• Non ci sono risultati.

Anna Maria Curcuruto

La Terza Conferenza delle Nazioni Unite “Ha- bitat III” sullo Sviluppo Urbano Sostenibile, ha offerto un'ampia programma di discus- sione sulle tematiche urbane, con una forte partecipazione anche di amministrazioni locali, sindaci, società civile ed esponenti del mondo politico internazionale soprattutto Latino-Americano. Assenti i sindaci italiani. Il contesto mondiale ha aperto orizzonti sul- lo sviluppo mondiale delle città, di scala ben diversa dai contesti urbani italiani ed euro- pei in generale, eppure simile per le proble- matiche ambientali e sociali affrontate. Qualche numero:

Le città già oggi ospitano oltre metà dell'u- manità, producono il 70% del PIL globale e sono responsabili del 70% delle emissioni di gas serra, ma continuano a espandersi. Nel 2016 altri 70 milioni di persone si sono spostati nelle aree urbane. Solo in Cina 300 milioni di persone si sono trasferite in città negli ultimi 50 anni, portando il loro indice di urbanizzazione dal 16% al 56%.

Entro il 2030, ci saranno 41 megalopoli di ol- tre 10 milioni di abitanti, contro le attuali 28 ed entro il 2050, gli abitanti delle città avran- no superato i 6 miliardi di persone, due terzi dell'umanità, e genereranno oltre 2 miliardi di tonnellate di rifiuti l'anno.

Per questo il tema centrale non poteva che essere Housing and Sustainable urban deve- lopment.

I contenuti della Nuova Agenda Urbana Il testo della “New Urban Agenda” è stato considerato chiaro e abbastanza sintetico, frutto di mediazioni per ridurre elementi cri- tici o controversi. L'INU ha tradotto la parte introduttiva della “New Urban Agenda” ed ha partecipato attivamente anche agli atti preparatori.

La struttura ed i contenuti del testo della NUA sono costituiti dalla dichiarazione di Quito e dal Quito Implementation Plan, articolato in tre parti:

1. sviluppo urbano sostenibile;

2. strumenti per una efficace realizzazione; 3. modalità per il monitoraggio e la revisio-

ne del piano d'azione. nazionale che transnazionale. L’intento finale

è far ritornare lo spazio pubblico protagonista della convivenza civile ed in grado di suscitare negli abitanti nuove consapevolezze e nuove identità. Su tale punto, la cultura può giocare un ruolo fondamentale, contribuendo a ren- dere le città anche fonti di nuove opportuni- tà, di accrescimento e di sviluppo formativo. Svariati esempi in tutto il mondo dimostrano come la componente culturale sia in grado di rafforzare il legame identitario con i luoghi, spingendo gli abitanti ad apprezzarli di più, a studiarli, a conoscerli e, di conseguenza, a rispettarli e a proteggerli. In tale direzione va peraltro la stessa NUA laddove, al punto 10, riconosce alla cultura un ruolo di prim’ordine anche per la creazione di una città sostenibile e per una più corretta gestione delle risorse per fronteggiare i cambiamenti climatici in atto; al punto 11 da anche conto degli sforzi, già confluiti in alcune legislazioni nazionali e locali, per sostenere un “diritto alla città”, sa- lubre, accessibile, resiliente. Lo spazio urbano può e deve diventare quindi fulcro di reali e concrete opportunità educative e formative, ponendosi esso stesso come un vero e proprio “attrattore culturale”. Tutto questo mentre il fenomeno dell’inurbamento cresce di anno in anno a ritmi frenetici in tutto il pianeta e sem- bra ormai irreversibile; nello stesso tempo la composizione sociale muta radicalmente ri- spetto agli scenari di 20-30 anni fa: il mondo occidentale vive un graduale e progressivo invecchiamento della sua popolazione, la drastica riduzione del numero dei componen- ti familiari, nuove forme di convivenza ed il contestuale aumento di persone che vivono sole. Parimenti, assistiamo alla crescita di mo- vimenti migratori sempre più massicci ed in grado, in certi contesti, di suscitare tensioni, conflitti, esclusioni e disuguaglianze: proprio quello che la NUA cerca di contrastare. Appa- re evidente come anche le politiche urbane, a tutti i livelli, giochino un ruolo fondamentale e non è un caso che i due documenti redatti insistano sul necessario coordinamento delle azioni istituzionali e soprattutto su una chia- ra visione d'insieme di programmi, strategie ed obiettivi in cui ciascun soggetto pubblico, nell’ambito delle proprie competenze, faccia per intero la sua parte. Come noto, nel 2015 e 2016 il governo italiano ha messo a dispo- sizione del recupero urbano e delle periferie risorse importanti, offrendo a tutte le realtà locali l’opportunità di porre mano a progetti

