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Il Prefetto e le Autonomie local

3.3 I nuovi rapporti tra Centro e Periferia

A marcare punti in favore del decentramento, almeno negli ultimi cinque lustri e non solo in Italia, stanno gli esiti, per quanto imperfetti, di riforma in senso federale dello Stato e il continuo richiamare la necessità di ampliamento degli ambiti di sussidiarietà. Accenti autentici di tale nuovo approccio, quasi un segnale di post-modernità, si rinvengono poi, ancor più di recente, nei confronti di forme nuovissime di periferia, quali quelle impostesi alla ribalta nei grandi centri urbani. Le città di oggi e del domani si delineano come il luogo per antonomasia della residenza umana. Si tratterà, quindi, di entità da amministrare sempre meno in termini di identità strutturate e sempre più in modo da gestire differenze ed analogie. In questi nuovi contesti, ci si dovrà impegnare a confrontarsi con l’insorgere di nuovi soggetti sociali tra loro antagonisti, destinati a prendere il posto delle storiche classi sociali, dando luogo, probabilmente, a conflitti, impliciti ed espliciti, che disegneranno quasi certamente un diverso modo di fare amministrazione. Volendo, insomma, dar corpo a una lettura che tenga a interpretare la tendenza significativa sottesa a questa nuova frontiera del decentramento, essa potrebbe dare luogo alla definizione di una “periferizzazione armonica”. In altri termini, ove si intenda prefigurare un futuro di modernizzazione, sociale ed amministrativa, esso non potrà prescindere dal modello centro-periferia, attribuendosi al centro il compito di impostazione il quadro delle politiche più direttamente afferenti ai nodi vitali dei diritti di cittadinanza (giustizia, sicurezza, lavoro, educazione, salute, previdenza) e alla periferia l’implementazione adeguata alle singole realtà autonomistiche.

E proprio in tale contesto sembrano viepiù aver senso delle amministrazioni periferiche, quali strutture snelle dello Stato impiantate sul territorio, in grado sia di salvaguardare la coerenza del sistema politico-amministrativo, sia di porsi quale fermento catalizzatore, cioè

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punto di riferimento e di impulso, per la collaborazione e l’ausilio, in termini di sussidiarietà, a vantaggio di politiche delle autonomie tanto efficaci quanto coordinate.

Della funzione delle amministrazioni periferiche va valorizzato anche il senso del lavoro di sintesi di quanto di Europa, di Stato nazionale e di globalizzazione possa giovare alle rispettive comunità, a discapito dei processi di emarginazione dallo sviluppo e di esclusione, per i singoli e per le collettività, dalle opportunità di cittadinanza allargata. Per far sì, in altre parole, che non sopravvengono ben diversi ed assai pericolosi processi di periferizzazione.

Secondo il nuovo assetto ordinamentale il centro degli interessi diventa la periferia, nei confronti della quale lo Stato mantiene la massima attenzione, innanzitutto per le esigenze di disporre di un flusso continuo di notizie e informazioni sui fenomeni locali che dal territorio si riversano agli organi centrali, assolutamente indispensabili per le scelte di Governo e per l’espletamento delle funzioni di raccordo fra le istituzioni, di impulso e di intervento, anche a carattere preventivo, per assicurare la libera convivenza e l’esercizio delle libertà civili, cioè la sicurezza e la pace sociale. Questo ruolo non può che essere svolto dal ministero dell’Interno, quale amministrazione a competenze generale, e dal prefetto definito dalla legge n.131/2003, art.10, “Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema della autonomie”. Si tratta di una funzione di primaria importanza al fine di assicurare la coesione istituzionale e sociale necessaria alla sussistenza delle condizioni di convivenza civile che si sostanziano nello sviluppo economico, nell’erogazione di adeguati servizi ai cittadini, nella operatività di una pubblica amministrazione moderna ed efficace.

Il rafforzamento delle autonomie ed il recupero del diritto originario delle municipalità esigono l’affermazione dei principi di uguaglianza e di libertà di tutti i cittadini. Occorreva pertanto un riposizionamento dello Stato sul territorio, dove insistono gli interessi dei cittadini, i quali richiedono una partecipazione più attiva e reclamano la soluzione delle loro problematiche. L’antico centro si è dovuto riadattare e riconvertire per essere sempre più vicino alla periferia. Da qui è partito il grande progetto degli Uffici Territoriali del Governo che vede lo Stato rappresentarsi in maniera unitaria sul territorio come unico soggetto interlocutore del mondo delle autonomie territoriali che, potenziate, costituiscono il modo migliore per aderire compiutamente alla moderna concezione di sussidiarietà e di prossimità. Il territorio provinciale, che costituisce da sempre l’ambito di competenza del prefetto, si conferma oggetto di conoscenza, analisi, valutazione dei fenomeni che coinvolgono gli enti istituzionali e la società civile in tutte le sue componenti. Il territorio, luogo di relazione e di confronto, da cui

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partire per impostare l’azione amministrativa del prefetto.

Questo radicamento del prefetto nel territorio costituisce da sempre uno dei punti di forza dell’istituto prefettizio e l’enorme patrimonio di conoscenze a sua disposizione è finalizzato all’esercizio delle funzioni di rappresentanza generale del Governo nel territorio medesimo e ad operare scelte politiche consapevoli tali da consentirgli la percezione degli effetti che l’azione di governo provoca nella realtà locale. Una completa e reale conoscenza del territorio viene realizzata attraverso alcuni “sensori” qualificati quali forze di polizia, ma è acquisita anche attraverso un flusso di informazioni di provenienza varia, spesso supportate da elementi statistici che vengono assunti dagli uffici della prefettura. Il prefetto, anche attraverso l’attività dei suoi uffici, deve pertanto continuare a svolgere quella missione di “osservatore privilegiato” della realtà provinciale in grado di percepire gli aspetti di criticità, sovente anche prima che si manifestino compiutamente e, comunque, “leggere” i fenomeni, in tutti i loro aspetti, che possono turbare la convivenza civile della comunità, incidere negativamente sull’assetto economico – occupazionale della provincia o arrecare turbativa all’ordine e alla sicurezza pubblica.

