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La ridefinizione della funzione prefettizia

2.4 Gli ambiti di competenza del prefetto

La conoscenza del territorio costituisce la necessaria premessa per l’esercizio delle competenze del prefetto accanto ad un’adeguata presenza sul territorio medesimo, soprattutto, in una società fondata sulla rapidità e qualità dell’informazione.

Il ruolo di rappresentanza generale del Governo, riconosciuto al prefetto, trova ulteriore conferma e supporto, come vedremo, nell’istituto della Conferenza Permanente da lui presieduta, composta dai responsabili delle strutture periferiche dello Stato, chiamata ad implementare l’azione della componente statuale sul territorio rafforzandone l’interazione ed il dialogo con le rappresentanze degli enti locali e della società civile.

Quale autorità provinciale di pubblica sicurezza egli ha la responsabilità dell’ordine e della sicurezza pubblica e, in tale veste, presiede il Comitato provinciale. Connesse alla competenza in materia di pubblica sicurezza sono le funzioni attribuite al prefetto nel settore della protezione civile, a lui spettano la predisposizione del piano provinciale per fronteggiare eventuali disastri, dirigere le operazione di soccorso e assistenza, provvedere per gli alloggi come disposto dai testi normativi.

Competenze specifiche sono svolte dal prefetto al fine di restituire legalità a quei territori offesi dall’abusivismo edilizio, controllandone l’ordinato sviluppo e la tutela dell’ambiente non solo in fase emergenziale e straordinaria, ma costante perché la legalità è una funzione fondamentale per affermare un vivere civile sul quale si può realizzare una sana crescita produttiva.

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Particolare attenzione meritava l’istituzione presso ogni prefettura del Comitato provinciale della pubblica amministrazione quale organo di coordinamento delle attività statali in ambito provinciale e quale organismo di informazione e consulenza del prefetto, con la finalità di assicurare il buon andamento, l’imparzialità e l’efficienza dell’azione amministrativa affidata agli organi decentrati dello Stato e agli enti pubblici, come disposto dall’art. 17 d.l. n. 152/1991, convertito nella Legge n. 203/1991. Il Comitato, presieduto dal prefetto, prevedeva la partecipazione dei responsabili degli uffici provinciali dello Stato e degli enti pubblici non territoriali aventi sede nella provincia e dei rappresentati delle organizzazioni sindacali o di categoria nonché degli enti locali e di altri organismi interessati ai problemi da trattare. Oggi tale Comitato è sostituito dalla Conferenza Permanente che mantiene le stesse funzioni.

Nei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali, il prefetto riveste il ruolo di garante della continuità gestionale delle amministrazioni locali ogni qualvolta vengano meno i candidati eletti dai cittadini; egli assicura, inoltre, il corretto svolgimento del procedimento elettorale e cura le procedure di scioglimento e sospensione dei consigli comunali o di rimozione o sospensione degli amministratori.

Tra le funzioni ricomprese nell’area dell’amministrazione generale vi sono le attività relative alla mediazione nelle vertenze di lavoro ed alla garanzia dei servizi pubblici essenziali, alla trattazione degli affari di culto, al riconoscimento delle persone giuridiche, alla concessione dello status di cittadino italiano, all’irrogazione di sanzioni amministrative per infrazioni depenalizzate ed in materia di circolazione stradale.

Tale carattere generale della rappresentanza del prefetto emerge anche da un breve elenco del complesso dei poteri che, essendo riferiti a materie rientranti nell’ambito delle competenze di diversi ministeri, creano rapporti di dipendenza funzionale con ciascuno di questi e, talvolta, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ne costituisce un esempio quanto previsto nella legge n. 225 del 24/2/1992, in sede di riordino del sistema nazionale della protezione civile, che ha previsto in capo al prefetto la responsabilità generale dell’adeguatezza delle iniziative assunte, in ambito provinciale, dalla pubblica amministrazione per rendere tempestivo ed efficiente il sistema della protezione civile, mediante un’attività di pianificazione e di coordinamento dell’azione delle varie forze, istituzionali e non, che intervengono per fronteggiare le emergenze ambientali.

