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cambiamenti climatici e nuova agenda urbana

Maurizio Pernice, Mara Balestrieri,

Clara Pusceddu

I Cambiamenti Climatici come chiave della Nuova Agenda Urbana

La conferenza delle Nazioni Unite su housing e sviluppo urbano sostenibile che si è tenuta a Quito nell’ottobre 2016 ha registrato la pre- senza di circa 40mila partecipanti provenienti da oltre 160 Paesi che si sono riuniti per discu- tere i principali temi connessi ai processi di urbanizzazione con l’obiettivo di adottare una Nuova Agenda Urbana.

L’esigenza di una rinnovata agenda politica per le città è derivata dalla constatazione che l’inurbamento della popolazione è in costan- te crescita e vedrà, entro il 2050, un raddoppio dei valori attuali. Il processo di urbanizzazio- ne si prospetta come uno dei trend più rile- vanti del XXI secolo e porterà inevitabilmente all’acuirsi di grandi problematiche e sfide im- pegnative sotto il profilo della “sostenibilità” ambientale della città: in termini di cambia- menti climatici attraverso politiche rivolte alla riduzione delle emissioni e a migliorare la resilienza urbana, di gestione dei rifiuti attra- verso modelli di economia circolare, di tutela e gestione efficiente delle risorse idriche e del- le risorse naturali in genere. La Nuova agenda urbana delle Nazioni Unite è nata con l’obiet- tivo di delineare un percorso condiviso a livel- lo globale per affrontare tali sfide. In questo senso l’Agenda costituisce un documento qua- dro finalizzato ad orientare i paesi, i decisori politici, gli amministratori locali e regionali, i finanziatori internazionali nell’affrontare lo sviluppo delle città nei prossimi 20 anni alla luce di una visione comune incentrata su cri- teri di sostenibilità ambientale. Il documento propone una serie di azioni per guidare la pia- nificazione e la gestione delle città, attraverso strategie mirate a fornire risposte efficaci alle problematiche legate allo sviluppo urbano mediante l’adozione e il rispetto di standard ambientali oltre che economici e sociali. L’obiettivo generale che vuole perseguire è quello di garantire requisiti accettabili in termini di equità, accessibilità e resilienza, attraverso una migliore governance, basata su una pianificazione incentrata sull’impe-

gno civico e sulla partecipazione così come su “maggiori investimenti in energie rinno- vabili, mobilità sostenibile, infrastrutture di qualità e accessibilità”.

I principi e gli impegni contenuti nell’agen- da si incardinano su quelle che sono rico- nosciute come le tre componenti principali dello sviluppo sostenibile: la dimensione sociale (leaving no one behind); la dimensione economica (economie urbane sostenibili e inclusive, traendo vantaggio dalle econo- mie di agglomerazione di insediamenti ade- guatamente pianificati ad alta produttività, competitività e innovazione); la dimensione ambientale (promozione dell’energia pulita, dell’uso sostenibile del suolo e della salva- guardia degli ecosistemi e della biodiversità), rispetto alle quali il documento individua una serie di misure da attuare per il conse- guimento degli obiettivi specifici associabili ad ognuno di essi.

In particolare l’Agenda, in accordo con i con- tenuti dei più recenti accordi internazionali, riconosce la lotta ai cambiamenti climatici come un tema chiave nel guidare l’urbaniz- zazione futura e permettere il raggiungi- mento degli obiettivi di qualità ed efficienza dei processi ad essa correlati. All’interno dei fattori legati allo sviluppo urbano resiliente e sostenibile oltre all’approccio smart nella gestione dei servizi, la riduzione dei consumi energetici, l’adeguamento delle reti infra- strutturali, il consumo di suolo, il rapporto tra costruito e aree naturali e l’uso dell’acqua rientrano infatti esplicitamente il clima e le problematiche legate alle sue alterazioni. In questo senso l’Agenda promuove lo svi- luppo di azioni a livello internazionale, na- zionale e locale rispetto alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano tramite il coinvolgimento degli abitanti e dei vari portatori di interes- se cui spetta l’implementazione diretta delle azioni.

