trattato del 1957 di una competenza esplicita in materia di consumatori vie- ne giustificata in dottrina con l’opinione, allora corrente, che, per garantire il benessere delle popola- zioni europee, fosse necessario e sufficiente favorire la mera crescita economica, fattore che avrebbe contribuito anche al miglioramento delle condizioni di vita dei singoli individui. Coerentemente le disposizioni che contemplavano i consumatori erano numericamente ridotte e sempre nel contesto di altre politiche: l’art. 39 CEE includeva fra le finalità della PAC la garanzia della sicurezza alimentare (intesa come food security) e la conseguente stabilizzazione dei prezzi “ragionevoli” delle derrate ali- mentari per i consumatori; l’art. 85 CEE prevedeva l’autorizzazione di alcuni accordi fra imprese a condizione che una «congrua parte dell’utile che ne deriva» fosse destinata agli utenti; l’art. 86 citava come pratiche anticoncorrenziali vietate quelle capaci di determinare una limitazione della produ- zione, degli sbocchi e dello sviluppo tecnico, a danno dei consumatori.

96 Per una più dettagliata ricostruzione dei fatti storici, economici e sociali che hanno contri- buito a dare avvio alla politica dei consumatori in Europa sia consentito rinviare al documento della Commissione europea Dieci anni di politica comunitaria al servizio dei consumatori. Un contributo all’Europa dei cittadini, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo, 1985, spec. pp. 6-20.

c.d. “soggetto debole” nei rapporti contrattuali ormai divenuti “di massa”. Senonché la mancanza di una esplicita competenza comunitaria al riguardo, e, di conseguenza, di solide basi giuridiche su cui costruire l’armonizzazione del- la materia, hanno spinto verso soluzioni differenziate tanto con riferimento al contesto in cui sviluppare la cooperazione fra gli Stati europei quanto alla tipo- logia delle soluzioni adottate.

Un primo significativo passo nella direzione indicata è costituito dal vertice dei Capi di Stato e di governo dei paesi comunitari tenutosi a Parigi il 19 e 20 ottobre 1972.

Seppur all’esterno della cornice istituzionale comunitaria, il passaggio appare fondamentale non solo perché afferma in modo solenne la necessità di garantire nell’azione futura una più organica ed efficace protezione dei diritti dei consu- matori (da realizzare attraverso programmi periodici affidati all’impulso della Com- missione), ma anche (e forse soprattutto) perché ha posto in evidenza per la pri- ma volta la “dimensione umana” del processo di integrazione economica.

Nelle conclusioni è infatti possibile leggere che lo sviluppo industriale sino a quel momento perseguito dagli Stati membri avrebbe dovuto accompagnarsi ne- cessariamente da lì in avanti a politiche volte al miglioramento della qualità della vita dei cittadini comunitari, accentuando la sensibilità nei diversi settori di in- tervento della Comunità per gli interessi concreti di questi ultimi, incidendo così in modo tangibile sulla vita di tutti i giorni.

In questo contesto appare particolarmente significativa l’affermazione conte- nuta nelle conclusioni del vertice secondo cui «un’azione efficace in campo so- ciale ha la stessa importanza dell’unione economica e monetaria», segno che or- mai i tempi erano maturi per avviare quel percorso di sviluppo dell’integrazione non più solo economica, ma anche “sociale” dei paesi aderenti alla Comunità.

Quasi contestualmente il Consiglio d’Europa nel 1973 approvava la “Carta europea dei consumatori” 97 con una risoluzione nel cui preambolo veniva chia-

ramente tratteggiato il rapporto fra la posizione di vulnerabilità individuale e la necessità di implementare apposite politiche anche con riferimento agli aspetti commerciali 98, puntando – come emerge in modo evidente dalla semplice lettu-

ra del testo – sul riconoscimento esplicito di una serie di “diritti” 99, fra i quali,

per quanto qui più strettamente interessa, il c.d. “diritto all’informazione ed al- l’educazione con riferimento ai beni di consumo” 100.

97 Cfr. la Risoluzione n. 543/1973 adottata dall’Assemblea Consultiva del Consiglio d’Europa a seguito del dibattito del 17 maggio 1973 sulla Carta relativa alla protezione del consumatore, pubbli- cata, unitamente al testo della Carta stessa, nel Bollettino dell’Assemblea, 1973, p. I-11771 ss.