Un ulteriore ambito di competenza del prefetto, che potrebbe apparire poco rilevante, ma invece è assai emblematico, è stato l’assunzione della presidenza dei Comitati provinciali per

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l’euro (Cep) affidata appunto ai prefetti. Quando si è trattato di determinare a livello locale le condizioni per l’effettiva introduzione dell’euro, per il conseguimento dell’importante obiettivo dell’unificazione monetaria europea, con la necessità di organizzare una funzione di raccordo anche con gli enti locali, sono stati istituiti nel 1997 tali organismi, che hanno svolto sotto la guida del prefetto il compito di garantire la massima informazione a favore degli operatori economici e dei cittadini circa il processo di introduzione della nuova moneta, verificandone l’attuazione in sede locale. E’ significativo che anche un compito di questo tipo, che è squisitamente di carattere informativo e formativo, sia stato attribuito all’iniziativa e all’impulso dei prefetti, ancorché svolto in ambiti completamente diversi dalle loro tradizionali materie di riferimento.

In attuazione del principio di omogeneità delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di tutti i cittadini sull’intero territorio nazionale, l’art. 11 del d. lgs. n. 300/1999 prevede che l’attività di coordinamento può concretizzarsi nella richiesta alle amministrazioni statali periferiche coinvolte di adottare provvedimenti intesi ad evitare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza, anche al fine di prevenire, ed eventualmente risolvere, contrasti, a garanzia del principio di leale collaborazione con le autonomie territoriali. Al prefetto è attribuito un potere sostitutivo in forza del quale, nel caso in cui la suddetta richiesta venga disattesa, egli può intervenire direttamente. Ciò è in coerenza con il quadro istituzionale scaturito dal nuovo Titolo V della Costituzione, in quanto, come ha espressamente chiarito la Corte Costituzionale nella sentenza n. 303 del 2003, lo Stato è divenuto il garante dell’omogeneità delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale, a garanzia dei quali il Governo può anche sostituirsi a regioni, province, città metropolitane e comuni (art.120 Cost.). Sono, infatti, proprio i prefetti, anche in virtù del notevole patrimonio informativo di cui dispongono in forza della conoscenza della realtà locali, ad apparire come i soggetti che meglio possono farsi carico di promuovere la necessaria integrazione delle conoscenze e delle informazioni utili per una determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, la cui individuazione deve partire, come è logico che sia, dal territorio.

La necessità di un potere sostitutivo in capo ad un organo neutrale, quale il prefetto, in caso di inerzia delle amministrazioni statali competenti ad intraprendere le iniziative richieste per scongiurare il pericolo di gravi pregiudizi ai cittadini, è particolarmente avvertita in alcuni settori, tra i quali quello dell’erogazione dei servizi, dove, con maggiore frequenza, si registrano sofferenze ed impasse dannosi per gli utenti se queste non vengono risolte con la dovuta tempestività. In tale prospettiva pare verosimile immaginare che il prefetto possa

