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L’Ufficio Territoriale di Governo e la riforma della carriera prefettizia

La ridefinizione della funzione prefettizia

2.1 L’Ufficio Territoriale di Governo e la riforma della carriera prefettizia

Il ministero dell’Interno, investito di rilevanti responsabilità soprattutto in sede periferica, ha rivisto profondamente la propria organizzazione decentrata, al fine di realizzare la rapida implementazione di un modello che rendesse più funzionale la propria organizzazione sul territorio e maggiormente efficace ed unitaria l’intera attività amministrativa periferica. Il cambiamento apportato è stato radicale, anche perché è stato il primo che ha interessato direttamente l’assetto organizzativo. I prefetti nella loro storia si sono sempre adoperati per far fronte alle più diversificate esigenze sociali e, spesso, hanno operato interventi atipici ed informali, soccorrendo altri uffici in difficoltà, potendo di solito contare su risorse umane e strumentali inadeguate. Il fatto che, dovendo assolvere ad una funzione di rappresentanza generale, siano intervenuti laddove necessario ha educato il personale delle prefetture a saper fronteggiare le frequenti ed improvvise situazioni di emergenza, operando interventi anche atipici, che comunque dovevano risultare adeguati. Questa attitudine all’emergenzialità non ha però favorito, anche a causa di una diffusa e perdurante situazione di carenza di risorse, la diffusione di un modello organizzativo omogeneo ed in grado di assicurare nell’ordinario delle prestazioni adeguate.

L’assenza di una adeguata rimodulazione del complessivo assetto delle prefetture ha reso necessario in sede di riforma rivedere completamente l’organizzazione, soprattutto periferica, degli uffici, inadeguati a fronteggiare le nuove e più significative competenze affidate ai prefetti. Si è dovuto in primo luogo operare un deciso cambio di mentalità ed affermare una nuova cultura, improntata su una diversa logica di servizio e di funzionalità orientata ai principi dell’efficacia, efficienza e economicità, nonché rivisitare completamente i processi. Quel che si richiede oggi alla pubblica amministrazione è la capacità di leggere le innumerevoli variabili della realtà contemporanea, di ascoltare ed interpretare i segnali di un ambiente in rapida e continua evoluzione, caratterizzato da esigenze molteplici e differenziate e dall’uso diffuso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, di ricercare e di elaborare in tempo reale ed in modo interattivo risposte articolate e

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multisettoriali, di progettare ed erogare servizi effettivamente rispondenti alle esigenze dei cittadini, e quindi, orientati alla soddisfazione dei bisogni reali, di attivare e mobilitare, attraverso reti interfunzionali e interistituzionali, segmenti qualificati del settore pubblico e privato, alla ricerca di soluzioni condivise a complesse problematiche sociali e del territorio, realizzando la convergenze di conoscenze e risorse in strategie dirette alla realizzazione di obiettivi comuni.

La trasformazione delle prefetture in Uffici Territoriali del Governo, con compiti amministrativi e di raccordo estesi all’intera funzione pubblica statale da attuarsi, secondo il modello francese di unicità dell’imputazione organica della rappresentanza nazionale, sembra significare tanto l’intendimento di superare la variante tipicamente italiana di “prefetto debole” realizzatasi in epoca liberale, quanto quella di istituto “a competenza residuale” consolidatasi nella prassi repubblicana. In teoria, la denominazione “Ufficio Territoriale del Governo” punta a rivitalizzare la formula originaria napoleonica riassumibile nel binomio “controllo e amministrazione del territorio”. In termini di novità sopravvengono i contributi offerti dal recente concetto di “prossimità” per il quale l’U.T.G. assicura una comoda soluzione operativa al fine di garantire al cittadino una migliore offerta di servizio pubblico. La stessa definizione di Ufficio Territoriale di Governo sembra significativa, in quanto esprime i due poteri legittimanti la funzione: il Governo ed il territorio, dove territorio comprende due interlocutori, i cittadini e le istituzioni, soprattutto, alla luce nell’ordinamento italiano del nuovo concetto, cresciuto e maturato negli ultimissimi anni, di negozialità con la Pubblica Amministrazione. Ad esempio, le conferenze di servizi o gli strumenti di programmazione negoziata rappresentano due modelli in cui il prefetto gioca un ruolo, a testimonianza del fatto che cittadino e impresa hanno nuovi strumenti per negoziare con la Pubblica Amministrazione laddove prima c’erano soltanto atti autoritativi. Ecco come si incrociano ruolo e sussidiarietà, governo e territorio, in una referenza per i cittadini e le imprese, e in un coordinamento delle Istituzioni.