98 Cfr. i considerando n. 2-5 della Risoluzione 543, cit.

99 La Carta riconosce ai consumatori il diritto al pieno risarcimento dei danni subiti a causa di un prodotto o di un servizio fornitogli; il diritto all’informazione e all’educazione, nonché il diritto ad essere consultati per il tramite di proprie rappresentanze nell’ambito dei processi decisionali.

100 Nella Carta il contenuto di questo diritto si sostanzia essenzialmente nella possibilità di ave- re un livello sufficiente di indicazioni relative all’identità del fornitore, alle caratteristiche e moda-

Il Consiglio CEE, raccogliendo lo stimolo, con propria risoluzione del 14 apri- le 1975 101 ha così dato avvio in ambito comunitario ad una programmazione plu-

riennale di azioni da intraprendere sui temi in questione, il cui primo documen- to era già allegato alla risoluzione stessa 102, ed al punto 3, superata definitivamen-

te la definizione “mercantile” di consumatore come mero compratore ed utiliz- zatore di beni e di servizi per il proprio uso personale, familiare o collettivo 103,

viene esplicitamente affermato che i suoi interessi, lì raggruppati in 5 aree speci- fiche, costituiscono «diritti fondamentali» 104.

La mancanza di “formalizzazione” della competenza in questione, ha, tutta- via, imposto di dare attuazione a questi diritti inizialmente solo nell’ambito delle norme adottate in relazione alle altre politiche, ed in particolare nel contesto del mercato unico.

La materia ha così assunto, per oltre un ventennio, carattere “frammentario”, sparpagliandosi nelle varie direttive di armonizzazione adottate con non pochi compromessi in base al vecchio art. 100 del Trattato e, in ragione di ciò, attri- buendo al consumatore comunque una funzione “ancillare” rispetto agli obiet- tivi principali di volta in volta perseguiti 105.

Si è, così, dovuto attendere l’Atto Unico europeo ed il Trattato di Maastricht per individuare in un “livello elevato” la protezione accordata ai consumatori e per l’inserimento nel Trattato di un apposito Titolo a ciò dedicato 106, successi-

vamente modificato dal Trattato di Amsterdam.

lità d’impiego del prodotto per un suo uso sicuro e per una piena soddisfazione rispetto allo stes- so, nonché alle sue caratteristiche essenziali fra le quali spiccano la qualità e gli ingredienti.

101 Cfr. la Risoluzione del Consiglio 14 aprile 1975 riguardante un programma preliminare del- la Comunità economica europea per una politica di protezione e di informazione del consumato- re, in GUCE, C 92 del 25 aprile 1975, p. 1 ss.

102 Cfr. l’allegato alla Risoluzione, cit., p. 6 ss.

103 Nel punto 3 si legge al riguardo che «attualmente il consumatore non è più considerato co- me compratore e utilizzatore di beni e di servizi per il proprio uso personale, familiare o colletti- vo, ma come individuo interessato a vari aspetti della vita sociale (…)».

104 Il programma, in particolare, afferma che «gli interessi del consumatore possono essere raggruppati in 5 categorie di diritti fondamentali: a) il diritto alla protezione della salute e della sicurezza; b) il diritto alla tutela degli interessi economici; c) il diritto al risarcimento dei danni; d) il diritto all’informazione ed all’educazione; e) il diritto alla rappresentanza (diritto di essere ascol- tato)» (cfr. il punto 3, cit.).

105 Cfr., a titolo esemplificativo, le osservazioni di L.CABELLA PISU, sul lungo e contorto iter di approvazione della direttiva 85/374/CEE, cit. sulla responsabilità da prodotto difettoso e le sue evidenti lacune finali, in Cittadini e consumatori nel diritto dell’Unione europea, in Contratto e Im-

presa. Europa, 2007, spec. pp. 680-681.