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costituire il garante della omogeneità dei servizi, secondo standard qualitativi uniformi su tutto il territorio nazionale. In realtà, si tratta di un compito non nuovo nell’ordinamento, espressione di quel generale principio, riconosciuto all’autorità di governo, di coordinare e vigilare sull’andamento delle pubbliche amministrazioni. La portata dell’innovazione è invece quella di aver voluto far emergere una funzione vitale per l’ordinamento, valorizzandone i contenuti in funzione del pregiudizio alle collettività e del rispetto della leale collaborazione con le autonomie territoriali. Al fine di non vanificare la rilevante funzione surrogatoria del prefetto ed agevolarne la concreta fattibilità, l’art.7 procedimentalizza la nuova attività sostitutiva, prevedendo, in coerenza con il dettato normativo di cui alla norma primaria, tempi, modalità e responsabilità in ordine agli adempimenti dei soggetti coinvolti. In linea con quelli che sono per tradizione i compiti del prefetto, il regolamento delinea una preventiva attività di mediazione di questi, diretta ad eliminare le disfunzioni da cui può scaturire il grave pregiudizio alla qualità dei servizi ed a raggiungere una intesa con le parti coinvolte per una soluzione praticabile del caso concreto. Mancando l’accordo, il prefetto potrà intervenire in via sostitutiva. Solo qualora non venga raggiunta, in sede di mediazione, una intesa per la soluzione della questione concreta, il prefetto può intervenire in via sostitutiva. In particolare, il regolamento prevede che, contestualmente alla richiesta di assenso del ministro competente, il prefetto informi il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale, in tal modo, viene immediatamente a conoscenza della questione. In conformità al dettato normativo di cui all’art.11 del d. lgs. n. 300/1999, il prefetto, ove ottenuto l’assenso, informa, prima di adottare i provvedimenti necessari, lo stesso Presidente del Consiglio. Nell’ipotesi di silenzio del ministro competente sulla richiesta di assenso formulata dal prefetto, il suddetto art.7 del D.P.R. n. 180/2006 prevede una soluzione diretta a non vanificare il concreto esercizio della potestà sostitutiva. Ai sensi di tale disposizione, nel rispetto delle sfere di competenza delle amministrazioni di settore laddove, nel termine di trenta giorni dalla richiesta, il ministro competente non abbia manifestato il proprio assenso, il Presidente del Consiglio dei Ministri può deferire la questione al Consiglio dei Ministri che, valutata la rilevanza ed il potenziale pregiudizio agli interessi pubblici coinvolti, può autorizzare il prefetto ad intervenire in via sostitutiva. E’ questo il caso di questioni sulle quali sono emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni diverse in merito alla definizione di atti e provvedimenti.

Quanto esposto sinora e specialmente, da ultimo, in ordine al potere sostitutivo del prefetto, non fa, per molti profili, che ribadire le considerazioni innanzi espresse a proposito

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dell’equilibrio tra accentramento e decentramento. Oggi una plausibile camera di compensazione non può che ravvisarsi nella formula della Conferenza Permanente, organismo che sembra in grado di riappropriarsi positivamente dell’anelito di sintesi, sotteso all’originario disegno della riforma ex d.lgs. n. 300/1999.

L’amministrazione generale e, per altri l’amministrazione civile, secondo Sabino Cassese, stanno a significare che il ministero dell’Interno, al centro, e il prefetto, in periferia,

“simboleggiano l’intero governo e l’intera amministrazione”. Questi connotati di

amministrazione generale risultano ben evidenti nella recente riorganizzazione dipartimentale del ministero dell’Interno (D.P.R. n. 398 del 7/9/2001) in cui la quadripartizione corrisponde ai quattro valori: del territorio, della sicurezza, dell’incolumità pubblica e delle libertà civili, che sono i valori fondamentali del patto sociale posto a fondamento della convivenza nello Stato contemporaneo.

Anche la profonda riforma degli apparati pubblici di questi ultimi anni ha avuto la necessità della presenza di soggetti istituzionali indirizzati a compiti di amministrazione generale e, per tale finalità, adesso alla prefettura-Ufficio territoriale del Governo viene, tra l’altro, riconosciuto il compito, anche dopo la recente riforma costituzionale, di cerniera istituzionale dei molteplici centri di potere pubblico locale onde evitare, attraverso il raccordo e il supporto, l’inefficienza del sistema dovuta alla difficoltà di composizione dei conflitti tra enti che a vario titolo operano in ambito locale. Esemplificativa di questa capacità di stimolo, indirizzo, sostegno e coordinamento di una pluralità di amministrazioni centrali e locali e di soggetti diversificati, secondo dinamiche di collaborazione volte a favorire la coesione sociale, è l’azione svolta dai prefetti delle Regioni italiane in relazione all’attuazione del P.O.N. - Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. Si tratta di un programma di interventi, approvato dalla Commissione Europea nell’ambito dell’obiettivo 1 ed affidato alla gestione del ministero dell’Interno, fondato sulla considerazione che la sicurezza rappresenta un fattore di sviluppo e, dunque, di progresso economico e sociale del Mezzogiorno, e che per la sua stessa natura, richiede il coinvolgimento anche di attori tradizionalmente estranei all’area istituzionale della sicurezza, per la programmazione ed attuazione di iniziative che vanno coordinate con la Regione secondo le linee guida degli Accordi di Programma Quadro stipulati con le stesse.