Il d. lgs. n. 300/1999 ed il relativo regolamento di attuazione, introdotto dal D.P.R. n. 287/2001, rappresentano un passaggio fondamentale della riforma del sistema amministrativo. L’impianto normativo in questione, ispirato nel suo complesso ai principi di sussidiarietà e cooperazione, sancisce, infatti, la saldatura del riordinamento dei ministeri con il processo di devoluzione di funzioni dallo Stato agli enti territoriali, configurando l’amministrazione periferica statale non tanto quale destinataria, a livello locale, delle direttive delle amministrazioni centrali, quanto come sede di raccordo e di interazione con il

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sistema delle autonomie. Riemerge, in tal modo, prepotente la necessità di individuare un organo periferico dello Stato, che, in virtù della conoscenza approfondita dei fenomeni che si manifestano sul territorio, sia in grado di svolgere una funzione propulsiva e, al tempo stesso, regolativa degli interessi in gioco, promuovendo un’integrazione funzionale e programmatica dell’azione degli attori istituzionali e sociali in ambito locale, passando così da un’amministrazione centrale non più a gestione diretta, ma ad una gestione condivisa, fortemente orientata al bilanciamento delle molteplici entità locali, collegate al complessivo disegno organico dell’Unione Europea. Già in epoca post-unitaria la raccolta di notizie e dati secondo gli intellettuali del tempo appariva utile nel dare impulso ai governanti affinché venissero a conoscenza delle effettive condizioni e necessità del Paese “reale” e ciò si manifestava tramite la lettura delle varie corrispondenze, come quelle del Villari sull’“Opinione” o del Fortunato sulla “Rassegna Settimanale”.

Già il D.P.R. n. 287/2001 registra alcuni elementi importanti nel rafforzamento del ruolo del prefetto. In particolare, emerge il potenziamento delle Conferenze Permanenti, che affiancano il titolare dell’U.T.G. a livello provinciale e regionale, anche in ragione di maggiori condizioni di funzionalità e di buon grado di bilanciamento, e il riconoscimento di ampie funzioni di studio, di ricerca, di analisi delle realtà socio-territoriali locali.

L’articolo 11 del d. lgs. n, 300/1999, attuativo del capo II della legge delega n. 59/1997, affronta il problema dell’amministrazione periferica dello Stato, operando alcune scelte di rilievo, come il superamento delle attuali prefetture e la loro trasformazione da apparati di settore a sedi generali dell’amministrazione periferica dello Stato. Tale innovazione va ben oltre la ridenominazione, di uffici territoriali del governo, ed anche oltre il limitato riflesso organizzativo, perché stabilisce il principio della generalità orizzontale delle competenze riconosciute alle “nuove” prefetture. Il predetto art.11 è stato riformulato eliminando la previsione della confluenza di uffici periferici statali nell’ufficio territoriale del governo, ma attribuendo al nuovo modello di prefettura-U.T.G. una funzione di coordinamento dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato, anche ai fini della garanzia della leale collaborazione degli stessi enti locali.

Invero dalle novità introdotte dalla riforma dell’amministrazione dello Stato sul territorio delineata dal d.lgs. n. 300/1999 e poi dalla riforma del Titolo V della Costituzione emergeva la necessità di un forte ruolo di raccordo, interazione e collaborazione con il sistema delle autonomie territoriali, finalizzato ad assicurare agli enti locali strumenti di

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effettiva garanzia delle rispettive sfere di attribuzione, non soltanto nei confronti dello Stato, ma, soprattutto, nei confronti degli stessi enti autonomi di pari o di diverso livello territoriale nei loro reciproci rapporti. In buona sostanza, l’attuazione del principio di sussidiarietà, con la conseguente attribuzione di funzioni amministrative e potestà decisionali agli enti locali, ha fatto sentire ancor più necessaria un’attività di raccordo e di coordinamento da parte del prefetto, quale titolare dell’ufficio territoriale del governo, in un’ottica di compresenza integrata tra Stato ed autonomie.

Il legislatore interviene, poi, con la legge delega n. 266/1999 anche sull’ordinamento della carriera prefettizia, cui segue il decreto legislativo di attuazione n. 139/2000, che riafferma e razionalizza i caratteri peculiari del corpo prefettizio, sottolineandone la specificità ed una unitarietà che consente la semplificazione delle qualifiche, soltanto tre, diversificate dal grado di responsabilità connesso alle funzioni attribuite, evidenziando una identità distintiva del gruppo prefettizio rispetto alle altre componenti del ministero dell’Interno. Una novità rilevante, e non casuale, è quella introdotta dal decreto legislativo ora citato che richiede, per l’accesso alla carriera, il possesso di laurea specialistica, oltre che ad indirizzo giuridico, anche ad indirizzo economico e storico-sociologico. Tale estensione riflette l’evoluzione della funzione prefettizia che, in rapporto alla necessità di gestire realtà sempre più complesse, richiede un corpo di funzionari dotato di una estesa qualificazione culturale e professionale, aperta anche alle discipline socio-economiche, oltre che formata sulle tradizionali materie giuridico-amministrative.

