• Non ci sono risultati.

Il ruolo dei prefetti ed i Comuni sciolti per mafia

5.3 La gestione commissariale

In Italia si suole distinguere i casi di scioglimento c.d. “ordinario”, disciplinati dall’art.141 del d. lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), da quelli “straordinari”, artt.143,144,145 e 146. Nel primo caso, lo scioglimento avviene quando i Consigli comunali o provinciali abbiano

163

compiuto atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge nonché per gravi motivi di ordine pubblico, oppure quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi. In tal caso, l’art. 141 prevede la nomina di un commissario per la gestione dell’Ente. Nella seconda ipotesi, l’art.143 dispone che “i Consigli

comunali e provinciali sono sciolti, fuori dei casi previsti dall’art.141, quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma del settimo comma dell’art. 59 del TUEL, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon andamento delle Amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidate, ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.

In Italia i casi di corruzione o infiltrazione sono al centro della normativa sullo scioglimento. Infatti, lo scioglimento di un Consiglio comunale per infiltrazione o condizionamento degli amministratori con la criminalità organizzata si basa su situazioni che, pur non traducibili in addebiti personali, sono tuttavia tali da rendere plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una possibile soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata, ossia vincoli di parentela o di affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni, e ciò anche quando il valore indiziario dei dati raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione.

La norma riproduce, senza sostanziali modifiche, la disposizione contenuta nell’art. 15- bis della legge n. 55 del 19 marzo 1990 ed introdotta dal d. l. n. 164 del 31 maggio 1991 recante “Misure urgenti per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli organi

di altri enti locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso”,

successivamente convertito con modificazioni della legge n. 221 del 22 luglio 1991. La previsione legislativa muovendo dalla consapevolezza della grande pericolosità delle organizzazioni criminali, che può, tra l’altro, tradursi, di frequente, in strategie tese all’inquinamento delle istituzioni locali, ha introdotto un incisivo strumento di contrasto volto a tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica ed a sradicare potenziali illecite interferenze che possano, in tale guisa, essere esercitate nei confronti degli organi di governo di quelle amministrazioni. Elemento di novità rispetto al passato è, peraltro, dato dalla circostanza che le disposizioni in materia vengono ricondotte all’interno del corpo di leggi che regolano, in modo

164

organico, la vita degli enti locali, superando un’impostazione prettamente emergenziale. Dalla ratio della norma, tesa alla tutela dei valori fondamentali dell’ordinamento, da individuarsi non soltanto, come vorrebbe una parte della dottrina22 nell’ordine pubblico nella sua più lata accezione, ma anche in altri principi costituzionali e, segnatamente, nella libera determinazione degli organi elettivi e nel buon andamento della pubblica amministrazione, discendono le peculiarità della procedura di scioglimento.

Rispetto al procedimento, in Italia, occorre distinguere tra la procedura di scioglimento ordinaria e quella straordinaria, rafforzata dalla deliberazione del Consiglio dei ministri e da un lungo periodo di commissariamento. Infatti, nel caso di scioglimenti per mafia la misura è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il provvedimento adottato dal Consiglio dei ministri è trasmesso dal Presidente della Repubblica per l’emanazione del decreto ed è contestualmente inviato alle Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto con una relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente acquisiti dagli organi proposti al coordinamento della lotta alla criminalità organizzata. Il decreto di scioglimento, con allegata la relazione del ministero, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

Al fine di assicurare il buon andamento delle amministrazioni ed il regolare funzionamento dei servizi ad essi affidati, il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi, prorogabile fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti. Il provvedimento con il quale si dispone l’eventuale proroga della durata dello scioglimento fino a ventiquattro mesi è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente la data fissata per lo svolgimento delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’Ente mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di scioglimento decorre dalla data del provvedimento di sospensione.

Per ciò che concerne le sanzioni penali ed amministrative in caso di corruzione, in Italia, è allo studio del Parlamento una riforma sugli scioglimenti degli organi locali tesa ad

22 S. Sarti, L’Attività di commissariamento negli enti locali. Lo scioglimento dei consigli per infiltrazioni e

165

individuare nuove modalità delle sanzioni amministrative. Con tale riforma si vuole, ad esempio, impedire che i soggetti, determinanti per il provvedimento di scioglimento, si possano ripresentare alle elezioni successive al periodo di commissariamento.

