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Silvano Agostin

Il territorio pedemontano del versante orien- tale della catena appenninica posta a nord del fiume Pescara giungeall'Adriatico attra- verso un articolato paesaggio collinare. Il contesto ambientale è marcato da note- vole geodiversità, ovvero unità di paesaggio geologico con colline arenacee, sabbiose ed argillose, scolpito e articolato da ampie valli fluviali,con alvei incisi ed incassati negli an- tichi depositi alluvionali pleistocenici (cfr. terrazzi). Le unità del paesaggio geologico hanno riscontro in specifiche morfologie, nell’organizzazione della circolazione idrica superficiale e profonda, nei suoli, come pure nella vegetazione potenziale che permane relitta, spesso a segnare la viabilità dell'anti- co tessuto che un tempo regolava i rapporti tra i paesaggi disegnati e tra questi e i paesag- gi urbani.

Le unità del paesaggio geologico, che han- no come fondamento il substratolitologico, hanno riscontro nella fascia pedemontana con gli elementi costitutivi il costruito: la- pidei quali la pietra calcarea dei travertini (ove presenti), l’arenaria, le pietredi fiume, e fra tutte la terra (argilla) utilizzata come terra cruda o trasformata inlaterizio.Le prin- cipali valli fluviali del Vomano, del Piomba, del Fino,del Baricello, delTavo, del Saline, del Nora e da ultimo del Pescara, suddividono il territorio in esame in settori giustapposti di circa uguale estensione. Anche se le valli co- stituiscono i corridoi naturali monte-mare, la morfologia ha favorito la viabilità non nei fondovalle bensì alla sommità degli spar- tiacque e lo sviluppo degli insediamenti nei punti di cerniera di ampi interfluvio in cul- minazione topografica dei crinali. Gli inse- diamenti, già dall'antichitàsi sono disposti a distanze regolari, con i vuoti apparenti occu- pati dal costruito isolato prima, dall'espan- sione periurbana moderna poi. Quest'ultimo processo ha quasi obliterato i vari baricentri geografici e politici del territorio che sono sorti lungo gli assi transcollinari, paralleli e intermedi, tra la linea di costa ed i rilievi dell’Appennino.

Assi sui quali i centri sono posti a quote com- prese tra i 600 metri s.l.m. di quelli ad ovest, ed i 300 metri di quelli ad est. Le caratteristiche geo- logiche degli insediamenti storici possono rias- sumersi in un modello idrogeomorfologico di unità litologiche: marne e argille alla base delle colline, a cui si sovrappongono argille sabbiose ed infine,alla sommità, sabbie, arenarie e con- glomerati. Dunque nella parte inferiore e me- dia dei versanti rocce impermeabili soggette a erosione, scorrimento diffuso, formazione di calanchi e frane ricorrenti. Nella parte medio alta e sommitale rocce, talvolta cementate, più stabili, permeabili che ospitano la falda che alimenta sorgenti le cui portate sono connes- se al regime delle piogge. Le sorgenti naturali scaturiscono ai margini delle colline e dunque attorno o in periferia ai centri abitati. Già in età preromana le principali sorgenti sono state strutturate attraverso canalizzazioni ipogee e sono poi divenute fonti pubbliche, alcune con “mostre” di pregevole consistenza architettoni- ca. I punti d’acqua più periferici rispondevano

alle esigenze dell’insediamento e del tessuto agrario organizzato. L’esigenza di raccogliere l’acqua piovana nel centro urbano era invece risolta con le cisterne, più o meno ampie e con- nesse ai pluviali degli edifici o agli spazi aperti pavimentati e non.

Procedendo secondo un transetto da ovest verso est, l’assetto geologico dell’area si ri- assume con: depositi di versante (brecce, detriti stratificati, detriti) lungo il margine delle unità pertinenti la catena appenninica. Nel primo sub Appennino e nell’adiacente settore collinare le unità sono costituite da alternanze di arenarie, silt, marne ed argille. Il loro degrado produce sedimenti clastici da grossolani ad argillosi disposti in coperture continue (colluvi) o canalizzati nell’alveo dei torrenti (alluvio-colluvi).