In particolare, il citato articolo 11, oltre a confermare il ruolo dei prefetti quali rappresentanti generali del Governo sul territorio, persegue l’obiettivo di una razionalizzazione delle competenze statali svolte in ambito locale, prevedendo l’attribuzione alle prefetture, rinominate U.T.G., di tutte le funzioni dell’amministrazione periferica dello Stato non espressamente conferite ad altri uffici, salvaguardando, naturalmente, tutte le competenze già esercitate dalle prefetture stesse. Tale previsione sembra recuperare nel nuovo assetto ordinamentale il contenuto dell’art. 19, comma 1, del T.U.L.C.P. del ’34, che, per decenni, ha rappresentato l’asse portante della legittimazione della figura prefettizia. In aggiunta al prefetto, figura di livello dirigenziale, cui spettano i compiti e le responsabilità previste dall’art.16 del d. lgs. n. 29/93, vengono attribuite le ulteriori funzioni intese ad assicurare un coordinamento di carattere funzionale con i dirigenti delle strutture statali periferiche, da esercitarsi sulla

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scorta “delle direttive generali, che, per l’azione amministrativa, sono fornite dai singoli Ministri, al fine dell’attuazione dei programmi e degli obiettivi fissati a livello centrale”. La scelta in questione, che si rivela significativa anche sotto il profilo del rilievo riconosciuto alla dimensione territoriale di operatività degli interessi accuditi, al di là del loro carattere statuale, esalta la funzione interministeriale delle prefetture. Infatti, l’U.T.G. viene designato non tanto come la mera somma degli uffici in esso contenuti, ma, piuttosto, come un nuovo modello di presenza dello Stato sul territorio e come punto di raccordo con il sistema delle autonomie locali, con l’effetto di una valorizzazione del ruolo del prefetto medesimo.

La disciplina, come è noto, esclude dalla confluenza gli organi periferici degli Affari Esteri, della Giustizia, della Difesa, del Tesoro, delle Finanze, della Pubblica Istruzione e dei Beni e delle Attività Culturali, nonché gli uffici i cui compiti sono attribuiti ad Agenzie. Per questi il raccordo con gli U.T.G. viene, invece, garantito attraverso la partecipazione alle Conferenze Permanenti. D’altronde, l’esigenza di recuperare un indirizzo amministrativo unitario in sede locale e di armonizzare l’operatività amministrativa per renderla coerente con i bisogni della collettività, aveva già ispirato il modello del coordinamento delle Pubbliche Amministrazioni in sede locale, generalizzato con l’istituzionalizzazione dei Comitati provinciali per la pubblica amministrazione, di cui alla legge n. 203/91. I predetti organi assolvevano funzioni di coordinamento delle attività statali a livello provinciale, nonché d’informazione e di consulenza del prefetto per l’esercizio delle attribuzioni ad esso affidate dalla legge. A prescindere dalle diverse e proficue iniziative realizzate e dai progetti avviati in seno ai su indicati Comitati, l’esperienza, non disgiunta da diversi profili di criticità, si è caratterizzata per il tentativo di favorire, nell’ottica della centralità del territorio, un coinvolgimento trasversale della Pubblica Amministrazione.

Il prefetto si avvale dell’UTG per: -attuare le determinazioni del Governo e fornire a quest’ultimo gli elementi di valutazione necessari, nell’esercizio delle funzioni relative di impulso, indirizzo e coordinamento; - effettuare studi, rilevazioni e verifiche, su impulso degli organi di Governo e dei ministri di settore, sentito il ministero dell’interno, ai fini della razionale distribuzione di competenze tra gli Uffici periferici dello Stato. In tal senso, il prefetto formula proposte dirette all’eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali, sia all’interno di ciascuna struttura periferica, sia tra strutture diverse e tra organi amministrativi ed organi tecnici. Inoltre, tramite l’U.T.G., il prefetto

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promuove, anche in base alle indicazioni ed ai criteri forniti dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dai ministri da lui delegati, la semplificazione delle procedure, la riduzione dei tempi dei procedimenti ed il contenimento dei relativi costi.

