All’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, si assiste ad un’escalation in direzione regressiva rispetto all’ideale democratico.
Il terrorismo è la minaccia del nuovo millennio, un nemico da combattere anche con la forza e la violenza. Il terrore e la paura travalicano i confini statunitensi e turbano chiunque, nel mondo, stia “vivendo sicuro nella propria tiepida casa”. Questo senso di insicurezza e turbamento provoca la reazione degli Stati che, in nome della tutela e della salvaguardia della nazione, cominciano a giustificare aprioristicamente l’uso della tortura per fronteggiare il terrorismo. Una giustificazione diffusa, proposta da molti, considerando che “la tortura continua
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ad essere praticata in molti paesi e non è limitata alle dittature militari né ai regimi autoritari, ma è inflitta anche in stati democratici proprio come metodo di lotta al terrorismo, domestico e internazionale70”.
Come se la tortura divenisse “giusta” soltanto perché inflitta in nome della sicurezza. Ovviamente, non viene pubblicizzata, né potrebbe esserlo viste le numerose firme che i leader democratici di tutto il mondo hanno apposto alle varie convenzioni e protocolli, regionali e internazionali, contro la tortura. Ciononostante, le forze di polizie e quelle militari continuano a utilizzare la tortura.
Poco dopo l’inizio della guerra in Afghanistan, le prigioni improvvisate sul luogo dei combattimenti in basi americane si riempirono di presunti terroristi. Era necessario costruire dei luoghi legalmente sicuri e geograficamente distanti da occhi indiscreti dove le squadre speciali avrebbero potuto procedere a interrogatori altrettanto “speciali”, pertanto nel febbraio del 2002, sotto l’amministrazione Bush, il governo statunitense decise di costruire un campo di prigionia a Guantanámo, a Cuba, finalizzato alla detenzione di prigionieri catturati in Afghanistan e ritenuti collegati ad attività terroristiche71.
Agli orrori che già si stavano consumando nelle terre afghane -dove le donne erano sottoposte a continui stupri e abusi sessuali di ogni genere e gravità e dove, con la istituzione della shari’a da parte dei talebani, si era tornati a fare ricorso a pene come l’amputazione di una o entrambe le mani per il reato di furto e alla lapidazione per gli adulteri conclamati- si aggiunsero le misure antiterrorismo statunitensi che sfociarono nell’emanazione di due atti in particolare: il Patriot
Act e Presidential Military Order.
Lo USA Patriot Act, approvato dal Congresso nell’ottobre 2001, prevede, al fine di combattere il terrorismo, una serie di strumenti straordinari tra i quali rileva la possibilità dell’Esecutivo di far giudicare i terroristi, o sospetti tali, catturati da tribunali militari, a porte chiuse, senza le garanzie usuali dei procedimenti giurisdizionali72.
70 P. Garofalo, op. cit., p. 65.
71 Bagram, vicino Kabul in Afghanistan, è la sede di un altro campo militare statunitense, centro
della maggiore attività aerea Usa in Afghanistan. Nei pressi di Bagram, è situato anche un centro di detenzione, motivo di forti polemiche per l’accusa di abusi fisici di ogni tipo, torture ed omicidi dei prigionieri.
72 C. Bassu, La legislazione antiterrorismo e la limitazione della libertà personale in Canada e
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Il 13 novembre 2001 il Presidente Bush emette il Presidential Military
Order sulla detenzione, il trattamento e il procedimento nei confronti di alcuni non-cittadini nella guerra al terrorismo in cui dichiara che «la situazione di emergenza determinata dalla minaccia terrorista richiede che, per garantire la sicurezza nazionale, siano adottate misure straordinarie nei confronti dei non- cittadini che il Presidente ritenga appartenere ad Al Qaeda o che egli giudichi essere in qualche modo collegati alla rete del terrore». Dunque coloro i quali siano definiti dal Presidente sospetti terroristi (enemy aliens) saranno arrestati e tenuti in detenzione, in deroga all’apparato di garanzie processuali previste costituzionalmente, in virtù dell’urgenza e della straordinarietà causate dallo stato di emergenza73.