Unità costituite da argille, sabbie argillose, sabbie, arenarie e conglomerati nel settore collinare fino alla fascia costiera e litoranea. Qui il degrado produce analogamente sedi- menti argillosi e sabbiosi disposti in coper-

ture colluviali o canalizzati in alveo come alluvio-colluvi. Tutte le litologie descritte, ad eccezione dei sedimenti residuali, hanno una genesi marina. Le unità derivate da gene- si continentale, per complessi e ripetuti pro- cessi erosivo deposizionali, si rinvengono in forme connesse ai versanti, nelle depressioni lacustri e palustri, nelle valli fluviali, nelle la- gune e paludi costiere, alle foci e come dune litorali.

Il loro studio permette di ricostruire i con- testi geologico ambientali e morfologici del Quaternario antico ma anche il paesaggio e le sue relazioni con i cambiamenti climatici av- venuti in età storica (es. piccola età glaciale). Analogamente è possibilericostruire i proces- si progressivamente determinati dall’impatto antropico. Per questo tipo di analisi particolar- mente utili e significativi sono itipi di suolo: relitti, sepolti, paleosuoli, suoli "antropici". I principali gruppi pedologici sono costituiti dai suoli bruni lisciviati, suoli bruni mediter- ranei, vertisuoli elitosuoli.

LEGENDA

COLLINE DEL SUBAPPENNINO E COSTIERE

1 - DETRITO E BRECCE DI VERSANTE (OLOCENE-PLEISTOCENE): detriti sciolti e cementati, coltri colluviali; Lito suoli e regosuoli; acquiferi poco estesi; vegetazione pioniera; rare silvicolture.

2 - UNITÀ ALLUVIONALI RECENTI E ATTUALI (OLOCENE): ghiaie,sabbie e argille; suoli alluvionali; falde di subalveo; margini alberati; attività estrattive dismesse, argini artificiali.

3 - UNITÀ ALLUVIONALI ANTICHE TERRAZZATE E TRAVERTINI (PLEISTOCENE): ghiaie,sabbie e argille; suoli bruni e paleosuoli fersiallitici; falde superficiali; colture erbacee e ortocolture, residui querceti; frane per scalzamento al piede, sede di piccola e medie industrie, attività estrattive dismesse.

4 - CONGLOMERATI E SABBIE CEMENTATE (PLEISTOCENE INFERIORE): puddinghe e arenarie alla sommità delle colline costiere; suoli bruni, suoli bruni mediterranei e rari paleosuoli fersiallitici; acquiferi superficiali; uliveti, viti, culture erbacee e ortoculture; insediamenti storici.

5 - ARGILLE E SABBIE (PLIOCENE MEDIO E SUPERIORE): argille, limi e sabbie talora soggette ad erosione calanchiva e frane; suoli vertici e suoli bruni; scarsi acquiferi; uliveti e viticolture prevalenti, incolti, querceti residui; insediamenti storici sugli interfluvi ed in sommità delle colline.

6 - ARENARIE E MARNE (PLIOCENE INFERIORE): marne e arenarie e in strati medi; suoli bruni calcarei, suoli bruni lisciviati; scarsi acquiferi; viti e ulivi, querceti misti, (la vegetazione sub montana ha avuto il maggior impatto antropico storico per disboscamento), incolti; frane ed erosione fluviale.

7 - ARENARIE E PELITI (MIOCENE SUPERIORE - PLIOCENE INFERIORE): arenarie e marne in strati medi e banchi; suoli bruni calcarei, suoli bruni lisciviati e litosuoli; scarsi acquiferi; colture arboree, impianti recenti di viti e ulivi, noccioli, querceti misti, (la vegetazione sub montana ha avuto il maggior impatto antropico storico per disboscamento), incolti; frane ed erosione fluviale; attività silvo pastorale.

