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Daniela De Leo

sembrano aver acquistato nuova attenzione temi come quello della presenza dei poteri criminali su alcuni territori o dentro le decisioni pubbliche. Quindi, con effetti visibili su governo urbano, popolazioni, istituzioni e città» (De Leo 2015: 7-8). 4. Lo scioglimento degli enti locali

per infiltrazione mafiosa è normato dalla Legge 221/1991 e successive modifiche, poi confluita nel TUEL 267/2000 art. 143 e seguenti. 5. Per i dati vedere la pagina web di

«Avviso pubblico», per una discussione critica consultare Cavaliere (2004), Mete (2009) o Rolli 2013.

6. Si pensi al caso di Bardonecchia (Sciarrone 2009; Varese 2011) o alle tante amministrazioni meridionali sciolte per mafia (Mete 2009; Trocchia 2009; Sberna e Vannucci 2014)

7. Per il Nord caso del comune di Corsico e del comune di Merlino (Gibelli e Righini 2012); o le vicende al riguardo del comune di Desio. Per il Sud il caso del comune di Villabate (Bazzi 2012) o di Bagheria.

Riferimenti bibliografici

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• Rolli R. (2013), Il comune degli altri. Lo scioglimento

degli organi di governo degli enti locali per infiltra- zioni mafiose, Aracne editrice, Roma.

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• Varese F. (2011), Mafie in movimento. Come il cri-

mine organizzato conquista nuovi territori, Einaudi,

Torino.

I rischi della competizione

territoriale nei territori

sregolati

Daniela De Leo

Nei territori fortemente sregolati, la diffusa retorica della competizione territoriale e tra le città, sembra aver ignorato e, poi, favorito il proliferare del clientelismo su base mafio- gena diffuso del nostro Paese. Per tanto, ciò ha prodotto il rafforzamento di quelle che sono state definite élite estrattive e non gli attesi processi di cambiamento e trasforma- zione. Attraverso questa chiave di lettura si mettono in rilievo limiti e ambiguità di certi orientamenti di policies nei contesti problematici con qualche suggerimento per come superarli.

Entro una recente indagine sullo stato di attuazione della SNAI-Strategia Nazionale Aree Interne1, è emerso che la strategia è

stata formulata a partire dalla considerazio- ne di un complessivo fallimento, specie in alcuni territori problematici, delle più re- centi forme di finanziamento su base com- petitiva caratteristica degli ultimi periodi di programmazione. La logica della SNAI, in- fatti, da un lato, ha sostenuto la necessità di sottrarsi alle retoriche della competizione territoriale per favorire, invece, processi di coesione; dall’altro ha indicato con chiarez- za, come, con un metodo rigoroso dal punto di vista tecnico, ci si possa utilmente sot- trarre a una logica di attribuzione per ban- di che solo in parte è riuscita a svincolarsi dai sistemi clientelari, piuttosto diffusi nel nostro Paese, avendo finito per rafforzare le cosiddette élite estrattive. Ossia quelle élite che dedicano i propri sforzi per mantenere e aumentare il benessere del gruppo a cui ap- partengono (Acemoglou, Robinson, 2012). Tale impostazione suggerisce di utilizzare questa duplice chiave della preferibilità del- la coesione alla competizione e del contra- sto mirato al rafforzamento di queste élite, per riformulare la domanda di Robinson e Acemoglou declinandola nel quesito sul “perché le politiche di sviluppo locale e ter- ritoriale falliscono soprattutto nei territori sregolati”, al fine di provare a trovare qual- che risposta e qualche rimedio.

Sulla rilevanza della coesione nei territo- ri sregolati si possono evocare numerosi

1. L'Italia nel PNR-Piano Nazionale di Riforma ha adottato una Strategia denominata SNAI per contrastare la caduta demografica e rilanciare lo sviluppo e i servizi di queste aree attraverso fondi ordinari della Legge di Stabilità e i fondi comunitari. Le 72 Aree Interne rappresentano una parte ampia del Paese – circa tre quinti del territorio e poco meno di un quarto della popolazione – assai diversificata al proprio interno, distante da grandi centri di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili ma tuttavia dotata di risorse che mancano alle aree centrali, con problemi demografici ma anche fortemente policentrica e con forte potenziale di attrazione. 2. Come è stato fatto osservare altrove,

grandi e straordinari finanziamenti, urgenza delle procedure e scarsità oltre che inadeguatezza di controllo e rigidità delle regole da seguire, rappresentano senza dubbio le caratteristiche che paiono più permeabili e, dunque, più favorevoli alle infiltrazioni criminali (Cfr. De Leo, 2016).