Tale tema emerge come prioritario anche nel Rapporto nazionale presentato dall’Italia alle Nazioni Unite con l’obiettivo di forni- re un quadro delle diverse situazioni urba- ne a livello nazionale e suggerire strategie innovative per l’elaborazione dell’Agenda Urbana. La terza parte del Rapporto intito- lata Environment and Urbanization: Issues and Challenges for a New Urban Agenda assegna, infatti, un rilievo al tema della gestione dei cambiamenti climatici, del rischio di disastri

naturali, del traffico urbano e dell’inquina- mento atmosferico proponendo alcune mi- sure ritenute prioritarie per i contesti urbani nazionali.

I principali impatti nazionali dei Cambiamenti Climatici in ambito urbano

Volendo fare una sintesi di quelle che sono le principali questioni legate ai cambiamen- ti climatici che interessano i contesti urbani nazionali, anche coerentemente con le indi- cazioni della Strategia Nazionale ai Cambia- menti Climatici (MATTM, 2015) possiamo dire che le città sono in generale oggi diffusa- mente riconosciute come i maggiori respon- sabili e nel contempo le principali vittime del cambiamento climatico: hanno prodotto e producono la maggior parte delle emissioni climalteranti (domanda di politiche di miti- gazione); sono i luoghi ove la concentrazione della popolazione (in Italia 90%, Istat 2011) rende gli effetti dei cambiamenti climatici particolarmente severi per la società umana (domanda di adattamento).

In ragione di questo gli effetti del climate change a livello urbano costituiscono l’oggetto delle più recenti politiche europee e internazionali dirette a ridurre le emissioni e ad aumentare le capacità adattive dei sistemi insediativi. Tuttavia il problema dominante è quello di individuare le modalità operative attraverso cui internalizzare tematiche di per sé globali nei Piani e Programmi settoriali regionali e locali. Si tratta di un tema piuttosto cruciale e complesso che apre numerose questioni per la comunità scientifica ma anche per tutti gli attori impegnati nel governo della città. Tale complessità, con riferimento al tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici, è legata a diversi fattori. In primo luogo gli impatti dei cambiamenti climatici nella città sono molteplici. Si possono infatti rilevare: • impatti sulla salute e sul benessere inse-

diativo derivanti dall’incremento dei pic- chi di temperatura (in particolare dalle ondate di calore) che dall’effetto di am- plificazione (isola urbana di calore) che si riscontra nelle parti centrali delle città; • impatti sulle infrastrutture e sulle reti

tecnologiche dovuti al sottodimensio- namento rispetto a piogge concentrate e intense;

• impatti sul settore energetico dovuti a incrementi improvvisi della domanda

energetica, causati dall’elevata climatiz- zazione di abitazione e luoghi di lavoro durante i picchi di calore;

• impatti sulle condizioni di socialità do- vuti alla minore frequentazione (causa temperature eccessive) di spazi pubblici e luoghi di incontro (piazze, strade, centri ricreativi, ecc.);

• impatti sulla biodiversità urbana legati all’aumento dello stress di habitat natu- rali o seminaturali presenti nel perimetro urbano;

• impatti sulle aree di verde pubblico dovu- ti sia alla siccità estiva che all’incremento della loro frequentazione indotta dalla of- ferta di più favorevoli (rispetto al costrui- to) condizioni climatiche;

• impatti sulle risorse idriche carenze negli approvvigionamenti idropotabili dovuti ai mutati regimi delle piogge, e in parti- colare all’allungamento dei periodi sicci- tosi estivi;

• impatti sulla competitività e sulle oppor- tunità economiche soprattutto negli in- sediamenti dove il sistema produttivo è basato sull’agricoltura, sulla selvicoltura, sulla pesca e sul turismo;

• impatti sulle strutture sociali e politiche dovuti alla necessità di destinare ingenti risorse umane e finanziarie a servizi pub- blici sanitari e di prevenzione dei rischi, nonché al ripristino di strutture danneg- giate dagli eventi estremi;

• impatti particolarmente severi sulla qua- lità di vita di determinate fasce della po- polazione ovvero quelle a minor reddito, i malati, gli anziani soli, gli immigrati re- centi, le persone con condizioni abitative precarie;

• impatti connessi alle esondazioni fluviali in quanto il mutato regime delle piogge può comportare un incremento delle por- tate di piena rispetto alle statistiche stori- che e dunque mettere in pericolo anche aree in passato considerate sicure; • impatti connessi all’aumento della fra-

nosità indotti dalle piogge concentrate rispetto a cui la situazione nazionale si mostra particolarmente critica;

• impatti generati dall’innalzamento del livello del mare che possono comportare, soprattutto in concomitanza con tem- peste e maree eccezionali, l’allagamento degli insediamenti costieri poco elevati, con rischi anche per il patrimonio storico

e artistico (un esempio paradigmatico è Venezia).