L’art. 19, comma 5, T.U.L.C.P. del 1934 conferiva al prefetto il potere di inviare appositi commissari per reggere temporaneamente le amministrazioni locali alle quali era impedito il normale funzionamento, potendo anche il prefetto esercitare un controllo sostitutivo sugli organi dell’ente impossibilitato a funzionare potendo disporre la rimozione del sindaco (art. 149 R.D. del 4 febbraio 1915, n. 148 T.U.L.C.P.), lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali (art. 323 T.U.L.C.P. del 1915), la sospensione del sindaco (art. 270 T.U.L.C.P. del 1934) e dei consigli comunali e provinciali (art. 105 R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839). Oggi, ai sensi dell’art. 15 della legge n. 55/1990, il prefetto può accedere, mediante l’invio di una commissione d’accesso, presso gli enti interessati per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi al fine di verificare se l’azione amministrativa dell’ente sia o meno inficiata da infiltrazioni mafiose.

Tale previsione pare assumere un connotato di maggiore specificità rispetto a quella più generale dell’art. 2, comma 2-quater, della legge n. 345/91, sia in relazione ai presupposti (sospensione o decadenza di un pubblico ufficiale) sia con riguardo alle potenzialità lesive da prevenire, individuate nell’infiltrazione di tipo mafioso, con esclusione, quindi, dei meri condizionamenti ambientali. Inoltre, nei casi in cui per i fatti oggetto di accertamento o per i fatti connessi sia pendente un procedimento penale, il prefetto può richiedere, preventivamente, informazioni al Procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’art. 329 c.p.p., comunica tutte le notizie che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento. Si tratta di un insieme di strumenti, con potenzialità e valenze diverse, che consentono all’Autorità di Governo margini di apprezzamento e di valutazione assai ampi, al di fuori di qualsiasi tipizzazione precostituita ex lege, allo scopo di rendere quanto più duttile ed efficace l’azione di verifica improntata a chiare finalità cautelari. Proprio in considerazione della natura preventiva della procedura, la giurisprudenza ha affermato che all’Autorità di Governo è riconosciuta un’ampia discrezionalità in ordine alla rilevazione dei presupposti, anch’essi non tipizzati per legge, con riferimento a specifici fatti o atti antigiuridici ma espressi in termini di comportamento complessivi e di situazioni soggettive tali da determinare il pericolo di gravi disfunzioni, sia all’interno dell’Amministrazione locale sia all’esterno sul piano dell’ordine e della sicurezza pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2000, n. 585). Nella stessa decisione il giudice amministrativo, dopo aver precisato che il provvedimento di scioglimento

166

non è un atto politico, evidenzia il suo contenuto ampiamente discrezionale, che ne fa la risultante di una valutazione il cui asse portante è costituito, da un lato, dalla accertata o notoria diffusione sul territorio della criminalità organizzata e, dall’altro, dalle precarie condizioni di funzionalità dell’Ente.

Sulla scorta delle autorevoli considerazioni, testé riportate, si ricava l’opinione che il provvedimento di scioglimento possa essere ricondotto alla categoria degli atti di alta amministrazione, in considerazione sia del suo contenuto, ampiamente discrezionale, sia del rango degli organi costituzionali che intervengono nella relativa procedura. La dottrina ha, inoltre, precisato che tali atti attengono alle scelte di fondo dell’azione amministrativa discrezionale e sono connessi ai supremi organi di direzione della Pubblica Amministrazione, segnando il raccordo tra la funzione di governo, espressione dello Stato – comunità, e la funzione amministrativa, espressione dello Stato – soggetto. L’atto di rigore è, infatti, adottato, su proposta del ministro dell’Interno, con deliberazione del Consiglio dei ministri, trasmessa contestualmente alle Camere ed al Presidente della Repubblica per l’emanazione del relativo decreto. Tale previsione, recependo il principio generale di controllo e bilanciamento tra i poteri dello Stato, pare preordinata a creare, mediante l’intervento degli organi garanti dell’ordinamento e della sovranità popolare, un sistema di filtri e garanzie contro eventuali abusi che potrebbero essere perpetrati dall’Esecutivo.

Outline

Documenti correlati