Una finestra su: Muscat corrono parallele alla linea costiera strette tra mare e montagna, separandosi in diversi assi quando la striscia di terra racchiusa tra la costa e la spettacolare orografia si allarga in una piana desertica cosparsa di insedia- menti.
I quartieri “isola”, nati e sviluppatisi perlopiù come centri monofunzionali (residenziali, governativi, diplomatici, commerciali, indu- striali, educativi…), si appoggiano pesante- mente sul sistema autostradale e sul traspor- to veicolare privato per espletare le proprie funzioni urbane.
In questo sistema, Matrah con il suo tessuto denso impermeabile all’automobile e con la sua stratificazione funzionale e socio-etno- grafica, costituisce una completa eccezione. Sia per la sua morfologia naturale (il mare, la corona di montagne, i wadi ...) che per la sua storia (il porto, il souq, la cinta muraria che racchiudeva le diverse culture provenienti dal mare, il sistema di fortificazioni che do- mina il territorio circostante) Matrah è nata e si è evoluta come un ambiente estrema- mente denso e compresso, piena di attività, di scambio e di vitalità. Esiste un’anima com- merciale peculiare che caratterizza la sua na- tura e che rende le sue strade vive e animate a tutte le ore.
Esiste anche una resilienza della città: gli allagamenti causati dalle rare piogge trasfor- mano in un fiume l’asse principale del souq, costruito sopra il letto del wadi Khore Bam- ba, ed altre strade su corsi d’acqua minori. Gli ingressi rialzati su gradini permettono ai negozianti di aspettare con calma che lo spettacolo della pioggia finisca per riprende- re il corso delle quotidiane attività. L’uragano Gonu, abbattutosi sulle coste di Muscat nel 2007 con danni enormi sul lungo litorale di Muscat, ha incredibilmente lasciato intatto l’apparentemente fragile sistema insediativo di Matrah.
Fino ad oggi molti cambiamenti sono av- venuti: la trasformazione degli stili di vita locali a partire dall’arrivo dell’elettricità, la costruzione del porto commerciale e la rea- lizzazione della corniche negli anni settan- ta, il progressivo arrampicarsi del costruito sulle pendici delle montagne, la sostituzione dei prodotti venduti nel souq. Questi cam- biamenti sono stati finora accomodati e in qualche modo digeriti. Ciò nonostante al- cuni segnali di degrado hanno lentamente cominciato a mostrarsi nel corso degli ultimi
decenni, nel mantenere il passo con i ritmi odierni: il calo demografico, la congestione e l’inaccessibilità all'automobile, il degrado economico e sociale, le condizioni struttura- li problematiche dell’edificato, la mancanza di servizi.
Ci si trova oggi dinanzi ad una scossa di cam- biamento, provocato dalla decisione gover- nativa di trasformare il porto commerciale in un porto turistico/ricreativo, dal progetto MIIR stesso e dalla situazione finanziaria nazionale profondamente indebolita dalla caduta del prezzo del petrolio.
La prima sfida diviene allora quella di costru- ire una visione di futuro capace di inserire la trasformazione in un percorso corretto che eviti di perdere l’anima della città, i suoi edi- fici storici pressati dalla speculazione e le sue montagne minacciate da incombenti piani di lottizzazione, in una difficile dialettica tra costruzione e protezione, in qualche modo avulsa dalla cultura urbana locale.
Tra approccio ‘top-down’ e negoziazione: il rapporto con gli stakeholders
Iniziato nel gennaio del 2015, il progetto MIIR, dunque, è diventato un piano di svilup- po urbano integrato. Un piano in cantiere sin dai primi anni settanta che, a causa dei con- flitti di interesse tra le molte parti coinvolte e la generale resistenza alla trasformazione di un luogo sentito come patrimonio comune, è stato rimandato per un quarantennio, no- nostante la guida autocratica e illuminata
del Sultano Qaboos.
Il MIIR è partito da uno studio dei materia- li esistenti e da un’ampia raccolta di dati sul campo e interviste, sfociata nella produzione di una serie di mappature che hanno aiutato a capire il funzionamento della città.
Uno studio demografico interdisciplinare relativo ai diversi e complementari sistemi ecologici presenti nell’area di progetto e alla loro diversa capacità di crescita ha aiutato a stabilire un quadro d’insieme che permettes- se lo sviluppo evitando il congestionamento di un pattern storico già iper-denso. Lo sce- nario del progetto urbanistico è stato così in- quadrato, permettendo ai designer di operare le scelte urbane strutturali e di dimensionare le reti su due orizzonti temporali: il 2025 ed il 2050.
La prematura richiesta da parte del Cliente di produrre una zonizzazione e di fornire delle urban guidelines ha anticipato la stessa logica ecosistemica e site-specific, dove i macrosi- stemi antropico-naturali individuati preco- cemente sono stati suddivisi in “micro-zone” sulla base di considerazioni non solo funzio- nali ma anche morfologiche, culturali e socia- li. Tali unità di vicinato sono divenute quindi lo strumento amministrativo su cui applicare le regole di trasformazione/conservazione. Uno strumento in embrione in attesa di pro- cedere verso il necessario processo di valida- zione ed enforcement in assenza di un quadro urbanistico coerente e strutturato.
