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La ridefinizione della funzione prefettizia

2.6 Da invisibili a integrat

Le pubbliche amministrazioni producono utilità se comprendono che esse devono riposizionarsi nei luoghi dove vivono i cittadini, dove si pongono domande e questioni e si esigono risposte e dove, al contempo, gli stessi cittadini chiedono una partecipazione più attiva ai processi evolutivi della comunità alla quale appartengono. Accanto ad una nuova coscienza democratica, emergono nuove effervescenze portatori di culture ed istanze diverse che conducono la Pubblica Amministrazione a ridefinire gli elementi fondanti del suo essere amministrazione sul territorio e al centro. Ciò che si chiede oggi all’amministrazione è far fronte alle variabili della società complessa in profonda evoluzione, è rispondere in tempo reale a bisogni molteplici, essere attenta ai fatti e all’erogazione dei servizi più che al formalismo giuridico. Servono risorse umane qualificate cui si richiede competenza, iniziativa, capacità di cooperare soprattutto, in relazione al fenomeno dell’immigrazione.

L’immigrazione non è un problema né una parola evocativa di paure, ma una acquisizione metabolizzata nella gran parte del corpo sociale. L’immigrazione è una risorsa necessaria all’agricoltura del sud, alla metalmeccanica del nord del Paese, nel campo dell’edilizia e del sostegno alle famiglie, è un’opportunità per i migranti e per la Nazione che li ospita. Va sgomberato il campo dall’equazione “immigrazione uguale criminalità”, anche se va preso atto che una parte numericamente consistente di reati è connessa alla presenza degli immigrati.

Si può contrastare l’immigrazione clandestina attraverso meccanismi semplificati che favoriscano l’incontro regolare tra domanda e offerta di lavoro straniero introducendo elementi di flessibilità nei meccanismi di programmazione dei flussi di ingresso, stabilendo un collegamento più efficace tra domanda di lavoro ed esigenze delle famiglie e delle imprese.

Il sistema dell’accoglienza dovrebbe muoversi in direzione di una riqualificazione profonda che abbatta le barriere, fin qui erette, per realizzare una nuova trasparenza, ma soprattutto per rilanciare un rapporto di collaborazione con le associazioni, con gli enti territoriali e con le istituzioni presenti sul territorio. Verso queste persone abbiamo il dovere di valorizzare

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la partecipazione attiva alla nostra società, assicurando loro condizioni di vita dignitose ed adeguate e non sottraendosi a quella pacifica e feconda interazione con diverse culture, sistemi giuridici, tradizioni e religioni di cui essi sono portatori. Ciò impone il superamento di modelli pedagogici e l’adozione di nuove strategie educative. Occorre partire dai modelli di acculturazione proposti da Berry costruiti su due interrogativi apparentemente opposti. In particolare, occorre far leva sull’integrazione interattiva o interculturalismo, importante per la conservazione della propria identità culturale e, al tempo stesso, l’interazione con culture diverse, rifiutando l’assimilazione o perdita dell’identità, che è sbilanciata solo sull’importanza di stabilire relazioni con altri popoli. Bisogna anche confutare il versante opposto dove si colloca la segregazione o auto ghettizzazione, che pone l’accento sulla chiusura nell’ambito della cultura di appartenenza, e la marginalizzazione o confusione identitaria, che rifiuta le posizioni dominanti diluendosi verso un ibrido ai confini culturali. Occorre puntare su un’interazione che si avvalga del dialogo come strumento principale, in un quadro di pluralismo fondato sul rispetto reciproco. Una nuova visione del fenomeno migratorio, più attenta ai temi della solidarietà, dove il punto di equilibrio sia rappresentato anche da nuove forme di cooperazione con i Paesi di provenienza, da investimenti nelle aree più povere puntando sulla formazione all’estero e sulle opportunità di rimpatrio assistito. Ciò è finalizzato a consolidare un rapporto positivo tra speranza di lavoro delle popolazioni migranti ed effettive crescenti esigenze della nostra economia. Sportelli Unici per l’Immigrazione sono stati istituiti presso le prefetture Uffici Territoriali del Governo di Aosta, Asti, Belluno, Benevento, Biella, Brescia, Cagliari, Campobasso, Crotone, Enna, Frosinone, Grosseto, Isernia, L’Aquila, La Spezia, Mantova, Massa Carrara, Nuoro, Oristano, Pistoia, Potenza, Rieti, Rimini, Rovigo, Siena, Siracusa, Sondrio, Trapani, Varese, Vibo Valentia e Viterbo.

