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L’Art 7 dello Statuto della Corte Penale Internazionale: tortura come crimine contro l’umanità

LA TORTURA NEL DIRITTO INTERNAZIONALE: DIVIETO, PREVENZIONE E REPRESSIONE

5. Brevi cenni al diritto penale internazionale e l’istituzione della Corte Penale Internazionale

5.2 L’Art 7 dello Statuto della Corte Penale Internazionale: tortura come crimine contro l’umanità

La fattispecie della tortura rappresenta un punto di contaminazione reciproca tra il diritto internazionale penale ed il diritto internazionale dei diritti umani. L’atto di torturare, di fatto, va a ledere il valore intangibile ed assoluto della dignità umana dell’individuo consacrato come diritto fondamentale dal diritto internazionale dei diritti umani, e tutelato e sanzionato dagli istituti del diritto penale internazionale157.

Lo Statuto della Corte Penale Internazionale fissa la competenza della Corte e definisce quali crimini sono sottoposti alla sua giurisdizione. Tra questi crimini, vengono contemplati quelli contro l’umanità.

La categoria giuridica dei crimini contro l’umanità è costituita da fenomeni criminosi particolarmente gravi ed efferati, i quali necessitano di essere sottoposti ad una giurisdizione certa ed imparziale, anche internazionale, in ragione del valore universale dei beni giuridici che vanno ad offendere158.

La tortura, come atto di estrema offesa ai diritti fondamentali dell’individuo e della dignità della persona, rientra tra i più diffusi crimini contro l’umanità; per tale motivo, lo Statuto di Roma lo colloca all’Art. 7, primo comma, lettera (f dello Statuto di Roma159. Il secondo comma dello stesso articolo alla lettera (e si premura di dare una definizione del concetto di tortura nell’ambito dei crimini contro l’umanità:

e) per «tortura» s'intende l'infliggere intenzionalmente gravi dolori o sofferenze, fisiche o mentali, ad una persona di cui si abbia la custodia o il controllo; in tale termine non rientrano i dolori o le sofferenze derivanti esclusivamente da sanzioni legittime, che siano inscindibilmente connessi a tali sanzioni o dalle stesse incidentalmente occasionati;

Rispetto alla definizione contenuta nella Convenzione contro la Tortura del 1984, in termini contenutistici, i dolori e le sofferenze restano gli stessi.

157 F. Trione, op. cit., p. 126. 158 F. Trione, op. cit., p. 84.

159 Lo Statuto della Corte penale internazionale, in realtà, contiene due riferimenti alla tortura: il

primo, quello contenuto all’Art.7, qualifica la tortura come crimine contro l’umanità nell’ambito di un’aggressione generalizzata o sistematica contro la popolazione civile; il secondo, contenuto all’Art. 8, qualifica la tortura come crimine di guerra perpetrato durante un conflitto armato.

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La novità riguarda la persona offesa che viene identificata come «una persona di cui si abbia la custodia o il controllo»: questo elemento non compare nelle altre definizioni ma viene inserito nello Statuto.

Secondo il prof. Tullio Padovani, la ragione risiede nel fatto che nella definizione dello Statuto di Roma non figura alcun riferimento al soggetto autore del reato: non si parla di agenti pubblici, “come se si volesse concepire la tortura come un fatto comune, realizzabile da chiunque, al di là dell’esercizio di una autorità o di un potere pubblici o connotati in termini pubblicistici160”. Non si qualifica l’autore ma si qualifica la vittima.

Nonostante il mancato riferimento al soggetto pubblico, individuare la situazione di controllo o di custodia nell’ambito di un rapporto, ad esempio, di tipo privatistico, indurrebbe ad un’interpretazione stridente rispetto alla collocazione sistematica della norma. Esiste un elemento “di contesto” -la collocazione della tortura come crimine contro l’umanità- che giustifica la giurisdizione della Corte, evitando che essa si occupi di reati comuni solo perché commessi in una dimensione internazionalistica.

