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la sfida del periurbano Davide Marino

Alla ricerca del periurbano

Per potere individuare gli usi e le vocazioni, e quindi le politiche di gestione, dei cosiddetti spazi periurbani si dovrebbe partire dalla de- finizione stessa di periurbano, che tuttavia è conseguenza della definizione della città. Compito che non rientra tra gli obiettivi di questo articolo e che, più in genere, richiede- rebbe approcci, competenze, spazi di riflessio- ne molto più ampi

Senza appunto entrare nel merito si può tut- tavia affermare che esistono diversi modi per analizzare la struttura di una città, la maggior parte dei quali considera come area urbana quella parte di territorio ricadente all’interno del limite amministrativo comunale. I limiti dell’approccio amministrativo – che pur pre- senta vantaggi di ordine informativo – sono evidenti se si pensa a città come Milano e Roma, dove, nel primo caso, l’urbanizzato supera i limiti amministrativi e il periurbano insiste su un territorio più ampio di quello co- munale, mentre nel caso di Roma l’area urba- nizzata è circoscritta nei limiti di un territorio comunale molto ampio.

In ogni caso la classificazione degli spazi ur- bani è una operazione indispensabile alla base della “territorializzazione delle politiche pubbliche“ in cui la programmazione dello sviluppo per aree con caratteristiche speci- fiche ed omogenee passa attraverso la scelta dell’unità territoriale di riferimento. Fra i tre approcci principali – istituzionale, morfologi- co, relazionale – qui si è scelto di privilegiare l’ultimo che è alla base anche della politica di coesione. L’approccio relazionale, integrato con criteri morfologici consente di individua- re le Functional Urban Areas (FUA), e i Sistemi Locali del Lavoro (SLL), ovverosia ambiti terri- toriali in cui si manifestano le relazioni eco- nomiche e di vita, e vengono forniti i servizi pubblici e, in definitiva, si costruisce l’identità delle comunità locali.

Seguendo questo approccio in Italia i comuni Polo – compresi gli intercomunali – sono 323 (il 4,3% del totale), occupano meno del 10% della superficie, e ospitano circa il 40% della popolazione. Nei 3.507 dei comuni di Cintu-

ra che occupano una superficie di poco oltre il 27% del totale, vive invece il 37,3% della popolazione. Nel complesso dunque le aree metropolitane concentrano, in meno del 40% della superficie nazionale, oltre il 72% della popolazione.

Questa lettura risulta ancora più significativa alla luce delle trasformazioni su base spazia- le. L’analisi dei cambiamenti d’uso dei suoli su vasta scala (Marino e al., 2016/a) mostra come i processi di trasformazione che mag- giormente hanno influito sul paesaggio siano la rinaturazione (+9,5%) e l'intensivizzazio- ne (+19%) cui si è accompagnata una decisa urbanizzazione (+4,5%) non regolata nelle sue forme e nei processi. La città, tradizional- mente separata dalla campagna dal disegno dal Pomerium romano, ha perso progressiva- mente forma e confini; le attuali morfolo- gie sono esito di fenomeni complessi in cui policentrismo,conurbazione, e dispersione hanno dato luogo a forme urbane molto varie di dimensioni più o meno ampie.

Il risultato finale è una zonizzazione a tre li- velli: le aree più “interne”,interessate da un processo di calo demografico e di rinaturazio- ne, la città storica e compatta, ed un paesaggio nuovo che non è più città ma che è difficile definire campagna (Aristone e Palazzo, 2016) in cui gli insediamenti si sono espansi nelle aree agricole limitrofe, seguendo gli assi del trasporto, ma in modo discontinuo, irregola- re, lasciando ampie aree agricole al proprio interno caratterizzate da un uso plurimo resi- denziale (con una bassa densità), attività pro- duttive e, soprattutto, commerciali. Un siste- ma socioecologico (SES) – difficile da definire

e mappare, ma, in questa sede, assimilato al periurbano e individuabile sotto il profilo isti- tuzionale nelle Aree Metropolitane – descrivi- bile attraverso l’analisi dell’intensa trama di flussi, materiali ed immateriali, e di relazioni sociali, ambientali, economiche con la città.

Consumo di suolo e perdita di Servizi Ecosistemici

Il paesaggio del SES periurbano è ancora fortemente caratterizzato dall’uso del suolo agricolo, Capitale Naturale da cui, attraverso la diversificazione, la pluriattività, l’adesione a modelli di filiera corta, l’agricoltura socia- le, si originano flussi di beni e di servizi che rispondono a una domanda urbana che non è più esclusivamente alimentare, ma guarda in direzione di bisogni sociali quanto ambientali (Di Iacovo, 2008). In questo senso, il concetto di Servizi Ecosistemici (SE) consente di inte- grare il dominio ambientale con quelli sociale ed economico, evidenziando le relazioni tra il sistema ecologico e quello socioeconomico, e mettendo in luce la dipendenza del benesse- re umano dai servizi di approvvigionamen- to, regolazione, supporto alla biodiversità, e servizi culturali (TEEB, 2015) forniti dal pri- mo. Il riconoscimento e la stima del valore economico dei SE ricoprono un ruolo fonda- mentale per accrescere la consapevolezza del valore dei suoli agricoli in ambito periurbano e orientare il decisore pubblico e gli attori pri- vati verso forme di governance territoriale in grado di ricomporre gli squilibri territoriali, soddisfacendo gli obiettivi di conservazione del Capitale Naturale e di incremento dei flus- si di SE (Marino et al., 2014).