N.B. NON È DESCRITTA L'UNITÀ DELLE SPIAGGE RECENTI E ATTUALI VERSANTI ORIENTALI DELLA CATENA APPENNINICA

8 - CALCARI E CALCARI MARNOSI (CRETACICO SUPERIORE - MIOCENE SUPERIORE): calcari e marne del versanteorinetale dei rilievi appenninici; suoli bruni, suoli bruni lisciviati, redzina, litosuoli; acquiferi localizzati e sorgenti basali degli acquiferi prinicipali; vegetazione dell'orizzonte sub montano, querceti misti e rimboschimenti (la vegetazione sub montana ha avuto il maggior impatto antropico storico per disboscamento); frane di crollo ed erosione fluviale; attività silvo pastorali.

Questo assetto cambia già in età romana dove si attua un primo approfondimento dell'al- veo e l’evoluzione dei meandri che ha deter- minato un articolato sistema di ripetute gole- ne fluviali. La loro messa a coltura ha segnato la scomparsa della vegetazione originaria. I corsi d’acqua hanno continuato a modificare i loro alvei rettificandosi ed assumendo una disposizione a stretti canali intrecciati. Du- rante la piccola età glaciale (XV-XVIII secolo circa), i fiumi hanno prodotto una profonda erosione lineare e il mono alveo attuale, spes- so confinato da argini artificiali, o meglio da muri di cemento. Le valli e i loro fiumi sono e saranno sempre le forme più dinamiche del paesaggio naturale, ma assai fragili se poste in relazione alle trasformazioni determinate dal paesaggio costruito.

Per l'aspetto del "verde", il paesaggio collinare ha visto trasformazioni soprattutto dopo l'ul- timo dopoguerra. Le aree che originariamen- te erano indirizzate ad un uso silvopastorale, sono state sostituite sempre più dall’espan- sione delle colture viticole e dagli uliveti. An- che le diffuse e differenziate colture erbacce risultano compresse, mentre la vegetazione potenziale è costituita ormai solo da elemen- ti residui pertinenti il querceto misto e i taxa submontani. Tutt'oggi si ampliano le aree incolte, soprattutto sui versanti con penden- ze maggiori, soggetti ad erosione e fenomeni gravitati (frane) e che coinvolgono spesso i centri abitati, soprattutto nelle loro zone di espansione. Verso la costa e nelle valli fluviali le unità di paesaggio geologico che compren- dono il sistema dei terrazzi alluvionali anti- chi, le zone di transizione alla piana costiera (spiagge e dune), risultano quasi ovunque di- sgregate e sconvolte dalle infrastrutture. Que- sto processo è ben evidente nella perdita di assetto naturale delle foci e si è esteso, con la forzatura di realizzare approdi per la naviga- zione turistica in contesti non idonei, ad aree di notevole valore naturalistico.

Nella fascia costiera dove l'economia della pesca si è intersecata con quella agricola di- segnando paesaggi per l'Abruzzo molto par- ticolari, che hanno rispettato la tipica vege- tazione ripariale, ecotonale e degli ambienti umidi, si conservano solo isolate e residue te- stimonianze di queste realtà. Ancor più rari e compromessi i boschi planiziali e le pinete costiere attestati nella cartografia e nella to- ponomastica storica.

Le valli fluviali sono la forma di paesaggio che più di ogni altra è andata soggetta a rapide tra- sformazioni. Sui terrazzi alluvionali, le sedi umane, urbane o industrialiconnesse di fat- to come aree metropolitane, lasciano ancora pochi spazi vitali alla viticoltura, agli orti, ai frutteti ed uliveti. E' qui che si è determinato il più importante cambiamento ambientale e dove i processi idrogeomorfologici natura- li determinano oggi le maggiori criticità ed esposizioni al rischio. L'impatto antropico che ha accompagnato lo sviluppo industriale, con la massiccia estrazione in alveo (cave), i cam- biamenti nell’uso del suolo, l'immissione di residui in alveo o in falda, è stato un processo mai o mal governato.

Le valli fluviali e le pianure fluviali 5.000 anni fa erano ampie, alberate ed i fiumi presentava- no un andamento sinuoso ad ampi meandri.

Riferimenti bibliografici

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• Agostini S. (2015) – Geologia e Archeologia del paesaggio della diocesi di Penne nel medioevo. In Penne Vol. III e IV. Herma Editore Roma.

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