da tempo nel cassetto o a nuove iniziative in grado di affrontare in concreto problemi irri- solti, con nuove infrastrutture e nuovi servizi. Come sottolineato anche dal Rapporto nazio- nale e dalla NUA, le grandi sfide che abbiamo davanti rendono auspicabile anche il coinvol- gimento ed il contributo del settore privato, attraverso una rimodulazione delle proprie strategie ed un più ampio uso del partenariato con il settore pubblico: interessanti esempi in tal senso, vengono, anche nel nostro Paese, dal mondo cooperativo, con importanti iniziati- ve concorsuali aperte soprattutto ai giovani professionisti. Propedeutica a qualsiasi scelta è comunque la garanzia di un’effettiva parte- cipazione della popolazione urbana in tutti i processi di ripensamento e rigenerazione del- la propria città, ampliando il più possibile le occasioni di conoscenza, riflessione, confron- to e dibattito. Saltare tale fondamentale pas- saggio finirebbe per compromettere anche le migliori politiche, inibendo quel processo di “riappropriazione dei propri spazi” che rite- niamo premessa indispensabile per l’ambi- zioso obiettivo fissato dalla NUA di una città omogenea per (tutti) i propri abitanti.

1. La struttura fondamentale della riforma del Ministero è contenuta nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 agosto 2014, n. 171, pubblicato sulla G.U. n. 274 del 25/11/2014. L’art 16 elenca e descrive nel dettaglio le competenze della nuova Direzione generale Arte e architetture contemporanee e periferie urbane, diretta, fin dalla sua istituzione, dall’arch. Federica Galloni. 2. In passato, si sono avute: dapprima la

creazione della Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee – DARC (2001), seguita poi dalla Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee (2004). Nel 2009 le competenze delle predette Direzioni sono state assegnate alla Direzione generale per il Paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee, con all’interno un Servizio dedicato (il V). Con la Riforma del 2014 quest’ultima Direzione è diventata Direzione generale Belle arti e paesaggio (art. 15 – Dpcm 171/2014). Di recente, le complessive competenze di tutela multidisciplinare sono state accorpate in un’unica Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio (d.m. 23 gennaio 2016, artt. 1 e 2).

3. Per una dettagliata ed esaustiva descrizione di tutte le attività svolte ed in corso, si rimanda al sito istituzionale: www.app.beniculturali.it.

La dichiarazione di principi parte da una visione condivisa di una città per tutti i cui abitanti possano godere e produrre insedia- menti umani equi, sicuri, salubri, accessi- bili, resilienti e sostenibili. Questa visione è anche definita nel documento come l'e- spressione del "diritto alla città", un prin- cipio assai discusso. Sono stati evidenziati costantemente quali aspetti rilevanti: • la funzione sociale ed ecologica dei suo-

li come premessa al diritto alla casa; • la cultura e la diversità culturale quali

fonti di arricchimento per l’umanità e importante contributo allo sviluppo so- stenibile di città,

• l'impegno civico e la partecipazione come fondamenti del senso di apparte- nenza;

• l'importanza dello spazio pubblico. Gran parte dell'implementation plan è una descrizione delle politiche necessarie per conseguire gli obiettivi generali della NUA, che comportano l'integrazione dell'azio- ne pubblica nazionale, regionale e locale e quella tra settori di sviluppo, oltre a leggi per favorire i processi di decentramento e rafforzamento dei governi locali.