La violazione della legge statunitense sul divieto di tortura è punita con una pena di 20 anni di detenzione e, se la vittima muore, il torturatore può essere condannato a morte. La scappatoia legislativa che venne ideata dal governo statunitense per non incorrere nella violazione della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri fu quella di dichiarare l’Afghanistan uno “stato fallito” e, siccome solo gli stati sono firmatari della Convenzione, gli impiegati del governo americano non potevano essere processati per la violazione dei diritti dei prigionieri talebani.
A Guantanámo, vennero introdotti alcuni elementi di novità ai metodi di interrogazione dei prigionieri. Il campo venne trasformato in un laboratorio psichiatrico comportamentale: oltre alla deprivazione sensoriale, vennero impiegate sistematiche aggressioni alla sensibilità culturale e sessuale dei detenuti. Inoltre, vennero introdotte quelle che il personale militare soprannominò Biscuit teams74, delle squadre di psicologi, psichiatri e medici che avevano il compito di osservare il detenuto e “personalizzare” l’interrogatorio sfruttando le fobie individuali delle vittime.
Tra i metodi utilizzati, uno in particolare sembra riportare alla memoria una tradizione medievale, prediletta durante la Grande Inquisizione: la tortura dell’acqua, consistente nel posizionamento del corpo della vittima su una barella con la pancia in su e versando acqua nelle narici e nella bocca per simulare
http://archivio.rivistaaic.it/materiali/anticipazioni/antiterrorismo_canada/index.html#sdfootnote 7sym – Data ultimo accesso: 4 luglio 2017.
73 Ibidem.
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l’annegamento, viene modernamente definita waterboarding. Le contorsioni del corpo sottoposto a tale tortura provocano spesso lesioni della spina dorsale. Cuba non aveva bisogno certo di Guantanámo per scoprire cosa fossero le torture e, in genere, la violazione dei diritti umani: per anni numerose organizzazioni per i diritti umani nel mondo, hanno denunciato le continue violazioni perpetrate ai danni dei cittadini cubani -soprattutto della popolazione carceraria- da parte del trentennale regime di Fidel Castro. La popolazione carceraria viene tenuta in condizioni al di sotto dello standard imposto dalle regole minime di trattamento dei prigionieri delle Nazioni unite. Secondo molti testimoni intervistati dalle organizzazioni umanitarie, la tortura a Cuba consiste in lunghi periodi di isolamento e percosse effettuate da altri prigionieri istigati dalle autorità e dai secondini stessi.75
Tutte le tecniche di interrogatorio utilizzate a Guantanámo vennero poi trasferite nella prigione di Abu Ghraib, vicino Bagdad in Iraq. Le torture e gli orrori perpetrati emersero nell’aprile del 2004, grazie alla pubblicazione di numerose foto scattate dai secondini della prigione. Le immagini, che ritraggono i secondini sorridenti accanto ai prigionieri incappucciati, denudati, costretti a simulare atti sessuali, tenuti al guinzaglio come cani, umiliati, hanno fatto il giro del mondo. Ci furono sette inchieste: tutte scagionarono i vertici del Pentagono. La colpa venne addossata a semplici soldati, secondini privi di adeguato addestramento che avevano disonorato la reputazione delle forze armate americane.
Se si pensa che in cima alla catena di comando vi è la potenza mondiale “esportatrice di democrazia” per eccellenza, non si può non rimanere colpiti e condividere il sentimento di umiliazione e di indignazione del mondo islamico. Ma la lotta al terrorismo non è la sola motivazione all’uso della tortura.
In Iraq, il regime di Saddam Hussein si è reso responsabile, oltre alla strage di persone considerate pericolose per il regime, dell’assassinio di oppositori politici e della gratuita detenzione e tortura di presunti nemici del popolo. Oltre alla tortura fisica, le vittime del regime venivano sottoposte a esecuzioni simulate e
75 In un rapporto di Amnesty International, che ha denunciato per anni le torture inflitte dal
regime di Castro ai dissidenti arrestati, si legge: i dissidenti vengono tenuti ammanettati in celle di punizione piccolissime infestate di scarafaggi e topi senza luce naturale né acqua. I detenuti, in gran parte colpevoli di reati di opinione, non possono avere vestiti e devono dormire per terra.