Inoltre gli impatti sui sistemi urbani possono diversificarsi e variare in funzione:

• della “magnitudo” dei mutamenti stessi e dalla loro “durata” (breve nel caso di eventi estremi, o addirittura permanente per alcuni parametri climatici) (exposure); • di un insieme di elementi di contesto

propri di ciascun insediamento (sensiti- vity) quali la localizzazione altimetrica e il regime dei venti, la dimensione del co- struito, lo stato delle dotazioni infrastrut- turali, il grado di disponibilità di risorse idriche ed energetiche, la natura delle attività economiche, i livelli di reddito e istruzione della popolazione, l’entità del- le criticità pregresse in materia di rischio idrogeologico, di dotazioni di verde urba- no e di servizi, le condizioni di mobilità, ecc.

Ogni insediamento urbano esprime una pro- pria capacità di risposta (capacità adattiva) che può favorire il contenimento di alcuni impatti diversificata anche in funzione della dimensione degli insediamenti.

A questo proposito, la Strategia Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici rileva che i centri abitati di grandi dimensioni (circa 46 con popolazione maggiore di 100.000 abi- tanti, un quarto della popolazione nazionale), e i centri abitati di medio-grandi dimensioni (circa 151 con popolazione da 40.000 a 100.000 abitanti 15% circa del totale nazionale) sono i luoghi ove le problematiche climatiche risul- teranno maggiori (almeno in termini quanti- tativi), ma anche realtà presumibilmente più attrezzate sotto il profilo amministrativo e tecnico, che potranno farsi soggetti attivi nel- la sperimentazione dei percorsi di adattamen- to climatico.

I centri urbani di medio-piccole dimensio- ni (circa 1007, con popolazione dai 10.000 ai 40.000 abitanti, circa il 30% della popolazio- ne italiana) e i centri di piccole dimensioni (6.888, popolazione fino a 10.000 abitanti, 31.5% del totale nazionale), che rappresenta- no la struttura urbana maggioritaria in Italia sia in termini di numerosità (85% circa dei comuni) che di abitanti insediati (oltre il 60% della popolazione urbana) sono quelli poten- zialmente suscettibili di subire impatti clima- tici anche significativi. Tuttavia le iniziative di adattamento climatico potrebbero essere frenate da aspetti legati alla piccola dimensio-

ne (carenze di informazione, di competenze interne alle amministrazioni, di risorse) e di conseguenza sarà indispensabile dedicare loro adeguata attenzione da parte dei soggetti (Stato, Regioni, Province, Associazioni di enti locali) interessati a promuovere percorsi di adattamento.

Strumenti per i Cambiamenti Climatici in ambito urbano

La comunità scientifica è ormai da tempo concorde nel riconoscere i cambiamenti cli- matici in corso e la capacità di adattamento agli stessi come una questione cruciale per lo sviluppo futuro del pianeta e in particolare delle città (Kahn, 2016, McEvoy et al., 2006). I cambiamenti climatici sono infatti ormai riconosciuti come un problema non più rin- viabile rispetto ai quali ogni Stato è chiamato a dare il suo contributo. Ma se inizialmente le riflessioni e i dibattiti internazionali riguar- davano principalmente l’aspetto della mitiga- zione si è affermata ormai la consapevolezza che occorra anche un’attenta attività di adat- tamento per contenere gli impatti e incre- mentare la resilienza dei territori. L’Accordo di Parigi del Dicembre 2015 (21ma Conferenza delle Parti COP21 dell’UNFCCC United Nations Framework Convention on Climate Change) ha sancito questa necessità in modo esplicito. Mitigazione e adattamento rappresentano, infatti, due elementi non conflittuali ma complementari delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici (Broto, Bulkeley 2013). Tuttavia presentano una differenza sostanzia- le poiché se la mitigazione ha un carattere eminentemente globale l’adattamento è per contro eminentemente locale (Collier, Löf- stedt 1997).