Centrale è il ruolo della pianificazione ur- bana e territoriale come strumento indi- spensabile per proteggere il paesaggio ed il territorio e per garantire il soddisfacimento dei bisogni essenziali quali l'abitazione, i servizi, la mobilità e dei principi di giusti- zia evocati all'inizio, tra cui l'attenzione agli strati sociali più deboli, ai migranti ed alle questioni di genere. Garantire un accesso equo a risorse e servizi urbani assicurando allo stesso tempo uno sviluppo policentrico e città più compatte sono le priorità rimar- cate dalla Nuova Agenda Urbana che asse- gna un ruolo predominante alle città. Gli obiettivi prioritari che hanno guidato il dibattito internazionale tra Rappresentanti di Stati, Regioni, Governi Locali, ONG, Enti di ricerca, Università e Professionisti di tutti i Paesi membri sono, in sintesi, i seguenti: • la necessità di condividere tra tutti i

MS le esperienze positive fatte e di cre- are un nuovo coordinamento europeo post-Quito; il rafforzamento dei legami tra sviluppo urbano e sviluppo rurale; • la responsabilità dell’implementazione

della NUA, da affidare ai vari livelli di governo: centrale, regionale, locale; • la necessità della pianificazione strate-

gica e del disegno urbano per evitare lo sprawl delle città;

• l’attenzione rivolta allo spazio pubbli- co urbano come vettore di democrazia e di partecipazione, tema caro all'Italia ed all'INU (Urban Spatial Strategies); • la necessità di continuare ad impegnar-

si per il miglioramento dell’accesso ai servizi e ad un’abitazione adeguata per gli abitanti, senza distinzioni di genere o provenienza;

il rafforzamento della governance, an- che attraverso la finanza locale e gli strumenti finanziari innovativi come il blending;

• il rafforzamento della cooperazione tra le città.

Assolutamente centrale in molte delle ses- sioni in Conferenza il tema del Right to the city, che ha visto divisi i Paesi partecipanti, per gli effetti che potrebbe avere sulle ri- spettive realtà.

L'attuazione della Nuova Agenda Urbana ed il diritto alla città: quale futuro in Europa e in Italia?

La linea di demarcazione tra il continente eu- ropeo e gli altri paesi emergenti è costituito dalla diversa distribuzione delle popolazioni nei territori, determinata da storie e culture profondamente dissimili.

L'Europa vive con rare eccezioni, il fenomeno di attrazione centripeta delle megalopoli. I grandi centri si espandono limitatamente, in presenza di realtà territoriali strutturate prossime, spesso connotate da forti valori identitari, in grado, a loro volta, di esercitare capacità attrattiva.

Per questo la UE promuove le città di ogni dimensione, tenendo conto delle loro di- versità e dei loro contesti territoriali, pro- muovendo anche lo sviluppo rurale e le po- litiche agricole, in vista del rafforzamento della coesione territoriale.

L'Italia in generale, e la Puglia quale esem- pio particolare, presenta una grande varie- tà di tipologie di aggregazioni urbane, ca- ratterizzate tutte da storia ed identità, che costituiscono la loro principale risorsa, in termini culturali, economici e sociali, come riportato anche nell'Italy’s National Report, ed esercitano rilevanti funzioni di servizio rispetto al territorio circostante.