106 L’Atto Unico Europeo del 28 febbraio 1986, entrato in vigore il 1° luglio 1987, ha modificato il Trattato CEE introducendo l’art. 100 A quale base per l’armonizzazione legislativa orientata – inter

alia – alla elevata protezione dei consumatori e con votazione a maggioranza. Il Trattato di Maastri-

cht del 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993, ha aggiunto al Trattato CEE il Titolo 11° dedicato alla protezione dei consumatori, composto da un unico art. (129 A) che ha introdotto una autonoma competenza comunitaria in materia. Il Trattato di Amsterdam nel 1998 ha ulterior- mente modificato questa disposizione, oggi divenuta definitivamente l’art. 169 TFUE.

I piani di azione ed i programmi strategici varati periodicamente a partire da queste modifiche hanno notevolmente contribuito a consolidare la materia, col- mandone lacune ed incertezze.

La disciplina ha comunque continuato a mantenere carattere trasversale a tutte le altre competenze UE, come tutt’oggi testimoniato dall’art. 12 TFUE, anche se la progressiva crescita di importanza della protezione del consumatore in quan- to tale, già segnalata dalla Corte di giustizia nel caso Mostaza Claro 107 (ove era

stata considerata «indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati alla Co- munità e, in particolare, per l’innalzamento del livello e della qualità della vita al suo interno» 108) è forse oggi meglio rappresentata dal riconoscimento del suo ruo-

lo nel più volte citato art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione eu- ropea, ove la materia viene “consacrata” in un contesto che non può non attri- buirgli natura “rafforzata” 109.

La traiettoria descritta, oltre a rispecchiarsi nelle norme che più di recente han- no interessato la materia 110, ha profondamente influenzato anche le strategie di

sviluppo futuro del mercato interno, come dimostrano le numerose comunica- zioni al riguardo della Commissione UE degli ultimi anni.

Nella “strategia per lo sviluppo della politica dei consumatori nel periodo 2007-2013” 111 si legge, infatti, che i consumatori sono al centro delle tre sfide

fondamentali dell’Unione nel prossimo futuro, ovvero la crescita, i posti di lavo- ro e la necessità di entrare nuovamente in contatto con i suoi cittadini.

Secondo il documento, infatti, «consumatori fiduciosi, informati ed in grado 107 Cfr. la sentenza della Corte di giustizia 26 ottobre 2006, causa C-168/05, Maria Mostaza

Claro, in Racc., 2006, p. I-10421 ss.

108 Cfr. la sentenza Mostaza Claro, cit., punto 37.

109 È già stato osservato in precedenza (cfr. cap. I) come la normativa in questione non conten- ga un “diritto fondamentale”, limitandosi a richiamare il ruolo della relativa politica nel diritto del- l’Unione europea. Non può tuttavia essere ignorato il fatto che il richiamo intenda sottolineare una funzione non comune della disciplina dei consumatori nell’assicurare quegli standard di pro- tezione della persona che, in definitiva, concorrono a tutelarne i diritti fondamentali singolarmen- te enucleati dagli altri articoli della Carta.

110 Una descrizione completa delle disposizioni che in tempi recenti hanno contribuito ad im- plementare la disciplina sui consumatori nei diversi settori sfugge all’oggetto di questo lavoro. Sia tuttavia consentito richiamare, a titolo meramente esemplificativo, la già citata direttiva 2005/29/ CE sulle pratiche commerciali sleali, che ha accolto la nozione giurisprudenziale di “consumatore medio” affiancandogli quella di “consumatore vulnerabile”; la direttiva 2011/83/UE del Parla- mento europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori, cit., che ha abbandonato parzialmente l’approccio dell’armonizzazione minima per perseguire, in particolare, con riferimento alla mate- ria contrattuale, l’armonizzazione completa. Per quanto più specificamente riguarda il diritto al- l’informazione si vedano il regolamento (CE) n. 1924/06 concernente le informazioni nutrizionali e salutistiche relative agli alimenti (in GUCE, L 404 del 30 dicembre 2006, p. 9 ss.) ed il già cit. regolamento (UE) n. 1169/2011 concernente le informazioni sugli alimenti ai consumatori.

111 Cfr. la Comunicazione della Commissione europea al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007- 2013. Maggiori poteri per la politica dei consumatori, più benessere e tutela più efficace, COM (2007) 99 def. del 13 marzo 2007, reperibile sul sito eur-lex.eu.

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