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Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio

Il ruolo dei prefetti ed i Comuni sciolti per mafia

5.4 Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio

Con il decreto di scioglimento è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell’Ente, composta da tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza. L’organo, che resta in carica fino al primo turno elettorale utile, esercita le attribuzioni spettanti al Consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonché ogni altro potere o incarico connesso alle medesime cariche. La previsione che gli appartenenti all’ordine giudiziario, a differenza dei funzionari dello Stato, possano essere chiamati a ricoprire gli incarichi in parola solo nel caso siano già in quiescenza è, evidentemente, dettata dall’esigenza di evitare qualsiasi commistione tra lo svolgimento di attività amministrativa ed il contemporaneo esercizio di funzioni giurisdizionali. Alla luce della già evidente circostanza che il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo iniziale, che è compreso tra i dodici e i diciotto mesi, ulteriormente prorogabile, in casi eccezionali, fino a ventiquattro mesi, si ricava che la durata massima della gestione straordinaria è fissata in quarantadue mesi. Tale periodo può, in concreto, prolungarsi

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ulteriormente in casi estremi di circa altri dodici mesi qualora si tenga, anche, conto dei mesi intercorrenti tra la data del decreto di scioglimento e quella fissata per lo svolgimento della prima tornata elettorale utile. Quale organo di supporto delle commissioni straordinarie è istituito presso il ministero dell’Interno un Comitato di sostegno e

monitoraggio. Per la disciplina della modalità di organizzazione e funzionamento delle

commissioni straordinarie e del predetto Comitato, la norma fa rinvio a successivi regolamenti, che sono stati emanati con decreti ministeriali. In particolare il D.M. n. 523 del 28 luglio 1995 stabilisce che la Commissione straordinaria opera come Collegio perfetto solo nell’ipotesi in cui debba adottare atti di competenza del Consiglio comunale, tra i quali gli statuti delle aziende speciali, i regolamenti e le delibere previste dall’art. 2, comma 2, dalla lett. b alla lett. m, T.U.E.L., ovvero debba delegare, nella prima seduta, ai suoi singoli componenti, le competenze che, in regime di amministrazione ordinaria, sono esercitate dal sindaco o dal presidente della Provincia o, ancora, quando si avvalga della facoltà di dotarsi di apposito atto di autorganizzazione in relazione alla tipologia, alla dimensione demografica del Comune ed alle esigenze emerse dalla realtà locale. Le relative delibere sono adottate, in forza del principio generale valido per gli organi collegiali, a maggioranza dei presenti. Nella generalità dei casi, è, invece, sufficiente la presenza, in sede deliberativa, di due componenti, purché, ai fini della validità dell’atto, vi sia il voto favorevole di entrambi. La Commissione, le cui sedute sono convocate e presiedute dal componente più anziano di età, può, inoltre, avvalersi di collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità, i cui oneri sono posti a carico dell’Ente.

La previsione in parola rappresenta un completamento di quella più generale posta dall’art. 145 T.U.E.L. che consente al prefetto, su richiesta della Commissione straordinaria, di disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l’assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovra ordinazione, ovviamente rispetto al personale in servizio presso l’Ente locale, allorché sussista la necessità di assicurare il regolare funzionamento dei servizi.

Al fine di acquisire elementi di conoscenza e valutazione su questioni che ritenga di particolare rilevanza per la collettività, la Commissione promuove, su richiesta di una serie di soggetti, forze pubbliche, ANCI, UPI, associazioni imprenditoriali, ordini professionali, organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, organizzazioni di volontariato, altri organismi locali, riunioni periodiche da tenersi almeno due volte nel semestre benché tale

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indicazione non possa certo considerarsi vincolante, essendo rimessa ad una prudente valutazione da parte dell’organo collegiale circa l’esistenza dei presupposti su cui si fonda la richiesta.