I temi sui quali si gioca la partita dell’inclusione sociale sono vastissimi, dall’assistenza sanitaria alla libertà religiosa, dall’istruzione alla casa. L’immigrazione non può essere considerata un mero fatto economico, bensì un fenomeno complesso che pone molteplici problematiche di carattere politico, sociale e culturale. Lo studio della Fondazione Magna Carta offre diversi spunti di riflessione. Tra questi una speciale attenzione va dedicata al ruolo che lo Stato, ed in particolare la prefettura, svolgono nel governo del fenomeno migratorio. Emerge che l’immigrazione rappresenta un fattore complessivo di crescita per l’economia che deve però coniugarsi con una decisa azione di contrasto al “lavoro sommerso”. È noto, infatti, che la clandestinità e il lavoro sommerso sono fenomeni strettamente correlati che alimentano spirali di illegalità e si riflettono negativamente anche sulle condizioni di sicurezza dei luoghi

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di lavoro. Per prevenire tali fenomeni, è sempre più necessario che le prefetture-Uffici Territoriali del Governo, con l’ausilio delle Conferenze Permanenti, nella loro funzione di coordinamento degli uffici periferici statali presenti sul territorio, svolgano al meglio il compito di promuovere tutte le forme di collaborazione tra gli enti competenti e le parti sociali, al fine di elidere il circolo che lega la clandestinità e lo sfruttamento della manodopera perseguendo, al contempo, anche l’obiettivo di elevare gli standard di sicurezza sul lavoro. Nella medesima ottica il ministero dell’Interno ha diramato, il 28 luglio 2006, una circolare con la quale, anche in ragione delle sollecitazioni provenienti dalla Commissione Europea, finalizzate a richiedere un forte impegno degli Stati Membri in questo settore, ha richiamato l’attenzione dei propri organi periferici sulla necessità di una più intensa vigilanza e di una più assidua attività di controllo del fenomeno.

Il Parlamento Europeo nella risoluzione del 6 luglio 2006 definisce l’integrazione come

“un processo bilaterale che presuppone la volontà e la responsabilità degli immigrati ad integrarsi nella società ospitante e dei cittadini dell’Unione Europea di accettare e integrare i migranti”. Si tratta di un processo basato sul rispetto reciproco di diritti e doveri, da una

parte, il cittadino straniero deve conoscere e riconoscere le regole e i valori della società italiana, dall’altra deve avere accesso a beni e servizi che gli garantiscano una dignitosa qualità della vita. In tema d’integrazione, si osserva che se è vero che l’inserimento sociale degli immigrati non si presenta mai come un processo lineare e a senso unico, tuttavia è necessario che esso vada guidato e assecondato.

Anche in tale ambito la prefettura può assumere un ruolo di leadership progettuale, interagendo con le autonomie locali e coordinando gli interventi, con il contributo prezioso dei Consigli Territoriali per l’Immigrazione. Questi ultimi sono organi presieduti dal prefetto e composti dai rappresentanti delle amministrazioni statali, delle Regioni e degli Enti Locali, delle associazioni dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali, nonché dai rappresentanti delle associazioni dedite all’assistenza agli immigrati e da quelle rappresentative degli immigrati stessi. I Consigli Territoriali, istituiti con la legge n. 40 del 6 marzo 1998 poi trasfusa nel T.U. n. 286 del 25 luglio 1998, composti anche da esponenti di altri enti o organismi interessati, costituiscono un efficace strumento di coordinamento deputato a superare la frammentazione degli interventi pubblici e privati, promuovere la rete di relazioni centro-periferia, favorire la crescita di dinamiche di interazione. Decisiva si è dimostrata la finalità del PON-Sicurezza di incrementare la funzionalità degli organismi su indicati, sia potenziandone la capacità di analisi sul territorio sia sostenendone concretamente progettualità

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rispondenti a specifiche priorità locali. In un sistema improntato secondo questo approccio interistituzionale, i prefetti – presidenti dei Consigli Territoriali svolgeranno un ruolo essenziale nelle scelte strategiche per l’impiego delle risorse e nella promozione di progettualità e potranno incentivare dinamiche operative per la realizzazione di sistemi di intervento condivisi. Essi potranno, inoltre, imprimere spinte propulsive per superare inerzie e disfunzioni della pubblica amministrazione valorizzando il metodo della preventiva concertazione. In particolare, i Consigli Territoriali per l’Immigrazione potranno elaborare progettualità integrate finalizzate a creare idonei contesti per: supportare e potenziare la formazione scolastica dei minori; favorire l’alfabetizzazione, la qualificazione professionale e l’accesso al mercato del lavoro degli adulti; sostenere i nuclei familiari, i minori e le situazioni di particolare fragilità; incentivare il positivo impiego del tempo libero anche mediante la promozione di attività sportive; favorire percorsi di inserimento calibrati in relazione alle specifiche esigenze dei lavoratori stagionali; favorire l’accesso ai servizi pubblici (sportelli informativi).