Con l’U.T.G. si è cercato, invece, di superare il modello c.d. coordinamentale, spingendolo al limite di una integrazione funzionale dell’attività degli uffici periferici dello Stato. Sulla scorta di tali premesse è risultata scontata la costruzione dell’U.T.G. come naturale evoluzione delle prefetture, da sempre impegnate, oltre che in specifici settori, in compiti di amministrazione generale e rappresentanza del Governo sul territorio, funzioni richiamate espressamente sia dal predetto art. 11 del d. lgs. n. 300/99, che dal d. lgs. n. 139/2000 di riordino della carriera prefettizia. Nella tabella A di tale ultimo provvedimento vengono, infatti, accorpate in sette macro-aree le funzioni ed i compiti esercitati dal personale della carriera prefettizia che si concretizzano, essenzialmente: - nelle funzioni di autorità provinciale di pubblica sicurezza, settore in cui si è fortemente sviluppato, negli ultimi anni, il coinvolgimento degli enti locali e delle componenti sociali, anche con l’obiettivo di favorire l’integrazione e la coesione sociale; - nell’area legalità e mediazione dei conflitti, con compiti di tutela dei diritti civili, di cittadinanza ed in materia di immigrazione e di asilo; - nell’area degli enti locali, in cui dovranno essere accorpate le competenze che risultano frammentate in settori diversi, dallo scioglimento a compiti di consulenze giuridico-amministrative, comprendendo anche l’ufficio elettorale; - nell’area dell’amministrazione generale nella quale dovrà collocarsi lo svolgimento della funzione di governo e il coordinamento degli uffici statali periferici; - nell’area finanziario-contabile e dei servizi di supporto. A ciò si aggiunga l’area dell’informazione e della comunicazione interna ed esterna diretta, quest’ultima, al cittadino-utente allo scopo di agevolarne l’accesso ai servizi, comprendendo anche l’Ufficio Relazioni con il Pubblico, quello di Statistica e l’Ufficio Stampa, nonché l’eventuale struttura deputata all’attuazione di quanto previsto dalla legge n. 150/2000.

L’U.T.G. si presenta, oggi, come la sede ideale dove fare rinascere l’informazione sul territorio, “allargata” a tutta la Pubblica Amministrazione, consentendo di riaprire una “rete di governo”. La capacità di innovare ed aumentare la qualità e di ridurre costi e tempi di risposta, nell’ottica di un netto incremento di efficacia e recupero di efficienza, dipende non più solo dagli investimenti materiali, finanziari e tecnologici, ma anche da quelli immateriali: nelle persone, nella loro formazione, nel sistema di relazioni e nella cultura organizzativa. La grande sfida è quella di valorizzare e sviluppare al massimo le

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risorse umane dell’amministrazione, realizzarne appieno le potenzialità, accrescerne l’impegno, la professionalità, la creatività e la partecipazione e, soprattutto, suscitare tra di esse una cooperazione efficace.

Viene, poi, riconfermata la vocazione c.d. generalista del prefetto, al cui interno va ad iscriversi l’attività di rappresentanza dello Stato sul territorio e la funzione di coordinamento, raccordo e sintesi delle diverse realtà locali, istituzionali e non. M entre l’area dei rapporti con le autonomie si connota, oltre che per le attività a garanzia della regolare costituzione degli organi elettivi e del loro funzionamento, per l’azione di collaborazione e raccordo con gli stessi. E’, infatti, indubitabile che, pur nell’alveo del nuovo assetto costituzionale, restino affidati al prefetto compiti di controllo nei confronti del sindaco quando questi agisce quale Ufficiale di Governo, e di verifica della legittimità complessiva dell’apparato locale, con il correlato potere, nei casi previsti dalla legge, di intervenire con provvedimenti dissolutori degli organi. Di grande rilievo, inoltre, i compiti connessi alla funzione di garanzia della legalità amministrativa o finalizzati alla mediazione dei conflitti sociali e alla salvaguardia dei servizi essenziali, nonché le attribuzioni in materia di sanzioni amministrative. Permane in capo al prefetto la riconosciuta funzione di garante imparziale e neutrale nei confronti del cittadino e di collaboratore del Governo di qualunque connotazione politica in quanto il rappresentante istituzionale è scevro da condizionamenti di natura politica.