Viene, infine, previsto che, in aggiunta alle ordinarie forme di pubblicità degli atti degli enti locali, la Commissione provveda alla pubblicazione mensile, all’Albo pretorio dell’Ente e nelle sedi delle delegazioni comunali, ove esistenti, di un elenco delle deliberazioni e degli atti di maggiore importanza adottati. E’, pure, previsto il ricorso ad ulteriori forme di pubblicità, a titolo meramente esemplificativo si pensi a: comunicati stampa, bandi, manifesti, conferenze stampa, interviste televisive, al fine di rendere l’informazione, a favore della collettività locale, più capillare e completa. Ai sensi del D.M. n. 459 del 28 luglio 1995 il Comitato di sostegno monitoraggio, costituito presso il ministero dell’Interno (Dipartimento per gli affari interni e territoriali, che ha preso il posto, a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 398 del 7 settembre 2001, che articola la nuova organizzazione degli uffici del ministero dell’Interno in dipartimenti, della vecchia Direzione generale dell’Amministrazione civile, struttura alla quale fa riferimento la norma), esercita le proprie funzioni, fornendo consulenze tecnico-giuridica e gestionale e svolgendo attività di coordinamento dei lavori delle commissioni straordinarie allo scopo di definire una linea unitaria di intervento negli enti disciolti in tema di gestione del personale e di finanza locale nonché in materia di applicazione di nuovi provvedimenti legislativi. Cura, inoltre, la predisposizione dei criteri per la redazione delle relazioni semestrali sull’attività svolta dalla gestione straordinaria nei singoli enti commissariati.

La volontà del legislatore è che lo scioglimento del Consiglio del Comune infiltrato comporta una causa di delegittimazione dei suoi componenti così radicale ed insanabile da imporre che gli stessi non solo decadano dal mandato direttamente conferito dal corpo elettorale ma che cessino, altresì, contestualmente da ogni e qualsivoglia incarico loro attribuito.

Se sottoposta ad una chiave di lettura critica, la formulazione della norma del testo unico, concernente lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso, non pare tenere conto dell’esperienza maturata nel trascorso decennio e dei nuovi principi regolatori delle funzioni degli enti locali. In particolare, la previsione di un organo collegiale per la gestione dell’Ente non si armonizza appieno con la netta separazione tra funzione di indirizzo e di gestione, principio al quale si

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ispira, sul fulcro della legge Bassanini n. 59 del 15 marzo 1997, la più recente normativa in materia. Infatti, lo svolgimento della generalità delle attività amministrative resta affidata al personale burocratico dell’Ente locale, il cui ruolo risulta sotto tale profilo corredato da ampia autonomia operativa, e se in capo alla Commissione permane un mero potere di direttiva, sarebbe stato certamente opportuno introdurre specifici correttivi volti ad ampliare i poteri di controllo dello stesso organo sulla gestione.

Sotto un profilo di carattere più generale si impone, inoltre, una riflessione sull’esigenza di introdurre adeguati strumenti operativi che mettano le commissioni straordinarie in grado di affrontare le difficili situazioni in cui versano gli enti locali disciolti, prima fra tutte l’assoluta carenza di risorse finanziarie ed i gravi squilibri di bilancio, conseguenza di forme di evasione diffusa e di inefficienze dell’apparato burocratico, che rendono spesso inevitabile la dichiarazione di dissesto, inibendo l’avvio di serie politiche di rilancio dell’Ente. In proposito si rileva che il meccanismo incentrato sulla stesura, da parte della Commissione straordinaria, del piano di priorità degli interventi non sembra, da solo, sufficiente a superare le situazioni di crisi delle amministrazioni locali commissariate, anche in considerazione della complessità del relativo iter procedurale, che, tra l’altro, prevede la formulazione di un parere da parte del Comitato provinciale della pubblica Amministrazione, di fatto sostituito, a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 287 del 17 maggio 2001 recante “Disposizioni in materia di ordinamento degli uffici

territoriali del governo, ai sensi dell’art. 11 del D.L.vo 30 luglio 1999, n. 300”, da una

nuovo organismo, denominato Conferenza Permanente, al quale deve ritenersi trasferita la funzione consultiva in parola e l’inoltro del documento programmatico alla Cassa depositi e prestiti ovvero, tramite il Commissario del Governo ossia tramite il prefetto del capoluogo di Regione, essendo stato il predetto organo soppresso dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, alla Regione. Organi che, a loro volta, provvedono a dichiarare la priorità d’accesso ai contributi e finanziamenti a carico degli stanziamenti, genericamente destinati agli investimenti degli enti locali. In prospettiva sarebbe, invece, estremamente auspicabile la creazione di un apposito fondo, destinato ad erogare, in modo specifico, contributi a fondo perduto alle amministrazioni locali sciolte ai sensi della normativa in esame.

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5.5 Le infiltrazioni nel settore degli appalti

Le difficoltà incontrate dall’organo straordinario in relazione allo specifico fenomeno di infiltrazione nel settore degli appalti non sono da trascurare. Significativa è, a tal proposito, la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, in sede giurisdizionale, n. 2969 del 30 gennaio 2001, che ha accolto il ricorso a suo tempo proposto dalla Commissione straordinaria di Melito Porto Salvo avverso la sentenza con cui il TAR Calabria, Sezione di Reggio Calabria, aveva accolto il ricorso di un’impresa in ordine alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria dell’appalto di alcuni lavori.