Alla luce di queste considerazioni e in riferi- mento a quelli che possono essere sintetizzati come gli elementi cardine del Rapporto nazio- nale e dell’Agenda urbana, l’adattamento ai cambiamenti climatici gioca un ruolo essen- ziale per almeno tre ordini di ragioni:

sotto il profilo della governance, poiché costringe a costruire nuovi modelli di ge- stione multilivello. La goverance dei pro- cessi legati agli impatti dei cambiamenti climatici e la costruzione di modalità di adattamento rappresentano infatti un’at- tività di pianificazione complessa che ri- chiede per l’efficacia delle politiche locali e delle strategie di sviluppo (Camarda, 2012) una pluridimensionalità politico

implementativa: una dialettica operati- va tra la tradizionale governance verticale (collegamenti tra livelli inferiori e supe- riori di governo) e la crescente dimen- sione orizzontale (attività di interazione cooperativa tra regioni e comunità loca- li). Allo stesso tempo l’ideazione e l’attua- zione di una strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici rappresenta un processo articolato, che deve essere piani- ficato in modo sistematico e gestito con continuità a livello locale. Tale processo richiede la collaborazione e il coordina- mento di diverse aree e dipartimenti che devono lavorare in maniera congiunta e piuttosto che settoriale secondo una vi- sione comune sinergica e interconnessa; • sotto il profilo della politica urbana na- zionale poiché le sfide poste dal cambia- mento climatico chiedono una drastica ridefinizione delle priorità in seno alla disciplina urbanistica chiamata ora più che mai a confrontarsi con la questione ambientale nelle pratiche di governo del territorio. Perché se da un lato le scelte in merito alla pianificazione della città han- no finora trascurato il rapporto tra clima e pianificazione territoriale, dall’altra è sempre più evidente che le città saranno la chiave per raggiungere o rinunciare definitivamente al conseguimento delle condizioni di sviluppo sostenibile per il pianeta (World-Bank, 2010). La costruzio- ne di politiche di adattamento a livello urbano rappresenta un paradigma che impone una riflessione sulle capacità au- topoietiche dei sistemi urbani e obbliga a riscoprire, rivedere e inglobare nuovi criteri e categorie progettuali (Bulkeley, Betsill 2003);

• sotto il profilo della sicurezza poiché esi- ste una stretta correlazione tra misure di adattamento e rischio ambientale. I cam- biamenti climatici amplificano gli effetti di vulnerabilità preesistenti e acuiscono i danni diretti e indiretti su beni e persone. Poiché l’estremizzazione dei fenomeni atmosferici è ormai già in divenire, gli impatti devono essere valutati, previsti e limitati al minimo;

• sotto il profilo dell’equità poiché l’adat- tamento indubbiamente ha che fare con la dimensione sociale del territorio. Sono infatti proprio le fasce più deboli ad es- sere maggiormente esposte agli impatti

dei cambiamenti climatici ma anche le meno preparate per farvi fronte. Pertan- to nell’affrontare i problemi connessi ai cambiamenti climatici e nello sviluppare strategie adattive occorrerà considerare prioritari aspetti quali la vulnerabilità di determinate fasce di popolazione (ad esempio le persone con età superiore ai 65 anni, la popolazione a basso reddito e in condizioni abitative precarie) rimasti a lungo secondari riscoprendo in un certo senso il ruolo etico della pianificazione (Campbell, 2012).

Alla luce di tali considerazioni, al fine del per- seguimento degli obiettivi della III Conferenza Habitat, e coerentemente con le indicazioni che scaturiscono dalla Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e dal redigendo Piano Nazionale è necessario sup- portare le regioni e gli enti locali a sviluppare strategie proprie, ovvero a costruire nuovi pa- radigmi per la pianificazione ambientale a par- tire da quelle che sono le politiche ordinarie riviste in chiave adattiva per riscoprire le capa- cità autopoietiche dei territori e rendere i siste- mi urbani capaci di sviluppare proprie capacità di resilienza costruendo scenari di integrazione tra urbs e civitas, tra costruito e ambiente.

Riferimenti bibliografici

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• World-Bank, 2010. Cities and Climate: Change: An

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• Collier, U. and R. Löfstedt (1997), “Think Global- ly, Act Locally”, Global Environmental Change, 7 (1), pp. 25-40.

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