Il concetto di SE permette altresì di ben eviden- ziare l’impatto del consumo di suolo sul benes- sere umano (Marino et al, 2016/b).

In Italia tra il 2008 e il 2013 il consumo di suolo ha riguardato mediamente 55 ettari al giorno di territorio, con dinamiche simili tra Nord, Centro e Sud Italia. La superficie “persa” riguarda alcune macro categorie di copertura artificiale e alcune classi d'uso prevalenti: sono le infrastrutture per il trasporto a contribuire in modo determinante a scala nazionale, con il 41% di suolo artificializzato sul totale (Munafó et al, 2016). Di questa percentuale, l'incidenza maggiore riguarda le strade asfaltate in ambiti rurali e naturali e nelle aree agricole (31%). Il consumo di suolo nelle 14 Aree Metropolita- ne italiane è stato pari a quasi mezzo milione di ettari (Figura 1) con una incidenza media sul totale del suolo disponibile del 12%. Questo va- lore raggiunge il suo massimo a Napoli (circa il 34%) e Milano (quasi il 32%), seguite da Ve-

nezia e da Roma (14,5 e 13,2 rispettivamente). In valore assoluto tuttavia l’Area Metropolita- na con il maggiore consumo di suolo è Roma (quasi 71.000 ha), cui seguono Torino, Milano, Napoli. La differenza tra i due dati è dovuta chiaramente alla differenza tra le superfici to- tali delle diverse Aree.

In termini economici questo consumo di suolo rappresenta mediamente un costo pari a 176 milioni di euro. Va ricordato che tale stima è del tutto parziale, sia perché non sono stati valutati tutti i servizi associabili al consumo di suolo, sia perché andrebbero valutati anche gli impatti indiretti che a volte possono rappre- sentare un costo ancora maggiore (Marino et al, 2016/b). In questo caso l’impatto maggiore del consumo di suolo (Figura 2) si registra a Milano (oltre 42 milioni di euro persi), cui se- guono Roma, Venezia, Bari (rispettivamente circa 35, 26, 10 milioni di euro.). In questo caso le differenze rispetto ai valori in termini di su-

perficie è da imputarsi ai differenti servizi persi nelle aree analizzate.

In questo senso è utile analizzare come si com- pone la perdita totale, che è dovuta per il 56% alla perdita di un servizio ecosistemico di ap- provvigionamento come la produzione agrico- la, cui si aggiunge per un ulteriore 2% la pro- duzione legnosa. Se ne deduce che la funzione produttiva è quella che subisce maggiormente il trade-off con gli usi del suolo che consumano suolo. Seguono una serie di Servizi ecosistemi- ci di regolazione quali il sequestro del carbonio, il controllo dell’erosione, l’infiltrazione dell’ac- qua, tre funzioni basilari per la vita umana che nel complesso incidono per il 41% sul totale della perdita economica.

In definitiva i dati dimostrano come la crescita non adeguatamente pianificata delle città com- porta una minore funzionalità dei suoli periur- bani con danni valutabili sia sulla produzione di beni che di servizi che, insieme, incidono di- rettamente sulla qualità della vita delle popola- zioni residenti.

Contenere il consumo di suolo e ottimiz- zare i flussi di SE

La definizione di aree periurbane si può fonda- re su approcci spaziali, relazionali più o meno quantitativi, ma raramente trova un peso ade- guato negli strumenti di pianificazione. Fa eccezione la Legge regionale 20/2000 dell’Emi- lia-Romagna che all’Art. A-20 definisce con cer- tezza gli “ambiti agricoli periurbani” (Cattivel- li, 2014). Tuttavia se, secondo i dati citati, circa il 72% della popolazione italiana vive in aree urbane un obiettivo centrale nella governance territoriale dovrebbe essere quello di promuo- vere la sostenibilità ed aumentare la resilienza delle aree urbane stesse, migliorando di conse- guenza il benessere e le condizioni di vita dei suoi abitanti (TEEB, 2015).

A questo fine è necessario potere disporre di strumenti valutativi in grado di informare i pubblici decisori e gli stakeholder sui diversi scenari di trasformazione di uso dei suoli, im- plementando in tal modo la valutazione della variazione dei servizi ecosistemici nella piani- ficazione e nelle politiche urbane.

La disponibilità di spazi agricoli o non ancora impermeabilizzati nelle aree metropolitane offre la possibilità di pensare a tali aree come potenziali fornitori di importanti servizi ecosi- stemici, tra i quali lo stoccaggio e il sequestro del carbonio, la mitigazione dei flussi idrici e delle ondate di piena e il mantenimento della

Figura 2 - Perdita di servizi ecosistemici nelle aree metropolitane a causa del consumo di suolo

biodiversità nei contesti urbani. A tale fine è necessario un approccio ex ante rispetto alle scelte, che inglobando la valutazione dei ser- vizi ecosistemici in un modello di contabilità ambientale, possa essere finalizzato a bilancia- re gli impatti delle trasformazioni e progettare lo sviluppo di modelli più sostenibili.

Gli strumenti – ad esempio i parchi agricoli (Cinà, 2016, Di Donato et al, 2016), e le infra- strutture verdi EEA (2014) – non mancano; la contabilità ambientale, basata sul bilancio del suolo e dei servizi ecosistemici associabili, è la via obbligata per un intervento pubblico e pri- vato efficace.

Riferimenti bibliografici

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Morfologie e materiali

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