La vicenda trae origine da un atto, la deliberazione n. 107 del 19 aprile 1996, con il quale la suddetta Commissione straordinaria aveva ritenuto di dover predeterminare, durante la gestione commissariale, “criteri e metodi da seguire nei procedimenti relativi alle

forniture di beni e servizi ed all’esecuzione di opere pubbliche”. La citata delibera,

prevedeva anche la possibilità di escludere dalle gare di qualsivoglia importo, “le ditte o

imprese che, sulla base di notizie acquisite anche tramite i componenti organi giudiziari e di polizia, siano ritenute, direttamente o indirettamente, legate ad organizzazioni delinquenziali”. L’esigenza di tale previsione di carattere regolamentare scaturiva dalla

necessità, nella peculiare situazione di un Ente sciolto per accertati fenomeni di infiltrazione nella criminalità organizzata nel settore degli appalti, di procedere a verifiche più approfondite sulle imprese di quelle consentite dalla legge in situazioni di normalità.

All’atto dell’insediamento presso il Comune di Melito Porto Salvo, sciolto per mafia per la seconda volta in pochi anni, la Commissione straordinaria era stata accolta, oltre che dall’usuale “risentimento” di gran parte della burocrazia comunale e della cittadinanza, artatamente indotto da una parte della classe politica locale e ripreso con molto clamore dalla stampa, anche da un pubblico manifesto, sottoscritto da un parlamentare reggino, poi coinvolto in vicende giudiziarie, per le quali ha riportato anche condanna per concorso esterno in associazione mafiosa, il quale capziosamente elencava le imprese che avevano lavorato per il Comune all’epoca del primo scioglimento, intervenuto nel 1991, a suo dire, le stesse che poi avevano lavorato con l’Amministrazione sciolta nel 1996, chiedendosi se esse avessero continuato ad operare anche nel corso della seconda gestione straordinaria. Tale evidente strumentalizzazione rendeva ancor più pressante, anche per la pericolosità del messaggio lanciato ad un’opinione pubblica quanto meno sconcertata, la necessità di dotarsi appunto di strumenti ulteriori, rispetto a quelli usuali previsti dalle norme sulla certificazione

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antimafia, per operare una sostanziale opera di bonifica di quello che, ancora una volta, veniva indicato come il settore, quello degli appalti, maggiormente interessato dal fenomeno dell’infiltrazione mafiosa.

In esecuzione della suddetta delibera, nel corso della gestione straordinaria venivano operate numerose esclusioni di ditte e imprese risultate collegate ad organizzazioni mafiose, in taluni casi si disponeva la revoca di aggiudicazioni già effettuate, anche in presenza di certificazione antimafia rilasciata nelle forme di legge. Talune imprese opponevano ricorso giurisdizionale, ottenendo, come nel caso in esame, pronuncia favorevole del Tribunale Amministrativo di Reggio Calabria il quale, considerato che “la legge prevede un

procedimento tipico (art. 4, commi 4 e 6, del Decreto Legislativo n. 490/94) che attribuisce le relative competenze al Prefetto” aveva negato la possibilità di “applicazione analogica o estensiva della predetta normativa, in quanto limitativa del diritto costituzionalmente tutelato da intrapresa economica”.

L’appello, proposto dalla Commissione straordinaria, ”contestava analiticamente la

pronuncia di primo grado, sostenendo la legittimità dei provvedimenti adottati e la loro conformità alle regole e ai principi che governano le procedure di appalto”. Il Consiglio

di Stato, dopo aver concesso la sospensiva in via cautelare, si pronunciava nel merito, accogliendo il ricorso della Commissione.

La sentenza reca principi di eccezionale importanza, anche per le possibilità innovative e concrete che offre agli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata. Essa sancisce, intanto, la possibilità per la Commissione straordinaria di “fissare

particolari regole per l’ammissione e l’esclusione dei concorrenti alle gare di appalto, legate ad un’autonoma valutazione dei requisiti di affidabilità morale, secondo criteri non coincidenti con quelli previsti, in generale, dal decreto legislativo 8 agosto 1994 n. 490 e dalla connessa disciplina attuativa ed integrativa”, sul presupposto che “l’applicazione delle norme ordinarie concernenti lo svolgimento delle procedure di appalto può risultare inidonea a contrastare efficacemente il pericolo proveniente dall’intreccio patologico tra l’Amministrazione e le associazioni delittuose” e, pertanto, “la finalità di effettivo risanamento dell’apparato politico ed amministrativo dell’Ente postula anche l’individuazione di efficaci regole volte ad eludere i pericoli ritualmente accertati ed a ripristinare il tessuto democratico inquinato dai condizionamenti esterni”.