Anche il recente studio elaborato dal MATTM, Strategia Nazionale per lo Svilup- po Sostenibile, in coerenza con l'Agenda

2030 per lo sviluppo sostenibile, in fase di consultazione ed approvazione, pone tra gli obiettivi per il tema "Pianeta": "invertire la tendenza allo spopolamento delle aree mar- ginali, rafforzare la resilienza e la sostenibi- lità delle comunità e dei territori e custodire i paesaggi".

Le città metropolitane italiane per confor- mazione e popolazione non sono compara- bili alle megalopoli americane o asiatiche: sono "grandi città", ma non sono città gran- di demograficamente.

Bari, Bologna, Firenze hanno ognuna meno di 400.000 abitanti, e raggiungono con le cit- tà della loro "area metropolitana", appena 1 milione di abitanti. Le 14 città metropolita- ne italiane, tutte insieme, non raggiungono 22 milioni di abitanti, la popolazione media di una sola delle megalopoli: Shanghai, Ka- rachi, Pechino, Lagos, Delhi, Sao Paolo, Me- xico City, Tokio. Nessuna città europea tra le prime 10 .

E' per questo che l'Italia, pur sostenendo la politica delle proprie "città metropolitane", deve valorizzare anche le città medie, quel- le piccole, le aree interne ed i borghi. Tanto che il MIBACT ha pubblicato a fine 2016 la Direttiva "2017-anno dei borghi italiani", per valorizzarne il patrimonio diffuso, arti- stico, culturale, umano, ritenuto economi- camente determinante per l'offerta turistica e culturale del Paese.

Il diritto alla città, dichiarato a Quito, rap- presenta, nelle realtà dei continenti extra europei, la sola possibilità di accedere ai suoi servizi ed opportunità, negati nei con- testi remoti e non urbanizzati, dai quali mi- grano le popolazioni. Per l'Europa, per l'Ita- lia intera, per la Puglia, non è così.

Gran parte dei centri urbani minori ita- liani, costituiscono risorsa non solo per il turismo, ma in genere opportunità per la diversificazione dell'economia del paese, costituendo, insieme ai beni paesaggistici, storici ed ambientali, effettive realtà econo- miche, produttive e di servizio, unica eco- nomia oggi non delocalizzabile.

Consentono, se adeguatamente valorizzati, di conservare gli equilibri sociali, inverten- do la tendenza allo sviluppo ipertrofico del- le periferie urbane, avvenuto a partire dagli anni '60. La crisi delle nostre città, a livello sociale, di sicurezza, di inquinamento, di consumo di suolo, di degrado urbano ma- teriale e immateriale, è stata determinata

inseguendo in massa il sogno di un lavoro e di opportunità nelle città industrializzate, determinando, come conseguenza, il crollo dell'economia agricola e della qualità del vivere delle comunità, sia quelle di origine per spopolamento, che le comunità di desti- nazione per collasso.

Equilibrare territorialmente questa ten- denza all'abbandono dei piccoli centri, per ingolfare le spesso anonime e degradate pe- riferie urbane, oggi da "rammendare", non certo da incrementare, per l'Italia non solo è doveroso, ma anche economicamente e so- cialmente vincente.

La dichiarazione di Quito, sottoscritta dalla UE e dall'Italia, può essere condivisa a loro volta e perseguita, da tutte le regioni italia- ne, come ha fatto già la Giunta della Regio- ne Puglia con Delibera n. 1766/2016, ricono- scendosi nei principi etici e negli obiettivi di politica territoriale in materia ambien- tale, urbanistica, sociale, culturale e di rap- porti con le istituzioni, secondo la visione condivisa e gli impegni espressi nella NUA, orientando in coerenza le politiche urbani- stiche e di sviluppo.

Per un'azione più efficace e coerente, si do- vrà contestualizzarne l'applicazione alle diverse realtà territoriali, perseguendone gli obiettivi sia attraverso la rigenerazione urbana delle città, che integrandola con una più ampia, completa e puntuale azione di rigenerazione territoriale.

La sfida della continuità

Outline

Documenti correlati