Riferimenti bibliografici

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• De Leo D.(2016), Mafie & Urbanistica, FrancoAn- geli, Milano

• De Leo D., Fini V. (2012), Attualità dello sviluppo, FrancoAngeli, Milano

• Donolo C. (2016), “Territori tra speranza e dispe- razione: note per una postfazione”, in De Leo, op.cit., pp.115-121

• Acemoglou D., J. Robinson (2012), Why Nations

Fails, CrownBusinnes, New York

esempi utili a evidenziare la necessità di indirizzi di coesione espliciti e chiari (non camuffati da farraginose competizioni) per sostenere territori indeboliti da percorsi di sviluppo già problematici e legami vischio- si della società civile (Donolo 2016). Questi, infatti, rendono maggiormente ambigui i già complessi rapporti con le regole di certi territori e popolazioni, senza favorire i pro- cessi di cambiamento (De Leo, Fini, 2012). Inoltre, una delle idee dominanti nell’ap- proccio mainstream allo sviluppo economi- co locale, applicata in maniera piuttosto improduttiva anche a numerose aree for- temente sregolate del nostro Paese, è stata quella della “competitività territoriale”. Come è stato fatto autorevolmente osserva- re (Brenner, Wachsmut 2012), questa, non solo, è essenzialmente servita a offuscare i processi di ristrutturazione capitalisti- ca, in quanto fondamentale strumento di transizione dal “welfare state” keynesiano al “competition states” post-keynesiano (ibidem, p.11), ma, ha anche prodotto effetti negativi peculiari nei territori sregolati esposti alle numerose e diverse forme di competizione senza coesione.

Ovviamente, la combinazione di questi fat- tori ha ulteriormente messo a repentaglio il ruolo della pianificazione e delle possibili scelte tecniche alla base della valutazione e selezione degli interventi, caratterizzati da maggiori deroghe e discrezionalità. In- nanzitutto, perché l’occasionalità tipica dei bandi ha rafforzato la tendenza a pensare gli interventi in una logica di tipo straordina- rio. Ignorando le profonde implicazioni che attraverso questa logica ha spesso facilitato, nel sistema-Italia, economie orientate a be- nefici privati a fronte di investimenti pub- blici. Abilitando, in questo modo, la parte- cipazione di attori anche opportunistici e senz’altro maggiormente dotati dal punto di vista economico-finanziario2. In questo

quadro, la riproduzione dell’illusione ca- rismatica del potere che seleziona le aree sulla base della loro presunta “maggiore capacità di competere” ha generato, troppo facilmente, opacità e nuovi particolarismi che hanno rafforzato aspetti deteriori delle élite locali. In questa prospettiva, la chiave di lettura delle élite estrattive, facilmente collegate a lobby mafiogene, consente di porre l’accento sugli effetti negativi che essi hanno prodotto sulle policies. Con il loro

peculiare rafforzarsi in ambiti di ambigua competizione tra le parti, a discapito dei processi di innovazione e cambiamento pur prefigurate dalle diverse policies.

Come abbiamo potuto osservare negli ulti- mi cicli di programmazione, gli interventi per città e territori, promossi in maniera indifferenziata rispetto alle tendenze alla sregolazione, si sono ulteriormente caratte- rizzati per: a) una costante frammentazione tra attori diversi all’interno delle ammini- strazioni centrali dello Stato e tra livelli isti- tuzionali diversi (Alulli 2010), ma anche, b) una pericolosa estemporaneità legata all’al- ternanza della Politica e, quindi, delle risor- se impiegate/investite.

Per contrastare questi fenomeni di fram- mentazione ed estemporaneità connesse con le iniziative di competizione territoria- le, sembra necessario rilanciare la coesione provando a:

• stemperare i rischi di accentramento, attraverso il costante confronto con la sfera delle competenze diffuse più che dei poteri, pur senza delegittimare o to- gliere responsabilità alla guida pubbli- ca locale;

• utilizzare, al meglio, la continuità quando produce cambiamento utile per cittadini e territori, scongiurando la progressiva definizioni/consolida- mento di quelle élites al potere che, a un certo punto, vedendo minacciato il loro monopolio dal mutamento nella geografia del potere economico-sociale, si spostano sempre più verso istituzioni estrattive.

In questa direzione può essere utile:

• mettere in discussione la divisione dei compiti amministrativi e tecnici contro il carattere multifunzionale di qualsiasi intervento senza relegare alle burocra- zie la gestione delle fasi esecutive; • evitare la politica delle “opere pubbli-

che competitive” slegate dall’urbanisti- ca, tenendo invece in conto la rilevanza della congruenza e ricostruendo condi- zioni di stabilità per la gestione ammi- nistrativa;

• allargare le conoscenze delle forze po- litiche sui temi urbani, formando una conoscenza condivisa del territorio per meglio sostenere le scelte di sviluppo locale, restituendo al territorio il valore di bene collettivo.

La deterritorializzazione di

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