Ai sensi dell’Art. 7, comma 1 dello Statuto di Roma per crimine contro l’umanità “s’intende uno qualsiasi degli atti di seguito elencati, se commesso nell’ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell’attacco”. Per cui,

Lo sfondo […] è l’esistenza di una situazione di scontro collettivo che evoca, per sua stessa natura, la necessità di parti contrapposte, le quali, se non sono magari definibili internazionalisticamente come autorità entrambe legittime, sono però autorità che si muovono, in rapporto alle persone sottoposte, come autorità in senso stretto pubblicistico161.

Lo Statuto di Roma prende in considerazione tutti quei comportamenti che si configurano come tortura, tenuti da soggetti che abbiano il controllo o la custodia di una persona, muovendosi logicamente in un contesto che implica l’esercizio e la spendita di poteri pubblici.

La definizione di tortura contenuta nello Statuto della Corte Penale Internazionale, dunque, non si distacca di molto rispetto a quella formulata dalle altre fonti ma viene soltanto rimodulata sulla base delle esigenze specifiche del

160 T. Padovani, op. cit., p. 18. 161 Ibidem.

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contesto nel quale è collocata, ossia la tortura pensata come crimine contro l’umanità.

La qualificazione della tortura come crimine contro l’umanità contenuta nello Statuto di Roma è il frutto di un percorso storico-giuridico che ha contribuito allo sviluppo della fattispecie di tortura sul piano internazionale: già i giudici di Norimberga avevano riconosciuto la possibilità che la tortura potesse essere utilizzata come strumento per il raggiungimento di fini qualificabili come crimini contro l’umanità162. Riprodotta negli statuti dei tribunali internazionali ad hoc, la

definizione di crimini contro l’umanità viene arricchita, non solo contemplando espressamente la fattispecie di tortura ma introducendo anche lo stupro163. Grazie alla giurisprudenza del Tribunale ad hoc per la ex-Iugoslavia, è stato poi possibile individuare gli elementi che configurano la presenza di “un attacco sistematico”, il contesto nel quale gli atti di tortura - per qualificarsi come crimini contro l’umanità - devono essere compiuti. La sentenza Blaskic contempla

[…] la perpetrazione di un atto criminale su scala assai vasta contro un gruppo di civili o la ripetuta e continua perpetrazione di atti disumani connessi l’uno all’altro164.

Inoltre, colui che pone in essere gli atti di tortura deve essere

consapevole di agire nell’ambito di un contesto di violenta aggressione sistematica e diffusa165.

Per quanto riguarda le finalità, queste erano state individuate nel Rapporto generale del Segretario delle Nazioni Unite, il quale menzionava “motivi nazionali, politici, etnici, razziali o religiosi” ma la giurisprudenza non ha mai dato particolarmente peso all’elemento della finalità nell’individuare i crimini contro l’umanità, questo perché «l’estrema gravità del crimine di tortura trascende qualunque valutazione sulle finalità che hanno portato alla sua consumazione 166».

162 L’Art. 6, lettera (c dello Statuto del Tribunale di Norimberga qualifica quali crimini contro

l’umanità (quindi perseguibili come crimini secondo il diritto internazionale) “altri atti inumani commessi contro popolazioni civili prima e durante la guerra”.

163 Un ulteriore ampliamento sarà apportato dallo Statuto della Corte penale internazionale, il

cui Art. 7 prevede anche la sparizione forzata e l’apartheid.

164 Prosecutor v. Tihomir Blaskic, Case No. IT-95-14-A, ICTY Appeals Chamber, July 29,

2004, p. 35, par. 99. - http://www.icty.org/

165 Prosecutor v. Dragan Nikolic, Case No IT-94-2-R61, ICTY Trial Chamber, October 20,

1995, p. 14, par. 26. - http://www.icty.org/

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