La scelta dell’U.T.G. come polo di riferimento per l’intero sistema istituzionale locale, sia sotto il profilo del coordinamento delle amministrazioni statali sul territorio che sotto quello della collaborazione con le Regioni e gli enti locali, viene ad essere ulteriormente rafforzata dal D.P.R. n. 287/2001. Con il predetto regolamento, infatti, oltre al riconoscimento della c.d. competenza residuale dell’U.T.G., si provvede ad identificare l’ufficio in questione come sede privilegiata per l’attuazione delle misure di coordinamento tra Stato ed enti territoriali definiti dalla Conferenza Stato – Città ed autonomie locali. Azzardando, potremmo dire che la volontà del legislatore sembra quella di fare delle prefetture il polo di riferimento tra l’amministrazione centrale e il territorio, anche prescindendo dall’accorpamento strutturale degli uffici periferici confluenti. In tal senso, militano la previsione dell’avvalimento dell’U.T.G. da parte di altre amministrazioni e, dato ancor più significativo, la partecipazione dei responsabili delle strutture periferiche, “escluse” dalla confluenza, alle Conferenze permanenti.

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Il compito di rappresentanza generale del Governo, da sempre assegnato ai prefetti, trova nel nuovo ordinamento dell’U.T.G. espressione e contenuto nell’attribuzione di funzioni di coordinamento esercitate da un organo statale periferico a vocazione generalista sia in senso orizzontale che verticale. La prefettura diventa spesso un luogo di consulenza, uno snodo di trasmissione di comunicazioni verso il centro, una stanza di compensazione dei conflitti, una sede di mediazione delle tensioni fra enti o fra maggioranza e minoranza consiliare.

Un aspetto connesso dall’evoluzione dell’amministrazione periferica concerne l’innesto della dimensione del cosiddetto “orientamento al risultato” nel funzionamento della macchina amministrativa, ovvero di modalità di azioni calibrate in termini di soddisfazione della domanda dei cittadini e di conseguimento di obiettivi predefiniti, più che di mera esecuzione, dei disposti normativi, con la conseguenza del venire meno di quella referenzialità dell’amministrazione periferica laddove il prefetto può considerarsi unificatore di tutte le attività secondo un disegno coerente in vista di comuni risultati.

Nel garantire l’attuazione delle leggi nazionali, il prefetto, di conseguenza, dovrà garantire il rispetto delle normative comunitarie, venendo a delinearsi quella nuova connotazione “servente” del titolare dell’U.T.G., in una prospettiva più ampia e di adeguata portata, tenuto conto sia delle necessità dell’odierna complessità istituzionale, soggetta al pluralistico apparato normativo assolutamente flessibile ed elastico, sia della desueta natura funzionale, non più confacente alla superata rigidità della macchina burocratica del Paese. Tutto questo va letto nel senso che il prefetto dovrà attuare quell’azione di stimolo e di raccordo senza intervenire o limitare e pregiudicare il dinamismo delle autonomie locali e dei requisiti rimessi alle libertà pubbliche della cittadinanza. E’ proprio nella sfera delle autonomie locali, nella estensione progressiva delle libertà istituzionali e nella dimensione periferica della geometria dei poteri che si

coltiva e custodisce il più profondo senso dello Stato, in quella unione fondamentale dei cittadini e delle istituzioni che individua nell’efficienza e salvaguardia delle

amministrazioni un saldo punto di riferimento, di equilibrio e di certezza. In tale contesto il prefetto è chiamato ai suoi nuovi doveri, eredità di caratteristiche, doti professionali ed umane indispensabili nella missione pubblica che, non da ora, caratterizza una figura legata alla tradizione civile del nostro Paese.

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2.2 La funzione di rappresentanza generale

La nuova figura del prefetto, così come disegnata dall’art. 2 del D.P.R. n. 287/2001, può considerarsi il protagonista attivo dei processi di modernizzazione dello Stato e della Pubblica Amministrazione in generale. La norma, inoltre come si è avuto modo di evidenziare, sottolinea il ruolo del prefetto nella sua qualità di rappresentante del Governo nel territorio. L’approccio privilegia gli ambiti della cooperazione e collaborazione con i diversi soggetti istituzionali secondo tracciati generali stabiliti dalle direttive politiche di tipo tecnico ed amministrativo. Altrove, in altri sistemi istituzionali occidentali il carattere del prefetto inteso come manager pubblico si contraddistingue per la sua autonomia gestionale comprendendo l’affidamento di un budget per finanziare contratti di consulenza offerti da aziende private da utilizzare per sé o per altri uffici sottoposti alla sua tutela. E’ anche prevista la possibilità di procedere ad assunzioni temporanee di personale per il raggiungimento di missioni specifiche e all’applicazione da un settore all’altro di personale in esubero della Pubblica Amministrazione. A ciò si aggiunge l’opportunità di sottoscrive

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