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minacce di essere sottoposti a stupro, costretti in celle di isolamento e privati della possibilità di dormire.
La Cina ha bandito la tortura nel 1996 ma numerose organizzazioni umanitarie sostengono che viene ancora esercitata per ottenere confessioni. I metodi usati durante gli interrogatori includono l’uso di manganelli elettrici, bruciature di sigarette, immersione dei detenuti in contenitori d’acqua o liquami provenienti da fognature76. Oggetto di attenzioni mondiali per aver ospitato i Giochi Olimpici a Pechino nel 2008, il regime comunista ha dovuto affrontare l’impatto mediatico contro l’uso della tortura, soprattutto in considerazione della rappresaglia contro il popolo tibetano77. L’attenzione della stampa internazionale, in questi ultimi anni, resta l’unico elemento di speranza.
La rassegna di tutte queste torture -che non esaurisce interamente quanto effettivamente accade in ogni angolo del mondo- fa capire che le atrocità sono rintracciabili in egual misura a qualsiasi latitudine e sotto qualsiasi sistema politico. La tortura è praticata anche in contesti di pace e utilizzata quotidianamente non solo da reparti di polizia speciali ma anche da semplici agenti nei confronti dei cittadini, a volte solo sospettati di aver commesso un crimine.
Il continuo operato di organizzazioni umanitarie quali Amnesty International e Human Rights Watch porta alla luce quella che è la vera situazione in merito alle torture perpetrate da tutti i paesi del mondo.
Ogni anno, Amnesty International stila un rapporto sulla situazione dei diritti umani nel mondo, dividendoli per aree geografiche. Il rapporto 2015-2016, che documenta la situazione in 160 paesi e territori durante il 2015 ha rivelato che:
“in molte parti del mondo, un notevole numero di rifugiati si è messo in cammino per sfuggire a conflitti e repressione. La tortura e altri maltrattamenti da un lato e la mancata tutela dei diritti sessuali e riproduttivi dall’altro sono stati due grandi fonti di preoccupazione. La sorveglianza da parte dei governi e la cultura dell’impunità hanno continuato a negare a molte persone i loro diritti78.
L’attenzione sul perdurante e sanguinario conflitto armato in Siria, inaugurato dalla primavera araba del 2010, l’ininterrotto flusso di rifugiati richiedenti asilo
76 L’ONU ha lanciato vari ammonimenti al governo di Pechino e ha inviato una sua delegazione
in Cina per una serie di verifiche al termine delle quali ha reso pubblico un duro atto di accusa nei confronti del sistema giudiziario e carcerario cinese.
77 Palden Gyatso, monaco tibetano, è stato arrestato e torturato nel 1959 per la sua attività
politica ostile al regime cinese ed è rimasto prigioniero fino al 1992, quando venne liberato grazie all’intervento dell’associazione Amnesty International.
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politico verso l’Europa, non deve far dimenticare che, non meno “silenziosamente”, pratiche di tortura si consumano anche in altre parti del mondo, dall’America Latina all’Africa Subsahariana79, protagoniste di scontri
sanguinari dove ogni giorno si consumano i più atroci crimini contro l’umanità. Sempre dal medesimo rapporto, emerge che in 19 paesi sono stati commessi crimini di guerra e ben 122 paesi hanno torturato o maltrattato le persone. Amnesty International mette in guardia anche da una preoccupante abitudine dei governi, che attaccano e prendono sempre più di mira attivisti, avvocati e altre persone che difendono i diritti umani80.
"Oggi il mondo sta affrontando molteplici sfide, create o prolungate nel tempo da governi che si perdono in giochi politici a spese delle vite umane. Milioni di rifugiati soffrono a causa della proliferazione dei conflitti e i gruppi armati attaccano deliberatamente le popolazioni civili e commettono altri gravi abusi […] I leader mondiali hanno il potere di impedire che queste crisi finiscano ulteriormente fuori controllo. I governi devono porre fine al loro assalto ai nostri diritti e rafforzare le difese che il mondo si è dato per proteggerli. I diritti umani sono una necessità, non un optional. Le sfide per l'umanità non sono mai state così grandi" ha dichiarato in un comunicato stampa Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.