Conoscenza del territorio significa anche e soprattutto conoscenza delle criticità del sistema politico-amministrativo locale, del funzionamento della pubblica amministrazione, del complesso delle attività economiche presenti nella provincia, tutti elementi che, visti nel loro insieme ed adeguatamente corroborati da dati statistici, consentono al prefetto una immediata ed approfondita lettura di fatti, eventi o semplicemente episodi che possono avere risvolti sulla serena convivenza della comunità. A riprova della particolare importanza attribuita a questo flusso di notizie acquisite dai prefetti, che dalle periferie affluiscono verso il centro, è la istituzione, sin dal 1982 presso il ministero dell’Interno, di una Direzione Centrale per la Documentazione con il compito di promuovere, raccogliere ed elaborare informazioni per la sistematica ed aggiornata rappresentazione della realtà civile e socio-economica del Paese.

Tenendo conto delle citate considerazioni sulla particolare valenza del territorio, non si può non considerare la funzione prefettizia quale massima espressione di uno Stato in sede locale che, pur avendo conferito significative competenze alle autonomie territoriali, si è riservato le funzioni più delicate, tra le quali la garanzia dell’unità del sistema, supportata da una equilibrata azione di raccordo, indirizzo, collaborazione, supporto o intervento sostitutivo se è necessario. Pertanto, appare più che mai opportuna la scelta politica di continuare a mantenere sul territorio una rappresentanza organica dello Stato che funga da raccordo

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istituzionale tra centro e periferia e che, anche nell’esercizio di funzioni non scritte ma tradizionalmente assicurate dai prefetti, faccia sì che venga regolarmente garantita la pace sociale e l’esercizio delle libertà civili dei cittadini. A tal riguardo va evidenziato come primaria è la responsabilità del prefetto nella tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica intesa nel senso più ampio di ordine generale della società, di ordine sociale e di sicurezza partecipata coinvolgente istituzioni e organismi rappresentativi della società civile. Emerge in tale ottica prevalentemente il ruolo del prefetto non di tipo repressivo, ma quale Autorità pienamente inserita al centro del circuito istituzionale e sociale e che opera per rimuovere i fattori che condizionano negativamente l’ordine generale nel senso sopra definito.

Si tratta di funzioni ampie e non sempre inquadrabili in un contesto normativo definito, tradizionalmente assicurate dai prefetti, che mantengono e rafforzano il loro ruolo nell’attuale ordinamento. In concreto, al prefetto è demandato lo svolgimento di delicati compiti di cooperazione e impulso politico e amministrativo per l’indirizzo e il coordinamento delle politiche governative. Il suo ruolo può essere definito come una sorta di camera di compensazione nella quale, attraverso le opportune attività di prevenzione, di mediazione e di composizione, vengono gestiti e possibilmente risolti i conflitti istituzionali e sociali in modo tale da assicurare il rispetto degli equilibri istituzionali fra i vari enti e la pacifica convivenza nell’ambito del territorio provinciale. Questa attività a tutto campo viene svolta da prefetti, come peraltro testimonia l’esperienza di questi anni, proprio in relazione alle esigenze specifiche del territorio di riferimento.

Laddove sussistono condizioni equilibrate nei rapporti tra autonomie locali e organi dello Stato e tra le istituzioni nel loro complesso e vengono erogati servizi efficienti, gli interventi del prefetto si limitano ad un’attività sporadica di collegamento, di impulso o di richiamo all’esercizio corretto delle rispettive competenze.

Diversamente accade in quelle realtà locali contrassegnate da profonda instabilità degli organi degli enti locali, da difficoltà nei rapporti fra i vari uffici, dalla lentezza dell’azione amministrativa, da situazioni di criticità sul versante economico con negativi risvolti sul piano della coesione sociale se non addirittura sul versante dell’ordine e della sicurezza pubblica. In questi casi, il prefetto deve spesso occupare spazi lasciati liberi dalla inattività degli enti presenti nel territorio, al fine di soddisfare le legittime aspettative dei cittadini e operare con strumenti più incisivi ricorrendo a interventi di raccordo sistematici e mettendo gli enti, sovente inadempienti o solo restii ad assumere le necessarie iniziative, di fronte alla pressante ed

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inderogabile esigenza di rispondere positivamente alle istanze della comunità locale.

Queste due modalità di intervento prefettizio, che ovviamente vanno modulate in relazione alle specifiche esigenze del territorio, corrispondono, in linea di massima, nel primo caso alla situazione che si verifica nel nord della penisola, dove notoriamente gli enti locali hanno raggiunto una maggiore efficienza organizzativa e rivendicano in pieno l’esercizio delle competenze loro attribuite dalle norme, e, nel secondo caso, a quella che si registra nelle regioni meridionali, dove è ancora insufficiente il livello di modernizzazione delle autonomie locali e dove il prefetto si trova ad operare negli ambiti più disparati, per fronteggiare le conseguenze derivanti dalla mancata soluzione di importanti problematiche che investono la comunità.

3.4 Il pluralismo territoriale, la funzione di coordinamento e di leale

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