In questo percorso, il ventaglio degli innu- merevoli stakeholders istituzionali e civili
coinvolti nel progetto è stato affrontato con alterne vicende, nonostante la reticenza del Cliente a pubblicizzare l’operazione ed in assenza di un regime democratico (cosa che paradossalmente faciliterebbe il compito del pianificatore).
La classificazione iniziale degli stakeholders è stata compiuta in base al rispettivo “grado di influenza”: alto, medio e basso. ‘Focal Points’ dedicati sono stati identificati in tutti gli enti ministeriali interessati e tra le autorità di gestione dei servizi, i cui standard e requisiti tecnici sono impossibili da rispettare in un contesto così particolare. Associazioni speci- fiche (artigiani, donne, artisti, etc.) sono state coinvolte per strategie di rigenerazione mira- te a certe zone di Matrah.
La società civile è stata intercettata attraver- so un comitato designato (il Matrah Commu- nity Committee) ed una serie sistematica di incontri con gli “sceicchi” (ovvero i notabili) dei quartieri dell’area di progetto.
Il dialogo non sempre è risultato e risulta fa- cile, poiché la composizione di punti di vista e interessi diversi, spesso in conflitto, è un processo asintotico: la strada del piano/pro- getto MIIR verso l’operatività è ancora incer- ta. Tuttavia il lavoro di confronto con le parti in campo sembra avere sostanziato il MIIR di molti nulla osta e, allo stesso tempo, della complessità necessaria a superare quell’op- posizione di principio proveniente dall’alto incontrata nel 2013 dal piano precedente, il MRMP.
di piani e destinazioni d’uso, il tutto distri- buito ai privati per cooptazione e lotterie. Lo spazio d’intervento della municipalità si riduce ai nastri asfaltati delle strade/auto- strade, all’illuminazione pubblica e alla do- tazione di verde urbano (prati e palme), che non entrano in rapporto con i lotti privati dimenticando ampie superfici interstiziali abbandonate alla sabbia del deserto. Infine, le agenzie fornitrici di servizi (acqua, fogna- tura, elettricità) disseminano le proprie con- dotte, antenne e pali elettrici in costante con- trasto con la municipalità a causa dell’uso di sistemi GIS fondati su coordinate differenti. Il krookie diviene lo strumento urbanistico principe, in un appiattimento della visione d’insieme ed una frammentazione indivi- dualistica mai capaci di guardare al territorio come un sistema complesso e delicato. Succede così che progetti di dighe di prote- zione alle piene vengano bloccati perché insi- stenti su proprietà privata, che i letti dei wadi vengano regolarmente edificati mettendo a repentaglio idraulico interi quartieri residen- ziali e che le montagne siano indiscrimina- tamente spianate ed affettate per fare posto a ripetitive serie di ville monofamiliari.
A Matrah, nella città antica, la parcelliza-
zione dei suoli è composta da un’infinità di tessere che producono la pregevole diversi- tà funzionale del suo tessuto urbano e, con- temporaneamente, il rischio di condurre ad una congestione paralizzante. Nella zona di margine, attestata sull’autostrada, le particel- le si fanno più ampie, gli edifici più alti e la ricchezza urbana proporzionalmente decre- scente.
Al centro dell’area di progetto si trova un paradosso archetipico di questo sistema, un fuori-scala che ne mette alla luce l’insidia. La montagna centrale, la stessa che con la pro- pria scultorea presenza disegna l’inconfon- dibile skyline di Matrah in uno spazio di 80 ettari, altro non è che un lotto edificabile al 60% per 5 piani, al netto di strade e opere di urbanizzazione. Un diritto che, se esercitato, cancellerebbe gran parte del fascino del luogo. Questa è la sfida più grande del MIIR, la produzione di un sistema di regole e l’in- venzione di sistemi negoziali alternativi per compensare i diritti edificatori requisiti. Un sistema che risulti accettabile e credibile a una struttura politica e sociale ancora troppo poco consapevole della fragilità del proprio territorio.
‘Krookies’ e urbanistica: il paradosso della montagna
L’esperienza del MIIR fornisce un punto di vi- sta preferenziale per osservare le sostanziali difficoltà poste ad una pianificazione locale svolta in assenza di un quadro legislativo co- erente ed un processo di governance chiaro e trasparente, temi in qualche modo essi stessi divenuti oggetto dell’incarico professionale. Le diverse competenze degli enti preposti alla regolazione degli usi del suolo, che non si parlano e non vengono guidati da proce- dure comuni, si incontrano e si scontrano su un territorio la cui bellezza si assottiglia di giorno in giorno.
Allo stato attuale del paese, mentre la prepa- razione di una strategia spaziale nazionale è in corso ormai da un decennio, la governance della gestione del suolo appare quanto mai frazionata e incoerente.
Astratte griglie di land-use monofunziona- li, vengono partorite in stanze oscure dai computer di planners del Supreme Council e proiettate sul territorio, incuranti della to- pografia dei luoghi. Il Ministero dell’Housing traduce in seguito tali griglie in “Krookies”, i fogli catastali che assegnano diritti edificato- ri stabilendo superficie edificabile, numero
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