Il PON-Sicurezza intende porre particolare attenzione nei confronti di coloro che hanno già regolarizzato la loro presenza sul territorio e che necessitano ancora di interventi di supporto a vantaggio del nucleo familiare e a sostegno nell’attività lavorativa. Per tali finalità sono previsti interventi di riqualificazione di strutture esistenti, privilegiando quelle confiscate alla malavita organizzata ove realizzare Centri Polifunzionali da destinare a servizi sociali e di orientamento per l’inserimento nella vita economica del territorio e per l’insegnamento di valori e regole. Si tratta di realizzare contesti adeguati ed attrezzati destinati anche alla formazione professionale, iniziale e successiva, ove porre in essere interventi che, accompagnando l’inserimento sociale e lavorativo, favoriscano l’assorbimento nel tessuto sociale degli immigrati regolari. Una sempre più approfondita conoscenza del fenomeno, per sua natura complesso ed in continua evoluzione in relazione alla provenienza dei flussi e alle dinamiche che li determinano, consente di predisporre politiche di intervento sempre più adeguate ed in grado di prevedere i mutamenti del contesto. Per questi motivi il PON Sicurezza dedica particolare attenzione a: creare sistemi informativi innovativi di monitoraggio, sia in relazione alla presenza di stranieri regolari sul territorio sia in relazione alle capacità dei territori di assorbire i flussi migratori; creare banche dati territoriali fondate sulla condivisione di informazioni, conoscenze, strumenti, metodi e buone pratiche, ad uso di una rete integrata di attori istituzionali ed altri soggetti interessati; realizzare portali internet sull’immigrazione finalizzati a raccogliere tutte le informazioni e i dati utili in materia, consentendone la fruizione

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a tutte le amministrazioni interessate in modo da rendere sempre più trasversale l’approccio; promuovere l’analisi, l’elaborazione di dati e di indagini tematiche volte ad individuare soluzioni innovative risultate efficaci in altri Paesi dell’Unione Europea in termini di accoglienza, inclusione ed integrazione e che, in un’ottica di scambio di buone pratiche e insegnamenti da trarre, potrebbero essere positivamente adottate sul territorio delle Regioni Obiettivo Convergenza.

Per realizzare al meglio detti obiettivi, occorre in primo luogo avere consapevolezza del contesto complessivo nel quale il fenomeno immigratorio si inserisce. In tale contesto, appare indispensabile rendere gli immigrati sempre più partecipi dello spazio pubblico, attraverso un dialogo intessuto di un linguaggio condiviso in materia di diritti fondamentali e di solidarietà sociale, nonché incentrato su questioni universali capaci di unire nel rispetto delle differenze. A tal fine, compito dello Stato è quello di contribuire a formare e valorizzare questi momenti di dialogo in cui confrontarsi con le diverse storie e memorie, alla ricerca di punti di contatto e di incontro nei quali riconoscersi come partecipi della comunità sociale. In questo quadro, per progettare un efficace percorso di integrazione, può essere utile far conoscere alle comunità degli immigrati i messaggi universali che il nostro Paese, sia attraverso la sua storia, sia grazie alle sue opere d’arte, ha donato al mondo intero. Una specifica mission di cui la prefettura può farsi carico è quella di promuovere una riflessione sulle diverse identità culturali e comunitarie presenti sul territorio, intorno all’identità “primaria” e unificante di esseri umani. Si tratta, dunque, di sostenere un ampio progetto culturale in cui il dialogo sui valori universali porti a mettere a nudo le responsabilità associate alla nostra umanità condivisa, al fine di prevenire situazioni di emarginazione, frammentazione e ghettizzazione.

Il crescente fenomeno dell’immigrazione impone, poi, una riflessione sul concetto di cittadinanza. La prospettiva futura è quella di superare un’idea di cittadinanza legata esclusivamente a concezioni di stampo etnico - territoriale, in favore di un’idea di matrice socio-culturale connessa all’effettività dell’inserimento economico-sociale e politico di chi intende stabilirsi nel nostro Paese. Una cittadinanza, cioè, vissuta non solo in ragione del senso di appartenenza, vale a dire del formale riconoscimento giuridico del far parte di uno Stato, ma anche in virtù di una partecipazione attiva, sostanziata di diritti e di doveri alla vita della comunità. Diritti e doveri perché, se è evidente che il riconoscimento dei diritti fondamentali può fornire un mezzo di difesa importante contro forme di discriminazione e sfruttamento, è altresì necessario rinvigorire il legame della cittadinanza ai doveri di solidarietà sociale,

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indispensabili per alimentare una solida convivenza all’interno di una cornice di pluralismo culturale.

Sia per quanto attiene alle politiche di immigrazione, relative agli aspetti che regolano le condizioni di ingresso e di soggiorno degli stranieri nel territorio della Repubblica, sia con riferimento alle politiche per gli immigrati, relative alle azioni in ambito sociale finalizzate ad attuare una integrazione degli stranieri presenti sul territorio italiano, appare sempre più indispensabile per le prefetture razionalizzare e rafforzare il sistema di collaborazione con le Autonomie territoriali. Al riguardo, va segnalato come il citato disegno di legge delega di riforma del T.U. n. 286/98 preveda una riorganizzazione degli Sportelli Unici per l’Immigrazione attraverso una sinergia che coinvolge gli enti pubblici nazionali, gli enti locali, le associazioni datoriali e dei lavoratori, nonché le associazioni di volontariato. Ciò anche per dare concreta attuazione all’art. 118, comma 3, della Costituzione che prevede forme di coordinamento tra Stato e Regioni nella materia dell’immigrazione, al fine di dare maggiore efficacia ed uniformità alla gestione del fenomeno dell’immigrazione sul territorio.

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