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Richiamata, poi, la speciale normativa ex articolo 15-bis, comma 6 quinquies, della legge n. 55/90, riferita ai “casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento a

situazioni di infiltrazioni o condizionamenti di tipo mafioso, connesse all’aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero all’affidamento in concessione di servizi pubblici locali” chiarisce che “la norma non circoscrive il proprio raggio di azione alle sole procedure svolte dagli amministratori uscenti ”, anzi,”il potere attribuito alla Commissione straordinaria di revocare, ex post, le deliberazioni di aggiudicazione adottate prima dello scioglimento del Consiglio, presuppone, logicamente, il potere di non aggiudicare il contratto in presenza delle stesse premesse di fatto e, a maggior ragione, la facoltà di fissare preventivamente i criteri vincolanti per gli organi titolari della funzione di gestione delle procedure di gara”.

Dal quadro normativo così delineato emergono i seguenti dati:

a) la Commissione straordinaria per la gestione degli enti locali ha il potere di assumere tutte le iniziative istruttorie volte ad accertare l’eventuale sussistenza di pericoli di condizionamenti da parte della criminalità organizzata, in rapporto all’aggiudicazione di appalti pubblici;

b) a tal fine, la Commissione può valersi anche di strumenti di indagine diversi da quelli previsti dalla normativa generale in materia di certificazioni e comunicazioni antimafia;

c) la tipizzazione procedimentale prevista dal decreto legislativo n. 490/1994, in materia di certificazioni antimafia, non impedisce all’Amministrazione, in presenza di particolari presupposti, quali l’insediamento dell’organo di gestione straordinaria, l’adozione di opportune misure volte a contrastare i fenomeni di infiltrazione e condizionamento mafioso nell’apparato amministrativo;

d) all’esito degli accertamenti compiuti, l’Amministrazione legittimamente dispone l’esclusione dell’impresa, la quale, anche indirettamente, risulta collegata con organizzazioni criminali.

In accoglimento delle tesi della Commissione straordinaria, infine, così conclude: “La

determinazione generale, adottata dalla Commissione straordinaria con la deliberazione n. 107/96, si pone in linea con la disciplina prevista per le ipotesi di scioglimento degli Organi elettivi degli enti locali, individuando, ragionevolmente, ulteriori ipotesi di esclusione delle

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gare di appalto, basate su specifici accertamenti affidati alla Prefettura ed alle Forze dell’ordine”.

La possibilità, definitivamente riconosciuta dal Consiglio di Stato, di porre in essere, in presenza di situazioni straordinarie quali quelle dei Comuni sciolti per mafia, strumenti straordinari per impedire il riproporsi di quegli eventi, quali l’infiltrazione negli appalti, che avevano concorso a determinare l’intervento sanzionatorio dello Stato, serve a colmare anche quella lacuna legislativa, più volte segnalata, ma senza esito, della normativa in materia di certificazione antimafia. Essa, infatti, laddove consente di utilizzare lo strumento della cosiddetta “informazione prefettizia” soltanto in presenza di appalto di importo superiore alla soglia comunitaria, in buona sostanza, ne preclude l’applicazione nei Comuni di piccole dimensioni quali, quasi sempre, sono quelli sciolti per mafia.

Le previsioni della sentenza in argomento possono, dunque, essere recepite nel Regolamento di funzionamento delle Commissioni straordinarie, la cui revisione ed il cui aggiornamento dovrebbero essere rapidamente attuati, quale indicazione vincolante per l’organo straordinario, in presenza del presupposto di cui all’art. 145 del d. lgs. n.267/2000, ma esse devono continuare a operare, anche con il ritorno alla gestione ordinaria, quanto meno per la prima legislatura che segue alla gestione straordinaria per evitare che gli effetti vengano vanificati, come è accaduto, dalla limitazione temporale dell’efficacia dello strumento individuato. In generale, bisogna superare la portata regolamentare di detto strumento, prevedendo apposite disposizioni legislative, ove necessario anche in deroga alle norme vigenti, nelle circostanze date.

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