Come è noto, la disposizione costituzionale attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di ordine e sicurezza pubblica, fatta eccezione per la polizia

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amministrativa locale, strumentale all’esercizio delle attività amministrative svolte dagli enti locali per la salvaguardia di interessi pubblici particolari emergenti nel territorio, e tali da giustificare una disciplina differenziata. Pur tuttavia, specie in un ordinamento a connotazione “federalista”, la funzione della pubblica sicurezza si pone come funzione, per così dire diffusa, che richiede l’impegno diretto e coinvolge anche l’assunzione di responsabilità del sistema delle autonomie. Ciò è in linea con una nuova concezione dell’ordine e della sicurezza pubblica, sviluppatasi negli ultimi anni che, superandone la connotazione più squisitamente tecnica, ha affermato una valenza politica della sicurezza, nell’accezione più ampia di vivibilità dei contesti urbani. La sicurezza diventa, perciò, un momento fondamentale per lo sviluppo della società in una stretta correlazione, richiamata nel Trattato di Amsterdam, con i valori di libertà e della giustizia. In una sicurezza che non è solo prevenzione e repressione, ma riguarda la qualità della vita, significa progetti di area per il lavoro e lo sviluppo, risanamento del degrado urbano, riduzione delle aree di emarginazione. Diventano protagonisti delle politiche di sicurezza il cittadino e il territorio e, dunque, gli enti locali rappresentativi degli interessi delle rispettive comunità. In questo settore perciò spetta al prefetto il compito di coinvolgere propositivamente i pubblici poteri e le componenti sociali, coordinandoli e associandoli nei processi decisionali in funzione del migliore soddisfacimento degli interessi dei cittadini.

Al di là della sede del Comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica, che dal luglio 1999 prevede il coinvolgimento delle amministrazioni comunali e provinciali e degli attori istituzionali e sociali, di volta in volta coinvolti nelle problematiche, il cui contributo conoscitivo e propositivo è utile al prefetto per la pianificazione delle strategie di sicurezza globale delle città, la collaborazione tra U.T.G. e autonomie territoriali si rinviene nei numerosi Protocolli di Intesa, patti territoriali stipulati tra sindaci e prefetti o in genere negli strumenti della programmazione negoziata ridefiniti dal comma 203 dell’art.2 della legge n.662/96. In questo modo i prefetti manifestano il proprio nuovo ruolo, ponendosi come soggetto di aggregazione di molteplici attori istituzionali e delle collettività locali, conducendo un’opera di sensibilizzazione nei confronti degli enti territoriali e delle amministrazioni periferiche dello Stato, creando reti di collaborazione e coalizioni su progetti ed interventi.

A questi profili, se ne aggiungono altri di particolare interesse. La gestione delle emergenze con la relativa capacità di riuscire ad organizzare i soccorsi e il pronto intervento; la gestione dei conflitti sociali e di quelli dei pubblici poteri, poiché il prefetto svolge un

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ruolo consolidato, riconosciuto ed accettato, di mediazione e di soluzione dei problemi, riuscendo a far dialogare le parti e a mantenere i collegamenti costruttivi tra il centro e la periferia e tra le stesse autonomie locali; la guida, fin dall’inizio, del processo di modernizzazione delle attività pubbliche e il compito di coordinare tanti uffici creando sinergie, promuovendo accordi, incentivando la produttività e coinvolgendo le parti sociali, l’imprenditoria e le professioni. Si tratta di iniziative che vanno dalla formazione professionale ai temi del volontariato, dal favorire i processi di occupazione al facilitare la realizzazione delle opere pubbliche, dalla integrazione razziale alla sicurezza dei cittadini.

Inoltre, il prefetto in periferia è il punto di incontro e di dialogo della realtà locale e, al contempo, il sensore e anche l’esecutore delle scelte e dell’azione del Governo. E’ un complesso di compiti, svolti spesso con procedure informali e poco visibili.

2.5 L’attività di mediazione quale strumento di composizione dei conflitti

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